Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Always221B    18/07/2016    4 recensioni
-Agghiacciante. - commentai.
-Oh non essere sciocco. E' invenzione pura.
Gli passai la lettera, e lui estrasse un foglio giallognolo.
Bloccai la sua mano con la mia, trattenendolo.
-Andiamo John, non sarai mica superstizioso? -mi domandò Sherlock, sistemandosi la camicia viola.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ciao a tutti, eccomi ancora qua! Come promesso ho aggiornato prima dell'ultima volta, un ritardo così non è accettabile, lo so, anche perché io per prima muoio quando devo aspettare secoli per leggere qualcosa!
Spero vi piaccia perché ho l'impressione, come al solito, di aver fatto qualche disastro!
Grazie a tutti quelli che mi seguono e mettono la mia storia nei preferiti, o nei seguiti o quant'altro! Grazie di cuore per le recensioni, spero di sentirvi ancora perché mi aiuta molto sentire i vostri pareri per continuare questa storia! 
Comunque sono ancora qui a rompervi un po' le scatole, finalmente i nostri EROI si trovano nella stessa città. 
Pronte a shippare? 








                                    Strane relazioni nel centro di Bruxelles



 
                                                                                                    Bruxelles, Belgio 



Noi non parlavamo mai apertamente della nostra situazione.
Guardavamo in alto fingendo di non avere nulla da dire, e tantomeno da pensare.
Arrivammo in Belgio con qualche ora di ritardo, e Bruxelles era stupenda, illuminata dalle lucine rosse e verdi del Natale.
I mercatini nelle strade rendevano la città accogliente, sembravamo quasi far parte di essa. 
Il mio migliore amico rispondeva stizzito che era noioso girare le bancarelle, perché lui doveva risolvere un caso, e non comportarsi come se fosse in vacanza, e 
inoltre, aggiungeva che i mercatini londinesi erano meglio forniti e più luminosi.
Stretto nel suo cappotto nero e con la sciarpa blu che gli riscaldava il collo, continuava a sbuffare, sperando che qualcuno cadesse a terra, morto, di fronte a lui.
-Troppa tranquillità, John. -affermò, mentre ci dirigevamo in una zona un po' più isolata, nell'attesa di un taxi.
-Non preoccuparti Sherlock, tra poco andremo in hotel e sistemeremo le nostre valige, stasera saremo a visitare la casa. 
-Non so nemmeno perché ho accettato questo caso, mi sta facendo aspettare troppo. -rispose, offeso, come se fosse colpa di qualcosa di inconsistente.
-Io adoro le fiere di natale.- dissi, ignorando le sue ultime lamentele.
-Lo so. - disse, porgendomi un pacchetto scuro. -So che ci tieni a certe cose. 
Il mio migliore amico era di fronte a me, con gli occhi cerulei che mi guardavano. 
-Posso? - gli domandai, prendendogli il polso.
Lui fece una smorfia di disinteresse, tentado di nascondere un sorriso.
Ci sedemmo su una panchina. -Sarebbe il caso di chiamare per telefono? Non mi pare passino spesso dei taxi qui. -dissi, senza lasciare la mano nivea.
Sherlock ritrasse la mano e inviò un freddo e coinciso messaggio a suo fratello. "Bruxelles, taxi : lato est fiera natalizia centrale".
Il freddo rendeva il suo respiro leggermente più pesante, osservava le sue mani come se gli bruciassero.
Probabilmente, pensai, il mio contatto l'aveva infastidito parecchio.
Mise le mani nelle tasche esterne del cappotto, con un gesto insolito.
Fra di noi tutto era muto, nessuno osava dir niente mentre la folla alle nostre spalle gridava, presa dall'allegria tipica delle feste invernali.
Il silenzio è una di quelle cose che fa terrore, perché è il momento in cui il tuo io ti sbatte la verità in faccia, senza cortesia.
Spaventa perché ti costringe a pensare. 
Ti lascia solo, isolato, nonostante attorno a te ci siano miliardi e miliardi di persone.
Quell'immobilità che ti costringe a nasconderla dai pensieri.
Ero consapevole di non essere più quello che ero qualche anno prima, i maglioni e il tea continuavano ad essere gli stessi ma mi sentivo cambiato, diverso.
Ora rimanevo imbambolato di fronte alla figura lunare e snella del mio migliore amico. 
Rimanevo incantato, mentre i riccioli neri venivano scossi dal vento,  si muovevano irregolari, imprecisi, quasi violenti come se graffiassero la bufera.
Sembrò ancora una volta volersi immischiare nei miei pensieri quando all'improvviso affermò : -Noi non stiamo insieme. 
E' indefinito, pensai, il colore di quegli occhi che erano rivolti verso di me ma che non mi guardavano. 
Il celestino abisso del suo sguardo fingeva di osservarmi, ma sbirciava oltre le mie spalle, verso il panorama innevato e poco assolato.
Sentivo un freddo dentro, che nessun altro al mondo avrebbe potuto mai capire. -Lo so. -risposi, mentre temevo che il mio sangue gelasse.
Solo a Baskerville vidi in lui quello sguardo, spaventato, irrazionale.
-Non è così che funzionano le storie d'amore. -affermò, cercando di dare un contegno alla voce che ormai tremolava.  -Non è normale.
-Vieni tu a parlarmi di cosa è normale e di cosa non lo è ? -domandai, sconcertato dalle sue parole.
Ma alla fine mi aspettavo che Sherlock Holmes fosse troppo per aprire il suo cuore ad uno stupido ex soldato.Troppo.
-La chimica non mente John, mi accorgo anche io che il mio corpo e la mia mente mi danno ordini differenti. Pupille dilatate, brividi sulla superfice dell'epidermide.
Questa è chimica, non è l'amore che tu professi. Niente coccole nei caffé, niente viaggi a Parigi nel weekend. Un matrimonio nella casa di un dio al quale non credo? 
Per favore John, non è quello che cerchi. - affermò il mio amico tutto d'un fiato, come se si fosse scottato al non parlare.
-Sei una dannata prima donna, Sherlock! -sbottai, detestando ogni parola che disse.
-Appunto John, cosa ti aspetti da me? - domandò con un accento di disgusto nella voce, come se provasse la nausea ad affrontare ancora il discorso.
-Sherlock...
Le iridi gelide del mio amico erano governate dal nero del foro pupillare. -Tra sei secondi il taxi svolterà da sinistra.- disse, tentando di controllare il tono della sua voce.
La marmoreità dei gesti e del colorito riprese il sopravvento, e il moro si sollevò sistemandosi cappotto e bavero. -Andiamo?-domandò, indicando l'auto appena arrivata.
-Hotel del Nevischio. - ordinai all'autista, che nel silenzio più totale ci accompagnò nella via richiesta.






