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Autore: nikita82roma    17/07/2016    2 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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La poltrona dello studio del Dottor Burke accolse Rick e le sue riflessioni. Era nervoso e gli sembrava che quella che dovesse essere una comoda seduta per metterlo a proprio agio fosse in realtà ricoperta di spine, aghi, chiodi e qualunque altra cosa nata per infastidire. Non riusciva a stare fermo, si muoveva, accavallava le gambe in continuazione, prima una poi l’altra, poi le teneva larghe buttando il peso in avanti e martellandosi le ginocchia con i pugni. Sbuffava e soprattutto non parlava.
Burke lo guardava da sotto gli occhiali, mentre appuntava qualcosa nel suo taccuino. Rick si chiedeva come mai non gli facesse nessuna domanda. Poi il dottore poggiò la penna ed il taccuino, accavallò a sua volta le gambe e lo fissò. Castle si sentì intimorito da quello sguardo, deglutì un paio di volte, bevve un sorso d’acqua, poi si guardò la punta dei piedi a lungo, come se ci fosse qualcosa di estremamente interessante da vedere. Non era così, non c’era niente di interessante nella punta dei suoi piedi e non aveva sete, anche se continuava a sorseggiare l’acqua.
- Non mi ha mai detto Ti Amo. - Sputò fuori Castle all’improvviso. - Kate non me lo ha mai detto.
- Avrebbe dovuto? - Chiese Burke con il suo solito tono pacato
- Beh, sì, credo di sì, visto quello che c’è stato tra noi, come ci siamo avvicinati…
- Cosa c’è stato Rick?
- Ecco… ehm… - Si sentiva tremendamente imbarazzato - Tutto. C’è stato tutto - disse poi convinto.
- Se c’è stato tutto cosa le manca allora? - Quel dannato dottore aveva tutte le domande più semplici in grado di metterlo più in difficoltà.
- Mi manca che mi dica Ti Amo.
- Quindi con sua moglie c’è tutto, mancano solo due parole, è questo? Solo questo?
- In realtà no… - Disse infine sconsolato sprofondando nella poltrona.
- E cosa c’è o non c’è?
- Non c’è mia moglie - Quelle parole furono la resa emotiva di Rick. - C’è Kate, ma non c’è mia moglie.
- Kate è sua moglie.
- No. Kate è la donna della quale mi sono innamorato anni fa. Un po’ più dolce e meno aggressiva, meno arroccata dietro al suo muro che però ha in parte ricostruito. Fragile forse un po’ più di allora. Ma lei tutte queste cose le sa, perché ha parlato con Kate.
- Vada avanti Rick.
- Mi manca la complicità che avevamo, il capirci con uno sguardo, le cose che abbiamo condiviso. Mi mancano i nostri ricordi insieme. Quando siamo arrivati negli Hamptons e l’ho accompagnata nella nostra camera mi sono sentito perso ripensando all’ultima volta che eravamo stati lì. Avevamo concepito nostra figlia lì, in quella camera, in quei giorni e lo sapevo solo io. Lei non sa niente di tutto quello che abbiamo vissuto, che abbiamo provato.
- È questo che le manca? La condivisione del ricordo?
- Mi manca quello che eravamo e come lo eravamo.
- Ha mai pensato a cosa farebbe se Kate non dovesse riacquistare la memoria? O se lo facesse non so, tra un anno o due o di più… Rimarrebbe a pensare a quello che eravate prima? Rimarrebbe fermo ai suoi ricordi o vivrebbe il presente?
- Io… non lo so… Non ci ho mai pensato. Kate riacquisterà la memoria!
- Sì, ma se non dovesse farlo, lei la amerebbe?
- Io la amo.
- Ama lei o quello che lei era? Ama Kate o il suo ricordo?
Rick non rispose. Tornò a torturarsi le mani. Era arrivato a pensare che il suo amore gli mancava tanto quanto le sarebbe mancata lei e forse anche di più. Ma come poteva riuscire a vederle come due cose divise? Cosa era il loro amore senza Kate? Però poi un’altra domanda piombava nella sua mente: cosa era Kate senza il loro amore?
- Io amo Kate. Amo quello che era, quello che è stata ed amo anche quello che ora. Darei la mia vita per la sua se fosse necessario. Però sento che lei adesso non è quella persona che ho sposato ed ho paura, una tremenda paura che lei non provi per me lo stesso sentimento che provo io, che non sia amore ma affetto o peggio bisogno.
