Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: DigitalGenius    16/07/2016    3 recensioni
Garfield arrossì lievemente. Non poté evitare che il cuore gli si fermasse, nel guardarla, anche se non era la vera Raven.
«Allora, cosa ti porta qui?» gli domandò lei sorridendo.
Garfield dischiuse le labbra per risponderle. All’improvviso tutti i suoi piani, tutti i discorsi a cui aveva pensato per riportare Raven tra i Titans, sembravano inutili. Chinò lo sguardo e strofinò per terra una suola della scarpa.
Sentiva quegli occhi addosso a sé e quello sguardo lo trafiggeva.
«Dov’è che sono le altre emozioni? Potrei parlare con alcune di voi?» esordì all’improvviso agitando le punte delle orecchie.
Coraggio scrollò le spalle. Il sorriso le si spense mentre si avvicinava al bordo del precipizio su cui si trovavano. «Loro non verranno» annunciò rassegnata. «Si vergognano»
«Perché dovrebbero?» le domandò il ragazzo seguendola. «Sono sempre il buon vecchio Beast Boy, credevo di piacere almeno alla metà di loro»
«Tu ci piaci» lo tranquillizzò lei nel vederlo quasi nel panico. Gli sorrise. «Diciamo che non sono pronte ad incontrarti. O almeno non lo sono la maggior parte di loro»
«Perché?» domandò Garfield mogio. «Perché loro no e tu sì?»
«Perché?» ripeté lei. «Perché io sono il Coraggio»
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven, Robin, Starfire
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dato che sono passati secoli dall’ultimo aggiornamento è d’obbligo un riassunto. Cercherò in breve di fare una carrellata veloce di quello che è successo dall’inizio della fanfiction.

Allora, tutto è cominciato nel momento in cui Raven è fuggita dalla torre in gran segreto, lasciando dietro di sé una spilla regalatale da BeastBoy ed un bigliettino su cui lui aveva scritto chissà cosa (so che alcuni di voi – quelli che ancora seguono la fanfiction e non ci hanno, anche giustamente, abbandonate a causa dei lunghi tempi di attesa – si chiedono cosa c’è scritto, ma la verità è che ancora non lo sappiamo neanche noi). Anni dopo Raven è tornata in città, ma non è tornata alla torre a rimettere insieme i pezzi della squadra che dopo il suo abbandono aveva anche avuto bisogno di andare dallo psicologo per superare il fatto.
Raven non è tornata da sola; si è portata dietro tre ragazzi (fratelli da parte di padre, ovviamente): Belial, Jeremy e Lilith. E se il primo resta un po’ in disparte gli altri due attirano l’attenzione uno di Starfire e l’altra di BeastBoy (che ora si fa chiamare Changeling) per via di una sorta di legame/simpatia per cui loro vorrebbero prenderli sotto la loro ala. Se Belial pare avere pienamente il controllo della situazione (e di altro), i poteri dei più piccoli sono invece ancora instabili, oscillando tra i traumi delle loro vite (che voi ancora non conoscete) e l’incapacità di relazionarsi in un mondo umano/cittadino in cui tutto può accendere le loro emozioni, che ovviamente sono quelle che scatenano il loro poteri.
Presto si scopre la ragione del ritorno di Raven: lei, Belial, Lilith e Jeremy stanno preparando un rito per evocare Trigon… e qualche altra cosa…

CAPITOLO 12
Sangue



«Stai tranquilla» le disse Belial «dopo questo sarà tutto finito e saremo liberi»
Lilith osservò il sorriso di Raven, e quando lei si voltò a guardarla le sorrise a sua volta, congiunse le mani davanti al viso e premette le labbra insieme per reprimere la felicità. Jeremy, davanti a lei, si agitò sul posto premendo un palmo a terra.
Belial aumentò la stretta della mano attorno al gomito di Raven, che chiuse gli occhi e sospirò, fece scorrere la mano contro il suo braccio, fino ad afferrarle la spalla. «Belial?» gli domandò lei.