                                                                                               Bruxelles, Belgio
                                                                                               Shaptar Motel



-Non una parola. 
-Non una parola. - ripeté Sam, osservando il soffitto, senza riuscire a guardare in faccia suo fratello.
-Io e l'angioletto facciamo un giro, okay?-si intromise Charlie, tirando Castiel per un braccio.  
Lo sguardo di Dean scivolò sulla schiena ancora nuda dell'angelo moro. 
Metabolizzò ciò che aveva appena fatto.
-Dean! - lo sgridò suo fratello. -Cass, va a metterti addosso qualcosa. Abbiamo un caso!
L'angelo si vestì in fretta, dimenticando l'adorato trench sul letto del suo migliore amico. La nerd salutò, e uscì con l'uomo.
-Ok Sammy, mi dispiace. Non so cosa mi sia venuto in mente di fare. - Il maggiore iniziò a parlare, soppesando ogni parola come se fosse un macigno.
-Non devi scusarti. - rispose il più piccolo. - Sapevamo tutti di te e Castiel.
-Ma non c'è niente tra me e Cass.- rispose il cacciatore, con una voce meccanica, simile a quella di un computer che ha un solo comando.
Lo sguardo del moro tolse al rockettaro tutta la voglia di ribattere. 
-Mi dispiace, okay? - disse, semplicemente. -Non me l'aspettavo neppure io. 
-Ok, ok, non voglio sapere. Sono solo felice che finalmente stiate insieme. -affermò il più alto, ancora immobile e con gli occhi fissi sul soffitto. 
-Sammy non è la prima volta che mi vedi a letto con qualcuno. 
-No, ma solitamente non è un angelo del Signore. - ribadì ancora sconcertato Sam.
-Non accadrà più. -rispose Dean, rivestendosi. 
-Dean? -domandò, sollevando un sopracciglio diffidente.
-Andiamo Sammy non lo so. Non so cosa mi stia succedendo.- rispose, spostando una tendina della finestra e guardando Charlie e Cass che giravano intorno ad una vettura che Sam aveva appena 
preso a noleggio.
-Ti conosco bene, io so che sei a conoscenza di ciò che ti sta accadendo ma so anche che non vuoi ammetterlo. - disse il minore, guardando indagatore suo fratello.
-Certo Samantha, ne parliamo la prossima volta che ti faccio le treccine guardando piccole donne. -affermò Dean, tentando di fuorviare l'argomento.
Sam sorrise, comprendendo che l'ironia del fratello nascondeva ben altro, e lasciò una pacca sulla spalla di Dean, finalmente guardandolo negli occhi. -Li facciamo rientrare? - domandò.
-Sarà il caso che io e Cass..-cominciò il maggiore, una volta che tutti e quattro si trovavano nella sala.
-Riposiate? - azzardò Charlie, ridendo.
-Andiamo a controllare la casa. -disse il più grande dei Winchester, ignorando l'affermazione dell'informatica.
Sam guardò prima il moro e poi il biondo, senza sapere se fidarsi totalmente di lasciarli andare da soli. -Controllare la casa, miraccomando. 
Charlie rise di gusto. -Mi accompagni al prossimo gay pride Dean?-domandò.
Lui le fece il dito medio, e insieme all'angelo si allontanò verso l'auto.



