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Autore: dreamfanny    22/07/2016    3 recensioni
Questa storia ha come protagonista Laxus, che dopo l’ennesimo litigio tra suo padre e suo nonno, è partito senza salutare nessuno viaggiando per due anni tra una città e l’altra. Sentendone la mancanza e a corto di soldi, ritorna finalmente a Magnolia per trovarsi ad affrontare alcuni fantasmi del passato e ritrovare gli amici più cari. Forse anche innamorarsi.
Piccolo avvertimento: alcuni personaggi potrebbero metterci qualche capitolo per comparire, ma essendo Laxus il protagonista dovrete pazientare. Se siete interessati per lui, invece, buona lettura!
*Le età dei personaggi sono leggermente diverse da quelle del manga: Laxus e altri hanno solo due anni o poco più di differenza con gli altri ragazzi più giovani, invece di quattro anni come nella storia originale.*
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il Raijinshuu, Lisanna, Luxus Dreher, Mirajane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Visione inaspettata






«È un nuovo cliente?» chiese Laxus, mentre chiudeva a malincuore la porta dell’ufficio.
«Credo… non l’ho mai visto prima». Kinana rimase dietro di lui, parlando così a bassa voce che riusciva a malapena a sentirla.
«Chi lo stava servendo?» le domandò, camminando verso il tavolo che gli aveva indicato. Seduto, con le gambe accavallate e le braccia appoggiate sugli schienali delle sedie accanto, c’era un ragazzo che doveva avere all’incirca la loro età. I capelli erano di un colore rossiccio scuro, erano scompigliati e alcuni ciuffi erano dritti sopra la testa. Aveva un’espressione strafottente in cui Laxus si riconobbe. Scosse la testa divertito dal ricordo del suo io di qualche anno prima. A dire il vero, bastava andare indietro di pochi mesi per rivedersi. Kinana gli rispose con il nome di un cameriere che non conosceva, lo vide poco distante dal tavolo indeciso sul da farsi. Quando notò Laxus, andò da loro.
«Hanno detto che la bistecca non era cotta come volevano e le verdure erano crude» gli riferì appena fu abbastanza vicino. Laxus lo ascoltò guardando il ragazzo, che lo scrutava con fare provocatorio mentre parlava con qualcuno che lui non riusciva a vedere bene.
«Ci penso io» rispose deciso. Si avvicinò lentamente, seguito da Kinana e dal cameriere. «Tutto a posto?» chiese appena fu davanti a loro. Ora poteva vedere chiaramente la ragazza che era seduta davanti a lui: aveva dei lunghi capelli e una frangia le ricadeva sulle sopracciglia. Il colore, quasi bianco, gli ricordò Mira. Indossava un top che le copriva a malapena il seno e dei pantaloncini ancora più corti.
«Voglio parlare con il proprietario» esclamò il ragazzo, mettendo i gomiti sul tavolo e parlando con tono di sfida.
«Al momento non è disponibile, potete riferire a me. Sono il responsabile» rispose Laxus, cercando di mantenere la calma e ignorare il suo atteggiamento arrogante.
«Bé, il cibo fa schifo. E non ho intenzione di pagare» commentò allora, alzando la voce. Alcuni dei clienti vicini si voltarono verso di loro interrogativi.
«Che cosa non la soddisfa?». Stava parlando con una cortesia che non gli si addiceva, ma non aveva intenzione di dargli nessuna soddisfazione. E suo nonno gli aveva affidato il locale. Non voleva deluderlo. «Possiamo farle preparare un’altra pietanza, se vuole».
«No, sono pieno. Vorrei andarmene» e si alzò. I piatti sopra il loro tavolo erano vuoti, l’unica cosa rimasta era la fetta di limone che aveva accompagnato la bistecca. La ragazza lo imitò rimanendo in silenzio. Si atteggiava a persona importante, ma non parlò. Assunse solo un’espressione di disprezzo e si avviò verso la porta.
«Non potet…». Il cameriere che li aveva serviti stava protestando e si interruppe quando la mano di Laxus si alzò davanti al suo volto.
«Arrivederci, spero torniate a trovarci» disse atono, osservandoli uscire dal locale. Il ragazzo si bloccò per qualche secondo fissando qualcosa dietro le spalle di Laxus, poi distolse lo sguardo e chiuse la porta, improvvisamente imbarazzato.
«E il conto?» chiese il cameriere.
«Me ne occupo io, torna a lavorare» gli rispose Laxus, persuadendolo con il suo tono ad evitare ulteriori proteste.
«D’accordo» disse allontanandosi subito dopo. I clienti che li stavano osservando tornarono a pranzare e a conversare. Laxus si girò verso l’ufficio, pensando già alle labbra di Mira, ma notò che Kinana sembrava turbata.
«Qualcosa non va?» le domandò scrutandola.
«No… io… no, tutto a posto». Le sue guance erano rosse e i suoi occhi fissi sulla porta del ristorante. «Credo che uno dei miei ordini sia pronto» disse poi all’improvviso, andando in cucina. Laxus la osservò interrogativo. Guardò la porta. E si ricordò dello sguardo che quel ragazzo aveva dato a qualcosa dietro di lui. Non sarà mica…? pensò quasi scoppiando a ridere. Scosse la testa divertito e andò in ufficio, dove Mira lo stava aspettando con un sorriso.
Si sedette di fianco a lei, cingendole la vita. «Di cosa stavamo parlando?». Come risposta, Mira si protese verso di lui e cominciò a baciarlo. Ma pochi secondi dopo si allontanò di nuovo «Ti spiace se andiamo a comprare una cosa prima di andare in ospedale?» gli chiese, baciandolo di nuovo.
«Mi avevi convinto già con il primo» commentò Laxus ridendo. «Chiamo mio nonno per sapere dov’è» e prese il cellulare per comporre il numero.
«Sei riuscito a sistemare con quel signore?» gli chiese Mira, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Sì, era solo un deficiente...» disse, ripensando a quel ragazzo. «Dove sei?» domandò poi a suo nonno appena rispose. Gli occhi erano fissi su di lei, era così bella che ancora si domandava come avesse fatto a non notarla prima, durante il liceo. «Ok, va bene. Allora io vado» e spense la telefonata cliccando sullo schermo del cellulare. Lo ripose nella tasca e si alzò porgendo una mano a Mira.
Lei la strinse e incrociò le dita nelle sue, mentre gli domandava «Tutto a posto?»
«Sì, ha appena parcheggiato». Devo scoprire dov’è stato, non posso permettere che… il suo pensare fu interrotto dalla mano di Mira che gli cinse il braccio. Sentì le sue guance poggiarsi sulla pelle del suo avambraccio e la sua voce dire «Vorrei comprare un vestito a Lisanna, ma non ci metterò tanto. Promesso».
Laxus la guardò poco convinto, si abbassò appena e le diede un piccolo bacio. «Tutto quello che desideri» le sussurrò all’orecchio, sfiorandole con le labbra la tempia. Mira fissò i suoi occhi per qualche secondo e gli sorrise, poi arrossì e si staccò da lui, camminando decisa verso la porta con la mano ancora stretta nella sua. Laxus sorrise a sua volta, ripensando al giorno in cui si erano presentati e a come si era imbarazzata quando si era accorta che lui la stava osservando: aveva rischiato di far cadere gli ordini che aveva in mano. Rise mentre si lasciava condurre fuori dal ristorante. Quando Mira se ne accorse, si fermò e «Cosa c’è?».
«Niente, niente» rispose e le mise il braccio sulle spalle, avvicinandola a sé e aprendole la porta d’ingresso del locale con fare galante. «Dopo di lei, signorina» la invitò ironico mentre la teneva aperta.
Mira lo guardò confusa e divertita «Oh, grazie».
 
