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Autore: Asami Yamamura    18/07/2016    1 recensioni
"«Ripetimi ancora per quale fottuto motivo ci troviamo qui» domandò Eustass Kidd per quella che a Trafalgar Law sembrò la millesima volta da quando erano arrivati.
~
«Molto bene» disse quindi il biondo dei Mugiwara accendendosi una sigaretta, una volta sinceratosi che il suo ragazzo non avrebbe attaccato di nuovo. «Quindi per l’area bambini ti seguiamo, Eustass?»"
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Killer, Mugiwara, Penguin, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Suuuuuuper, ci siamo tutti!» esclamò eccitato Franky quando l’intera compagnia si ritrovò al di là dei tornelli, con tutto il parco a loro disposizione.
Sfregandosi le mani con fare compiaciuto, si voltò fiero verso il secondo passaggio, intenzionato a guidare gli amici alla prima attrazione, quando si fermò interdetto: i pugni chiusi e alzati, in procinto di seguire il corpo in marcia, scosse un paio di volte la testa in entrambe le direzioni, prima di domandare con fare imbarazzato:
«Ehm… dove si va?»
Una divertita Robin gli posò una mano sulla spalla con fare consolatorio, porgendogli una delle mappe gratuitamente fruibili all’ingresso: girando la testa per sorridere alla compagna, Franky notò che Nami, elettasi autonomamente capogruppo, aveva arraffato una quantità innumerevole di cartine e le aveva elargite agli altri, insistendo per dare a Zoro una cartina in più delle sette che già lo sommergevano.
«E dove li metto tutti questi fogli, strega?!» stava sbraitando quello, mentre la ragazza gli riempiva le tasche di mappe.
«Vedi solo di non perderli!» urlò la rossa di rimando, appuntandosi mentalmente che avrebbe fatto meglio a chiedere a Sanji di non perderlo di vista un solo istante: non reputava saggio né conveniente affidarsi all’inutile quanto inesistente senso dell’orientamento del verde.
«Allora…» riprese il ragazzo dalla cresta azzurra, consultando la mappa con la mora «L’attrazione più vicina è… uhm…»
«DINOLAND!» esclamò a sorpresa Rufy con gli occhi luccicanti, facendo emergere l’infantile che era in lui, sventolando la cartina che così disgraziatamente aveva consultato.
«Dinoland?» si aggiunsero curiosi Usopp e Chopper, facendo subito correre gli occhi tra le aree colorate del dépliant.
«Rufy, non credo che a Dinoland sia permesso l’accesso a persone con più di cinque…» iniziò Nami, prima di notare che il ragazzo stava tagliando la corda senza chiedere il permesso a nessuno.
«RUFY!»
Il cappello di paglia alle spalle di Monkey si vedeva a malapena, ora che il ragazzo era lanciato in una corsa folle verso l’area contraddistinta nella mappa dal colore viola: Rufy aveva infatti approfittato dell’attimo di smarrimento per sgusciare via dal controllo serrato di Nami che, nonostante avesse come amici adulti maggiorenni e vaccinati, voleva tenere sotto attenta osservazione quegli elementi del gruppo che erano più a rischio di perdersi. E, nonostante amasse con tutto il cuore Rufy così com’era, Nami non poté fare a meno di maledire il proprio ragazzo e la sua irresistibile, molesta immaturità prima di lanciarsi al suo inseguimento, seguita a ruota dei suoi amici… e da qualcosa come un centinaio di occhi puntati addosso, voltatisi all’unisono all’urlo barbarico del moro.
Qualche metro dietro di loro, appena superato il tornello (non senza problemi, dato che Kidd aveva trovato opportuno far notare, col suo solito charme e tatto, al povero controllore che si era solo azzardato a suggerire di riporre i grandi occhiali da aviatore del rosso una volta sulle attrazioni, che non se ne sarebbe separato sicuramente per il primo, merdoso ottovolante di un fottuto e schifoso parco dei divertimenti), Law e Penguin con i rispettivi ragazzi fecero il loro ingresso al parco: e Kidd si rese conto che quella non era stata per nulla una buona idea.