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-Sam non c'è, posso sedermi davanti? -domandò Castiel.
-Hai dimenticato il trench. -rispose Dean, notando che il suo angelo assumeva un aspetto più sexy quando lo indossava.
'più sexy?' pensò.
-Anzi no, lascia perdere non prenderlo. -continuò. 
Cass guardava il suo amico senza capire. -Non capisco Dean, posso sedermi o no? -domandò.
Il biondo fece cenno di sì con la testa e azionò la musica a tutto volume, intonando le note più basse di Highway to Hell.
'Sull'autostrada per l'inferno' disse a sé stesso.
-Cosa siamo noi? -domandò il moro.
-Io sono un umano e tu sei un angelo con le piumette scariche.-rispose Dean, diverito dalle sue stesse parole.
-Le mie ali sono grandi. -rispose Cass, confuso.
-Quanto grandi? -domandò.
-Vorresti vederle? -chiese l'angelo.
Dean spalancò gli occhi, rendendosi conto di stare flirtando con un uomo.







                                                                                                       Bruxelles, Belgio 
                                                                                                       Hotel del Nevischio



Le valige erano più pesanti di quanto potessi ricordare.
Il mio animo da ex soldato mi spingeva a fingere di poter sollevare tale peso per cui rifiutai l'aiuto dell'addetto ai bagagli del Nevischio.
Il consulente investigativo indicò le valige al giovane ragazzo, con un gesto annoiato.
Doveva avere poco più di trent'anni e la divisa rossa sembrava ingiovanirlo di più. 
-Trentatré. -affermò Sherlock, entrando nella traiettoria dei miei pensieri. 
Il giovanotto non udì il mio amico, ma sforzò un sorriso. -Alla reception vi chiederanno di riconfermare la prenotazione. Non si sa mai.
-Hanno disdetto molti ordini di persona? -domandò il mio migliore amico.
-Ultimamente. -rispose. 
-Siamo in campagna, è raro che riceviate prenotazioni. -affermò Sherlock.
-Non è vero! -rispose offeso il trentenne.
-Senti, so di avere ragione. Le tue mani sono troppo curate perché tu possa svolgere questo incarico spesso, eppure nel tuo cartellino c'è scritto che svolgi questo
lavoro da tre anni. L'albergo è piccolo e poco conosciuto, gli strati di polvere sui tappeti dell'ingresso indicano che è raro che qualcuno ci passi sopra, tantomeno con
delle valige... 
-Sei fantastico. -commentai, ammirato. 
Lui bloccò la frase e mi sorrise.
In quel momento giurai a me stesso che per niente al mondo l'avrei fatto allontanare da me.
Il giovane rimase con la bocca spalancata, e indicò al mio 'amico' la reception.
-Holmes. -disse Sherlock al lavoratore di fronte a lui, appena arrivammo nel luogo indicato.
L'uomo aprì i registri cartacei, e sfogliò pagina per pagina lasciandoci attendere parecchi minuti.
-Non finga di avere avuto molte prenotazioni. Holmes, vada sulla H.- continuò il mio amico, stizzito.
L'addetto era un ometto basso e paffuto.
Gli occhialetti sembravano stargli stretti. 
I denti sporgenti, come se fosse sempre pronto a mordicchiare groviera.
Un roditore, pensai, guardandolo.
Ci fissò con i minuscoli occhi grigi e prese la chiave della stanza numero 20.  -Buona luna di miele. -affermò, con ironia.
-Noi non siamo... 
Sherlock prese la chiave, senza dire una parola.
-In luna di miele. -aggiunsi. 
-Avete chiesto una suite. -rispose stranito il receptionist.
-Capisco ora perché non avete molti clienti. Nessuno che riesca a farsi gli affari suoi. -sbottò stizzito il mio compagno. -Andiamo John? 
L'hotel non era esattamente qualcosa che si adattava al mio coinquilino.
Somigliava più ai miei gusti che ai suoi.
Tappeti enormi e decorazioni natalizie ovunque.
