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Autore: DonnieTZ    21/07/2016    3 recensioni
[SOSPESA]
Esiste un sottile velo fra ciò che è materiale e ciò che non lo è, fra la natura e le idee, eppure nessuno dei due mondi potrebbe esistere senza l'altro.
Il velo si è assottigliato tanto da spingere Lootah (mai chiamarlo "sciamano") a ricostruire un'antica tradizione: una cerchia di cinque esseri in grado di mantenere l'equilibrio. Se in passato le cerchie erano molte, la sua missione si rivela invece difficile: fra negromanti rinchiuse in manicomio, vampiri ormai estinti, fate impossibili da reclutare e mutaforma ingestibili, niente sembra andare come aveva previsto.
Soprattutto quando un'energia negativa minaccia di mandare in fumo tutti i suoi piani.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il saluto di Lootah è un cenno del capo, mentre si chiude la porta alle spalle. Dentro, però, il suo mondo è una densa nube di dubbio e senso di colpa. Da qualche parte, un piccolo punto nero è la sua paura, come il fondo di un pozzo profondo che non riesce a bere la luce del sole.
Lootah è un temporale estivo appeso nell'aria.
Makiko lo guarda sparire oltre la superficie in legno, così può finalmente fare un lungo respiro che le apre i polmoni e le rilassa le spalle; l'aria sembra improvvisamente più leggera. Non le piace la paura piccola e scura di Lootah, non le piace tastarla con la punta della mente e sentire che è pronta ad allargarsi per inghiottire tutto il resto.
«Pasta!» urla Esteban dalla cucina, come se lei non fosse ad un paio di metri di distanza.
Non che Lootah non le piaccia, ma stare in compagnia di Esteban è più semplice. C'è tanto spazio, dentro di lui, per pensieri limpidi e luccicanti come l'acqua di un fiume: l'amicizia, la famiglia, le avventure. Brilla tutto e, quando qualcosa è opaco, lo è giusto per un istante.
Makiko si tiene le sue impressioni per sé, trincerandole dietro il silenzio delle convenzioni sociali, proteggendole dalla fragilità delle relazioni e degli affetti. Ha imparato a farlo, ha imparato ad ingoiare e tenere giù, nello stomaco, tutti quei pensieri. Perché le persone non vogliono sentirsi dire come stanno, non vogliono sentirsi dire cosa pensano, non vogliono condividere un'intimità tanto profonda con loro stessi, né con lei. Così il silenzio è diventato un ottimo alleato, morbido e rassicurante.
A volte deve parlare, ma soppesa le parole, scegliendole con cura.
«Allora, pasta?» chiede Esteban, guardandola in attesa.
Makiko annuisce.
«Che ne pensi di tutta questa storia? Credi che sia quella giusta?» chiede ancora lui, tornando a trafficare con i fornelli.
Makiko non si limita a crederlo. Lo sa. Attraverso la consapevolezza di Lootah, ha capito che Angelica è l'ultimo tassello di un piano che deve riuscire e non può impedire ad una certa speranza di crescere e gonfiarsi. Non sa bene fino a che punto sia sua o di Esteban – che impregna l'aria con il suo ottimismo – ma è pronta a godersi quella sensazione fino al ritorno di Lootah.
«Forse» si limita a rispondere.
Torna a fissare il tavolo, la carta sottile, le piccole linee che si incrociano e si sfiorano fino a diventare frasi. Sta scrivendo a suo padre, come sempre, per raccontargli di universi distanti che lui non ha mai conosciuto e che mai conoscerà. Suo padre, come lei, ha il silenzio cucito sulla pelle perché il mondo faccia meno male e, come lei, ha tutto il mondo dentro. Per questo è solo e per questo lo sarà anche lei. Una solitudine ereditaria, tramandata assieme alle loro doti.
Lo ha detto a Lootah, quando si è ritrovata quell'uomo strano fuori da scuola: restare soli è il destino di tutti loro. Non è una condanna, Makiko lo sa bene. Una condanna è forzarsi ad essere ciò che non si è fino a premere se stessi così tanto da implodere; è mettere da parte il dentro per il fuori, come se l'apparenza basti a parlare del tutto. No, lei non ha paura della solitudine. Ha paura di negarsi pur di non restare sola, ha paura di nascondersi e implodere. Il resto, tutto il resto, è meno spaventoso.
«Speriamo! Lootah non sembrava troppo convinto, ma questa mi sembra quella buona, me lo sento» continua Esteban.
Makiko ascolta, scrivendo gli ultimi saluti.
Lootah ha paura dello spirito, ha paura che Angelica possa condannarli tutti, ha paura sia troppo fragile per resistere contro la volontà di chi – dall'altra parte – vuole sbirciare in questa realtà, ha paura di dover combattere e di non uscire vincitore, ha paura che il mondo dipenda da quanto e come Angelica sarà in grado di piegarsi senza spezzarsi.
In fondo al suo pozzo c'è dell'acqua torbida e densa.
Gli spiriti, però, non riguardano affatto Makiko. Lei non è da quella parte, vicino al confine con l'irrealtà, perché il suo posto è nelle sabbie mobili del reale. Il fatto che Lootah parli di cerchia, citando antiche leggende, la diverte sempre. Per lei, tutti loro sono una linea tracciata con mano insicura che passa da un mondo all'altro. Da Wolfgang a lei, dagli spiriti alla materia.
Quando i pensieri vanno a Wolfgang, Makiko dà consistenza alla consapevolezza che sia sveglio, nell'altra stanza, a rigirarsi nel buio che hanno creato apposta per lui. Vorrebbe essere in grado di rassicurarlo, ma fra loro i discorsi diventano sempre troppo complicati e Makiko finisce per perdersi e perdersi nelle spirali di quella mente caotica.
«E quindi manca solo l'Esterno» continua Esteban, sedendosi a tavola in attesa che il pranzo richieda nuovamente la sua attenzione.
Makiko annuisce ancora. Vorrebbe raccontargli tutto sull'Esterno, ogni cosa che Lootah e Wolfgang hanno deciso di non condividere con loro – con lui – ma si esporrebbe troppo, e i pensieri di Esteban si offuscherebbero solo per la certezza che lei possa invaderli.
Mentre a lei piacciono limpidi e sicuri, così adatti a quella giornata timidamente soleggiata, con il rumore concreto delle persone qualche piano più in basso, i saluti e la strada, come una sinfonia in cui ogni nota cade alla perfezione. Esteban appartiene al calore – della gente, dei luoghi, del tempo – e la riscalda appena un poco.
«Lootah ha una passione per questi nomi, eh? L'Esterno»
«Già» risponde Makiko.
Lootah ha bisogno dei nomi per riconoscere le cose, per averne un po' meno paura, ma per Esteban è difficile comprenderlo. Lui non ha bisogno di nomi, perché i suoi timori sono chiari quanto le sue certezze e, in quella chiarezza, risplendono di coraggio.
Il coraggio, dopotutto, ha bisogno che la paura venga riconosciuta e accettata.
Esteban finisce di cucinare, la giornata sembra un quadro dipinto a pennellate calde e Makiko si ritrova a sorridere mentre imbusta la lettera.
 
