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Autore: nikita82roma    21/07/2016    3 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Rick era stato veramente così importante nella sua vita?

 

Quel dubbio le martellava le tempie da quando si era insinuato in lei. Quale erano stati i suoi reali sentimenti per Castle? Tutti parlavano di loro come di una grande storia d’amore, come due anime gemelle che non potevano essere separate, disposti a dare la vita uno per l’altra. Come si inseriva in tutto questo la sua decisione di andare a lavorare in un’altra città senza dirgli nulla?
Rick, quando l’aveva raggiunta in camera, sembrava quasi aver letto i suoi dubbi e le sue paure.
- Eravamo agli inizi Kate, avevamo entrambi paura di quello che saremmo potuti diventare. Era tutto nuovo per tutti e due. Io non avevo mai provato in vita mia qualcosa di simile, per nessuna. E per te… beh, per quello che mi hai detto era la prima volta che ti sentivi pronta e libera di amare dopo che era caduto il tuo muro. 
Lei non gli rispose, si limitò ad annuire. Rick forse capì i suoi turbamenti e non le disse altro. Le diede solo un bacio su una guancia sussurrandole prima di mettersi a dormire che lui non aveva mai dubitato dei suoi sentimenti.
A Kate sarebbe piaciuto veramente tanto avere la sua stessa sicurezza, in lei ed in loro. Ma in quel momento non ce l’aveva. Non sapeva cosa erano stati, non sapeva lei cosa era stata e non riusciva a riconoscere quello che tutti dicevano che fosse nelle sue azioni. Avrebbe voluto parlare con se stessa e chiedersi delle spiegazioni per quel comportamento. Aveva sofferto per colpa di Sorenson, molto. Perché doveva far scontare la stessa cosa all’uomo che amava?
Avrebbe voluto addormentarsi con quelle domande, ma la realtà fu che non dormì per niente. Accese la luce dell’abat-jour regolando l’intensità mettendola al minimo. Castle dormiva, girato verso di lei. Rimase un po’ a guardare il suo profilo da bambino cresciuto che dormiva tranquillo. Non pensava mai che si sarebbe potuta innamorare di una persona così, i suoi precedenti fidanzati erano sempre stati molto diversi, sia fisicamente che di carattere, ed anche quel Josh che aveva conosciuto sembrava un tipo completamente diverso da lui. Forse però era proprio per questo che era la persona che aveva deciso di sposare. Non aveva il fisico da sportivo né il volto da modello, però adorava le sue grandi spalle e le sue braccia forti, quel petto dove le piaceva dormire; si sarebbe persa nei suoi occhi blu che diventavano scuri quando il desiderio si impossessava di lui, le sue labbra morbide che adorava mordere tra un bacio e l’altro. Nessuno come lui la sapeva far ridere, sentire amata, coccolata e desiderata come aveva fatto lui. Era questo essere innamorati? Era questo che provava per lui anche prima?
Si mise al suo fianco, erano così tanto vicini che i loro respiri potevano confondersi. Aveva una tale confusione dentro di se che non sapeva cosa fare, ogni passo le sembrava sbagliato. Forse non riusciva a dirgli che lo amava perché c’era qualcosa dentro di se che la frenava volutamente, che la stava mettendo in guardia da se stessa?
Passò tutta la notte così, vicino a lui, appoggiandosi alla sua schiena quando si girava dall’altra parte, lasciandosi abbracciare quando si voltava ancora. Castle era tremendamente irrequieto quando dormiva, al contrario suo che poteva addormentarsi tra le sue braccia e svegliarsi così la mattina dopo. Kate sperava che quel contatto continuo, costante, con lui riuscisse a trasmetterle un po’ di tranquillità e qualche risposta. Non trovò né una né l’altra cosa. E quando le prime luci dell’alba filtravano dalle tende, si addormentò esausta su di lui, ignaro di tutta la sua battaglia interiore.
Rick lasciò andare Kate al distretto solo dopo essersi assicurato che avesse fatto una ricca e nutriente colazione con uova, bacon, toast, frutta e una brioche, perché così, le disse lui, anche se si fosse di nuovo dimenticata del pranzo, avrebbe avuto abbastanza energia per non arrivare distrutta all’ora di cena. Appena fu fuori dal loft la prima cosa che fece fu chiamare il dottor Burke: gli lasciò un messaggio sulla segreteria telefonica per chiedergli un appuntamento, il prima possibile. Il dottore la richiamò a metà mattinata, dandole appuntamento per il pomeriggio.