I piedi mi facevano male e il pavimento in parquet verdegrigiastro era docile nei loro confronti.
Salimmo una scalinata breve di sei o sette gradini, mentre sollevavo il peso morto della mia valigia.
L'addetto ai bagagli era già sparito da qualche minuto con la valigia retrò di Sherlock e con il suo cappotto.
Il mio amico indossava un completo nero che gli stava come se fosse stato baciato dagli angeli o dalle fate.
Come se gli fosse stato cucito addosso.
Pareva non sentire il peso degli abiti umidi, e tantomeno della fatica della camminata tra le bancarelle. 
Di fronte a noi un ascensore platinato.
Guardai supplicante il mio buon amico, che indicò l'ascensore come per fingere che fosse una sua idea.
-Ha detto terzo piano? - chiesi. 
In risposta pigiò il bottone.
Pochi istanti dopo le piccole porte dell'ascensore si aprirono e l'albergo divenne ancora più carino.
I grandi lampadari erano un po' impolverati, ma l'ambiente lasciava un alone romantico nell'aria.
Il piano aveva tre porte, aprimmo la nostra.
Una stanza molto grande ci accolse.
Il rosso domiava la camera.
Al centro di essa un grande albero natalizio, addobbato di nastri e palline.
-Ci tengono molto a queste scemenze? - domandò il mio inquilino.
-Non sono stupidaggini. -dissi, tastando con la mano il pacco che mi aveva regalato un'oretta prima.
-Sai già cosa è. -disse lui. -E sappi che ho molto più buon gusto di te.
-Non avevo dubbi.- risposi ridendo.
Lo tirai verso il letto. -Anche io ho qualcosa per te.
Il mio coinquilino osservò la mia mano che stringeva il suo polso, con fare indagatore. -Mi stai riservando molte attenzioni ultimamente. -affermò.
Mi spaventarono quelle parole dette con l'ingenuità di un bambino, ma non sapendo come rispondergli mi ritrovai a fissarlo, come se non avessi capito.
-Tutti questi contatti umani, intendo. -disse. -Non pensavo li avresti mai dedicati a me.
-Sherlock.
-E' chimica. -rispose lui, con ovvietà.
Sospirai -Certe cose non si possono razionalizzare.
-Certo che sì. -rispose. - E' basilare.
-Tu proprio non capisci. 
-Sei tu che non riesci a capire. Io non sono come credi, non sono l'eroe delle tue storie. L'hai scritto anche tu. Io sono come una macchina. 
-Io so esattamente che non sei come nel mio blog. Quelle sono solo parole.
-Restano le tue parole. Non è questo che vuoi.
-Tu non sai cosa voglio. -risposi, avvicinandomi a lui al punto che fu costretto ad abbassare lo sguardo per vedermi in viso.
Ci mise pochi secondi per intuire quel che stavo provando, ma dai suoi occhi capii che si sentiva sperduto e terrorizzato.
Mi tirò il polso e io non riuscii a parlare, quasi immobilizzato.
Ci guardammo per un paio di secondi, che sembrarono divorare i minuti e le ore seguenti.
Perché si sa come sono i suoi sguardi, quelli veri, privi di ogni artificio.
Sinceri, combattivi, esplosivi.
-Tieni. -gli dissi, consegnandogli il mio pacchetto. 
Lo soppesò e lo scosse. -E' una maglietta? -domandò stupito.
-Mary mi ha dato una grande idea. -risposi ridendo, pensando alla mia ex moglie.
Lui mi guardò accigliato. -Che cosa c'entra Mary? -domandò con voce impassibile.
-Geloso?- domandai, divertito dalla situazione.
-Certo che no, posso comunque mandare un messaggio ad Irene. -rispose lui, con un tono di sfida nella voce.
-Oppure potresti sbottonarti la giacca. - affermai, cercando un po' dello spirito intraprendente che solitamente circolava nelle vene mie e del mio compagno.
-E buttare quell'orrendo maglione che indossi.
-Non ti piace? - chiesi, affascinato dal gioco di flirt in cui ci stavamo infilando.
-E' decisamente da togliere. -rispose, con la voce profonda e glaciale.
-Mi dai una mano?
-Ti potrei mai lasciare con quel coso addosso?







