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Autore: _BlueLady_    20/07/2016    3 recensioni
[ Dal Prologo]
Tutti lo chiamavano Eclipse, perché proprio come un’eclissi era in grado di nascondersi alla luce del sole, per poi fare la sua ricomparsa di notte, nelle vie buie delle città più conosciute, alla ricerca di non si sa quali preziosi tesori.
Le prime pagine dei giornali erano piene delle sue immagini, i gendarmi di ogni città gli davano la caccia, nella speranza di catturarlo e finalmente infliggergli la punizione che meritava per tutti i furti commessi in passato.
Non c’era traccia di scovarlo, tuttavia.
Così come appariva, altrettanto misteriosamente scompariva, lasciando dietro di sé solo un cumulo di mormorii perplessi ed impauriti.
Attenzione: leggermente OOC, la lettura potrebbe risultare un pò pesante.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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~ CAPITOLO 22 ~
 
Era passata ormai una settimana dall’amara confessione che Rein aveva fatto alla sorella, ed Eclipse non era più venuto a farle visita dalla sera in cui le labbra del ladro si erano appropriate egoisticamente delle sue, catturandole in quel bacio che ancora aveva il potere di farle sussultare il cuore ogni volta che i suoi pensieri ne sfioravano il ricordo ancora così intenso in lei.
Cominciava a provare una certa angoscia, e non perché temesse di essere stata abbandonata, ma perché non riusciva a scrollarsi di dosso il presentimento che ad Eclipse potesse essere successo qualcosa di terribile.
Mai, da quando era entrato a far parte nella sua vita, era intercorso così tanto tempo tra una visita e l’altra del ladro in camera sua. Il dubbio che Eclipse si fosse stancato di lei non cessava di tormentarle il cuore, ma ciò che più le premeva era la sua incolumità.
Mille ipotesi le occupavano i pensieri, e altre mille ne sognava di notte: cominciò addirittura a temere che potesse aver incontrato delle difficoltà nell’attuazione di uno dei suoi colpi, e che qualcuno lo avesse scoperto e trattenuto con la forza, che fosse stato denunciato alla polizia e catturato o, peggio ancora, che fosse stato ferito, o ucciso.
Giorno dopo giorno scandagliava ogni singola riga del quotidiano riservato al padre, in cerca di qualche notizia che lo riguardasse, un cenno, una traccia da percorrere, ma niente.
Nemmeno lei sapeva con esattezza cosa cercare di preciso, e d’altronde, a rigor di logica, se davvero Eclipse fosse stato effettivamente arrestato dalla polizia, certamente la notizia si sarebbe diffusa ancor prima che qualsiasi giornale potesse denunciarlo, e i titoli delle prime pagine di ogni singolo quotidiano avrebbero parlato della straordinaria vicenda già il giorno stesso della cattura, continuando il loro sproloquio per i mesi a venire.
Al contrario, tutto taceva.
Più il tempo passava, più Rein temeva di non rivederlo più. Si domandava che ne avrebbe fatto del gioiello se mai Eclipse non fosse più tornato a riprenderselo: era opportuno tenerlo, gettarlo via, oppure consegnarlo alle autorità?
Tentava disperatamente di pensare il meno possibile a quell’eventualità, perché in cuor suo sarebbe stato come ammettere che Eclipse non sarebbe mai più tornato.
Cosa ne sarebbe stato di lei, a quel punto?
I giorni trascorrevano, dunque, occupati da infiniti pensieri: nemmeno aveva il tempo di realizzare che, in seguito alla loro ultima discussione, l’atteggiamento di Fine nei suoi riguardi era cambiato, e che la sorella, ogni volta che la incrociava per casa, tentava con tutta se stessa, impacciata e imbarazzata, di evitarsi di osservarla con quello sguardo misto di accusa e compassione tipico di chi comprende la spiacevole situazione, e che a tutti è concesso sbagliare, ma allo stesso tempo è consapevole di essere dalla parte del giusto, e ha tutto il desiderio di far redimere la persona cara e sperare di indurla a retrocedere sui suoi passi, indirizzandola sulla giusta strada.