Lui si lanciò in avanti, spingendole contro il pugnale ed affondandolo nel suo stomaco.
«No!» gridò Lilith, si aggrappò a Raven, mentre lei scivolava per terra con un singulto e gli occhi sbarrati. Premette il palmo della mano sulla sua ferita e strinse le dita attorno alla lama, incapace di estrarla. Jeremy lanciò un viticcio di energia nera addosso al fratello, scagliandolo lontano mentre il pavimento attorno a loro si frammentava sotto lo strato di polvere fino a ridursi ad una chiazza sabbiosa. Si sporse anche lui verso la sorella, mentre altra polvere di marmo scivolava giù dalle pareti attorno a loro. «Raven!» gridò tanto forte che a Lilith fecero male le orecchie.
Il terrore le si avviluppò attorno, quasi soffocandola, il dolore della ferita di Raven la strinse in una morsa che solo la rabbia di Jeremy riusciva ad offuscare. Il ghigno di Belial, che pareva essersi dimenticato di loro, fu un pugno nello stomaco che frantumò ogni barriera che avrebbe dovuto alzare per proteggersi dai sentimenti e dalle sensazioni di chi la circondava, poiché Belial stesso, si rese conto all’improvviso, aveva smesso di avvolgerla in quella bolla di fiducia forzata in cui l’aveva rinchiusa per tutto quel tempo.
Incapace di respirare e riprendere il controllo di sé stessa, finì preda di quelle emozioni. Quasi lasciò che le lacerassero l’anima, mentre in ginocchio al fianco di Raven restava impietrita senza sapere cosa fare. Chinò il capo, la pozza di sangue scuro si allargava sotto il corpo della sorella imbrattando i vestiti e le scarpe, scivolava dentro le fessure di un cerchio rituale che non riconobbe, scorreva nelle incisioni e tracciandone i simboli nascosti fino a renderli visibili.
«Perché?» chiese la voce, rimbalzò rabbiosa tra le pareti della sala. La avvolse, la cullò, Lilith decise di accettare quella rabbia e lo fece di buon grado, la lasciò scivolare nel proprio corpo assieme ai dubbi, alla speranza e alla consapevolezza non sua di dover fare qualcosa per Raven, quasi inerme davanti ai suoi occhi, con le palpebre pesanti, il respiro corto per il dolore e la pelle pallida anche più del solito.
Sollevò lo sguardo, Robin e Cyborg erano tra loro e Belial. La risolutezza del primo le rimbombava ancora in testa, mentre lui digrignava i denti con le mani strette attorno al bastone, scrutando Belial con tutto l’odio che aveva in corpo. E Lilith lo sapeva bene.
Cyborg si chinò davanti e le sfiorò un braccio con la mano fredda, ma i suoi occhi erano fissi su Raven e la sua anima irradiava una preoccupazione così calda, inebriante e consapevole da riuscire a confortarla.
«Stai bene?» domandò. Scostò la mano di Lilith con dolcezza, avvolse le dita attorno all’elsa del pugnale e lo sfilò con un gesto secco per lasciarlo scivolare a terra. Raven tossì e gli afferrò il polso stringendolo forte.
«Il portale» gemette senza fiato «Dobbiamo chiudere il portale!» Tossì sangue ed ebbe un sussulto, Cyborg premette la mano sula ferita per rallentare la perdita di sangue.
«Riesci a curarti?» le domandò.
Lilith le afferrò una mano e la strinse, la voce di Robin tuonò ancora nella stanza. «Perché l’hai fatto?»
Una candela esplose al fianco di Jeremy, Lilith chinò il capo e poggiò la fronte sulle nocche di Raven respirando finché i polmoni non furono pieni d’aria al punto da farle male. Belial non rispose, la risata che sfuggì alla sua gola non aveva nulla di crudele o vendicativo, ma celava quasi un velo di pietà che vibrava assieme alle sue emozioni.
