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Autore: hij    21/07/2016    10 recensioni
Lily riceve una strana lettera che pare provenire dal futuro. Gli viene chiesto di radunare i malandrini, Regulus e Piton per leggere dei libri che cambieranno la loro vita. Il primo della lista si intitola "Harry Potter e la pietra filosofale". Come reagirà la Old Generation alle prese con la lettura di questa saga? Cosa accadrà?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Il trio protagonista, Regulus Black, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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~~~ Attenzione! Nel capitolo ci sono alcuni pezzi che potrebbero sembrare OOC. Lettore avvisato mezzo salvato!

Questo capitolo è dedicato ad Anna, una persona meravigliosa che mi ha consigliato quando ero incerta e che supporta i miei scleri 24h su 24 (e, fidatevi di me, non è poco).

Enjoy it <3 ~~~

 

 

 

 

 

 

Parlammo, parlammo e parlammo ancora. Non ricordavo di esser mai stata così tanto tempo a chiacchierare tranquillamente con Potter. Dopo il mio monologo iniziale, che lui ascoltò attento e facendo strane smorfie ogni tanto, mi iniziò a fare le domande più disparate, sebbene fosse leggermente timoroso e imbarazzato all'inizio, come si aspettasse che da un momento all'altro potessi indispettirmi ed intimargli di lasciarmi stare o, ad ogni modo, strepitare qualcosa del genere, come se temesse di superare il limite all'improvviso.

Io rispondevo, sincera, chiedendomi tra me e me cosa mi avrebbe chiesto poi, e parlavo, parlavo a non finire senza davvero pensare a cosa dicessi.

Dopo il nostro girovagare senza meta, arrivammo su, fino a raggiungere una torre alta che, grazie ad una finestrella, permetteva di vedere il cielo. Questo stava tramontando e lo scenario si stava tingendo di una particolare sfumatura arancione che si fondeva armoniosamente con l'azzurro del cielo, interpunto ogni tanto da qualche nuvola candida, dalla quale numerosi fasci di luce dorata facevano capolino illuminando ancora di più la scena. Quella finestrella era però aperta e un venticello leggero che soffiava imperterrito ci raggiunse, avvolgendoci e scompigliandoci appena i capelli. Il freddo era pungente e per questo avevo le dita completamente congelate, ma non mi importava, non ci importava. Eravamo lì seduti con lo sguardo rivolto fuori, ipnotizzati ed ammaliati dalla bellezza del cielo, e continuando a chiacchierare senza fine, ora anch'io gli facevo delle domande, discutevamo senza curarci del tempo che scorreva e che faceva mutare rapidamente lo stupendo scenario che contemplavamo. Nonostante io e lui potevamo considerarsi appena conoscenti, nonostante i nostri bisticci e battibecchi, nonostante quello che ci era accaduto in quei giorni, nonostante tutto questo, era sorprendentemente piacevole stare così.

- Ma tu ci pensi mai al futuro che è stato scritto per noi? - gli chiesi, parlando velocemente, rompendo quell'attimo di silenzio che si era creato tra noi - Così tante cose accadranno in così poco tempo... Insomma un bambino e... e poi... la nostra morte. Io, io se solo ci penso il cervello mi si aggroviglia completamente e rischio di impazzire! -

- Non concentrati su quello, è semplice - rispose lui con leggerezza.

- Ma come fai ad essere così superficiale? Non ti tange neppure l'idea che tra qualche anno potresti non esistere più? -

- Ovviamente gli stessi problemi che ti fai tu me li faccio anch'io - mi rispose facendosi più serio, - ma per ogni cosa cerco di vedere il lato positivo e di concentrarmi principalmente su quello -

- E cosa ci sarebbe di positivo nell'essere uccisi da un pazzo all'età di ventun anni? Illuminami, caro - gli chiesi sarcasticamente, sfidandolo a trovare una risposta soddisfacente.

- Beh, vista così è una prospettiva terribile... - ammise passandosi velocemente una mano tra i capelli corti e disordinati scompigliandoseli fino all'inverosimile.

- Appunto! - ribattei velocemente io.

- Fammi finire - mi disse lui senza perdere quell'atteggiamento calmo che lo caratterizzava in quel momento - Io ho elaborato un'altra filosofia. Pensaci bene, siamo in tempo di guerra, no? -

Annuì, curiosa di scoprire dove volesse andare a parare - Fuori di qui la gente rischia la vita ogni giorno. Io, proprio come i miei genitori, voglio lottare e combattere per evitare che i Magiamorte ci sopraffacciano -

- Anch'io - lo interruppi - questo è certo. Di certo non me ne andrò senza combattere -

- Benissimo. Beh, vedi, io di questo non te ne dovrei parlare... - disse, tentennando.

- Di me ti puoi fidare - dissi subito per convincerlo a continuare - Non farò parola con nessuno di questo discorso -

Lui ponderò ancora un po' la situazione - E sia. Ma mi devi giurare che non lo dirai ad anima viva -

- Certo, te l'ho già detto - lo rassicurai.

- Dovevo essere sicuro - lui si girò ad ispezionare l'ambiente circondante, per controllare che quella stanza fosse realmente deserta - Ho deciso di unirmi all'Ordine della Fenice, tra un po' diventerò membro a tutti gli effetti - proclamò lui, parlando a voce molto bassa.

- Cos'è questo Ordine? - chiesi

- Prima di tutto abbassa la voce. Ti ricordo di non nominarlo mai e poi mai in giro -

- Ancora? - dissi, leggermente scocciata - Me lo hai ripetuto tante volte, non sono mica stupida -

- Come sei permalosa, Evans. Ti ricordo anche che io non dovrei neanche parlartene e, soprattutto, non qui -

- Ormai, però, non puoi più tirati indietro - ribattei con fermezza - Voglio saperne di più -

- L'Ordine deve godere della massima segretezza - parlava ora a voce talmente bassa che dovetti avvicinarmi di più a lui per sentirlo - è stato Silente stesso a fondarlo e non è semplice entrarci. Si reclutano maghi e streghe per combattere Voldemort e i suoi Mangiamorte, si escogitano piani e si fanno riunioni. Spesso vengono proposte imprese che possono costare anche la vita. È rischioso, ma è il metodo migliore per dare il proprio apporto in questa guerra. Io ci voglio essere, io voglio combattere -

- Voglio entrare anch'io -

Quelle parole uscirono così spontaneamente dalla mia bocca che non mi accorsi neppure di averle pronunciate per davvero, eppure non potevo essere più sicura della mia affermazione. Avevo paura di quello che sarebbe sucesso poi? Sì, ma se quest'Ordine esisteva davvero, io dovevo farne parte, non sarei rimasta ad aspettare senza far nulla.