                                                                                                Bruxelles, Belgio
                                                                                                Autogrill



-Il natale è ormai diventato una festa pagana. -cominciò Castiel, interrompendo il suo amico che cantava le ultime note di Hells Bells.
-Mi piace pensare che non sia così. -affermò l'altro.
-Ci si fanno regali, ma sopratutto si elogia un uomo grosso e rosso che finge di essere San Nicola. 
-E' di quel colore perché riprende il logo della Coca Cola. -rispose Dean, abbassando il volume della musica.
-Cosa è? - domandò l'angelo, confuso.
-Non hai mai assaggiato... cosa?! - chiese sconcertato il cacciatore.
Il Winchester bloccò la macchina, di colpo, di fronte ad un autogrill.
-Sono confuso, Dean. Cosa stai facendo? 
-Ti faccio assaggiare una cola. -affermò.
Parcheggiò la vettura noleggiata da Sam e Charlie, poi scese dall'auto.
Cass lo imitò.
-Non sai cosa ti sei perso. - disse il biondo al moro, mentre entravano nell'autogrill.
Il locale era piccolo, chiazze di olio governavano le tovagliette plastificate dei vari tavolini.
Spruzzi di ketchup e salsa coloravano le pareti bianche, ormai ingiallite dal tempo. 
Si sedettero in un posticino squallido ed isolato dagli altri.
La camicia dell'angelo odorava ancora di impala, e Dean sentiva dentro di sé che era meraviglioso che il moro profumasse dello stesso odore della sua piccola.
Un cameriere sui cinquant'anni, con la schiena inclinata da una leggera gobba, sembrava stanco di lavorare e molto poco attento agli ordini che riceveva.
-Doppi hamburger e cola e due fette di crostata al cacao. - disse il Winchester.
Castiel continuava a guardare il cacciatore con un'espressione confusa, la curiosità non riusciva ad abbandonare il suo viso. 
-Dimmi Cass. - disse il biondo, mentre si sistemava più comodo sulla sedia.
L'angelo piegò la testa verso sinistra, poi la rimise diritta. -Io non capisco, Dean. - affermò, in tono serio e calmo.
Il cacciatore non sembrava essere molto incline ad affrontare un discorso con Castiel, non dopo quello che era successo.
Un alone di imbarazzo colorava l'aria, eppure solo Dean sembrava sopportarne il peso.
Lo sguardo dell'angelo rimaneva pulito, puro, senza il minimo conflitto interiore. 
Cass non sembrava provare rancore o rimorso, pareva semplicemente non capire.
Agli occhi del Winchester appariva come un bimbo ingenuo che lo guardava con gli occhi grandi, chiedendosi come fosse fatto il mondo.
E per Dio, l'aveva baciato.
Quel bambino dal quale certe cose non si potevano aspettare.
-Cosa non ti è chiaro? - domandò Dean, tentando di cercare la normalità nella propria voce.
L'angelo continuava a guardarlo, forse nella speranza di trovare le parole giuste.
Gli ordini arrivarono, e il cacciatore abbandonò la vergogna su una fetta grossa di crostata.
'E' dorata e morbida' pensò, tentando di non sollevare lo sguardo dal piatto, sentendo gli occhi oltremare dell'angioletto che continuavano a fissarlo.
-Dean sembra che tu non voglia affrontare l'argomento - domandò l'angelo, con l'ingenuità che può solo essere attribuita ad un infante.