Continuò a studiare i suoi vecchi casi sentendo una morsa allo stomaco quando dovette ripercorrere il caso di quei due bambini scambiati all’ospedale perché il padre non voleva un figlio malato. Dovette alzarsi ed andare in bagno, in preda ad una crisi di pianto che l’aveva colpita mentre leggeva ogni riga di quel rapporto. Pensava alla disperazione di quella madre che aveva pianto la morte di un figlio che credeva suo, a quella madre che non aveva mai potuto piangere la morte di un figlio che non sapeva essere suo, pensava alle due famiglie distrutte, ma sopratutto pensava alla sua bambina. Tra le mille paure che la tormentavano sul diventare madre, non aveva mai pensato al fatto che sua figlia potesse nascere con una qualche malattia incurabile e quella storia le aveva spalancato un nuovo mondo di paure. La sua bambina cresceva, stava bene le avevano detto, era tutto apposto, ma probabilmente lo avevano detto anche alle altre madri e lei non aveva fatto nessun test specifico, glielo avevano sconsigliato, vista la sua situazione quello che aveva passato dopo la sparatoria, il rischio di un aborto spontaneo sarebbe stato più alto del normale. Avrebbe voluto Castle lì con lei, in quel momento, ad abbracciarla e a dirle che sarebbe andato tutto bene, che la loro bambina era sana, che non doveva preoccuparsi. E lei gli avrebbe creduto, come sempre, anche se lo avrebbe un po’ maltrattato. Fece un respiro profondo. Ce la doveva fare. Ce la doveva fare da sola. Uscì dal bagno e si sciacquò il viso. Si guardò allo specchio mentre si tamponava con un asciugamano e pensò di avere un aspetto orribile.
Appena mise piede nel corridoio del distretto sentì il familiare suono dell’ascensore giunto al piano e le sue porte aprirsi. Si voltò istintivamente a vedere chi fosse e scosse la testa nel vedere che era proprio Castle, con i soliti due caffè ed un sacchetto di carta.
- Non avevamo detto che oggi non saresti passato? - Gli chiese mettendosi subito sulla difensiva senza motivo: aveva sperato di vederlo lì fino a pochi minuti prima, ma sapeva che non sarebbe mai potuta essere abbastanza forte emotivamente fino a quando c’era lui intorno a sorreggerla per ogni cosa.
- Ho sentito l’irrefrenabile desiderio di vederti e portarti un caffè, però una volta eri più contenta quando te lo portavo. - Rick a seguiva passo passo fino alla scrivania.
- Perché una volta mi portavi un vero caffè, non un decaffeinato, Castle!
- Però a quanto pare ho fatto bene a passare, a giudicare dalla tua faccia, che succede? Stai bene? - Era già entrato nella modalità “Sono Richard Castle e risolverò ogni problema che ti affligge”, ma da quanto erano rossi i suoi occhi, capire che aveva pianto sarebbe stato semplice anche per qualcuno con meno spirito di osservazione di Castle. Beckett beveva il caffè e preferì non rispondergli, ma Rick, guardando il fascicolo sulla sua scrivania, ci mise molto poco a capire cosa non andava. Appoggiò il suo caffè ed il sacchetto sul ripiano, prese anche anche il bicchiere dalle mani di Kate e lo mise lì vicino.
- Ne vuoi parlare? - Le chiese sottovoce.
- Non credo sia il momento adatto e nemmeno il luogo.
- Ok. Lì ci sono anche dei muffin, così se a te o a lei prende voglia di qualcosa di dolce non devi prendere qualcosa di schifoso da quella perfida macchinetta nella sala relax.
- Grazie. - Kate riprese il suo caffè, tornando a sorseggiarlo e Rick fece lo stesso con il suo.
- Ryan e Esposito? Non ci sono?
- Sono andati prendere un sospettato. - Kate aprì la bocca come per parlare ancora, poi ci ripensò lasciando morire quell’idea, bevendo un altro sorso di caffè.
