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Autore: Hi Fis    19/07/2016    2 recensioni
Personale interpretazione su passato e futuro di due famigerati NPC di Dark Souls e di come il loro destino sia intrecciato.
Scritta soprattutto per l'idea, più che i fatti a disposizione e per questo si discosta in parte da alcune interpretazioni condivise sul lore di Dark Souls.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono un cavaliere. Ho fatto voto di difendere il regno che rappresento e il mio re: è per questo che sono qui, assieme ai mie fratelli. Una vita votata al sacrificio, e questo non è cambiato nemmeno dopo la mia morte, né dopo le molte altre che sono succedute a quella prima. Sì, io sono portatore, come altri, del terribile marchio profano, ma non per questo ho posato la spada o le mie convinzioni: rimango certo che le nostre azioni parlino più forte delle parole, e i nostri pensieri, che siano espressi o meno, siano comunque cose reali.
Il nostro mondo muore, un po’ più in fretta ogni giorno: Lordran, la terra degli dei, delle leggende e dei miti, si sta spegnendo, mentre la fiamma che ha iniziato l’Era del fuoco langue irreparabilmente. Io, come i miei fratelli, altri cavalieri buoni e prodi, e come altri avventurieri giunti da ogni dove, abbiamo assediato questa terra per anni per cercare di riparare a ciò che appariva inevitabile… o sono stati forse secoli?
E chi può esserne più certo in fondo? Qui, il tempo si mescola e le dimensioni si attraversano: i passi conducono non solo attraverso gli spazi, ma attraverso ere, attraverso regni, attraverso passati e presenti… mentre l’unico futuro possibile appare essere la fine di tutto. Ma non è nella natura di un cavaliere disperare e posare la spada.
E così assediamo, marciamo e sfidiamo demoni e antiche leggende, cercando di raggiungere il cuore stesso del mondo, mentre mille insidie ci minacciano, e ogni morte che subiamo ci diminuisce. Perché questa è la natura del Marchio e dei marchiati: ciò che per altri è una fine netta, la scure del più gentile dei boia, per noi è come una passata di mola. Noi non possiamo morire… ma nonostante questo, possiamo impazzire.
E così, ci stringiamo gli uni agli altri. Ci facciamo coraggio a vicenda… ci aggrappiamo a ciò che sappiamo, per non lasciare che i secoli e le rinascite ci spezzino.
Inevitabilmente, diventiamo più e meno di ciò che eravamo: prima o poi finiamo col recitare noi stessi, con una tale convinzione da crederci e questo pur di aggrapparci a qualcosa. Indossiamo armature e nascondiamo il nostro animo perfino al sole...
Erano passati secoli, o forse perfino di più, dall’ultima volta che avevo visto il mio volto: c’è stata solo la battaglia per così tanto tempo…
Essere Tarkus Ferro Nero mi ha sostenuto per così tanto tempo.
Mi ha sostenuto quando assieme ai miei compagni abbiano attraversato foreste e città, mi ha sostenuto mentre combattevano demoni. E ha sostenuto soprattutto i miei fratelli: l’immagine del prode Tarkus, dalla forza indomabile, ha fatto coraggio a molti più a lungo di quanto pensassero possibile.
Fino al giorno in cui ho scoperto di essere rimasto solo, di essere l'ultimo dei cavalieri ancora dotato di senno: solo allora ho capito che avevo recitato me stesso per gli altri. Una marionetta senza più pubblico. Eppure… eppure quella consapevolezza non mi ha fatto desistere: sono un cavaliere, e i cavalieri sono fatti per avanzare. Difendere il mio regno e seguire gli ordini del mio re, anche se morto da mille anni: come Tarkus Ferro Nero, il più forte dei cavaliere di Berenike.
 
Eppure…
Eppure eccoci qui ora. Si dice tra le dimensioni, così mi è stato riferito da un solare cavaliere il cui mondo a volte si sovrappone al mio, che il prode Tarkus, colui che ha sconfitto in singolar tenzone il terribile Golem di ferro, l’armatura col potere degli antichi draghi sempiterni, sia morto dopo aver raggiunto la città degli dei. La prova, così dicono, è la sua armatura che giace sul pavimento di fronte al grande affresco, nelle sale da cui è così facile precipitare, infestate dai misteriosi guardiani candidi, assassini e custodi di qualcosa che loro stessi hanno dimenticato.
Non è troppo distante dalla verità: Tarkus Ferro Nero è davvero morto in quel luogo. Per questo ho lasciato indietro la mia armatura e le mie armi: ho dovuto. Non ne avevo più bisogno: giaccia spezzato lo scudo, dietro cui un uomo in arme si può riparare! Giaccia immobile la spada capace di tagliare cavallo e cavaliere con un sol fendente! E arrugginisca la corazza che mi ha dato il nome! Suonino dunque le campane di Berenike, perché il cupo guerriero non è più!