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«Che ne pensi?». Mira uscì dal camerino con un vestito color pesca: le spalline sottili sembravano reggere a fatica il resto del tessuto, che la avvolgeva perfettamente evidenziandole i fianchi e il seno.
«Bello. Anche questo» rispose, cercando di avere un tono seccato. Doveva pur recitare la parte del fidanzato che si annoiava ad aspettare la propria ragazza mentre provava abiti su abiti. Ma non si stava annoiando affatto. Come poteva non voler vedere Mira cambiarsi vestito ogni cinque minuti e avere la scusa di ammirarla, mentre si girava per farglielo guardare meglio e aiutarla a decidere?
«Non mi convince molto, Lisanna ama di più il verde» e ritornando nel camerino lo lasciò solo, seduto su un divanetto. Si appoggiò allo schienale e si guardò intorno: il negozio in cui si trovavano non era molto grande, sulle due pareti che lo percorrevano erano appesi gonne, pantaloni e canottiere su toni chiari e pastello. Una ragazza teneva in mano dei pantaloncini grigi e li mostrava ad un’amica chiedendole consiglio, mentre la commessa leggeva qualcosa dallo schermo del computer sulla scrivania vicino all’entrata.
«Il prossimo è davvero carino, ma devi essere sincero. Non voglio comprarle qualcosa che potrebbe non piacerle» la voce di Mira lo raggiunse da dietro la spessa tenda che chiudeva il camerino.
«La tua opinione sarà sicuramente migliore della mia, non la conosco così bene» rispose Laxus sovrappensiero. Qualcosa fuori dal negozio aveva attirato la sua attenzione. O meglio, qualcuno. Una chioma di un blu scuro era a qualche metro dalla vetrina, ma il ragazzo era di spalle e non riusciva a vedere il suo viso.
 