- No, Evans, non puoi. Non era questo il mio intento - vietò categoricamente lui - Ma tu non eri quella che non voleva morire subito? -

- È chiaro che preferirei non lasciarci le penne, no? Sapere esattamente la data della mia morte, molto più imminente di quanto sperassi, non mi rallegra, ma non me ne starò qui buona ad aspettare! -

- Non è un gioco, ti ritroverai spesso a faccia a faccia con la morte, l'hai capito sì o no? -

- Beh, ti do una notizia straordinaria, Potter: la gente muore ogni giorno comunque e, se non si arresta questo scempio, continuerà a morire -

Lui strinse i pugni, combattuto, e fece un respiro profondo per calmarsi - Lo so, lo so - continuava a ripetere mentre scuoteva il capo, il suo tono era ora più dolce - Solo che... Pensaci un po' su, me lo prometti? -

- Ma io non ho il biso... - iniziai a ribattere, ma lui mi interruppe.

- Appena sentii parlare di quest'Ordine reagì esattamente come te - mi raccontò - poi ho fatto i conti con la realtà delle cose. Vedevo e vedo tuttora la preoccupazione negli occhi di mia madre quando mio padre parte per qualche missione pericolosa e viceversa, ho sperimentato in prima persona quanto può essere terribile quell'ansia che ti attanaglia quando pensi che, forse, potrei star salutando i miei genitori per l'ultima volta, e questa paura mi lacera dall'interno -

Gli occhi gli luccicavano, guardavano ovunque e da nessuna parte insieme. Ero terribilmente a disagio, che fare in una situazione del genere? Cosa dirgli? Le parole che vorticavano nella mia mente sembravano così vuote...

- Prima di iniziare questo anno ad Hogwarts - riprese lui, con la voce che gli tremava appena - sia io che Sirius abbiamo parlato con mia madre, abbiamo discusso dell'Ordine, proprio come stiamo facendo io e te ora, mi ha aperto gli occhi su molte cose. Ti potrà sembrare patetico, ma prima di partire da King Cross ho abbracciato forte i miei genitori, chiedendomi per un breve istante se avrei potuto rifarlo anche a Natale, se avrò la fortuna di rivederli, avevo paura a lasciarli andare. Ho scacciato via subito questo pensiero dalla testa, ho montato su il miglior sorriso che potessi fare e, appena salito sul treno, mi sono imbattuto in una certa rossa di mia conoscenza e ho deciso di tormentarla un po' -

Sorrisi debolmente al ricordo di quel viaggio in treno. Appena salita mi imbattei immediatamente nei due Malandrini che mi fecero a pezzi i nervi in soli cinque minuti.

- Ogni tanto, però - riprese lui con voce rotta, parlava piano, come se gli costasse una fatica immensa - anche io venivo tormentato da quel tarlo. Ieri ho ricevuto una lettera - una lacrima gli rigò il volto, ma lui l'asciugò subito - Era di mio padre. Mia madre sarebbe dovuta tornare tre giorni fa da una missione pericolosa ed ancora non hanno avuto sue notizie, è impossibile mettersi in contatto. Lui è fuori di se dalla preoccupazione, è strano, leggere quella lettera è stato... - non completò la frase, aveva la voce che gli tremava e così anche le mani, a vederlo in quello stato non sembrava neanche lui. Io continuavo a non sapere che fare, ero così incapace quando si trattava di consolare le persone!

- Scusami se ti sto annoiando con queste sciocchezze - fece lui poi, tentando di giustificarsi, voltandosi verso di me e mettendo su un sorriso palesemente falso, spento, che non riusciva a contagiare gli occhi ancora pieni di lucciconi - Solo che, beh, non ho voluto parlarne con Sirius perché non voglio fargli avere preoccupazioni inutili, proprio adesso non gli servono, e così non ho detto niente neanche al resto del gruppo, per cui... -

Lo abbracciai di getto mentre lui stava balbettando velocemente qualche misera giustificazione. Lo abbarcciai spontaneamente poiché, secondo me, non potevo fare nulla di meglio. Era il modo migliore per consolarlo, per fargli capire che, in quel momento, io c'ero e poteva contare su di me, per fargli sentire il mio supporto, lo abbacciai perché con le parole avrei di certo combinato dei gran casino, perché era un gesto che valeva di più del solito blaterare a caso.

Lui, che all'inizio era rigido, mi cinse debolmente con le braccia, sfiorandomi appena, mentre io lo stringevo forte, con tutte le mie energie. Ed era strano, terribilmente e maledettamente strano: io e lui normalmente a malapena ci calcolavamo, c'era stato perfino un periodo in cui ero arrivata ad odiarlo visceralmente, ora invece le cose erano cambiate: lo consideravo più come un conoscente che a volte si dimostrava in tutto e per tutto insopportabile, ma altre volte era piacevole e divertente. Proprio perché la situazione era assurda così assurda, io tenevo stretto ancora più forte per fargli capire che, nonostante tutto, io ero lì, avevo lasciato che si liberasse un po' da quel grande macigno che lo opprimeva ed ora gli stavo offendo la spalla di cui aveva bisogno per aiutare a sostenerlo, poiché era evidente che da solo non c'è la faceva più, quel suo piccolo crollo ne era il segnale.

Quando sentii la mia spalla inumidirsi, capii che stava piangendo, le lacrime scivolavano silenziosamente sulle sue guance, nessun singhiozzo lo percuoteva. Feci finta di nulla, di non averlo notato, e credevo fosse la scelta più adeguata, la migliore per entrambi. Non sapevo se avrebbe mai ammesso, perfino a se stesso, di essere crollato in quel modo. Non era per orgoglio o per altre sciocche motivazioni che spesso spingono la gente a vergognarsi di piangere davanti a qualcuno, no, ero sicura che ci fosse dell'altro. Lui cercava di essere forte per contrastare quel laurea di negatività che altrimenti lo avrebbe risucchiato facendolo cadere in un baratro, non se lo poteva permettere e nè tantomeno voleva.

- Perché non lo hai detto a Black o agli altri? - gli chiesi dolcemente, cercando di capirlo.