Lasciale fuori. Lasciale fuori. Si ripeté Lilith. Raven aveva bisogno di lei, adesso. Si morse il labbro e concentrò tutta la propria energia nella punta delle dita. Si sforzò di visualizzare la ferita che rimarginava, il sangue che smetteva di scorrere ed il dolore che svaniva, ma non successe nulla.
«Mi dispiace, Raven» disse Belial «Trigon ha troppo potere per lasciare che vada sprecato»
Lilith sentì svanire ogni residuo di fiducia che lui aveva saputo infondere in loro nel tempo. Tutte le belle parole, tutto l’affetto scomparve, lasciando solo il vero Belial e mostrandolo per ciò che era. Un manipolatore, in ogni senso.
Perché? Si domandò Lilith, incassò la testa, la smorfia di dolore di Raven le strinse il cuore, il groppo che le nacque in gola quasi le impedì di respirare e gli occhi le si inumidirono. Raven, ti prego! Ti prego, guarisci!
Aveva ancora gli occhi puntati su di lei, quando la figura uscì dall’ombra con il mantello ondeggiante ed il ghigno che gli deturpava il volto scuro ed affilato.
Sgranò gli occhi, il panico la colse quando incrociò quello sguardo sadico familiare. Lui la guardò appena, non risparmiandole però uno sguardo di sprezzo prima di sorridere a Belial. «Non funzionerà» le disse. Lilith impiegò poco a capire che si riferiva alla mano che aveva poggiato sulla ferita della sorella nel tentativo disperato di richiamare il potere di guarigione. «La ferita è stata inferta da una lama incantata» le spiegò.
Tremò, strinse il pugno, poi si rivolse a Cyborg con gli occhi offuscati dalle lacrime. «Ti prego! Non lasciare che mi porti via anche lei»
Il ragazzo poggiò una mano sul suo capo ed annuì, una placca di metallo si sollevò con uno scatto dal suo braccio, rivelando un piccolo schermo che Lilith ignorò. Le parole di Cyborg riuscirono ad infonderle la speranza necessaria per tornare a distinguere le proprie emozioni da quelle altrui.
«Garfield, Kori, abbiamo bisogno di voi alla vecchia biblioteca, mi serve un kit di pronto soccorso, Raven è ferita. Correte»

La piccola cascata scrosciava nel laghetto mentre Lilith agitava i piedi a pelo d’acqua per schizzare le altre ninfe davanti a lei.
«Ehi ehi, piccola Lily» si lamentò la più vicina di loro, scivolò nell’acqua verso di lei con un sorriso ed una mano tesa. Il palmo bagnato rifletté la luce della luna ed una delle lucciole le si depositò sul dito, lampeggiando un momento prima di alzarsi di nuovo in volo. La ninfa rise, poi tornò a rivolgersi a lei «Vieni in acqua anche tu»
Lilith scosse la testa, si alzò e sorrise. «Voglio Inseguire le lucciole» Disse. Sua madre era alcuni metri più in là, appena sotto la cascata, la guadò e le sorrise.
«Non ti allontanare troppo» si raccomandò, mentre lei scivolava tra i cespugli verdi con una grazia quasi pari a quella di una ninfa purosangue.
Lilith sorrise, immersa in una nuvola di lucciole e gigli sotto la luce della luna. Fece una giravolta ed inciampò su una radice, atterrando sul terriccio muschiato lì affianco. Amava il suo bosco, la sua famiglia, il suo potere e l’aria della notte che si respirava in quell’angolo di paradiso. Non conosceva altro all’infuori di questo; né odio, né crudeltà, non aveva mai visto nulla al di fuori di quelle rocce, quei monti e quel bosco sconfinato in cui era nata.
Non le interessava e non voleva che nulla cambiasse, canticchiava a mezza voce un’antica canzone che conosceva fin da quando aveva memoria e non sentiva il freddo del vento che portava l’autunno.