Dean aprì il panino e lo imbotti di ketchup, lasciando quasi scomparire l'hamburger al suo interno. -Non saprei cosa dirti, Castiel. - rispose, continuando a sfuggire allo sguardo del suo amico.
L'angelo prese il bicchiere colmo di liquido scuro e frizzante e lo annusò.
-Ma mi hai spogliato, Dean. - continuò, confuso, come se temesse di avere un ricordo sbagliato.
Il cacciatore quasi si strozzò con un morso di panino. Bevette un sorso di cola. -Faceva caldo e ti davo una mano, tra amici ci si aiuta.
Castiel inclinò ancora la testa, in un'espressione di pura e totale incomprensione. -Bobby non lo fa con voi. - affermò.
L'espressione sconcertata e disgustata del biondo che aveva scongiurato anche l'apocalisse fece capire all'angelo che aveva chiesto troppo.
-Cass ma cosa dici? Bobby è come un padre come noi!
-Tu hai detto che sono come un fratello per te. Però con Sam non fai così.
-Castiel, pensi troppo. Perché non chiudi le ali? Voli troppo in alto.
-E' squisita, comunque. -affermò l'angioletto, dopo aver assaggiato la bibita.
Il cacciatore sforzò un sorriso. 
Ogni parola sembrava forzata, e si fermava nella gola.
Il silenzio li stava ingoiando in una miscela di imbarazzo e di ansia.
-Quindi non siamo come eravate tu e Lisa? -domandò nuovamente l'unico che non sentiva il macigno della vergogna.
Dean tossì. 
-O come Jessica e Sam. -continuò il moro.
-Tu sei vivo, lei no. - affermò il rockettaro. -E ora fa silenzio, mi piace mangiare in tranquillità.
Cass sembrò offendersi e guardò fuori dalla finestra scorrevole, piena di impronte di mani luride e oleose. 
Il biondo trangugiò il suo cibo, senza fare una sosta tra un morso e l'altro. -Andiamo? - domandò.
Castiel pareva voler tenere il muso, e ci mise una lentezza indescrivibile per alzarsi e sparire con il suo amico fuori dall'autogrill.
-Ci sei rimasto male?- domandò il cacciatore, rendendosi conto che il suo migliore amico continuava ad assumere un atteggiamento offeso. -Andiamo Cass, non fare il bambino.
-Sei tu che mi tratti così. -affermò. -Ho bisogno di capire. Se tu riesci aiutami. 
Dean fece roteare gli occhi e sbuffò. -Hai presente che Renly Baratheon aveva una moglie e poi è andato a letto con Ser Loras Tyrell? ***
-Ma tu non hai una moglie Dean. -affermò confuso l'angelo.
-Non è questo il punto Castiel!
-Ho capito che abbiamo fatto sesso. - disse Cass, con ancora un'espressione poco convita sul volto.
L'uomo rimase di sasso, come se non si aspettasse di sentir uscire parole del genere dalle labbra del suo amico.
-Cosa non hai capito allora? -domandò, irato, mentre si sedevano nella vettura.
-Cosa sono io per te?
L'oltremare che guardava il verde. 
Il Winchester alzò il volume della radio, sperando di dimenticare le parole dette dal suo amico.
'E' una maledetta follia', pensò, premendo il pedale dell'acceleratore.
Cass non aprì più bocca, e guardò fuori dal finestrino.
Nella sua mente un mare di gesti senza significato e parole che gli bruciavano come se non riuscissero più a stare in gola.
Continuò a guardare la strada, tentando di trovare una risposta alla sua domanda perché in cuor suo sapeva che l'uomo che gli sedeva al fianco non gliel'avrebbe mai data.