Immagino che qualcuno si chiederà cosa sia successo. Perché Tarkus ora brandisce un’ascia, perché nella sua mano non è più saldo lo scudo a torre, ma la più eretica delle fiamme? E dov’è la corazza consegnata dalle mani del tuo re?
La risposta è in lei, ed è lei. Solo per lei: l’ascia che brandisco è l’ascia del golem, l’ultimo ricordo del mio più grande trionfo come cavaliere di Berenike. La fiamma che brandisco è la fiamma del mio cuore. La corazza è stata abbandonata invece, perché potessi stringere tra le mie braccia.
Lei è… le parole suonano goffe e pesanti sulla mia lingua di guerriero, ma ne parlerò comunque: devo almeno provarci, in modo da affinare le parole che le rivolgerò. Priscilla è il suo bel nome, bella anch’essa, come il più candido fiore dell’inverno. Priscilla la Mezzosangue, è il titolo crudele che gli dei le hanno affibbiato, prima di sigillarla e farla scomparire almeno dalla vista, se non dalla memoria. Sovrana di un regno che non esiste: Ariamis, la desolata landa del dipinto, prigione e rifugio della bella Priscilla.
Avrebbe dovuto essere una dea, la mia Priscilla, perché sua madre è stata Velka, moglie di Gwyn, il signore della cenere. Questo fa della mia amata la sorellastra di Gwynevere e di Gwyndolin, dea del sole e dio della luna. Ma Velka ha concepito Priscilla al di fuori del matrimonio col signore della cenere, generandola con uno degli ultimi draghi sempiterni: la mia amata non ha mai conosciuto suo padre, né si può dire che abbia mai davvero conosciuto sua madre. In questo, ci assomigliamo.
I pochi ricordi che ha di sua madre, così mi ha raccontato, sono quelli in cui cerca di impedire al Duca traditore, il Senza Scaglie, di usarla in uno dei suoi esperimenti: sembra addirittura che l’ossessione di Seath sia nata con Priscilla, ma egli non è, e non fu mai, suo padre. La mia stessa amata rifiuta una simile ascendenza, e ho avuto la fortuna e l’onore di poter confermare queste sue convinzioni.
Ma non fu per essere la prova del tradimento fatto a Gwyn, che Priscilla venne sigillata: frutto dell’unione tra dei e draghi sempiterni, ella rappresenta la prova che la convivenza tra il vecchio e il nuovo ordine era possibile. Che la guerra più antica e terribile poteva essere evitata.
Ma gli dei non possono avere torto: soprattutto Gwyn. Né gli dei possono sopportare esseri più forti di loro: la mia bella Priscilla ha in se il potere di draghi e dei, e dunque il potere di uccidere entrambi.
E così, spaventati da lei e dalla sua origine, la mia bella è stata rinchiusa nella sua prigione, fin da prima che il mondo iniziasse a decadere: un castello dipinto, in un panorama desolato e altrettanto fittizio, con solo poveri mostri e i più abbietti a donarle la loro compagnia in una desolata corte, con un re pazzo come giullare. La prima volta che mi recai a far visita a quel luogo, Ariamis, confesso che spazzai via tutti quelli che trovai sul mio cammino… ora non è più così. Sono dei loro, e loro sono ora il mio regno, e Priscilla la mia regina.
Mi ha conquistato al primo sguardo.
Sembra sciocco parlare con leggerezza di qualcosa di simile, e potrebbero sembrare parole vuote, dette come sono da un uomo che è più abituato al tocco del ferro che a quello di una donna… eppure è proprio così. Il suo retaggio dà alla sua candida bellezza una fierezza senza pari, e com’è piacevole dover alzare la testa per guardare una donna negli occhi, per adorarla come merita e sento di dover fare! Il fatto che al nostro primo incontro mi sovrastasse da più del doppio della mia altezza non ha saputo dissuadermi: sono stato temprato dal coraggio. E il Golem in fondo era molto più grande… ma c’è voluta molta più audacia per rivolgerle la parola quella prima volta: labbra come due petali di rosa, pelle d’alabastro, capelli come luce di stelle e un volto a cuore…
Una bellezza che ammutolisce, assoluta come la neve del suo regno, che calpesta a piedi nudi.
Un cavaliere può tutto per il suo re, ma può ancora di più per la donna che ama. Un cavaliere può percorrere solo una strada, quella del suo cuore e dell’onore. Questo, non è cambiato.
E ora, forse giorni o secoli dopo quel nostro primo incontro, dopo aver visto cose di cui non credevo possibile l’esistenza, e scoperto realtà indicibili, mi rendo conto che questa nuova verità che ho scelto per me stesso mi ha portato molto più lontano di quanto potessi sperare. E molto più in alto: il ferro nero che mi cingeva era pesante, al punto che avevo dimenticato quanto gravasse sul mio spirito.