La mattina dell’ottavo giorno senza avere alcuna notizia di Eclipse, giunse in casa Sunrise un annuncio: l’ennesimo invito ad uno dei tanti balli sociali aristocratici a cui sarebbero stati presenti tutti i rappresentanti del più alto rango dell’aristocrazia, e a cui anche le due gemelle erano invitate a farne parte.
Si sarebbe tenuto, come d’abitudine, a Villa Aqua.
- Non potete rischiare di mancare – aveva cinguettato la madre delle gemelle in preda all’euforia, lieta che l’alta aristocrazia tenesse di così tanto conto la presenza delle sue due amate figlie.
Fine si mostrò subito entusiasta nell’apprendere il lieto evento: sarebbe stata l’ennesima occasione per potere intrattenersi piacevolmente con l’amato duca di Tinselpearl, che non vedeva da molto, e di cui sentiva particolarmente la mancanza.
Rein, al contrario, accolse la notizia con più agitazione: andare a quel ballo avrebbe significato incontrare inevitabilmente il presunto visconte di Moonville, e non era del tutto certa di essere in grado di sostenere una conversazione con lui senza lasciargli percepire ciò che sapeva sul suo conto.
Era difficile riuscire a nascondere i propri pensieri di fronte a quegli occhi color della notte che sapevano leggerle l’anima.
Tuttavia, era cosciente del fatto che non avrebbe potuto rimandare il loro incontro ancora per molto: i sospetti da parte del visconte sul suo improvviso cambio di atteggiamento si sarebbero accesi, altrimenti.
Era un uomo intuitivo e perspicace, lo conosceva abbastanza per poterlo affermare con la più assoluta certezza.
Si ripromise che avrebbe partecipato a quel ballo, perché se davvero Eclipse aveva voluto indirizzarla alla contea di Moonville perché venisse a conoscenza della verità, di certo era perché aveva voluto lasciarle una traccia da percorrere.
Si sarebbe comportata con la più innocente naturalezza.
Era la sua occasione per poter scavare finalmente a fondo di quel mistero.
Sentì in cuor suo che era ormai giunta l’ora della resa dei conti.
 
¤¤¤¤¤¤
 
La sera del ballo giunse fin troppo in fretta, e nuovamente le due gemelle si ritrovarono proiettate dentro una carrozza, tutte agghindate per il prestigioso evento, in attesa di essere scortate a Villa Aqua, dove avrebbero preso parte alla festa.
Durante il tragitto le due furono di poche parole l’una con l’altra: Fine era ancora troppo imbarazzata per poter parlare con la sorella fingendo che la conversazione avvenuta nel giardino di casa loro qualche giorno prima non fosse mai accaduta, e Rein d’altro canto era troppo concentrata a lasciarsi logorare dall’ansia che aveva cominciato infida a rosicchiarle la bocca dello stomaco e toglierle il respiro già prima di salire in carrozza, per poter iniziare qualsiasi tipo di conversazione con la gemella che le sedeva accanto.
Contava i minuti che la separavano dal suo incontro col visconte, ed una sensazione di panico sempre più palpabile andava a comprimerle i polmoni.
Una volta giunte a destinazione, il cocchiere le scaricò esattamente di fronte all’entrata della villa che le inghiottì, sempre fiera e maestosa, tra le luci e la gioiosa atmosfera di festa che si respirava all’interno.
Una volta entrata, Rein notò immediatamente l’imponente figura di un immenso pianoforte a coda che padroneggiava il centro della sala. Era semplicemente maestoso, di candido legno bianco, i tasti lucidi e immacolati che attendevano soltanto di essere sfiorati da qualcuno, per poter dar vita a cento parole musicali.
La turchina si lasciò rapire dall’incanto di quella visione, desiderosa di poter assaporare il piacere di far scorrere le proprie dita sui tasti dello strumento e animare l’uragano di emozioni che le stava implodendo nel petto, se solo le fosse stato concesso.
La sua attenzione fu presto deviata altrove, quando si accorse che la sorella, che prima le passeggiava accanto, si era allontanata da lei per andare a conversare con due figure poco distanti fin troppo familiari.
- Rein, vieni a salutare!- si sentì chiamare dalla rossa, e subito la turchina si diresse verso di lei, mentre i volti fieri e sorridenti del duca e della duchessa di Tinselpearl la osservavano venir loro incontro.