- Ha fatto qualcosa che le ha dato modo di pensarlo?
- No, no… anzi… Però me lo ha detto, ha paura del mio amore, ha paura di quello che potremmo essere noi. Ed io ho paura che lei, in fondo, non lo voglia, non voglia un noi, non lo stesso noi che voglio io.
- Avrete una figlia, vero?
- Sì. - Il suo viso si illuminò - Una bambina, lo abbiamo saputo qualche giorno fa.
- Avete fatto dei progetti? Avete parlato di questo?
- Sì, un po’. Non cose definite, però un po’ sì.
- Quindi anche Kate vede un voi nel suo futuro, un futuro di voi tre. È diverso dal futuro che vuole lei?
- No… io… No, voglio questo anche io.
- Vede Rick, io non sono qui per dare giudizi, né per darle delle risposte. Se le può dare solo lei quelle. Però è sicuro che i suoi dubbi riguardino solo quello che Kate prova per lei? Perché a me sembra, invece, che riguardino più quello che lei prova per Kate, per le sue due Kate, quella di adesso e quella che era prima. E se lei le vede come due persone diverse, beh, sarà difficile. Kate potrebbe riacquistare la memoria oggi stesso, come non farlo più. Lei è sicuro di riuscire, in questo ultimo caso, ad accettare la cosa e non vivere sempre nel rimpianto di come era sua moglie prima? Di amarla e lasciarsi amare, con i suoi tempi, per quella che è ora?
- Io… Non lo so… Non so ancora se sono pronto a lasciare andare il ricordo di quello che eravamo.
- È più importante di quello che siete adesso? O che potrete essere?
- Non lo so… 
- È questo il problema Rick.
- Sa cosa mi ha spinto a venire da lei dottore?
- Mi dica.
- L’ultima volta che io e Kate abbiamo fatto l’amore, perché per con Kate è sempre fare l’amore, dopo mi sono sentito in colpa. Perché mancava tutto quello che eravamo noi, mi sono sentito come se avessi tradito mia moglie. Non riuscivo nemmeno a starle vicino, così mi sono alzato e sono uscito fuori casa, in veranda, di notte a pensare. Ma anche quello mi aveva fatto male, essermene andato, averla lasciata sola. Sono tornato da lei, l’ho abbracciata e coccolata più che potevo, per farmi perdonare, anche se lei dormiva tranquilla, per dimostrarmi che l’amavo. La tenevo tra le mie braccia e piangevo e pensavo a noi, a quello che eravamo, ma a quello che eravamo prima. E pregavo tutte le divinità di ridarmi quella Kate. Le sto tradendo entrambe, lei ed il suo ricordo. Non so cosa fare ed ho la testa che mi scoppia. Tutto ciò è meschino, me ne rendo perfettamente conto.
- Rick, in realtà tutto ciò è umano. Lei ha voluto riprendere una vita come se niente fosse in una situazione estremamente particolare e dolorosa, facendosi carico di tutto. Anche lei ha raggiunto il suo punto limite. Ha mai espresso a Kate le sue paure o la percezione che ha di lei?
- Non posso dare a Kate altre preoccupazioni. Sa quello che vorrei, che vorrei un noi. Abbiamo discusso qualche volta, ci siamo aggrediti, poi abbiamo fatto pace.
- Vi siete chiariti? Avete parlato?
- Poco a dir la verità. Ma non posso far pesare su di lei la mia confusione, non posso aggiungerla alla sua.
- Pensa che non dicendole niente, ma corrodendosi lei all’interno le sarà più aiuto? La potrà sostenere ed aiutare di più quando nemmeno lei sa cosa vuole e chi vuole?
- Io so cosa voglio. Voglio lei. La mia lei. Ma se glielo dicessi cosa ne sarebbe di Kate?
- Non lo so. Deve valutare se vale la pena rischiare.

Rick uscì dallo studio di Burke emotivamente stravolto e più confuso di prima. Aveva ammesso cose che non voleva ammettere, aveva più dubbi che certezze e la testa che sembrava volesse esplodere da un momento ad un altro. Fermò un taxi al volo e gli diede l’indirizzo di casa. A metà tragitto cambio idea e si fece lasciare lì, vicino ad un piccolo parco. Diede 20 dollari all’autista ed uscì di corsa.