Queste squame nere invece, il dono e la benedizione di un padre che attende ancora e sempre la sua unica figlia in tempi e dimensioni lontane, sono così impossibilmente… leggere. Il mio spirito è elevato, e così il mio cuore, mentre l’ascia che brandisco per lei è leggera più di una piuma.
Che cosa strana in fondo… cadere a volte è altrettanto importante che avanzare, perché dà la possibilità di vedere le cose da un altro angolo e in altra luce.
Il dominio degli dei giungerà alla fine, prima o poi. Forse perfino per mia mano, almeno in questa dimensione. Ma perché dovrebbe essere un male, quando le loro sono poco più che illusioni, e sanno essere più gretti dell’ultimo degli assassini? E perché dovremmo temere le tenebre in fondo, quando noi stessi veniamo dall’oscurità? Come la mia adorata mi ha fatto comprendere, perfino durante l’inverno non tutti i giorni sono crudeli, e il freddo non è sempre insopportabile.
Ora, io sono Tarkus Drago Nero, la cui fiamma eretica può consumare anche la cenere.

Tarilla? Tarilla!
Ovvero Tarkus (jolly cooperator exceptional) X Priscilla (best DS waifu ever).
Ma voi credete davvero che uno che ribalta golem per sport e sfonda le vetrate degli dei per aprirvi la strada (probabilmente quando eravate piccoli vi proteggeva anche dai bulli al parco), potrebbe davvero trovare la sua morte ultima in una caduta? Se Tarkus cade, il pavimento come minimo chiede scusa. Quindi Tarkus non può essere morto. Semplicemente, vi ha visto che avevate bisogno di aiuto e non solo vi ha aperto la strada, ma vi ha dato anche la sua armatura, perché sotto quella corazza nera, batte il cuore di un santo. Dopo questo, che fine può aver fatto Tarkus secondo voi? Di nuovo, credete che qualcuno possa resistere al suo fascino? Probabilmente sta facendo dragobimbi con la sua waifu fin da quando ha preso a pugni Gwyn.
Mettendo da parte questa ricostruzione personalissima degli eventi, di tutto DS Tarkus e Priscilla sono senza dubbio i miei personaggi preferiti, e mi serviva solo una trama convincente per usarli entrambi (nemmeno io però immaginavo fin dove mi sarei spinto, ma lo rifarei senza esitare). Il bello di DS, tra le altre cose, è che oltre un certo punto, non ci sono fatti, ma solo interpretazioni: ecco perché ho scelto di dare la paternità di Priscilla al drago sempiterno del lago di cenere, piuttosto che a Seath; e la maternità a Velka, il cui ruolo non è mai stato esattamente chiarito nel pantheon di DS (ma con qualcuno Gwyn deve pur essere stato per creare due figli). Questa mia interpretazione (a parte rigurgiti di lore e interpretazioni), è basata su un cavillo più un fatto: il fatto, è che alcuni mostri che si trovano negli archivi in DS1, sembrano la brutta copia di Priscilla (almeno nella teoria con cui sono stati costruiti). Ma se Priscilla è il punto di arrivo, perché Seath avrebbe dovuto continuare a fare esperimenti, quando aveva già raggiunto la perfezione?
La seconda, è che i draghi sempiterni erano, secondo prove circostanziali almeno, creature di pelliccia e scaglie. Seath non ha né le une né l’altra, mentre il drago sempiterno del lago di cenere ha entrambe. Inoltre, il legarlo a Priscilla spiega (forse) anche che cosa ci faccia in fondo a quell’albero: per quale altro motivo un essere che è eterno si prenderebbe il disturbo di aprire un varco per il suo mondo, se non per sperare che un giorno, qualcuno che aspetta da tempi immemorabili giunga a lui? E chi altri potrebbe aspettare un drago, per così tanto tempo, quando il resto dei suoi simili è sparito, o morto, o corrotto, o impazzito (Seath?).
Un po’ stiracchiata come teoria forse, ma la trovo più plausibile di che quella che lega Priscilla a Seath basandosi solo sul colore della pelle di entrambi: generalmente parlando, i pulcini e i piccoli hanno piume e pelo più chiaro di quando sono adulti, e per quanto Priscilla sia di fatto una semidea (e qualcosa di più, dato cos’erano i draghi in DS), è abbastanza difficile determinare con precisione quanto sia “giovane”, o quanto la sua permanenza ad Ariamis abbia rallentato la sua crescita. Potrebbe essere più vecchia di Gwynere, nonostante sia più piccola di statura…
In ogni caso, best waifu ever.
  
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