- Duca, duchessa…- salutò educatamente con un inchino, ed il cuore prese a batterle ferocemente in petto nell’attesa di scorgere presto un’altra figura a lei ben nota tra la folla, che era solita accompagnare i due.
- Avete un’aria alquanto tesa stasera, mia cara signorina Sunrise – osservò la duchessa placidamente.
- No affatto – rispose Rein tentando di nascondere il turbamento – E’ un piacere rivedervi, signorina Sunrise – la salutò garbatamente il Cavaliere – Il piacere è mio – ricambiò lei, altrettanto educatamente.
- Siete venute qui da sole?- domandò di nuovo la duchessa, roteando gli occhi smeraldo per la sala nel tentativo di scorgere volti a lei noti – Ci ha accompagnate il nostro cocchiere – asserì Fine lieta ed emozionata di poter finalmente trascorrere del tempo con il suo amato duca.
- Signorina Sunrise, vorrete perdonarmi se intendo invitare vostra sorella al prossimo ballo?- domandò il giovane dai capelli dorati alla turchina, che si affrettò subito a rispondere:- Certamente, andate e divertitevi. Lascio Fine in buone mani –
- Vorrà dire che rimarremo noi due sole a farci compagnia – concluse Altezza con una nota di innocente malizia nella voce.
La gioia che si accese negli occhi della rossa al suono di quelle parole trascinò via con se un po’ dell’inquietudine che le scuoteva l’animo quella sera. Nel vedere Fine radiosa volteggiare tra le braccia del suo cavaliere, occhi negli occhi, mani tra le mani, innamorati, persi in una dimensione tutta loro, non poté fare a meno di sorridere, soddisfatta che la sorella avesse trovato il suo piccolo posto nel mondo dove rifugiarsi per l’eternità.
- Quanto li invidio – sentì mormorare la Dea al suo fianco, probabilmente persa nei propri pensieri – L’amore è raro da trovare, eppure più osservo mio fratello, più realizzo quanto la vicinanza con vostra sorella riesca a renderlo un uomo felice, in pace con se stesso –
- Vi intendete d’amore, duchessa?- le domandò curiosa.
- Per niente – rise quella senza cessare di osservare la coppia da lontano – Cosa vi fa credere con così tanta fermezza che quello di vostro fratello sia amore vero, allora?-
- Pensate che vostra sorella sia innamorata di mio fratello?- si sentì domandare di rimando.
- Senza ombra di dubbio – le rispose – Cosa ve lo fa pensare? - chiese ancora la duchessa, spostando lo sguardo nella sua direzione.
Rein sorrise teneramente – Basta osservarla, per capire che non necessita d’altro per vivere –
Vide la Dea sorridere a sua volta: - Lo stesso vale per Bright- 
Il silenzio tra loro fu accompagnato dall’incessante melodia della musica in sottofondo.
- Credete che io sia innamorata del visconte di Moonville?- udì a un tratto – Rispondete sinceramente -
La turchina volse lo sguardo smarrita verso la duchessa, sorpresa dall’eccessiva confidenza che la Dea si accingeva mostrarle quella sera. Perché mai le aveva posto una simile domanda, aprendosi con lei quasi fosse un’amica di vecchia data, quando a malapena si conoscevano l’un l’altra?
Conosceva abbastanza Altezza per poter affermare con certezza che non fosse il tipo di donna frivola e spregiudicata in grado di abbandonarsi a confidenze simili con chiunque, lasciarsi sfuggire affermazioni tali da mettere in discussione il proprio matrimonio con uno degli uomini più prestigiosi di tutta l’Inghilterra con una semplice aristocratica del luogo, di cui nemmeno conosceva l’indole indiscreta o meno.
- Ve lo auguro con tutto il cuore – rispose sinceramente, dopo il fugace attimo di smarrimento che l’aveva portata a formulare quella risposta.
Il viso della Dea si tese in un amaro sorriso, gli occhi velati di un’inequivocabile tristezza.
- Vedete?- mormorò malinconica, le iridi verde smeraldo lucide di nostalgia – Siete già più esperta di me, in amore-
La rassegnazione con cui la duchessa di Tinselpearl le confidò quella triste verità contagiò anche lei.