Quando il pomeriggio inizia ad allungarsi, nell'aria prende a vibrare una strana preoccupazione. Il lieve momento di benessere, che Makiko ha sentito solo qualche ora prima, evapora come acqua al sole. Piano, inesorabilmente.
Mentre Esteban sonnecchia rumorosamente sul divano, Makiko segue quell'incrinarsi di pensieri fino all'altra stanza, in cui tutto è immerso in un buio impenetrabile e quei pensieri cupi sembrano appesantire l'oscurità ancora di più. Makiko tenta di abituare la vista, ma fallisce miseramente e si siede per terra dopo un paio di passi. C'è profumo di morte, dolciastra e polverosa. Fiori appassiti e vecchi libri. Il profumo di Wolfgang.
«Tornerà presto» dice Makiko in un sussurro lieve.
«Sì» risponde Wolfgang.
Il frusciare del lenzuolo sembra ricalcarne l'irrequietezza, il buio sembra proteggerlo dai suoi stessi pensieri contorti. Eppure arriva un silenzio improvviso di coscienza. Uno di quei vuoti che Makiko non sa spiegarsi e che la spaventano, come se non ci fosse proprio nessuno nella stanza, come se Wolfgang non esistesse, non fosse reale e tangibile. I vuoti la spaventano più dei pensieri caotici, più di quell'animo lacerato e confuso, più di ogni altro aspetto del vampiro. Vampiro, come Lootah lo ha presentato e come lei faticherà sempre a vederlo perché Lootah è deciso a proteggere lei ed Esteban da quell'immagine violenta.
«Deve spiegare tanto» continua Makiko, per rassicurarlo.
Grazie.
Quella parola cancella il buco nero di pensieri, riecheggia da qualche parte nell'aria che li separa, perché Wolfgang non l'ha detta ma la sente dentro, a fondo. È un ringraziamento che vale per molto di quanto è accaduto fra loro, che li unisce come accade sempre, di quella strana connessione che è propria di chi non è adatto al mondo. Un grazie per tutte le questioni su cui Makiko tace con Lootah. E lei vorrebbe spiegare che non la riguardano, che sentire tutto non le da diritto di dire tutto, ma lascia stare, assorbendo la gratitudine che si staglia contro l'oscurità della preoccupazione.
Dentro Wolfgang ci sono mostri fatti di buio che fagocitano ogni cosa, lasciando spazio solo al terrore. Ci sono buchi d'anima che continuano a bruciare i loro contorni, come carta contro il fuoco. E poi spiegazioni confuse, giustificazioni sommarie, fascinazioni effimere.
Il centro di quell'uragano, il punto fermo, è un ricordo annodato all'anima perché non si perda nel vento.
Ma Makiko, lì in mezzo, non vuole proprio starci.
«Angelica ti piace» dice, per strapparsi da quella connessione.
«Ho bisogno di lei» è la risposta di Wolfgang.
Ma Makiko legge oltre quella semplice frase e un sorriso le tende le labbra.
«Non devi ascoltare Lootah quando lo dice. Non sei egoista.»
«Forse sì. Ma sarà meglio quando ci sarà una negromante. Sarà meglio, andrà bene.»
Makiko assapora quel miscuglio aspro di parole non dette. La rassicurante certezza che una negromante significherebbe non dover più aver paura di ferire qualcuno per la fame, la paura che Lootah smetta di nutrirlo per questo, il combattuto timore all'idea di poter essere controllato come una marionetta.
Poi quello spirito, che nella sua mente labirintica è un demone pronto ad approfittarsi di quel controllo, perché è così che Lootah lo chiama e ne parla. E Lootah ha sempre ragione, per Wolfgang, in modo tanto assoluto da rasentare la fede.
«Non permetterà allo spirito di farti male. Lui andrà ad affrontarlo.»
«Questo mi fa paura.»
«Lo so, ma Lootah è forte, più di noi e più di quanto pensa.»
Makiko parla con l'insicurezza di una lingua non sua, ma i venti forti che sta sfiorando con la mente sembrano trascinarla dove non vuole. Wolfgang è inspiegabile, come qualcosa di troppo vecchio per avere una forma. È una fortuna che lei non abbia la stessa ossessione per le etichette di Lootah, altrimenti stare in quella stanza sarebbe impossibile.
«Sarebbe più facile se... se lui parlasse. Se parlasse davvero. Wolfgang, non voglio farlo, ho paura. E allora io potrei dirgli che non importa, che troveremo un altra negromante e che andrà bene.»
«Lui pensa di dover essere forte per noi» Makiko sospira, indecisa, prima di concludere «per te.»
L'uragano diventa un cuore che pulsa nuova vita. Dura giusto un attimo, il tempo in cui quelle parole arrivino ad avere il peso e il senso che hanno. Ma è un attimo importante, è un attimo significativo.
«Sono una sua responsabilità. Pensa che io possa fare del male a qualcuno. Per questo è lui che mi nutre. Per questo sta sempre con me.»
Ma dentro, Wolfgang si aggrappa a quel battito che sfuma via, con le unghie e con la mente, sperando di non lasciarlo andare, di essere abbastanza folle da conservarlo e coltivarlo. Makiko assiste a quello spettacolo con una stretta nel petto, oltre le costole. Ha creduto di capire quello che Wolfgang sente, nei mesi passati, ma non sa davvero fino a che punto sia qualcosa di abbastanza concreto da essere interpretato e compreso. Sembra un sentimento fatto di attimi che svaniscono, che non trovano scogli a cui ancorarsi e finiscono per essere trascinati via dalla corrente.
Vorrebbe dirgli che Lootah tiene a lui, che si preoccupa per lui, ma ha già detto troppo, ha già condiviso qualcosa che era di Lootah e solo suo. Così si alza per non lasciarsi trascinare via assieme a quel battito, per restare salda sui piedi e nel mondo.
«Devi dormire» dice soltanto, prima di chiudere Wolfgang nel suo buio.
 