Loro, ne ero sicura, avrebbero saputo consolarlo e comprenderlo meglio, gli avrebbero dato una mano nell'immediato. Loro erano i suoi migliori amici.

Lui si prese qualche secondo per rispondermi: - Io...io non posso - decretò infine.

Cercava di essere forte perfino per i suoi amici, per non intaccare quell'atmosfera di tranquillità che pareva circondarli, perché dentro Hogwarts gli echi della guerra sembravano così lontani. Cercava di non pensare al problema, di comportarsi come se nulla fosse, ma questo non risolveva il problema, lo faceva stare solo peggio.

- Ma perché? Loro lo vorrebbero sapere, non puoi fingere di stare bene -

- Le cose sono più difficili di quanto pensi, Evans. Hanno capito che c'è qualcosa che non va, mi conoscono abbastanza bene, ma cerco di non darlo a pesare a loro, probabilmente pensano che sia per quel fatto del libro. Ma non posso dargli preoccupazioni inutili, a nessuno di loro, semplicemente non posso -

Mentre parlavamo rimanevano stretti, nessuno dei due aveva fatto niente per sciogliere l'abbraccio e pensai che, da un certo punto di vista, fosse meglio così: i nostri sguardi non avrebbero corso il rischio di incontrarsi, avrei potuto continuare ad ignorare le quiete lacrime che lentamente gli sgorgavano dagli occhi, la maschera che lui stava indossando non si sarebbe rotta, o forse rotta lo era già ed io non volevo scoprirlo. L'aveva fatta sua in modo eccelso per un giorno intero, ma ora questa stava cedendo. Se così fosse stato, non ero ben certa di esser pronta a raccoglierne i pezzi, non l'avrei mai fatto bene, lo sapevamo entrambi.

- Non è una cosa inutile, non è roba da niente -

Lo sentii fremere scosso da un brivido. Evidentemente non era la cosa più adatta da dire in quel momento, avrei dovuto piantarla e confortarlo in modo quantomeno decente. Sua madre era in pericolo.

- Perché non dovrebbe esserlo? Tanto non è successo nulla, vero? Sirius si intristirebbe per nulla, è così legato alla mia famiglia... Tanto tra un po' arriverà un'altra lettera e saprò che mia madre sta bene e sarà come se tutto questo non fosse mai successo, vero Evans? -

- Vero - mentii. Era successo qualcosa di grave se sua madre non tornava, questo lo sapeva perfettamente anche lui, ma che potevo dirgli? Un'altra mossa sbagliata? Probabilmente, ma dubitavo ci fosse qualcosa di davvero giusto da dire in quel momento o, perlomeno, io non lo trovavo. - Ma ciò non vuol dire che tu non debba dirlo. Se Bla... Sirius - decisi di usare il nome del ragazzo per questa volta - è così legato ai tuoi, vorrebbe a tutti i costi saperlo. Si arrabbierà tantissimo se scopre che l'hai tenuto all'oscuro di tutto. Mettiti nei suoi panni, tu al suo posto vorresti essere informato, no? -

- Io lo faccio per lui... -

- Lo so, ma merita di sapere la verità proprio perché vuole bene a loro e ne vuole tanto anche a te -

Era giusto forzarlo così tanto? La cosa più giusta sorebbe stata parlarne con loro, ma chi ero io per obbligarlo? Chi era in pericolo era sua madre, avrebbe scelto lui con chi confidarsi, in questo caso c'ero io al suo fianco, e avrei dovuto fare qualcosa di più concreto.

- Io... io...- era esitante, ma sciolse l'abbraccio e mi fissò dritta negli occhi - ok, hai ragione. Loro... lui... troverò un modo -

Gli rivolsi un sorriso per incoraggiarlo, fiera di essere riuscita a persuaderlo. I Malandrini sarebbero riusciti nella missione nella quale io avevo miseramente toppato.

- Ho subito risposto a mio padre, ma lui non mi ha inviato nessuna lettera ancora - riprese a dire con fare nervoso e con gli occhi tristi che ancora luccicavano - Se non mi risponde entro domani... beh, stavo pensando di andare a Silente e chiedermi di farmi andare a casa per un po', impazzirei nel rimanere qui ad aspettare delle notizie, poi mio padre ha bisogno di me -

- Sono sicura che Silente ti capirà - risposi annuendo - e ti lascerà andare immediatamente -

Lo fissai per un po', persa nei miei pensieri, intenta a fare i conti per davvero su quel che avrebbe significato unirsi all'Ordine e diedi il giusto peso alle parole che lui mi aveva detto poco prima, iniziavo a comprendere meglio il perché della sua reazione.

- Ci rifletterò seriamente su - lo informai.

- Su cosa? - chiese, confuso.

- Ma sull'Ordine della Fenice. Voglio essere forte e coraggiosa anch'io, non voglio rimanere inerte nè lasciarmi sopraffare, ma prenderò questa cosa con la giusta serietà che merita. Grazie per avermi fatto aprire gli occhi -

- Io... mi fa piacere, figurati. Grazie a te per... sì, insomma, per prima -

Era in imbarazzo, un po' lo ero anche io, così li sorrisi semplicemente. Noi eravamo abituati a tattarci appena come conoscenti, questo era fuori dagli schemi.

- Qui fuori si rischia di morire ogni giorno, ogni istante. Sapere che avrò vita breve mi mette angoscia, non sono esattamente entusiasta del fatto che non avrò mai un futuro, che questo non verrà permesso nè a me nè a te. Ma prova a soffermarti un secondo su tutto quello che ci sarà prima, su tutto quello che noi vivremo. Non ci andrà poi così male, non trovi? Riusciremo a realizzare tante cose in poco tempo, forse più di quello che io avrei mai potuto immaginare visto i tempi che corrono: prendere i MAGO, un matrimonio, un figlio, venire ricordati così bene da persone, come per esempio Hagrid, a cui tengo molto. La fama non mi intessa, ma è bello lasciare un segno nella memoria della gente, è bello perché so che quel pazzo assassino non avrà la meglio. E voglio avere la forza e soprattutto il coraggio di lottare senza fermarmi mai fino a quando non esalerò l'ultimo respiro, voglio riuscire a salvare mio figlio, anche se questo mi costerà la vita, perché ci sono cose più importanti della vita stessa, realizzare obiettivi che fanno ben oltre essa -

Mi fermai a riflettere, quelle erano di certo belle parole, ma non era semplice pensarla a quel modo, vedere le cose da quella prospettiva. Più il tempo passava più mi accorgevo anche di non conoscere affatto il ragazzo che stava al mio fianco, ero sempre stata terribilmente superficiale. Sotto quella facciata talmente odiosa ed arrogante, c'era un ragazzo che continuava a stupirmi di volta in volta, tutto questo mi lasciava senza parole. In fondo lui non stava affatto bene, così teso e corroso dall'ansia, però era riuscito comunque a fingere e a scherzare fino a poco prima. Io non mi ero accorta di nulla, ma a quanto pare i Malandrini sì, loro lo sapevano che c'era qualcosa che non andava, aspettavano solo che Potter si decidesse a parlargli.