Pensò a quanto sarebbe stata lieta, un tempo, nell’udire tali parole. Non perché provasse rimorso o rancore contro Altezza, né perché la odiasse o avesse qualcosa contro di lei, ma perché semplicemente avrebbe avuto la conferma definitiva che con il visconte di Moonville possedeva ancora qualche speranza per avvicinarlo, senza essere giudicata una donna di facili costumi, sgualdrina, rovina famiglie e quant’altro. Si ritrovò a realizzare, non senza provare una profonda vergogna per se stessa, a quanto egoista e spregevole fosse stata nel formulare quell’infelice pensiero.
Tuttavia, attualmente, le cose erano cambiate: lei era venuta a conoscenza di una verità che le aveva fatto perdere la fiducia nel mondo, e assieme ad essa, si erano sgretolati il profondo rispetto e l’amore che aveva sempre provato per quell’uomo dall’indole orgogliosa.
Le parve che un’enorme voragine le si aprisse nuovamente sotto i piedi, come quel giorno alla contea di Moonville, e le prosciugasse irrimediabilmente qualsiasi sentimento umano. Si sentiva un automa, incapace di provare emozioni, mossa soltanto dalla forza della razionalità che le consentiva ancora di conservare quel minimo di dignità umana che ancora le restava intatta.
L’unica cosa che la teneva ancora in piedi, ormai, era il suo amore per Eclipse.
Se le avessero tolto anche quello, ne era certa, della giovane Rein Sunrise non sarebbe rimasto più nulla.
- Oggi Shade non è voluto venire assieme a noi al ballo – la riscosse la duchessa dai suoi pensieri, catturando improvvisamente la sua attenzione – è stato trattenuto come al solito da questioni lavorative importanti che lo hanno costretto a rimandare la sua presenza qui – le annunciò guardandola negli occhi, come se si aspettasse di leggerle la delusione che la divorava da dentro nell’udire quelle parole.
- Me ne dispiace – asserì Rein freddamente, effettivamente delusa e allo stesso tempo sollevata, ringraziando mentalmente la duchessa per averle voluto concedere quell’informazione che neanche aveva dovuto affaticarsi a scoprire da se.
Altezza la osservò ancora negli occhi un istante, prima di voltarsi e lasciarsi inghiottire dalla folla festante: - Non sprecate tempo e fatica a cercarlo – disse, e se ne andò, lasciandola col sapore di quel dardo avvelenato in bocca.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Io… io non posso credere a quello che mi stai dicendo, Shade -
- Fidati, Bright, uccide più me che te rivelarti questa triste e deludente scoperta - pronunciò impassibile, dall’angolo della camera buia, un’ombra silenziosa e nera simile ad un avvoltoio addormentato appiattita contro il muro.
- Come può essere accaduto?- sentenziò il Cavaliere ancora con il cuore distrutto – Mia sorella…-
- Altezza, nella sua inconsapevolezza, è sempre stata, tra tutti e tre, l’anello debole della catena. Non perché sia donna, o perché non sia in grado di gestire la situazione, quanto perché la nostra decisione di tenerla il più possibile all’oscuro di tutto, rivelandole solo qualche dettaglio per tenere a freno la sua curiosità che inevitabilmente si sarebbe accesa in lei dopo tanto tempo a convivere con le nostre stranezze, ci si è rivoltata contro. È una donna sveglia, particolarmente arguta ed un’attenta osservatrice, tenerle nascosta ogni cosa sarebbe stato impossibile: presto avrebbe cominciato a fare domande, la voglia di chiarire eventuali dubbi che la assalivano si sarebbe fatta sempre più prepotente in lei, perciò abbiamo deciso di coinvolgerla, seppur marginalmente. Abbiamo giustificato la mia presenza permanente in casa vostra con un finto matrimonio, facendole credere che servisse solo da copertura per mandare in porto un affare ben più importante, siamo riusciti a renderle accettabile anche la presenza di Eclipse inventandoci la storia delle indagini relative al presunto affare. Apparentemente, le due questioni sono sembrate sufficienti a soddisfarla perché non tentasse da sola di scavare più a fondo della questione, ma siamo caduti in errore. Che ingenui – esclamò Shade, con un tono di profondo compatimento verso se stesso e l’amico – Come abbiamo fatto a lasciarci sfuggire la situazione dalle mani così facilmente? Come abbiamo potuto essere così ciechi? Come ho potuto essere io così cieco?-
Bright lo osservò avanzare di nuovo nella stanza, la luce che penetrava dalla finestra ad illuminargli soltanto metà volto.