«Ho un letto libero, se vuoi»
«Non voglio la carità di nessuno»
«Sono 10 euro a notte, infatti. E per i pasti devi aggiustarti da solo»
«Certo, so cavarmela da solo».
 
Laxus si alzò dal divanetto e andò verso l’entrata del negozio per vederlo meglio. Sembrava proprio lui. Poggiò la mano sulla maniglia e tirò la porta per uscire.
«Dove stai andando?». Mira lo ridestò dai suoi pensieri. Si voltò e la vide che lo guardava preoccupata, tenendosi il vestito con le mani perché non cadesse. Tornò a guardare fuori, ma il ragazzo era scomparso.
«Da nessuna parte, mi era solo sembrato di vedere qualcuno che conoscevo. Ti serve una mano?» le chiese, indicando l’abito.
«Sì, grazie. Non riesco ad allacciare i bottoni dietro» e si mise di spalle. Laxus le si avvicinò e sistemò quelli rimasti, poi la voltò verso di lui e la osservò.
«Sei sicura di volere che tua sorella lo indossi?»
«Perché? Cos’ha che non va?» gli chiese, mentre si guardava in uno specchio vicino. Il corpetto stringeva la parte superiore del corpo, evidenziandole ancora di più il seno, e la gonna scendeva leggera fino alle cosce lasciando scoperte le ginocchia. Poteva intravedere oltre la stoffa gli slip che indossava. Attirata dallo sguardo di Laxus, si voltò interrogativa.
«Non che sia trasparente, ma amo il nero sai?» commentò ironico indicandoglieli.
«Laxus!» e gli diede un leggero schiaffo sulla spalla, divertita dalle sue parole. «Forse hai ragione, però... vorrà dire che lo prenderò per me» concluse con tono malizioso, dandogli un bacio sulle labbra e scomparendo di nuovo nel camerino.
 
Dieci cambi d’abito dopo erano fuori dal negozio, Mira stava scrivendo un messaggio e Laxus la stava aspettando con le tre buste piene di acquisti.
«Visto? Sono stata veloce» sentenziò convinta, mentre riponeva il cellulare nella borsa e porgeva le mani verso di lui per prendere i sacchetti.
«Li porto io» disse Laxus sovrappensiero, stava ancora rimuginando su quello che aveva visto poco prima. Era convinto che fosse lui, non c’erano poi così tanti ragazzi con quel colore di capelli, ma si stava sempre più convincendo che la sua mente gli avesse giocato un brutto scherzo. Erano successe talmente tante cose nelle ultime settimane e aveva dovuto affrontare parecchie questioni irrisolte, magari… poi lo intravide di nuovo uscire da un bar insieme ad una ragazza. Stava ridendo, mentre lei lo rimproverava.
«Oh, questa poi…»
«Cosa?». Laxus guardò Mira, che si era voltata per capire cosa avesse attirato la sua attenzione, e ora stava fissando la coppia che si allontanava.
«Sai il ragazzo di cui ha parlato Erza?» disse divertita, prendendogli la mano libera dalle buste.
«Sì…» rispose confuso.
«È quello là, lo vedi? Con i capelli blu oltremare» e indicò i due ragazzi.
«Blu oltremare?» commentò Laxus ridendo.
«È un colore sai?» fu la risposta quasi offesa di Mira. «Lo conosci?» gli chiese poi, mentre camminavano verso la macchina.
«Più o meno» disse assorto.
 