Mocciosi, studenti e altri mocciosi con le loro famiglie invadevano l’ampio spazio con fontane che li separava dalla piazza principale, da cui partivano i vari percorsi per le diverse attrazioni: non bastavano Mugiwara e la sua compagnia di fenomeni da baraccone, avrebbe anche dovuto sorbirsi mille e uno nanerottoli che si sarebbero infiltrati in ogni dove pur di superarli nelle file e aggiudicarsi i posti migliori…
«Che c’è, Eustass, un paio di bambinetti ti mettono in agitazione?» domandò il moro sarcastico, notando come il suo ragazzo guardasse in modo minaccioso una scolaresca probabilmente delle scuole… medie? che si stava confrontando, emozionata, su quale percorso seguire per primo.
A ben guardare, la media d’età delle persone presenti oscillava pericolosamente tra gli undici e i cinquant’anni, e non solo i bambinetti sarebbero stati un problema: adulti accaldati, sudati, in compagnia di figli irritanti e maleducati, che sfruttavano i flaccidi genitori per saltare le file e lamentarsi, lamentarsi, lamentarsi fino allo sfinimento per il caldo, l’attesa troppo lunga, e per ogni minima cosa che potesse urtare la loro giovanile e assai troppo entusiastica voglia di divertirsi come degli esagitati.
«Tsk, non dire stronzate Trafalgar» ribatté quello, spostando i suoi occhi di un inquietante e raro giallo dal capannello al chirurgo. «Valutavo solo se mi convenisse spegnere quelle patetiche vite adesso, o se non mi fosse più utile aspettare che le loro maestrine se ne vadano per i cazzi loro e buttarli giù dall’… Qual è l’attrazione dove possono farsi più male?»
«Uhm…» ragionò Law, portandosi le dita ad accarezzarsi il pizzetto «Se ti danno così fastidio, potresti sempre soffocarli… un colpo di calore può sempre capitare, e può mascherare benissimo un assassinio per asfissia… comunque credo che si possano fare molto più male sul Katun, quello dove vai a testa in giù ed è legato solo il busto…»
Il rosso trasalì alla risata sadica che seguì alle parole dell’altro, a cui avrebbe dovuto essere abituato, dato che con lui condivideva la vita e l’abitazione, ma quella risata riusciva sempre a fargli venire i brividi; e poi, sapeva che il proprio fidanzato avrebbe potuto benissimo mantenere fede a ciò che aveva detto, e che si divertiva un mondo a punzecchiarlo con la propria vena perversa.
«Se voi due avete finito di progettare la dipartita di ogni singolo visitatore, che ne direste di dare un’occhiata alla mappa e scegliere cosa provare per primo?» chiese Killer invitandoli a raggiungere lui e Penguin che, Kidd avrebbe potuto giurarlo, aveva già avuto tempo sufficiente per adocchiare un mucchio di anfratti nei quali appartarsi con il biondo nel primo momento libero: il pinguino infatti, con le mani stranamente ferme lungo i propri fianchi, stava certamente progettando qualcosa di perfidamente dannoso nei suoi riguardi, ma Killer non era tipo da lasciarsi fregare così semplicemente.
«Se ci dirigiamo subito al Katun, dovremmo evitare il grosso della ressa» propose quindi, deciso a non lasciare alcuna occasione per agire al proprio ragazzo.
«Vada per il Katun allora» acconsentì l’altro, meditando chissà quali piani malefici. «Voi piccioncini avete intenzione di seguirci o vi ritroviamo tra un po’ nel bagno più vicino?»
Law si portò una mano al viso celando un sorrisetto, sentendo Kidd prendere per la collottola l’amico e Killer cercare di separarli: erano appena entrati e quella era la loro seconda rissa, probabilmente se si fossero impegnati ancora un po’ avrebbero potuto stabilire un record, rifletté.