- Abbiamo voluto nasconderle la verità per tentare di proteggerla, e invece abbiamo inevitabilmente coinvolto anche lei. La sua sete di conoscenza non si è fermata di fronte alle nostre giustificazioni, tutt’altro, è cresciuta ancora di più. Tanto da spingerla a fidarsi più del nemico, che di noi. L’ignoranza paga la sua colpa credendo ciecamente a tutto ciò che le viene detto: è facile plagiare la mente di chi non conosce, perché è ancora materia prima fresca, malleabile, pronta ad essere plasmata a piacimento da chiunque prenda la decisione di farlo. Ci hanno anticipato sul tempo e, senza che ce ne accorgessimo, tua sorella è stata plagiata e messa contro di noi.-
Il Cavaliere abbassò il capo colpevole, sconfitto dall’evidenza di quelle parole: - E’ colpa nostra- sussurrò affranto.
- No, Bright- lo zittì il Principe immediatamente – è colpa mia. Sono stato troppo concentrato sul gioiello, per potermi accorgere di ciò che stava accadendo a tua sorella. Perdonami, non ho saputo proteggerla a dovere – disse tra i denti, la mano stretta in un pugno soffocante – Io l’ho vista, Bright… L’ho scorta con la coda dell’occhio mentre origliava la nostra conversazione in biblioteca, quel pomeriggio. Ho preferito non dirti nulla, presuntuoso delle mie capacità di riuscire a gestire la situazione da solo, senza costringerti ad accollarti inutili pene. Le ho lanciato un avvertimento, per farle capire che sapevo, e convinto che ciò bastasse ad impaurirla quel poco che serviva per farla tornare sui propri passi, conscio che l’affetto che provava per te sarebbe stato sufficiente a farle tenere la bocca chiusa, e tacere su ciò che aveva carpito dal suo origliare dietro la porta. Evidentemente mi sbagliavo – e sospirò amareggiato, in petto un’ondata di impotente collera che cresceva sempre di più – Il nemico ha saputo giocare d’astuzia, seducendola a dovere. A quel punto il pesce ha abboccato, ed è stato sufficiente ritirare l’amo per osservare la preda divincolarsi inerme al suo destino - (*)
- Come pensi che dovremmo comportarci con lei, ora che sappiamo come stanno le cose?-
Il visconte sospirò risoluto, senza lasciare che il rancore verso se stesso che gli implodeva dentro annebbiasse la sua lucidità mentale.
- Comportiamoci come ci siamo sempre comportati con lei, non lasciamo trapelare nulla. Se dovesse accorgersi che nutriamo verso di lei anche il più minimo sospetto, nel pieno della sua confusione mentale, potrebbe inevitabilmente farlo sapere al nemico, e questo di conseguenza cambierebbe nuovamente le carte in tavola, passando inevitabilmente dalla parte di chi ha il coltello dalla parte del manico – sentenziò brillantemente, Bright che ascoltava senza battere ciglio la sua strategia – Sfruttiamo questa opportunità a nostro favore. Non possiamo permettere ai nostri avversari di giocare di nuovo d’anticipo su di noi, e lasciarci colpire di nuovo alle spalle così ingenuamente. Altezza non deve sapere più di quanto non sappia già –
Il Cavaliere annuì convinto, lo sguardo perso nel vuoto.
- Bright – lo chiamò Shade dopo un istante di riflessione, costringendolo ad alzare lo sguardo su di lui. Aveva dipinta negli occhi una determinazione che non aveva mai notato prima: – Sai che fino ad ora ho voluto tenerti nascosti alcuni dettagli della vicenda a causa della mia scarsa capacità a riporre la mia completa fiducia negli altri – sentenziò il moro, fissandolo nelle iridi nocciola.
Il duca sorrise di fronte a quella benevola ammissione di colpa: – E’ il tuo miglior pregio e il tuo peggior difetto – sussurrò, senza mai distogliere le pupille dalle iridi buie.
Il visconte tirò le labbra in un sorriso velato, incamerando il colpo di quell’accusa pronunciata con estremo affetto.