C’erano tanti bambini in quel pomeriggio di agosto. Le temperature di erano abbassate parecchio nel giro di pochi giorni ed ora l’aria era decisamente più respirabile ed il clima godibile anche per stare all’aria aperta. Si sedette su una panchina a guardare i bambini giocare, pensava a quando andava lì con Alexis piccola ed osservava con biasimo quei padri che stavano seduti armeggiando con i loro smartphone invece che giocare con i loro figli. Lui non lo avrebbe mai fatto. Avrebbe giocato sempre con la sua bambina, come aveva sempre fatto con Alexis, non perdendola mai di vista, sfruttando ogni momento che stavano insieme. Poi il suo sguardo fu catturato da una famiglia, avevano una bambina piccola, avrà avuto forse un anno o poco più, camminava appena ed ogni tanto finiva a terra sull’erba e i suoi genitori che giocavano vicino a lei, la prendevano, la coccolavano, ridevano insieme. Erano felici. Si immaginava così, con Kate e la loro bambina. Felici al parco a giocare come una famiglia normale, innamorati loro e della loro piccola. Si rese conto che li stava fissando e distolse lo sguardo prima di che qualcuno lo scambiasse per un maniaco.
Era quello che sarebbero potuti essere, lui Kate e la loro bambina: una famiglia felice. Voleva solo questo, non era poi tanto e pensava che un po’ se lo sarebbero anche meritato, dopo tutto.
Tornò a casa a piedi, camminando fino a rendere il suo corpo stanco come la sua mente. Si fermò al chiosco di fiori ad un paio di isolati dal loft e prese un giglio bianco, un solo semplice fiore.

- Ciao papà!
- Ciao pumpkin!
- Bentornato Richard!
- Ciao madre, mi dai un goccio anche a me di quello che stai bevendo tu? - Martha gli versò del Pinot Nero in un bicchiere - Kate? È in camera? - Chiese Rick non vedendola lì con loro.
- No papà, è uscita.
- Uscita?
- Sì… - guardò l’orologio - poco più di un’ora fa all’incirca.
- Ah - esclamò Castle stupito - e dov’è andata?
- Non ci ha detto nulla e noi non ci siamo impicciate Richard.
- Eh sì, mamma, in effetti non impicciarti è proprio la tua qualità maggiore! Perché non le hai chiesto dove andava?
- Perché Katherine è grande e responsabile, non ha bisogno che le faccia il terzo grado quando esce.
- Cosa vorresti dire, che io non sono responsabile? Per questo me lo fai? - Sbuffò Rick e Martha alzò le spalle portando lo sguardo al cielo e scuotendo la testa rassegnata.
- Io questa sera non ci sono, dobbiamo finire le prove per la rappresentazione del prossimo fine settimana e siamo terribilmente indietro! - Prese la sua borsa e svolazzando Martha andò verso la porta salutando platealmente con la mano prima di uscire salutando tutti con un “Au revoir a tout le monde” accompagnato da un ampio gesto con la mano. 
- Sei preoccupato papà? - Chiese Alexis mentre Rick controllava il cellulare per vedere se ci fossero messaggi o chiamate di Kate, ma nulla. Lo posava sul bancone della cucina e lo riprendeva ogni pochi secondi.
- Eh? No… no… Solo non sapevo che sarebbe dovuta uscire…
- Non mentire - Lo rimproverò Alexis.
- Sì, lo sono… - Sospirò 
- La nonna però ha ragione, Beckett è responsabile non ti devi preoccupare.
- Lo so, Al, lo so… è più forte di me…
- Senti papà, ti dovrei parlare…
- Dimmi!
- No, non adesso, anche io tra poco devo uscire… con Dustin.
- Ah, ok - Si era già irrigidito.
- Papà! - Lo richiamò Alexis - Non sono una bambina!
- Tu sarai sempre la mia bambina Al! L’età non cambia nulla. Ti posso invitare io ad uscire domani diciamo a pranzo?
- E Kate?
- Kate sa che ho una figlia, cosa pensi che mi dica? Di non andare a pranzo insieme dopo che non ci siamo visti praticamente mai per settimane?
- Non ti dispiace lasciarla sola?
- È un pranzo pumpkin ed io ho sempre tempo per te, ricordatelo.