- Così, questa è la mia cosiddetta, ehm, filosofia di vita - dise lui sorridendomi.

- Io... non ho parole, davvero. Mi piacebbe imparare a ragionare proprio come te -

- Ma non puoi, perché io sono unico ed inimitabile - tentò di scherzare lui, come era solito fare.

Io sorrisi appena, grata del suo tentativo di alleggerire la tensione nonostante tutto. La sua maschera si stava lentamente ricostruendo, anche se adesso riuscivo a guardarci oltre, perché quello che stava scherzando ora non era il solito spensierato Malandrino.

- Ehi Evans, sorridi un po' di più, guarda così - mi rimproverò lui che esibiva un sorriso a trentadue denti, privato però di quella scintilla di vitalità che lo avrebbe comunemente caratterizzato. Un effimero tentativo di sorriso, che non riusciva ad essere tale visto l'animo del ragazzo che, eppure, si sforzava a provarci, a mettere da parte la malinconia e la tristezza - Spero che nostro figlio non erediti questo da te -

- Ehi! - ribattei anche se lo speravo anch'io, cercare di non perdere il sorriso malgrado tutto era una qualità d'oro - Che poi questa idea del bambino è a dir poco assurda, senza offesa ma non avevo ne ho in programma di sposarmi proprio con te! -

- Perché? -

- Ci conosciamo da anni e non facciamo altro che battibeccare in continuazione, siamo diversi e non riusciamo ad andare d'accordo per più di cinque minuti, tecnicamente non potremmo neppure considerarci amici, figurati altro. Credo che anche tu sia della mia stessa opinione -

- Sì... - mormorò lui, ancora triste per prima - ma oggi per esempio siamo stati bene - insistette - Se una volta o l'altra tu accettassi di uscire con me, passeremmo una bella giornata insieme, ma tu non me ne dai l'opportunità -

- E che opportunità dovrei darti? Sono sette anni che viviamo sotto lo stesso tetto! - "eppure forse non lo conosci affatto" fece la vocina nella mia testa, quella che tutti chiamano coscienza.

- Ma non è la stessa cosa, lo sai bene -

- Infatti non è lo stesso, ti sei dimenticato della Wilson? -

- Connie? Cosa c'entra lei adesso? -

- È la tua ragazza! -

Connie Wilson era una Grifondoro un anno più piccola di noi, grande amica dei Malandrini, specialmente di Black e Potter, da appena un mese era anche la ragazza di quest'ultimo. Ovviamente lei era una tra le "popolarissime" della scuola, con il suo metro e ottanta di altezza invidiato da molte, i suoi capelli biondi e riccissimi sopra le spalle e due occhioni color ghiaccio.

- Evans, non stiamo più insieme da un po', ci abbiamo provato poi ci siamo accorti che non funzionava e siamo rimasti amici come prima -

- Il fidanzamento più breve della storia - sbuffai.

- Non era lei quella giusta, non potevo illuderla. Poi, per la cronaca, ci sono coppiette che si lasciano anche nel giro di ore -

- E io dovrei uscire con te sapendo che probabilmente potresti scaricarmi nel giro di poche ore? -

Non capivo dove sarebbe andato a parare con quel discorso. Non volevo mettermi con lui solo perché c'era scritto su di uno stupido libro, non era così che funzionava. Lui neanche mi piaceva e, di certo, neanche io piacevo veramente a lui.

-Sarebbe diverso -

- Diverso perché? -

Se non aveva funzionato con Connie che sembrava la ragazza perfetta per lui, figurarsi quanto doveva durare con me, visto che litigavamo sempre.

- Perché sì! Cosa ti costerebbe uscire con me almeno una volta? -

- Perché passo il mio tempo già con altre persone, e lo stesso tu. Non riesco a capire perché tu sia così tanto insistente... -

- Una sola volta, Evans, una sola. Poi ti prometto che non te lo chiederò più

La proposta era allettante come non mai. Alla fine avevamo appena passato un intero pomeriggio insieme e non era stato affatto terribile, forse era lui che, in questo periodo, stava diventando più sopportabile.

- Va bene - acconsentii.

- Cosa? -

Aveva gli occhi sgranati e mi guardava in modo veramente buffo, come se avessi fatto qualcosa di veramente strano tipo inghiottire in un sol boccone un rospo saltellante, che poi, se quel rospetto fosse stato una deliziosa Cioccorana, probabilmente mi avrebbe visto inseguirla per mangiarla, il cioccolato era sacro.

- Possiamo passare una giornata inseme, così smetterai di chiedermelo. Solo, non farmene pentire -

- No, no - si affrettò a rispondermi lui - Vedrai che sarà tutto perfetto -

Ma io mi ero già pentita di quel che avevo promesso. Iniziavo a pensare che, forse, non era stata una buona idea.

 

 

*****

 

 

Quella sera cercai Mary disperatamente per tutto il castello, l'avevo ignorata per tutto il giorno e mi dispiaceva molto. Le stavo tenendo nascosti molti avvenimenti importanti e lei non se lo meritava; mi tenevo dentro ansie, preoccupazioni senza condividerli con lei, le mentivo sulle mie stesse emozioni e lei non se lo meritava; sparivo di punto in bianco, lasciandola sola e rifilandole solo patetiche scuse e, ancora una volta, lei non si meritava neppure questo.

Sfortunatamente nessuno sembrava avesse visto Mary in giro, il castello era immenso e ci avrei messo un'eternità continuando alla cieca in questo modo. Come fare?

Stavo girovagando frettolosamente per i corridoi facendo scattare gli occhi rapidamente di qui e di là, cercando tra i tanti studenti il volto della mia migliore amica, mentre mi ritrovai a sbattere contro qualcuno, un ragazzo alto e biondo.

- Nikolaj - lo salutai, entusiasta di averlo incontrato - ti prego, dimmi che hai visto Mary -

- Non l'hai saputo? - mi chiese, serio.