- Tuttavia – riprese, riacquistando la più completa determinazione – credo sia giunto il momento di metterti al corrente circa alcuni dettagli che ti ho taciuto fino ad adesso –
Bright lo guardò negli occhi senza proferire parola, in attesa.
Shade sospirò: - Hai sempre dimostrato la più completa fedeltà e discrezione, agendo senza mai chiedere nulla in cambio: né una ricompensa, né una spiegazione. Tutto quello che ti ho chiesto di fare l’hai fatto senza mai chiedere il perché, senza mai avere alcuna esitazione sul fatto che potessi costringerti a compiere delle azioni illegali a tua insaputa, contro la tua volontà. Ti sei fidato ciecamente di me, lasciando che io conducessi i tuoi passi su una via sconosciuta, senza mettere mai in dubbio il fatto che potessi mentirti o meno – gli disse, pronunciando ogni singola parola guardandolo dritto nelle pupille, come a volergli dimostrare l’immensa gratitudine che provava nei suoi confronti, l’amico leale e disinteressato che l’aveva accolto in casa sua senza porre domande o chiedere giustificazioni, che aveva accolto la sua richiesta d’aiuto di getto, senza neanche dover riflettere, e che mai, da quando avevano intrapreso quell’avventura insieme, aveva osato giudicarlo per le sue decisioni e i suoi comportamenti talvolta primitivi ed eccessivamente impulsivi – Perciò mi sembra doveroso ringraziarti, mettendoti al corrente di ogni cosa. Te lo devo, dopo averti deluso per non aver saputo proteggere Altezza come ti avevo promesso. Ora come non mai necessito di tutto l’aiuto possibile per non rischiare di cadere di nuovo negli errori che la mia presunzione mi ha portato a fare. Hai saputo dimostrarmi di potermi fidare di te, perciò è giunto il momento di raccontarti tutta la verità, nella speranza che, a storia conclusa, tu voglia ancora essere mio alleato. Non sono in grado di affrontare questa battaglia da solo – concluse, ed attese in silenzio una risposta da parte dell’amico che non tardò ad arrivare.
- Non avrei mai sperato di poter meritare tanto, ma sono lieto di potermi finalmente sentire utile nel combattere la tua causa – asserì il biondo in un sorriso, alzandosi in piedi e posando entrambe le mani sulle spalle dell’amico – Ti ho sostenuto in passato e ti sosterrò ora, accettando tutti i rischi e le conseguenze che questa decisione implicherà – Shade sorrise fiducioso, portando Bright a fare lo stesso, nel fondo degli occhi una complicità che mai era stata tanto forte tra i due.
- Ti ascolto – concluse il duca, e Shade si preparò a raccontargli ogni cosa.


Angolo Autrice:

(*)
 L'episodio in biblioteca è avvenuto nel capitolo 14

Niente, non ce l'ho fatta ad aspettare, ho deciso di aggiornare anche questa fiction perchè ormai è da un pò che ho pronto l'aggiornamento e che la storia è ferma, e bisogna rimediare.
Dunque, ci troviamo all'ennesimo ballo, ma stavolta Shade non sembra essere presente. Non rammaricatevi troppo, perchè siamo solo all'inizio di questa serata, e spero di riuscire a tenervi incollate allo schermo del computer fino all'ultima riga da ora in poi.
La narrazione procede ancora lentamente... cosa credevate, che in quattro e quattr'otto vi svelassi tutto il mistero? Naaaa, sapete bene che non è da me! Intanto, però, Shade sembra abbastanza sicuro delle mosse da intraprendere da ora in avanti. Chissà se saprà stupirvi.
Ci vorrà ancora qualche capitolo prima della verità... e ho voluto rimandare l'incontro tra Rein, ormai consapevole che il visconte non è realmente un visconte, e Shade ancora un pò... come ve lo immaginate un successivo incontro tra i due? Sono curiosa di cosa la vostra immaginazione vi porta a pensare... 
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto, seguito e recensito la fiction, e che hanno contribuito a renderla così popolare. Ancora non ci credo quando compaiono nuovi lettori, nuovi recensori e nuovi preferiti! Grazie di cuore a voi che alimentate la mia ispirazione.
Vi saluto, e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Spero non rimarrete delusi.

Un bacio

_BlueLady_

 
  
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