Ciuffi d’erbetta si infilavano tra le dita dei piedi scalzi mentre camminava verso la radura, un gufo che stava appollaiato su un ramo cosò inclinando il capo, ma il grido che scosse la foresta subito dopo lo fece sussultare. Lasciò il ramo con uno scatto e volò via, lasciando Lilith da sola a fissare con il cuore in gola la strada che aveva percorso dopo che aveva lasciato il ruscello. Con gli occhi sgranati ed il fiato mozzato, rimase solo un altro istante ad ascoltare le grida delle ninfe che si accavallavano le une sulle altre. Un ruggito la scosse e la risvegliò dal suo terrore, Lilith strinse i pugni ed iniziò a correre verso il ruscello; non c’erano più lucciole e le grida diminuirono fino a divenire semplici sussulti e poi morire.
«Mamma!» Gridò Lilith, senza fiato e disperata. Emerse dai cespugli a pochi passi dal ruscello, fermandosi e tremando alla vista di lui. Stava chino sul corpo martoriato di sua madre, sorreggendolo a pelo d’acqua. Lilith non aveva mai visto nulla di più spaventoso, nulla di così cattivo, ma da quel giorno, quando pensava al puro male, Lilith rivedeva il mostro che aveva fatto a pezzi la sua famiglia, immerso in un lago di acqua e sangue di ninfa.

Le mani di Lilith erano strette attorno al polso di Raven, la testa di lei era incassata tra le spalle e gli occhi sgranati. Tremava, Jeremy non aveva bisogno di leggere la sua anima per vedere il terrore che la divorava. Strinse i pugni, piegò i gomiti e si parò tra le sorelle e l’uomo. «Chi diavolo sei?» domandò. Concentrò l’oscurità che emergeva da lui sulla punta delle dita. Se devo distruggere qualcosa, si disse, quello è chiunque riesca a spaventare Lilith così tanto.
Non gli importava davvero avere una risposta alla sua domanda, ma lui si stava avvicinando e Jeremy si rifiutava di permettere che raggiungesse Lilith.
Una piccola porzione di pavimento esplose alcuni metri dietro l’uomo, Jeremy strinse i pugni e grugnì, consapevole di poter fare di meglio.
Colpiscilo. Si disse. Concentrò ancora la sua energia, ma riuscì solo a fare esplodere un altro pezzo di pavimento alla sua sinistra.
Puoi fare meglio di così. Pensò tra sé.
Digrignò i tenti, Lilith singhiozzava alle sue spalle e Cyborg le sussurrava parole che lui non riusciva a sentire. Jeremy sentiva il proprio cuore battere tanto forte da distrarlo dai suoi stessi pensieri. «Non ti avvicinare» Grugnì.
L’uomo non sembrava spaventato, anzi sorrideva come se avesse aspettato questo momento da una vita intera. La sua soddisfazione inebriante lo nauseava al punto da impedirgli di provare ogni minima sensazione di sollievo quando distolse lo sguardo per raggiungere Belial.
Se non avesse saputo che Belial era cieco, avrebbe pensato che si stessero scambiando uno sguardo d’intesa assoluta, se non fosse stato per così tanto tempo soggiogato al potere di Belial forse non si sarebbe trovato così spiazzato, così incapace di controllarsi. Ora percepiva tutto; la rabbia, la disperazione, il dolore di Raven stesa a terra a pochi metri da lui. E poi c’erano gli echi provenienti dalla città, centinaia di vite vibranti e cariche delle emozioni più disparate.
Il demone che era appena arrivato vibrava di una soddisfazione così intensa e sciabordante da nausearlo, da smorzargli ogni respiro e fargli montare dentro un odio così intenso da fargli quasi perdere il controllo.
Jeremy si morse il labbro, contrasse le dita in uno spasmo e chinò il capo, scattò verso di lui gridando e tese le braccia. Non gli importava di sapere chi o cosa fosse, quanto potere avesse e quali fossero le sue intenzioni. Sapeva che tutto questo era colpa sua, ormai era chiaro che Belial era stato solo il braccio in quel piano, che li avevano usati per riportare Trigon sulla terra, che Belial non aveva mai avuto intenzione di cancellarlo definitivamente.