- Saputo cosa? -

- Di Mary -

Lui sorrideva sempre, perché adesso non sorrideva?

Stavo iniziando a preoccuparmi.

- Cos'è successo? -

Perché non arrivava dritto al punto?

- Ho mandato David a cercarti per tutto il pomeriggio, ma di te neanche l'ombra -

Lui sembrava preoccupato.

Stavo perdendo la pazienza, tutto questo non mi interessava, mi faceva solo stare peggio. Ero sparita nel nulla, lo sapevo, e adesso ero in ansia per la mia amica.

- Nikolaj, dannazione, mi vuoi dire dov'è Mary? -

La pazienza, alla fine, l'avevo un po' persa.

- In infermeria -

- CHE COSA?! -

- Stavamo passeggiando insieme quando, all'improvviso, è diventata cerea ed è svenuta. Le ho tenuto compagnia fino a poco fa, adesso sta bene -

Mi sentivo malissimo. Avrei dovuto starle vicino.

Corsi verso l'infermeria, andavo il più veloce possibile e travolse qualche malcapitato studente.

- Mary! - esclamai appena spalancai le porte guadagnandomi un'occhiataccia dall'infermiera.

Respiravo affannosamente, il cuore tamburellava velocemente nel mio petto, mi mancava l'aria per la corsa, ma ero preoccupatissima per la mia amica.

Lei era seduta su di un lettino, il viso ancora pallido, e mi guardava sorridendo.

- Lily -

Mi avvicinai a lei.

- Come stai? - le chiesi subito, apprensiva.

- Una meraviglia! Ad un tratto, mentre camminavo con Nikolaj, la testa mi è iniziata a girare, ho visto tutto nero e mi sono risvegliata improvvisamente qui. Ma ora sto bene, tutto questo è durato un attimo -

La fissati attentamente: sembrava così stanca, poi Nikolaj non sembrava affatto tranquillo.

- Devi credermi, Lily - cercò di rassicurarmi lei.

- Per quanto rimarrai qui? -

- Tutta la notte, solo per essere più sicura. Domani però riprendo le lezioni normalmente -

Le lezioni? Era troppo presto, no?

- Dovresti riposare -

- Beh, tra poco andrò a dormire e riposerò più che abbastanza - disse scrollando le spalle.

- Mary, sono preoccupata e anche Nikolaj lo era, l'ho incontrato prima di venire qui -

Le abbassò lo sguardo e il suo sorriso si spense un po'.

- Hai detto che l'hai incontrato - disse.

Annuì.

- Come ti è sembrato? -

Che razza di domanda era?

- Te l'ho detto poco fa, era in ansia per te -

- Oltre quello. Era strano già da prima, più freddo del solito, cioè lui non è mai freddo, tantomeno con me -

Ripensai con attenzione al ragazzo che avevo visto poco prima.

- Un po' freddo lo era - ricordai - ma pensavo che fosse per quel che è successo a te -

Lei scosse la testa, in segno di diniego.

- Hai provato a chiedergli cosa fosse successo? -

- Certo, ma inutile dire che ha minimizzato tutto. Ha detto che non c'è nulla di cui preoccuparsi, ma non è vero, oggi non mi sembrava lui. E se... Lily, ho paura che lui mi voglia lasciare -

- Non provare più a pensare una cosa del genere - la rimproverai.

- Ma... - tentò di obiettare lei, ma io la interruppi subito.

Non potevo permetterle di essere così negativa, era qualcosa che non si addiceva proprio alla mia Mary.

- Niente ma, Mary. Siete la coppia più bella che Hogwarts abbia mai visto. Starà un po' giù per qualcosa, non c'è bisogno di pensare al peggio, ma cosa ti succede? -

Lei prese un bel respiro e mi fissò con quei suoi occhioni grandi. Non sorrideva più.

- Non lo so, Lily, e che da un po' le cose non stanno girando più per il verso giusto. Vedo la mia migliore amica e ultimamente non so più neanche cosa gli passi per la testa, e non credere che non me ne sia accorta, poi oggi Nikolaj e per concludere in bellezza, mi ritrovo bloccata in questa maledetta infermeria per ben due volte nell'arco della stessa settimana -

L'ultimo punto mi spaventata: certo, lei mi aveva assicurato di state bene (era stata la ste salsa infermiera a dirglielo), ma era comunque relegata qui.

La verità era che mi sentivo incredibilmente in colpa, e questo mi stava bene. Ero stata talmente presa da tutto quello che li stava capitando da non dare la giusta importanza alla persona a cui tenevo di più. Ma adesso era l'ora di smetterla, tutto quello che stava accadendo non mi doveva condizionare più, era ora di reagire.

- Mi dispiace di non esserci stata - le dissi, prendendo le sue mani tra le mie e stringendogliele forte.

- Non te ne sto scemo una colpa, Lily. Non sei obbligata a stare appiccicata a me -

- Stare con la mia amica non è un obbligo, ma un piacere. Con lui, se vuoi, ci posso parlare io -

- Grazie -

- Ma di cosa? Dai, adesso ti racconto una cosa che ti lascerà senza parole - dissi, cercando di cambiare discorso e, allo stesso tempo, di renderla partecipe di ciò che mi stava accadendo.

- Devo prepararmi a svenire di nuovo? -

- Sì, molto probabilmente, anzi forse a raccontarlo è probabile che svenga anch'io -

- Ottimo - decretò lei in modo affabile - così mi fai compagnia -

- Dei pronta? -

- Puoi dirlo forte -

- Bene: ho accettato di uscire con Potter - confessai tutto ad un fiato.

L'avevo lasciata letteralmente a bocca aperta, in effetti era stranissimo anche a dirlo.

- Cosa?! Lily, sei seria? Non è che ti sei confusa con qualcun altro? -

Risi: - Certo, sono seria -

- Sei sotto qualche incantesimo? È l'effetto dell'Imperius, vero? -

Ridevano insieme, pensando a scenari talmente assurdi che non sarebbero potuti capitare.

 

 

*****

 

 

Era martedì mattina e con Mary ci stavamo dirigendo verso la Sala Grande per pranzare.

- Lily, vuoi aspettarmi? - mi chiamò lei, che stava correndo per raggiungermi dopo essersi fermata a raccogliere un libro che gli era caduto dalla sua pila enorme che portava sottobraccio.

- Sbrigati, io ho fame! - mi lamentai.