Nell'altra stanza la luce è forte e ferisce gli occhi. Esteban sembra ridestarsi piano, forse per il lieve rumore di Makiko che si avvicina. Si mette seduto e le fa spazio al suo fianco, dove lei si rannicchia. Il divano è uno scomodo ammasso di cuscini che diventerà un letto anche quella sera, ma che non pare adatto a nessuno dei due compiti.
«Cos'ha? Sta male o qualcosa del genere?» le chiede, dopo uno sbadiglio, forse interpretando un'espressione che Makiko non credeva di avere.
«Qualcosa del genere.»
«Si può sapere dov'è finito Lootah?! Dios, doveva solo convincerla ad unirsi alla cerchia, non spiegarle ogni singolo dettaglio.»
Esteban si alza, e la sua impazienza lascia un'impronta calda a fianco a Makiko.
Vorrebbe solo avere il potere di condizionare gli altri, a volte. Prendere le loro anime e cantare una ninnananna fino a farle addormentare, serene e leggere. Invece può solo assistere, impotente, a tutte le aspettative, i rimorsi, i rimpianti, le felicità, le conquiste.
Assistere e non esserne mai parte.



 
Ehi!
Beh, sono un po' in un blocco, ma volevo produrre questo capitolo ed eccolo qui. Probabilmente mi sarà sfuggito qualche errore, abbiate pazienza e non odiatemi. I capitoli di Makiko sono contorti, lo so, ma più brevi. Tentare di dipingere una persona che percepisce l'interiorità degli altri è difficile, figurarsi quando è culturalmente così distante da me... però sono abbastanza soddisfatta del risultato. ^__^
Quindi... spero vi piaccia e spero vorrete farmi sapere! 
A presto!!

DonnieTZ


 
   
 
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