- Ok papà… Adesso vado anche io.
- Ehy Alexis, domani 12:30 da Don Antonio.
- Pizza!
- Assolutamente! - Fece un gesto d’intesa con sua figlia che uscì dal loft e poi tornò a torturare il suo telefono in attesa di notizie di Kate.
La stava per chiamare quando sentì il rumore della serratura della porta di casa. Si voltò di scatto in quella direzione e quando la vide entrare si alzò repentinamente. Lei lo salutò con un sorriso mozzafiato. Quella scena lo fece impazzire. Lei che tornava a casa la sera, gli sorrideva, lui che la aspettava con un bicchiere di vino, poi si sedevano sul divano e lei gli raccontava la sua giornata. Era tutto quello che rivoleva, dannatamente rivoleva.
- Ehy dove sei stata? - Le chiese freddo, molto più di quello che volesse essere, con il risultato che il sorriso sul volto di Kate si spense subito - No, no scusa Kate… Solo che mi sono preoccupato, non sapevo dove eri, Alexis e mia madre non sapevano niente.
- Hai ragione Castle, scusami tu… Potevi chiamarmi! - Gli disse indicando il suo telefono sul mobile.
- È che non volevo disturbare.
- Tu non disturbi mai. - Gli allacciò le braccia dietro al collo, salutandolo, ora sì, con un lungo bacio.
- Cosa ho fatto per meritarmi questo bacio? - Chiese quando si separarono
- Nulla, mi sei mancato.
- Anche tu - Rick prese il giglio che aveva appoggiato sul bancone della cucina e glielo diede.
- E questo invece? Per cosa è? - Chiese Kate prendendolo
- Per te! Sono passato davanti al negozio di fiori qui vicino, l’ho visto ed ho pensato a te.
- Grazie è bellissimo. Come è andata oggi alla casa editrice? - Kate si stava versando del succo di frutta. Rick non le aveva detto che andava da Burke. Non voleva che lei lo sapesse, per vari motivi, ma principalmente perché se sapeva che si vedeva con lui, voleva dire che lui aveva dei problemi, non voleva che lei lo pensasse, e poi non voleva che Kate si sentisse a disagio a parlare con lui, qualora ne avesse avuto bisogno, sapendo che lui faceva la stessa cosa. Lo aveva detto anche al dottore, che gli aveva spiegato che, essendo tenuto al segreto professionale, non avrebbe comunque potuto dire nulla a Kate dei loro incontri. Il dottore, poi, ci tenne a precisare che non era una prassi comune avere due parti della coppia in terapia separatamente e che lo faceva solo perché conosceva bene la loro storia in via del tutto eccezionale.
- Tutto bene, abbiamo discusso di alcune idee per un nuovo libro. - Mentì, ma fino ad un certo punto, aveva veramente idee per un nuovo libro, solo che doveva ancora esporgliele, ma questa scusa sembrava ideale, soprattutto per coprire sue ulteriori sedute da Burke
- Sempre su Nikki Heat? - Chiese Kate sorseggiando il succo
- No, Nikki Heat è una cosa a parte e continua sui suoi binari. Questo è un altro genere… Sarà una sorpresa, anche per te!
- Quindi non mi vuoi dire nulla…. - Disse delusa
- No, infatti. Se no che sorpresa è? - Castle prese una mela e l’addentò mentre Kate finiva di bere.
- Invece io ti devo dire una cosa… 
- Che cosa? - diede un altro morso al frutto
- Andiamoci a sedere… - Kate lo prese per mano, Rick addentò ancora un paio di volte la mela e poi la lasciò lì sul bancone mentre masticava e a fatica deglutiva. Lei si fermò e lo guardò scuotendo la testa mentre lui quasi si strozzava - Sei sempre il solito Castle! Peggio dei bambini! - E tornò indietro riempiendogli un bicchiere d’acqua che trangugiò avido.
- Grazie! - Disse appena riprese fiato. Kate roteò gli occhi verso l’alto e scosse la testa, poi andarono finalmente a sedersi.
- Sono stata al distretto. - Kate guardò Rick cercando di capire dal suo sguardo come avesse preso la notizia ma Castle non reagì in nessun modo.
- Ok, perché? A trovare i ragazzi?
- No, sono andata a parlare con la Gates di una cosa che ho pensato oggi quando non c’eri.