- Ma questi cosi - disse, indicando i tomi enormi che si trascinava dietro - sono terribilmente pesanti -

- Lo so, ma quando il cibo chiama il resto non conta -

- Guarda che siamo in ritardo per colpa tua - mi ricordò lei.

- Sto correndo per rimediare, no? -

- Ah, povera me! -

Mi avvicinai e presi un paio dei suoi libri per aiutarla, dovevamo lasciare prima questi e correre in Sala Grande, se non ci muovevamo in fretta le pietanze migliori sarebbero finite al nostro arrivo!

- Lily! - poco prima che avessimo raggiunto il ritratto della Signora Grassa che ci divideva dal dormitorio, una voce mi chiamò.

Non mi girai, avevo riconosciuto perfettamente la voce e non ne avevo voglia, ma, ahimè, Mary invece si girò e questo ci costrinse a fermarci. Non potevo ignorarlo, anche se ero terribilmente tentata.

- Cosa vuoi? - gli chiesi poco gentilmente.

Avevo fretta, non avevo intenzione di perdere tempo ed era mio presupposto farglielo capire fin da subito.

- Parlare -

Mary mi lanciava occhiate, perplessa. Per lei l'ultima volta che avevo passato del tempo con il ragazzo era stato anni fa, questo le risultava strano.

- Sto andando a pranzo ora - tagliai corto.

In questi giorni ne erano successe troppe, non avevo la forza mentale per affrontare una chiacchierata anche con lui, che poi, conoscendolo, non sarebbero state solo due chiacchiere altrimenti avrebbe lasciato perdere. Se mi era venuto a cercare un motivo c'era, ma non ero dell'umore adatto per scoprirlo.

- Dopo - insistette lui.

Non gli risposi, sperando che lasciasse cadere l'argomento e sussurrai al ritratto la parola d'ordine per sgattaiolare al interno della Sala Comune.

- Dopo ti aspetto fuori, solito posto sotto il solito albero - mi disse lui prima che potessi sparire dalla sua visuale.

- Andrai? - mi chiese Mary.

- Non lo so - le risposi, sincera.

L'unica cosa certa era che mi si era chiuso lo stomaco.

- Dovresti parlarci - mi consigliò lei.

- Perché mi dici questo? Tu lui non lo sopporti nemmeno -

- Questo è vero, ma qui stiamo parlando di te, non di me. Dovresti sentire quello che ha da dire, dargli un'opportunità. -

- Di opportunità gliene ho date fin troppe - ricordai amaramente - Eravamo amici e lui ha perso la mia fiducia pian piano, nessun discorsetto rimetterà a posto le cose, lo capisci vero? I fatti valgono molto più delle parole, e quelli parlano chiaro. L'ho visto cambiare sotto i miei occhi, trasformarsi in un'altra persona solo perché soggiogato da stolti senza cervello e dalle loro stupide idee -

- Nessuno ti impone di diventare di nuovo sua amica - tentò di farmi ragionare Mary.

Vero, non mi era stato chiesto questo, ma uno strana sensazione mi attanagliava se pensavo a cosa avrebbe comportato incontrarlo dopo, seduti a parlare proprio come eravamo soliti fare prima, nello stesso luogo in cui prima ci incontravamo sempre. Solo che nè io nè lui eravamo più quelli di prima.

- Ma io non ci voglio neanche parlare! -

- Non è vero, Lily. Se ti conosco bene, e fidati che è così, una parte di te lo raggiungerebbe anche adesso -

Sbuffai: - Non è vero -

O forse sì?

- Vedremo, mia cara, vedremo - mi disse, con l'aria di chi la sapeva lunga.

- Non vedremo proprio un bel niente! - le risposi indispettita.

Lei rise: - Su Lily, non fare la bambina. Andiamo a pranzo, non avevi fame? -

 

 

*****

 

 

Benché fossero presenti sul tavolo dozzine e dozzine di portate dall'aspetto delizioso, non riuscì ad abbuffarmi come avrei voluto, o meglio come avevo intenzione di fare.

Dopo aver tormentato con la forchetta per circa dieci minuti il budino al cioccolato che era sul piatto di fronte a me, addensando sporadicamente qualche morso, mi alzai per uscire dalla Sala Grande. Mary, che non mi aveva staccato gli occhi di dosso per tutta la durata del pasto, mi rivolse uno sguardo eloquente. Mi stavo comportando esattamente come aveva previsto lei, maledizione.

Mi avviai fuori stretta nel mio mantello. Il cielo era coperto, cupo. Il vento, forte ed algido, faceva turbinare le foglie secche cadute dagli alberi. Non mi sarei di certo sorpresa se, da un momento all'altro, fosse scoppiato un acquazzone.

Eppure lui era lì, mi aspettava, ed io lo raggiunsi sedendomi sul prato sotto il nostro solito albero.

- Cosa volevi dirmi? - dissi io dopo un po', visto che lui continuava a non proferire parola.

- Tieni - fece lui porgendomi il suo mantello sul quale spiccavano i colori della sua casata - così non prendi freddo -

Rifiutai tacitamente il gesto. Non era nei miei piani rimanere a lungo lì, anzi mi chiedevo perfino cosa ci facessi in quel momento.

- Cosa volevi dirmi? - ripetei spazientita, cercando di arrivare dritta al punto.

- Volevo solo parlare -

Lo fissai spronandolo a dire altro.

- Parlare di noi - continuò lui.

- Non c'è nessun noi, questo lo sai bene -

- No, tu menti - mi accusò.

- Che cosa? - esclamai sbalordita.

Dopo tutto quello che era successo, come osava dirmi che avevo torto?

- Menti - ripeté lui a voce più bassa - Io... non credo che si possa dimenticare per davvero un'amicizia -

Beh, di certo io la nostra non l'avevo scordata, quei ricordi non erano stati timidi o per futuri per sempre, solo sepolti e per evitare un ulteriore dolore. Perché, dannazione, pensare poteva fare così maledettamente male certe volte. Perché quelle immagini e quelle sensazioni così dolci all'epoca, ora erano amare e mi logoravano dentro.

Forse, però, tutto questo adesso avrebbe avuto un fine.

Io lì non avrei voluto starci, mi sentivo come se stessi sotto esame, eppure una parte di me gioiva di questa situazione, quella stessa parte che mi aveva trascinata fin qui. Eravano seduti lì, insieme, sotto al nostro albero. Eravamo insieme. Insieme dopo tanto tempo.