«Prima di condannare qualcuno dovresti conoscere le sue motivazioni»
«Non ci sono scuse che reggano, è uno stronzo e basta»
«Questo è evidente… non lo sto dicendo per lui, lo dico per te. Se non ti confronterai con lui, finirai per trascinarti dietro la rabbia fino a che morirai… e credimi, porterà solo guai»
«Quando fai così mi fai incazzare, hai 18 anni e ti comporti come un filosofo che ha vissuto mille vite»
«Mi dispiace, a volte sono un po’ petulante… oh, andiamo! Non è una parola così difficile»
«So cosa vuol dire petulante!»
«Allora non guardarmi in quel modo…»
«Tu non sei normale»
«Senti chi parla»
«Com’è che sei finito dentro?»
«Uno sbaglio, tutto qui»
«Uno sbaglio? Ti sei fatto tre anni di riformatorio e non sei neanche un po’ arrabbiato?»
«Lo sono stato, ma ho smesso quando ho capito che era inutile e stavo solo sprecando altro tempo. Ciò che è passato resta passato, l’unica cosa che posso fare è migliorare quello che ho ora»
«Eccolo di nuovo il cazzo di filosofo… la finisci?»
«Arriverà un giorno in cui la penserai anche tu come me»
«Non credo proprio, la cosa migliore che abbia fatto è stato andare via da quello schifo di città. Non ci tornerò mai più, puoi starne certo».
 
Rimase in silenzio per tutto il tragitto fino in ospedale, anche se Mira, concentrata sulla guida e probabilmente sui preparativi per la cena di sabato, non se ne accorse. Quindi, anche lui veniva da Magnolia. Quante possibilità c’erano che si incontrassero proprio loro due?
«Vuoi che ti accompagni dentro?»
«Come vuoi, se hai da fare torno in taxi» le rispose, quando ebbe parcheggiato a qualche metro dall’entrata. Si slacciò la cintura e aprì la portiera.
«È che non voglio essere troppo…» disse Mira imbarazzata.
«Vieni, dopo ti offro qualcosa» e andò dal suo lato della macchina per aiutarla a scendere.
Le prese la mano e le diede un bacio, incamminandosi verso l’edificio. «Tu non mi dai mai fastidio» le sussurrò mentre entravano. Mira gli sorrise e si strinse a lui.
 