- Spara, in senso metaforico, dico. Cosa vuoi dirmi?
- La Gates, ieri, mi ha chiesto se volevo fare i test per tornare a lavoro. Non come capitano, non me la sentirei e non sarei in grado, ma per dare una mano, come detective, anche part time. Potrei sempre partecipare alle indagini da qui, senza fare i rilievi sul campo, inseguimenti, sparatorie… 
- Niente parte divertente, insomma - Disse Castle sorridendo, facendo sorridere anche Kate
- Già, niente parte divertente, però potrei sempre occuparmi degli interrogatori dei sospettati, parlare con i testimoni… Tu che ne pensi?
- Ti piacerebbe farlo? Ti senti pronta? Se la risposta è sì e se mi prometti che mai, per nessun motivo parteciperai a qualcosa di pericoloso, per me va bene qualsiasi cosa ti renda felice.
Il volto di Kate si aprì in un sorriso che era la risposta più eloquente.
- Senti Castle… questa sera ho un appuntamento da Burke. Volevo parlargli un po’ di queste ultime settimane, degli attacchi di panico e anche della sua valutazione per tornare a lavoro, a questo punto.
- Ok, se vuoi ti passo a prendere quando hai finito, andiamo a mangiare fuori, che ne pensi?
- Perfetto.
- Sì, perfetto. Ti va di accompagnarmi giù? - Quella di Castle era una richiesta insolita, ma Kate accettò, seguendolo in ascensore. Appena le porte si chiusero, per quel breve tragitto, Rick la strinse tra le sue braccia.
- Andrà tutto bene Beckett. La nostra bambina starà bene. 
Kate si lasciò cullare per quei pochi istanti dal suo abbraccio e quando si aprirono le porte lui non la lasciò nemmeno scendere, le diede un bacio veloce e se ne andò.

Il profumo dei muffin che le aveva appena portato Castle fu troppo invitante per non prenderne uno. Erano ripieni di confettura di ciliegie e se lo gustò lentamente morso dopo morso. La preoccupò il fatto di essere diventata così golosa di dolci nelle ultime settimane, doveva cercare di darsi un contegno o sarebbe veramente diventata una balena.
Riprese la lettura dei fascicoli pensando a quanto vedere tutti quegli omicidi, così uno dietro all’altro, le provocasse un senso di inquietudine per come le persone potevano decidere di mettere fine ad una vita spesso per futili motivi o per esigue quantità di denaro. Nel frattempo Javier e Kevin erano tornati con il sospettato ed ora la Gates lo stava interrogando mentre loro ne avevano approfittato per prendersi la loro parte di muffin, ben sapendo che la quantità che aveva portato Rick comprendeva anche quelli per loro. Kate si stupì, quando, tra le prove fotografiche di un omicidio, si ritrovò Castle prima in atteggiamenti intimi e poi che stava baciando una donna. Rimase ad osservare la foto mordendosi l’interno della guancia e si scoprì a provare fastidio nel vederla.
- Quella donna è Kyra - Javier alle sue spalle con una tazza di caffè in una mano indicava con quella libera la donna insieme a Rick. - Era lei la sposa.
- Beh, se lo sposo non era Castle non mi sembrava molto convinta - rispose acida lasciando trapelare fin troppo del suo umore e ad Esposito sfuggì un sorriso
- Era una sua ex, quando ancora lui non era uno scrittore famoso, si sono incontrati di nuovo per caso, perché Castle indagava al caso con noi.
- Immagino che poi non si sia più sposata.
- Sì che lo ha fatto. C’eri anche tu, hai preso il bouquet della sposa!
Kate non disse nulla e Javier se ne andò con un sorriso compiaciuto. Chiuse quel fascicolo e passò oltre, prendendo l’ultimo muffin rimasto.

Lo studio del dottor Burke era fatto per mettere a proprio agio le persone, dalla scelta delle poltrone ampie e comode con alti schienali, i colori degli arredi, il verde olivastro alle pareti, avrebbero dovuto donare un senso di rilassatezza e serenità a chiunque si trovasse lì, per aiutare, anche con l’ambiente, a ritrovare il proprio equilibrio interiore. Non era così per Kate. Si sentiva come un leone in gabbia, perché sapeva che lì era costretta a mettersi a nudo e a confrontarsi con la persona che le faceva più paura: se stessa.