«Ti ammazzo! – Gridò – Ti distruggo!» Scattò in avanti ed evitò il braccio teso di Robin che cercava di fermarlo, attraversò la sala, agitò il braccio e concentrò la sua energia su di loro. La scia di potere oscuro sfrecciò verso Belial e l’altro con la stessa velocità di un fulmine, ma bastò un solo cenno del secondo per essere deviata e schiantarsi contro la parete provocando una crepa che si aprì fin quasi al soffitto. Polvere e detriti piovvero sul pavimento, il gemito di Raven fece capire a Raven che l’aveva visto, la sua preoccupazione si irradiava dentro di lui quasi più del suo dolore, ma non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
Io mi fidavo, pensò. Mi sono fidato e sono stato tradito. Sono stato stupido.
Sollevò il pugno, ogni cosa nella stanza divenne un ricordo confuso; c’erano solo loro tre, e Jeremy sapeva bene che Belial non avrebbe potuto prevedere l’arrivo di un colpo diretto.
Fu l’altro, con una calma inaudita, a bloccarlo a pochi metri da lui. Belial non si mosse, ma voltò lentamente la testa verso di lui e sorrise.
«Evren.» Gli disse.
Jeremy lo sentì stringere la presa, la fitta di dolore gli percorse il braccio e lo fece gridare, il suo potere gli strisciò nelle ossa fino a renderlo incapace di reagire, poi cadde ai loro piedi con il fiato corto e gli occhi pesanti, finendo per perdere i sensi e smarrendosi nell’oblio.

Il piccolo vicolo in cui Jeremy si era rifugiato era freddo è puzzava di spazzatura e urina; era quel tipo di odore che uno si aspetta di trovare descritto in un libro e che crede possa essere solo un artificio narrativo fin quando non ne incrocia uno per davvero. Era abbastanza nascosto per non sentire la folla ma non abbastanza lontano da essa per percepire le loro emozioni. C’erano giorni in cui Jeremy credeva che quegli echi l’avrebbero fatto impazzire ed altri in cui il freddo o la fame riuscivano quasi ad offuscarle ogni altra cosa; la notte in cui aveva incontrato Lilith per la prima volta era stato uno di quelli.
La morsa allo stomaco era tanto forte da dargli quasi l’impressione che esso volesse rigirarsi su sé stesso e digerirsi da solo, la febbre lo stava tormentando da giorni ed il freddo gli impediva di sentire le dita delle mani e dei piedi, riducendo ogni cosa alla sensazione di migliaia di piccoli aghi che affondavano nella pelle.
Lei era emersa dalle ombre e l’aveva avvicinato piano, quasi sapesse che ad ogni centimetro che faceva verso di lui il dolore alla testa aumentava sempre di più.
In futuro, Jeremy non avrebbe ricordato il momento in cui quella sofferenza era cessata, il tocco della mano di lei che si posava sul suo braccio ed i suoi occhi limpidi che lo fissavano apprensivi.
A ripensarci in futuro, sarebbe rimasta solo la sensazione di svegliarsi da un brutto sogno.
Il giorno in cui per la prima volta un’emozione non sua nella sua testa non gli fu così estranea, il momento in cui una nuova speranza iniziò ad essere parte di lui, la notte in cui per la prima volta dopo la morte di sua madre seppe che non era più solo.

Quando Jeremy riaprì gli occhi i suoni dello scontro erano quasi un brusio indistinto, Starfire era in ginocchio davanti a lui e gli carezzava il braccio. Non lo stava guardando; era concentrata su qualcosa che stava avvenendo alle sue spalle. La vide caricare una sfera di energia e lanciarla addosso a qualcuno, sollevò la testa e fece per girarsi, ma quasi scivolò di nuovo sul pavimento.
Starfire lo aiutò a sollevarsi. «Tranquillo, – gli disse – ora ci siamo noi».