Tra l’altro, trovava affascinante come la scelta dell’amico fosse caduta proprio sull’attrazione che, tra tutte, aveva maggiori probabilità di diventare la scena di un pluri-omicidio: oh, si sarebbe divertito un mondo ad osservare Eustass cercare di trattenersi dallo scaraventare ogni bambino nel vuoto…
«Ah-ahm…» tossicchiò quindi, sfilando la cartina dalle mani di un Penguin alquanto deliziato dalla faccia incazzata di Kidd e dalla dimostrazione d’affetto mal celata del proprio fidanzato «Allora, si va al Katun?»
Più avanti, intanto, Rufy aveva finalmente arrestato la propria corsa davanti al sentiero un po’ imboscato che indicava, su un cartello intarsiato di ossa finte, l’entrata di Dinoland; dietro di lui, affannati, Usopp e Chopper guardavano meravigliati il grande brontosauro di plastica davanti a loro.
Quando arrivarono anche gli altri, con il fiatone e già il sudore che fuoriusciva dagli strati epidermici più esterni, la prima cosa di cui si resero conto fu che l’intera area brulicava di marmocchi di non più di sei anni, che condividevano la stessa eccitazione puerile del ventenne che ora, a cavallo del brontosauro (nessuno aveva la più pallida idea di come avesse fatto a salirci, e con quale velocità), si divertiva un mondo a sentire come la plastica vibrasse ad ogni verso gutturale del fossile.
«Ehi Rufy!» chiamò Usopp da sotto, agitando le braccia per attirare l’attenzione dell’amico «Voglio salire lassù anche io! Lascia spazio anche a noi!»
Rufy rise, una risata da bambino, prima di ribattere che era arrivato prima lui e che quindi il primo giro spettava a lui.
«Ma è altissimo!» esclamò Franky, portandosi sotto le enormi zampe dell’erbivoro.
Robin osservò divertita il suo ragazzo cercare di scalare le squame del rettile, e le parve una buona cosa, sia per quel povero animale sia per gli altri là sotto, che il brontosauro fosse bello che morto: chissà a quali torture lo avrebbero sottoposto, se fosse stato ancora in grado di correre e dimenarsi!
«Scendete immediatamente da lì!» intimò Nami, con un urlo talmente forte da far girare almeno un paio di bambini e richiamare l’attenzione di un addetto alla sicurezza di quell’area.
«Che succede qui?» chiese quello, arrivando alle spalle della rossa e guardando minaccioso la scena che gli si presentava: Rufy, aggrappato con tutti gli arti al muso dell’animale, cercava di impedire la scalata di un Franky decisamente elettrizzato e di un Usopp determinati ad avere il dinosauro tutto per loro, mentre Chopper, attaccato alla coda mobile del mostro, si domandava spaventato chi glielo avesse fatto fare, di seguire l’amico dal lungo naso in un’avventura che probabilmente gli avrebbe fatto perdere la vita.
«Signorina, lo sa che è severamente proibito salire su quel coso?»
«E IO CHE CI POSSO FARE?»
Nami, le urla più acute di sempre, fronteggiava l’addetto e nel contempo urlava agli altri di scendere subito: sentiva che le sarebbe stato chiesto un risarcimento in denaro…
Ad un tratto, ebbe un’idea.
«Rufy!» chiamò «Se non ti decidi a scendere da quell’affare, giuro che t’impedirò l’accesso alla cucina per un mese intero!»
Il ragazzo voltò leggermente la testa in direzione della minaccia.
«E non solo: requisirò tutte le tue scorte segrete, e sì, conosco tutti i tuoi nascondigli!»
Monkey sembrò leggermente sconvolto a quella rivelazione, e si mise a valutare la sua posizione: avrebbe potuto formulare una contro-minaccia contro la rossa, ma quella sembrava davvero determinata a razziare ogni sua riserva di cibo per i giorni di magra…
«E non ci sarà Sanji a portarti qualche bocconcino di straforo stavolta!»
Si voltò verso il cuoco, urlando che non doveva neanche azzardarsi a sgusciare in casa sua per rifornire il suo ragazzo, ma si bloccò a mezza frase.
«DOVE SONO SANJI E ZORO?»
   
 
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