Burke cercò di metterla a suo agio, chiacchierando di come fossero andate le cose in quel periodo che non si erano visti, come era stata la sua ripresa, come procedeva la gravidanza, delle chiacchiere normali, come potevano fare due conoscenti che non si vedevano da qualche tempo. Come era suo solito non forzava mai i propri pazienti a parlare, aspettava paziente che fossero loro a dirgli perché erano lì, tirassero fuori i loro dubbi ed i loro problemi per poi andare dove il loro flusso emotivo li avrebbe portati, alla risoluzione di un problema o a capirne l’origine.

- Il problema è che non riesco ad ammetterlo. - Disse Kate al dottore facendo un gran sospiro.
- Che cosa? - L’uomo accavallò le gambe e si accomodò meglio sulla poltrona per ascoltarla attentamente.
- Quello che provo per lui, che tra me e Castle c’è qualcosa. - Beckett abbassò lo sguardo.
- Che ci sia qualcosa, Kate, mi pare evidente.
- Sì ma…
- Cosa siete lei e Castle, secondo lei?
- Non lo so…Io non riesco a sentirmi sua moglie è una cosa che mi sembra talmente grande ed importante.
- Però da quello che mi ha detto vi comportate a tutti gli effetti come una coppia, o no?
- Beh, sì…
- Allora qual’è il problema? Voi in realtà siete una coppia, siete sposati, anche se vedo che non porta la fede.
- No… non riesco ad indossarla, come non riesco a fare altre cose. - Si stropicciava la mani toccandosi compulsivamente l’anulare, proprio lì dove avrebbe dovuto essere la fede.
- Perché è così difficile ammettere i suoi sentimenti per lui? Eppure da quello che mi ha detto sembra palese che prova qualcosa per Castle.
- Provo più di qualcosa e mi spaventa. Non ho mai provato questo tipo di sentimento per nessuno. Castle è tutto quello che potevo desiderare in un uomo. Lui è sempre perfetto, in ogni cosa. Mi capisce, sa cosa voglio, è sempre così premuroso in tutto. È troppo. Io ho paura del modo in cui lui mi ama, ho paura a lasciarmi andare, perché se poi dovesse accadere qualcosa, sarebbe troppo difficile. Rischio di diventare dipendente da lui e non me lo posso permettere. Io sono una persona indipendente, lo sono sempre stata. - Burke scriveva ogni tanto nel suo taccuino senza smettere di ascoltare attentamente Kate.
- Pensa che non ammettere i propri sentimenti la lasci più indipendente o la tenga al sicuro dalle delusioni o dalle sofferenze? Lei può essere una donna assolutamente emancipata anche se è innamorata.
- Quando ho provato ad abbassare le mie difese con lui, mi sono sentita completamente invasa da un sentimento così forte che non riuscivo a gestirlo.
- Non si possono avere sempre sotto controllo i propri sentimenti, quelli più veri si impossessano di noi senza che possiamo in alcun modo farne a meno o limitarli. Da come ne parla Castle è già tornato nel suo cuore prima che nei suoi ricordi, ma mi pare evidente che non si vuole lasciare andare e continua a far finta che non è così. Ma questa guerra contro se stessa è sicura Kate che le fa bene? E che fa bene anche a Castle? - Il tono del dottore era fermo ma incredibilmente calmo, ma questo non riusciva comunque  rilassare Kate che in quella grande poltrona si rannicchiava sempre si più, come a volersi chiudere al mondo ed anche a lui. Non era abituata ad essere in quella posizione, era lei, di solito, quella che conduceva i giochi, che obbligava i suoi interlocutori a mettersi a nudo. Quella non era la sua sala degli interrogatori e lei non era una sospettata, ma faticava a capirlo, perché dentro di se si sentiva colpevole, colpevole di non essere in grado a vivere i propri sentimenti come avrebbe dovuto.