Jeremy premette una mano sulla testa dolorante ed annuì, vide Changeling che cercava di raggiungere Raven, ora rinchiusa in un bozzolo di energia sospeso ad alcuni centimetri da terra. Il ragazzo ringhiava e mutava forma, scagliandosi contro il bozzolo prima con le sembianze di un rinoceronte e poi in quelle di un triceratopo, rimbalzando sempre indietro e scivolando per terra con un gemito. Lilith lo osservava con sguardo perso, scambiò un’occhiata con Jeremy ed ebbe un sussulto. I suoi occhi si ammorbidirono e perfino da lì riuscì a percepire il sollievo che si irradiava in lei.
Changeling fu respinto dal bozzolo per l’ennesima volta, ma, forse per la prima volta, invece di lanciarglisi di nuovo addosso si fermò a riflettere.
«Ragazzini, potete trovare un modo per farmi passare?» Domandò affondando una mano tra i capelli e tirandoli leggermente per stemperare la tensione. Jeremy gli si avvicinò, Starfire lo lasciò andare esitante, per poi sfrecciare al fianco di Robin proprio nel momento in cui un colpo della spada di Evren gli fece volare via il bastone. Cyborg, dall’altra parte della stanza, era impegnato in uno scontro a fuoco con Belial.
«La magia la sta proteggendo.» Spiegò Lilith.
Changeling grugnì. «La magia dovrebbe sapere che è quello che sto cercando di fare anche io.»
Jeremy scosse la testa. «La magia non lo sa, sa solo che deve proteggere Raven da qualunque cosa cerchi di avvicinarsi mentre lei cerca di guarire»
Changeling si morse l’interno delle guance e allungò il collo per vedere meglio oltre la barriera. «Allora sta guarendo?» Domandò.
Jeremy tese il collo seguendo il suo sguardo e scorse ciò che sapeva che l’altro stava guardando; il rivolo di sangue della ferita di Raven che, attraversando il vestito ormai zuppo, gocciolava sul cerchio sotto di lei. «Direi di no.»
«Perché?» Chiese Changeling diretto.
Aprì la bocca per rispondergli, ma Lilith lo precedette avvicinandoglisi mentre si asciugava le lacrime. «È a causa del cerchio, richiede un tributo di sangue e continuerà a farla sanguinare fin quando l’avrà prosciugata»
Jeremy seppe cosa. Changeling stava per chiedergli prima ancora che lui lo facesse. «Che succederà quando accadrà? A parte la morte di Raven, ovviamente»
Chinò il capo, nel rispondergli, come se questo potesse rendere meno reale ciò che sarebbe successo di lì a poco. «Trigon avrà un varco aperto per questo mondo.» Scambiò un’occhiata con Lilith, che continuò per lui.
«Ne serviva una sola goccia, avrebbe dovuto esserlo, ma ora la dimensione dell’apertura del varco sarà proporzionata alla quantità di sangue versato.» Spiegò lei.
Changeling si portò indietro i capelli impolverati. «Più Raven sanguina più saranno guai.» Concluse in fretta annuendo.
«Quando il sangue smetterà di cadere sul cerchio il varco si aprirà comunque.» Chiarì Lilith. Strinse le mani attorno al braccio di Jeremy e lui si appoggiò a lei, senza sapere come confortarla.
Changeling non perse tempo a sconfortarsi. «Possiamo farla smettere di sanguinare?» Domandò, come se non riuscisse a vedere che si trattava di una strada senza uscita.
Jeremy gli rispose comunque. «Solo se riusciamo a spostarla di lì.»
«Come facciamo a spostarla di lì?» Insisté il ragazzo. Jeremy lo scrutò, scorrendo con lo sguardo la sua figura immobile ai lati dello scudo; la tensione nelle sue spalle, i suoi pugni stretti e l’espressione risoluta gli fecero pensare per qualche istante che avesse un piano.
«Superando lo scudo.» rispose semplicemente.
«Cosa può far abbassare lo scudo?» Domando ancora Changeling.
La sua risposta fu secca, quasi sputata controvoglia tra le labbra semichiuse. «Cederà quando lei smetterà di respirare.»