Lui, che era rimasto zitto per un po', decise di riproferire parola, continuando il suo discordo.

- Molta gente cerca di auto convincersi del contrario. Molti illudono loro stessi. Sono solo degli stolti -

Aveva lo sguardo verso l'altro, fisso a mirare il cielo grigio che ci sovrastava. Stava parlando a cuore aperto, lasciando liberi i suoi pensieri.

- Molti non riescono a capire il vero valore di questo sentimento. Un amico è colui al quale dedichi parte di te stesso, dedichi il tuo tempo condividendo con lui qualcosa di speciale -

La voce era calma, il suo tono spensierato mi avvolgeva cullandomi. Era piacevole stare così.

Poi mi riscossi: non mi dovevo far abbindolare. Non potevo.

- Questi attimi condivisi ti cambiano, nel bene o nel male. Lasciano il segno. Quasi nessuno, però, riesce a rendersene conto -

Lui continuava a guardare lassù. Io, a mio malgrado, non potevo smetterla di fissare lui. Lo fissavo e pensavo e più pensavo meno ci capivo. Ero come ipnotizzata, intenta ad ascoltarlo, intenta a capire dove volesse andare a parare con quel discorso, per questo non lo interruppi.

- È proprio per questo che non si può dimenticare un amico, non del tutto, almeno. Ci sarà sempre una parte di noi legata a lui, o a lei, custodita nel profondo. C'è chi dice che non gli importa nulla più, ma, se è stata amicizia vera, ci sarà sempre una piccola parte dominata dai grandi se: E se le cose fossero andate diversamente? E se non ci fosse mai stato quel litigio, ora cosa sarebbe accaduto? Domande di questo genere ci sfiorano ogni tanto la mente, ciò vuol dire che qualcosa inconsciamente la proviamo, una parte di noi che si interesserà a colui che era nostro amico. Ci sarà sempre un qualcosa che, per qualche recondita e assurda ragione, ti farà pensare a lui, che riporterà alla mente dei ricordi -

- Ricordi spesso dolorosi, legati a qualcosa che non c'è più - aggiunsi io, evidenziando l'ultima parte in riferimento a ciò che mi legava a lui.

Lui che mi mancava davvero tanto. Lui che però non era più lo stesso.

- Ricordi legati ad una parte di noi, che ti fanno crogiolare nell'amarezza o che ti offrono conforto con dolcezza. Sei poi tu che lo decidi, dipende da come li guardi -

Forse avevo sbagliato sempre tutto, mi ero fatta del male con le mie stesse mani.

- Io ci penso, sai? A noi, a quel che eravamo. Solo ora mi sono reso conto di aver sempre sbagliato ogni cosa -

Anche lui aveva commesso il mio medesimo errore? Ma potevo veramente considerarlo tale?

- A volte mi sono ritrovata a pensare con una punta di malinconia a quel che eravamo. Ma adesso tu sei qui, è bastato solo mettere da parte l'orgoglio e parlati -

- Io non credo, questo non basta - gli risposi - Quel che c'è stato non lo posso dimenticare, come hai detto tu, nel bene e nel male. Non mi interessano le belle parole, non quando so che tu mi vedi come una misera Sanguesporco, un rifiuto delle società magica. Non quando tu continui a difendere tutto quello che io cerco di combattere. Non quando tu sei schierato dalla parte di chi godrebbe nel vedermi morta. Su questo io non posso sorvolare. Sembri il mio Severus, quello di un tempo, il mio amico, ma io so che non è veramente così -

Ora era lui a fissarmi ed io lo ignoravo, consapevole di non essere pronta, almeno in quel momento, a reggere il suo guardo. Tenevo gli occhi fissi sulle mie mani, piccole e pallide, intende a stringere e a strappare ciocche d'erba come catarsi per la tensione.

Ammettere quello fu difficile, ma non potevo cedere così, non potevo farmi ingannare. Non era un gioco e io non dovevo scordarmi chi fosse veramente lui in quel momento. Ma la consapevolezza di questo era terribile, proprio perché sarebbe bastato così poco per ritornare amici, e dal poco dipendeva da me. Mi sentivo perfino peggio rispetto a prima, quando almeno potevo contare sull'utopica illusione di poter sistemare le cose, ma la realtà dei fatti non era così semplice. Forse dovevo abbracciare quell'illusione, seguire il consiglio che Potter mi aveva dato non moto tempo prima.

Già, Potter. Era così strano che in un momento del genere mi venisse in mente lui. Di certo, se fosse stato al mio posto, lui non avrebbe esitato un secondo a perdonare un suo vecchio amico. Ma io ero Lily Evans, non James Potter, e non si trattava di un gioco o di qualche sciocco scherzo, c'era la guerra e il ragazzo affianco a me rappresentava effettivamente il nemico.

No, dovevo essere forte, non potevo cedere.

- Io sono quel che vedi - ribattè lui, brusco. Forse non si aspettava una risposta del genere.

- Il problema è proprio quello, ho visto con i miei occhi quel che sei e quel che sei diventato nel corso di questi sette anni -

- Perché sei venuta qui allora? - mi chiese con rabbia.

La conversazione non stava prendendo la piega che aveva sperato e questo non gli piaceva affatto.

- Scusami? Me lo hai chiesto tu o sbaglio? - gli feci notare, anche se il stessa non riuscivo a spiegarmi seriamente perchè stessi ancora lì.

- A te non importa niente. Io ci ho provato a rimettere le cose a posto, ci provai anche dopo il nostro litigio, ma a te non importa di risistemare le cose, anche se per un istante, quanto ti ho vista dirigenti qui, ho davvero sperato in un finale diverso. Quindi perché sei venuta qui? -

Chiusi gli occhi e serrai forte la mano, ancorandola al terreno e staccando qualche ciuffetto d'erba. Inspirai ed esporsi forte nel tentativo di calmarmi e di riuscire a sbrogliare quel groviglio di pensieri.

Quello non lo doveva dire. A me importava, importava eccome. Lui era stato davvero troppo importante , il mio punto di riferimento e la mia ancora in molte situazioni, mi aveva mostrato per primo le meraviglie del modo magico ed era stato il mio primo e vero migliore amico, quasi come se fossimo fratelli. Questo e tanti altri piccoli particolari lo rendevano importante. Per un breve periodo, quando eravamo più piccoli, mi presi perfino una leggera cotta per lui perché era così interessante e sempre carino e gentile con me, e avrei anche tanto voluto dirglielo, ma avevo una paura tremenda. Passò subito: l'idea di noi due insieme era completamente assurda.