                                                                                               Bruxelles, Belgio
                                                                                               Hotel del Nevischio



Sherlock era immobile, di una bellezza secolare, pura, pulita.
Fingeva di dormire, mentre i miei occhi si perdevan a guardare la pelle nivea e semitrasparente, che metteva in risalto le vene azzurrine che coloravano il bianco
della carnagione come se fossero state dipinte sul suo epitelio con una delicatezza inimmaginabile.
-Hey. - lo salutai, accarezzando quei ricci morbidi color caffé. 
Dio sa quante volte ho sperato di poter infilare le mani fra quei capelli neri come la notte.
La muscolatura scolpita ad arte, come fosse stata plasmata su un marmo macedone. 
I suoi occhi erano come spruzzi di colore, tinte mischiate ad arte su una tela, pennellate materiche, corpose, fisiche.
Tonalità quasi palpabili, ma misteriose. 
Un mondo nel quale ci si perde troppo facilmente.
Fece un mugolio compiaciuto nel sentire le mie mani che lo accarezzavano.
-Solo chimica, vero Sherlock? - chiesi, ridendo.
Il mio amico sollevò gli occhi al cielo e tirò un lembo della coperta, dandomi le spalle.
Risi ancora.
-Sherlock? - lo chiamai.
-Mmh. -protestò il mio amico, senza muovere le labbra.
Plastificato nel suo nascondiglio.
-Sherlock?
-Mmh?
-Dobbiamo andare. - dissi, mettendomi a sedere.
L'uomo sembrò mutare ancora una volta espressione. 
E pensare che dicono che ne ha solo una, priva di ogni caratteristica.
Si sedette anche lui, e potei notare che sembrava brillare, come illuminato dalla luna. 
Al mio cuore mancò qualche battito, mentre ricordavo cosa stavamo facendo, in che casino ci stavamo immischiando.
-Non abbiamo aperto i regali. -disse, ad un certo punto.
Io sapevo che in realtà non gli importava niente di ciò  che nascondeva il mio pacchetto verde smeraldo.
Allungò il braccio verso il comò e prese i due regali.
Aprì il suo con una straordinaria pacatezza, attento a non rompere la carta, ma spazientito dal doverlo fare.
Gli occhi grandi, come quelli di un bambino, indagavano il regalo prima ancora di averlo guardato.
Tra le sue mani comparve una camicia blu. 
Ricordai che ero con lui e con la mia ex moglie, la prima volta che vidi quell'indumento. 
Era nel negozio dove comprai l'abito per il mio matrimonio.

<> mi chiese Mary, guardandosi intorno confusa.
<> risposi io, indicando il mio migliore amico.
La bionda rise, di gusto, e fece prendere due camice bianche. <>

Dallo sguardo del mio coinquilino capii che aveva ricordato quel preciso momento.
Sherlock era di fronte a me, interdetto, con il suo regalo fra le mani. 
Sorrise, e mi spronò ad aprire il mio. 
Una camicia bianca, Armani. Imparagonabile. -Grazie Sherlock, io non so che dire.
-So già che hai intenzione di coprirla con un maglione. Ho avuto il coraggio di comprare anche quello, almeno non indossi l'ennesimo golfino con le renne. -disse, con un 
sorriso sghembo.
Guardai più a fondo e notai un maglioncino nero in cashmere.  
Lo ringraziai ancora, più felice per la maglia che per la camicia.
Il mio amico si sollevò in piedi, completamente nudo.
Io da vero ipocrita mi imbarazzai, guardando altrove.
Era diverso vederlo così dopo averci parlato seriamente. 
Si vestì. 
Aveva gli occhi fissi su di me mentre indossava la camicia che gli avevo regalato.
Le spalle larghe ma eleganti che venivano coperte dalla leggera stoffa bluastra. 
Furono interminabili i secondi che ci mise per abbottonare la camicia.
E ancora di più quelli per stringere i polsini. 
Una meraviglia, uno spettacolo puro.
Un'esplosione di colori su un foglio immacolato.
Mi resi conto di starlo fissando con la bocca leggermente aperta, bloccando la salivazione. 
Mi vestii anche io, ma molto più in fretta, vergognandomi del fatto che il mio aspetto non fosse perfettamente britannico come il suo.
Non sono elegante, non sono alto e snello. 
Mi voltai, dandogli la schiena, preso dall'imbarazzo del silenzio e del corpo del mio amico.
Infilai la camicia e il maglione.
Fu quando mi girai per guardarlo finalmente in volto che mi sentii folgorato dal suo sorriso magnetico che mi studiava, consapevole di ogni pensiero che aveva 
attraversato la mia mente.
-Andiamo?- domandai, tentando di ignorare tutto.
Sherlock si mise il cappotto e lo strinse nel suo corpo perfetto, abbracciato dal nero impeccabile. 
La sciarpa blu notte che ci stava così bene con la camicia che gli avevo regalato, che risaltava il pallore beato della sua pelle.
'In paradiso hanno perso un angelo. ' pensai.

























Spazio note :D

Ok, non ho resistito e ho fatto un riferimento a Game Of Thrones, come avevo già accennato i personaggi seguono la serie (esattamente come nel canone)!
Beh che dire, spero vi sia piaciuto anche questo mio piccolo mostriciatolo di capitolo, lasciatemi un commentino! Tutte le critiche sono, come sempre, ben accette! 
Al prossimo capitolo, ciao patate!




   
 
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