- Vai avanti…
- Le ho chiesto se potevo tornare al distretto.
- Vuoi tornare a lavoro? - Chiese Castle incredulo e atterrito
- No, Rick, non ti preoccupare, dovrei ancora riabilitarmi e non penso che per ora supererei l’esame. - C’era più di una punta di rammarico nelle sue parole - Le ho chiesto se potevo andare per esaminare i casi a cui ho lavorato nel periodo dell’amnesia. Vorrei capire cosa ho fatto, come ho lavorato, come si è evoluto il mio modo di seguire i casi, quello che è successo. Ho pensato che magari analizzando i fascicoli, leggendo i rapporti, vedendo le varie scene del crimine potevo trovare qualche altro ricordo.
Rick ascoltava attento. Si era veramente preoccupato che Kate volesse tornare a lavoro, non perché non la ritenesse in grado, ma perché aveva paura per l’incolumità sua e della bambina. Gli piaceva, invece, l’idea che aveva avuto e ammirava il fatto che come prima cosa avesse detto che voleva capire se il suo metodo di lavoro nel corso degli anni era cambiato, era un’affermazione della scrupolosa Beckett che conosceva. Era rimasto in silenzio facendo le sue considerazioni mentali mentre Kate lo guardava preoccupato.
- Allora? Che ne pensi? Sei arrabbiato?
- No Kate, assolutamente! Mi sembra un’ottima idea! Se vuoi posso venire con te, li riguardiamo tutti insieme.
- Ehm… Rick, no. Preferirei farlo da sola, è il mio lavoro
- A quei casi abbiamo lavorato quasi a tutti insieme, potrei dirti molto di più di quello che c’è scritto. Raccontarti altri aneddoti, dirti come siamo arrivati alla soluzione…
- Castle, veramente, preferisco farlo da sola. - Prese la sua mano cercando di dargli conforto. Sapeva che quello che gli aveva detto lo aveva ferito, le avevano spiegato tutti quanto lui fosse continuamente presente in ognuno di quei casi, ma era una cosa che sentiva di dover fare da sola. - Però puoi venirmi a portare il caffè, ogni tanto. Decaffeinato, però.
- Va bene Kate, come vuoi. - Disse avvilito con lo sguardo di un bambino a cui è volato via il palloncino
- Ehy non mi guardare così però - Kate gli diede un bacio sul naso cercando di farlo sorridere inutilmente. - Castle, ascoltami… Devo cercare di fare delle cose da sola. Io adoro stare con te, ma non posso sempre dipendere da te per tutto. So che abbiamo lavorato insieme a tutti quei casi, però capisci che devo cercare di ricostruire il mio passato anche senza il tuo aiuto? Che non vuol dire senza di te, ma devo dimostrare a me stessa di potercela fare da sola. Ho sempre avuto te per appoggiarmi per qualsiasi cosa…
- Ok… Lo capisco
- Allora che c’è che non va?
- Stavo ripensando all’anno scorso, quando tu te ne eri andata di casa e non volevi che io venissi al distretto.
- Non ho intenzione di andarmene di casa Rick e non sono io che decido se puoi venire o no al distretto adesso. 
- Ok. - Il suo umore non era migliorato e Kate non aveva voglia di fargli domande in più su quel periodo, sia perché Rick aveva ancora difficoltà a parlarne, sia perché aveva paura di saperne di più, le sembrava una cosa così innaturale.
- Guarda cosa ci ha regalato oggi Lanie - Kate aprì la borsa e tirò fuori una tutina rosa con la scritta NYPD e lo stemma della polizia sul davanti con sotto stampato “Det. Castle”: era raggiante. Rick la prese e finalmente sorrise anche lui.
- A me non mi hanno mai permesso di chiamarmi Detective Castle. Qui qualcuna parte già con i favoritismi. - Mise il broncio questa volta per finta e Kate non resistette dal baciarlo ancora.
- Che ne dici se domani ti porto io in un posto a pranzo fuori? - Gli chiese Kate mentre erano abbracciati sul divano, finalmente un po’ più rilassati.
- Veramente domani ho promesso ad Alexis che sarei andato a pranzo con lei - Si scusò Rick
- Allora facciamo a cena?
- A cena è perfetto. - Questa volta fu lui a baciarla, accantonando per un po’ tutti i suoi dubbi e i conflitti interiori.

   
 
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