- Io... - non riuscivo a trovare le parole per parlagli - io sono venuta qui per te. Ma non sono solo belle parole quelle che voglio sentire, voglio avere la prova che tu a me tieni davvero, voglio che mi dimostri che tu sei lo stesso ragazzo con il quale giocavo e chiacchierano per ore ed ore. È di lui che mi importa, è di lui che sento la mancanza poiché è lui ad essere speciale -

- Strano, tu dici che le parole non hanno peso, ma è stata una sola parola a farci litigare. E sapevi che non lo pensavo, sapevi che ero arrabbiato e umiliato. Sapevi come mi sentivo -

- Non è stata quella parola a farmi litigare con te, mi ha solo aperto gli occhi e messa di fronte alla realtà delle cose. È lì che mi sono accorta che il ragazzo che avevo tanto a cuore non era più quello che mi stava accanto, era sparito. Le cose andavano già male prima di quel fatidico giorno. Apri gli occhi: hai idea in che cosa ti stai cacciando? Hai idea degli sciocchi ideali dell'uomo, se così lo posso definire, per il quale combatti? -

- Non puoi contrastare le mie scelte. Non puoi permettere che queste ti facciano cambiare idea di di me. Noi due eravamo amici e ho continuato sempre a volerti bene -

- Ma sono le scelte che fai a determinate chi sei. Fuori di qui la guerra condizionerà le nostre vite e noi siamo schierati da due fazioni opposte. Che farai se ci troveremo a combattare faccia a faccia? Che farai se dovessi essere costretto a torturami o ad uccidermi? -

Lui fece una smorfia orripilata. Avevo colpito nel segno. Era in effetti uno scenario plausibile: io coevo entrare a far parte dell'Ordine, lui era un aspirante Mangiamorte, le due fazioni una contro l'altra.

- Io... Io non lo farei. Non ti voglio morta -

- Ma vuoi morte tutte quelle persone simili a me, non cambia poi molto -

- Non è vero - ribattè lui.

- Questi sono gli obbiettivi di quel pazzo che voi chiamate Signore Oscuro -

- Anche tu vorresti veder morti quelli combatterebbero al mio fianco -

Scossi la testa. Allora non aveva capito proprio nulla.

- Io, anzi, noi non vogliamo vedere morto proprio nessuno. Vogliamo solo che questo orrore abbia fine, ed è qui che sta la differenza -

- Lily io voglio solo ricominciare da capo con te, voglio avere ultima chance e ti giuro che non te ne pentirai. In fondo prima stavamo bene insieme, no? -

Sorrisi debolmente. Sì, stavamo maledettamente bene anche se mi costava ammetterlo.

- Lo prendo come un sì? - mi chiese alludendo alla mio sorriso.

Subito mi ricomposizione e cercai di prendete il controllo di me stessa.

- Vorrei dirti di sì, vorrei cancellare via tutto, ma ti ho già spiegato qual è il problema -

- Ora siamo ad Hogwarts, la guerra non ci ha ancora toccati, non ci pensare -

Scossi la testa ancora - No, non è vero. Il nostro mondo non è solo confinato tra queste quattro mura, è anche lì fuori e lì tutto sta cadendo a pezzi pian piano - gli dissi, ripensando a quel che mi aveva detto Potter qualche giorno prima. Lui stava sperimentando questo orrore in prima persona. Sua madre stava bene? Quella mattina lui non era a lezione e non era di certo un buon segno. Mi appuntai mentalmente di chiederglielo una volta ritornata dentro.

- Lily, ti prometto che non te ne pentirai -

Me ne sarei pentita? Probabilmente sì. Lui però mi stava quasi supplicando ed io non ebbi il coraggio di dire di no. Cedetti.

Feci per abbracciarlo e scoccargli un bacio sulla guancia proprio come facevo prima ogni volta per salutarlo ma,

non so come, mi ritrovai sulle sue labbra in un semplice e fugace bacio. Ci fissammo per qualche attimo, poi io mi alzai, rossa in viso, farfugliando qualcosa senza alcun senso preciso e mi avviai all'interno del castello. Aveva appena iniziato a piovere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti quanti, ecco un nuovo capitolo solo per voi! È un capitolo "storia" non "lettura" questa volta, dove accadono un po' di cose che mi ero preposta di inserire relativamente subito :)

Questo capitolo è collocato tra domenica 16 Ottobre 1977 e martedì 18, data della prossima lettura.

C'è una lunga scenetta per la coppia Lily&James (anche se adesso non sono ancora una coppia, ma dettagli! ) e qualcosa di un po' più breve per Severus&Lily. Forse non sarà un capitolo lunghissimo come i precedenti, ma almeno a me sembra bello pieno.

Non analizzerò il capitolo come faccio spesso, sarebbe lungo per me, noioso per voi e le note diventerebbero più lunghe della storia stessa, quindi se avete dei dubbi o non capite il perché di determinate azioni/situazioni potete contattarmi, anche solo per discutere determinate cose. Ho messo l'avvertimento OOC per evitare e prevenire qualsivoglia discussione poiché, rileggendo, alcuni comportamenti sembrerebbero anomali anche se nella mia psicologia (forse un po' contorta) c'è comunque una spiegazione ben precisa, quindi dipende dai punti di vista ;)

Solo una piccolissima cosa: nel dialogo con Severus i pensieri di Lily sono confusi e contrastanti perché credo rispecchino al meglio il caos che alloggia nella sua mente, ho anche cercato di esaltare questa cosa di proposito per renderlo più evidente. Spero di essermi spiegata, in caso contrario chiedete pure :)

Vi invito sempre e come sempre a farmi sapere che cosa ne pensiate di questa storia e, in particolare adesso, di questo capitolo, se c'è qualcosa che devo migliorare eccetera, eccetera. È davvero molto importante per me raccogliere vari pareri, quindi non abbiate timore di scrivere qualsiasi cosa vi passi per la testa, positiva o negativa che sia.

Un abbraccio,

Hij

 

PS: Per la cronaca il finale del capitolo, fino a dieci minuti fa, era completamente diverso. Appena ho riletto il tutto ho cambiato questo pezzettino e ne è venuto fuori qualcosa di completamente inaspettato. Sono soddisfatta di questa modifica? Non esattamente, tuttavia ho voluto provare ad apportare comunque questa modifica ^^

   
 
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