Changeling scosse la testa e lo fulminò con un’occhiata, la fiducia e la speranza che il suo corpo emanò lo colpì come un fiume in piena. «Non è un’opzione accettabile. Puoi aprirmi un varco?»
Jeremy si raddrizzò, perfino la stretta di Lilith attorno al suo polso parve dargli coraggio. «Posso provare, ma non ti assicuro che sarà abbastanza grande per permetterti di passare»
Changeling sorrise, il canino quasi scintillò contro il labbro superiore e lo sguardo risoluto. «Tu aprilo per quel che puoi, io mi adatterò.»
Annuì, dando una scrollata al braccio per allontanare la sorella.
«Se non dovesse essere abbastanza grande» disse, tentando di farlo ragionare.
«Sono un mutaforma, non sarà mai troppo piccolo per me.» Chiarì Changeling, lanciandogli un’occhiata.
Jeremy annuì. «Spingila via, lontana dal cerchio, il varco si aprirà subito dopo e potremo vedere l’altra dimensione.»
«Potrebbe essere già abbastanza grande per permettere a Trigon di passare da questa parte.» Gli ricordò Lilith.
Changeling le sorrise, poggiandole una mano sul capo e scompigliandole i capelli. «Ma potrebbe non esserlo ancora, se ci proviamo subito.» Si allontanò e si accucciò come un corritore che si prepara ad una maratona, con i polpastrelli per terra e un ginocchio sollevato; ondeggiò leggermente e fece un cenno a Jeremy, che annuì.
Jeremy prese fiato. Come farebbe Raven a concentrarsi? Si domandò. La guardò, sospesa e immobile quasi come se fosse già morta; sangue scuro gocciolava fino a terra dal mantello ondeggiante. Si chiese se anche tirandola fuori da lì non sarebbe stato troppo tardi.
Si lasciò cadere a terra ed incrociò le gambe intrecciandole nella posizione del loto, lasciò che la sua magia lo facesse fluttuare. «Ti darò io il via.»
Non aspettò che Changeling annuisse.
«Azarath, Metrion, Zinthos.» cantò.
Lasciò che la sua energia defluisse fino a scontrarsi con quella che avvolgeva la sorella, la percepì prima rimbalzargli addosso, mentre lo scudo di Raven vibrava e bruciava come una fiamma ardente, poi restringersi ed allargarsi come un cuore palpitante.
La avvolse e la studiò alla ricerca di un punto debole, di un momento di quel battito in cui avrebbe potuto aprirsi una breccia. Ci mise alcuni secondi ad accorgersi del momento.
Si trattava del frammento di un millisecondo, ben più breve della durata di un respiro spezzato, in cui tutto lo scudo si assottigliava, regolandosi per non sovraccaricarsi troppo. Era quasi un brivido elettrico che divampava senza freni prima di un nuovo battito. Jeremy puntò a quello, scegliendo il limite più vicino a Changeling. Gli scivolò attorno, lo punzecchiò e scavò fino a ricavare un piccolo forellino.
Tentò di allargarlo, ma lo scudo provò a succhiargli via la forza che stava usando.
Jeremy lanciò un’occhiata a Changeling, che spiccò un balzo e mutò a mezzaria, lo perse di vista fino a quando non si trasformò ancora all’interno dello scudo; stringendo al volo le braccia attorno a Raven e spingendola via.
Lo scudo esplose in una miriade di scintille ed un boato lo assordò. Cadde a terra con un gemito, la testa gli girava mentre cercava di rimettersi in piedi. Dall’altra parte del cerchio BeasyBoy stringeva Raven cercando di fermare l’emorragia.


----- Come intuirete dal titolo, tutto lo scopo della fanfiction era quello di arrivare fino a questo capitolo.
È qui che si capisce la ragione del titolo, quindi: il sangue dei legami tra Raven, Jeremy, Lilith, Belial ed Evren, tra loro e Trigon, il sangue per il rito.
Quanto amo questo titolo <3 Genius

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: DigitalGenius