- No, a lui no. L’unica cosa che mi ha chiesto è di dirgli che cosa provo ed io non riesco a farlo. Poi vedo i suoi occhi tristi quando, invece, lui mi dice che mi ama e si aspetta sempre che gli dica la stessa cosa ma non riesco a farlo. È come se ci fosse qualcosa che mi tiene legata, che mi impedisce di liberare questo sentimento. Poi ieri è accaduta una cosa, ed ora ho ancora più dubbi.
- Me ne vuole parlare? 
- Ho scoperto che dopo che stavamo insieme, io ho deciso di andare a lavorare in un’altra città senza confrontarmi con lui, ho deciso da sola, come se lui non avesse importanza nella mia vita. Io ho subito la stessa cosa, anni fa, da un mio ex fidanzato.
- Si è rivista in quello che le aveva fatto lui?
- Sì. Ho ripensato a quanto avevo sofferto quando lui aveva scelto di andarsene da New York per seguire il suo lavoro ed io ero rimasta qui da sola, a come mi ero sentita messa in secondo piano.
- E lo ha lasciato.
- Sì.
- Però Castle a lei non l’ha lasciata.
- No. Mi ha chiesto di sposarlo.
- Quindi vuol dire che lui non ha vissuto la cosa nello stesso modo suo, che l’amore di Castle per lei era più forte di quello che lei provava per il suo ex, più forte da superare anche la distanza.
- Ed il mio? Quanto era forte il mio per fare una cosa del genere?
- A volte siamo spinti a fare delle cose indipendentemente da quanto sono forti i nostri sentimenti per qualcuno. Lo ha detto lei stessa, che prova qualcosa per Castle adesso, eppure si reprime, comportandosi come se questi sentimenti non ci siano, per paura. Magari ha fatto la stessa cosa, per paura li ha messi in secondo piano, mettendo davanti il suo lavoro. Però, come vede, non ha potuto fare nulla per tenerli a bada e la vostra relazione è continuata. Non può giudicare quello che è successo in un periodo particolare della sua vita, solo come se fosse un fatto a se stante, senza sapere come stava in quel momento e cosa l’ha portata a prendere una decisione.
- Ma io ho fatto una scelta, tra Castle ed il mio lavoro ho scelto il mio lavoro. 
- No, lei non ha scelto il suo lavoro, perché il suo rapporto è continuato. Per merito di entrambi che siete stati più forti della distanza.
- È stato Rick a permettere che la nostra storia andasse avanti. Come si fa dottore a riuscire ad accettare che una persona ci ami in questo modo senza esserne impauriti o sopraffatti?
Burke sfogliò il suo taccuino.
- Vede Kate, una volta, parlando di Rick, quando come oggi faticava ad accettare i suoi sentimenti per lui, le dissi una cosa. Lei ha paura che lui non voglia aspettarla o ha paura che la aspetterà? Ed ora le chiedo, lei ha paura che Rick la ami troppo o che non la ami più?
- Entrambe le cose.
- Allora lo sa quale è la cosa che le fa paura, realmente paura. Io mi rendo conto che per lei è difficile. Ci ha messo tanto tempo l’altra volta ad accettare i suoi sentimenti e, come l’altra volta, è spaventata da quelli di Rick. Era talmente spaventata da negare anche il fatto di aver sentito quello che lui le aveva dichiarato per non affrontare il problema e per mesi ha fatto finta che quel “Ti Amo” non c’era mai stato. Ma lei questo non se lo ricorda, vero?
- Sì, me lo ricordo.
- Bene, quindi qualcosa sta tornando.
- Solo brutti ricordi, con crisi di panico che mi paralizzano.
- È comprensibile Kate. Ha trovato il modo di superarle?
- Con Rick - Ammise abbassando lo sguardo.
- E questo non le dice niente?
- Sì, ed è una delle cose che mi spaventa.
- Tutti abbiamo bisogno di qualcuno a cui affidarci, qualcuno che sappia colmare le nostre paure e rassicurarci. Non è segno di debolezza, siamo umani. Vede Kate, lei ci ha messo anni a capire cosa provasse per Rick ed è dovuta arrivare a perderlo per rendersi conto di quanto era importante per lei. Non dovrebbe arrivare di nuovo a quel punto, capisce cosa voglio dire? Non si dovrebbe sottoporre ad ulteriore stress e a battaglie contro se stessa, non le fanno bene, soprattutto in questo stato. Viva.

   
 
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