°°°°°°°°°°°°
 
Salì le scale in fretta, il ristorante era già pieno e la testa gli scoppiava. Dopo la visita medica, era andato con Mira in una gelateria dove servivano coppe piene di frutta, biscotti e scaglie di cioccolato. Avevano parlato e riso insieme. Lei gli aveva confidato di quanto fosse stata dura riuscire ad ottenere le carte per l’affidamento di Elfman e Lisanna, vista la sua giovane età. Lui gli aveva raccontato dei due anni in cui era stato lontano da Magnolia. Si sentiva con lei come non si era mai sentito con nessuno, sembrava una cliché da film romantico, ma era proprio così: provava una sconfinata voglia di proteggerla e, allo stesso tempo, sentiva di voler essere protetto da lei. Parlare di nuovo di quel periodo, però, aveva fatto riaffiorare rabbia e risentimento e il suo cervello si era ribellato donandogli un bel mal di testa.
Girò la chiave nella toppa ed entrò in casa. «Nonno?» lo chiamò ad alta voce.
«Sono in cucina».
Laxus si tolse la giacca e lo raggiunse, sedendosi su uno degli sgabelli dell’isola. «Cosa stai facendo?»
«Stasera viene Natsu a cena»
«Ah» commentò prendendo un’arancia nella ciotola di fronte a lui e cominciando a sbucciarla. «Hai intenzione di dirglielo?»
«Non ne sono molto sicuro, ma Gildarts ha detto che farà il possibile per passare e decideremo insieme come affrontare la situazione». Makarov continuò a rimanere di spalle, rivolto verso i fornelli e intento a cucinare qualcosa che Laxus non riusciva a vedere.
«Hai bisogno di una mano?» gli chiese, alzandosi per andare a prendere una pastiglia contro il mal di testa.
«Se non hai altro da fare…»
«Non te l’avrei chiesto altrimenti» rispose, con un tono più secco di quanto avrebbe voluto. «Arrivo subito» aggiunse addolcendo la voce. Andò in bagno a sciacquarsi il viso, ingerì la pillola e tornò in cucina.
«Dovresti tagliare quelle zucchine» comandò suo nonno, indicando il bancone dell’isola dietro di lui. Senza rispondere, prese il coltello e cominciò ad affettarle. «Ho saputo che ci sono stati dei problemi al ristorante oggi a pranzo».
«Sì, due ragazzi non volevano pagare il conto. Per evitare discussioni inutili, li ho lasciati andare via. Detrai dal mio stipendio i soldi che mancano, tanto non avrebbero mai cambiato idea…» lo informò Laxus.
«Hai fatto bene. Ma non ti detrarrò nulla, non è di certo colpa tua».
«Dove sei andato oggi?» chiese dopo un minuto di silenzio.  
«Avevo un appuntamento con una persona».
«Con Ivan?»
«No» rispose atono.
«Non ti metterai di nuovo nei guai per lui, vero?». Si voltò per guardarlo, ma suo nonno non si mosse.
«No, sto solo cercando di trovarlo». Accese un altro fornello e mise una pentola sul fuoco, aggiungendo dell’olio.
«L’agente Arcadios ti ha contattato di nuovo?».
«Sì, ma anche loro non riescono a rintracciarlo da nessuna parte…». Pronunciando quelle parole la voce si incrinò leggermente. «Starà bene, ne sono certo» aggiunse, cercando probabilmente di convincere più se stesso che Laxus.
Lui si voltò di nuovo e vide le sue spalle scuotersi appena, come scosse da silenziosi singhiozzi. «Se c’è una cosa di cui essere sicuri è che di Ivan è difficile liberarsi, non credi?» sentenziò ironico, mentre ricominciava a tagliare le zucchine.
Suo nonno rise e commentò con un mesto «Già».
Rimasero in silenzio per qualche minuto, cucinando la cena e ascoltando la musica che Laxus aveva scelto. La testa continuava a pulsare, la pastiglia non aveva fatto nessun effetto. E immagini di suo padre riaffiorarono mentre tritava della carne, impedendogli di rilassarsi. Anni prima, quando tutto era ancora normale, spesso Ivan tornava a casa prima e insieme preparavano le polpette così che sua madre non dovesse cucinare. Lei dirigeva la cucina del ristorante e arrivava la sera tardi sfinita, ma non mancava mai di cuocere qualcosa di buono per loro. Era un modo per ringraziarla e per mostrarle il loro affetto. Laxus sorrise al ricordo del suo viso mentre assaggiava i suoi piatti: era evidente che fingesse fossero buoni, era quasi sicuro che fossero o troppo salati o troppo speziati. Non era bravo a dosare gli ingredienti.
«Tieni» disse porgendo la ciotola con dentro la carne al nonno.
«Com’è andata la visita?» gli chiese, mentre aggiungeva del sale e la mischiava con della mollica di pane.
«Bene, il dottore ha detto che non devo sforzare la spalla ancora per qualche settimana. Ma è tutto a posto». Prese una birra dal frigorifero e si sedette sullo sgabello. «Comunque sto tenendo testa a Mira, avevi torto» disse all’improvviso, prendendo uno spicchio di arancia.
Makarov si girò verso di lui e rise «Lo vedo, lo vedo. Sono contento per voi».
«Sai qualcosa dell’incidente in cui è stata coinvolta Lisanna?» gli chiese pensieroso «Mi ha detto che è stata in coma per qualche mese… lo domanderei a lei, ma si incupisce così tanto quando ne parla…». Il viso triste di Mira, con quei suoi splendidi occhi azzurri pieni di lacrime, invase la sua mente. Bevve più della metà della birra per mitigare il dolore che provava nel ricordarlo. Quando alzò lo sguardo, che aveva tenuto fisso sul bancone dell’isola, vide suo nonno osservarlo. Si tolse il grembiule e si sedette di fianco a lui.
«Tieni a lei, non è vero?»
«Certo, cosa credi che stia facendo?» rispose, offeso dall’insinuazione che credeva si nascondesse dietro quelle parole. Il discorso che aveva avuto con Freed qualche settimana prima gli tornò in mente: il fatto che non avesse mai frequentato seriamente una ragazza, non significava che fosse uno stronzo pronto a sfruttare…
Sentì la mano di suo nonno sfiorargli la spalla. «Sono davvero contento per te, è una brava ragazza. Ma anche per lei la vita non è stata facile, sai? Prima i suoi genitori, poi Lisanna…» sospirò, probabilmente ricordando i giorni in cui era successo ciò di cui stava parlando. «Igneel stava accompagnando Lisanna e Natsu al cinema, erano fermi ad un semaforo quando un camion li ha travolti. Lisanna si trovava dietro il sedile del guidatore, non so nemmeno come sia sopravvissuta all’impatto. Avresti dovuto vedere la macchina… Natsu ha riportato solo qualche lesione, ma non è stato colpito direttamente… Igneel è morto sul colpo, mentre Lisanna è stata in coma per quattro mesi prima di svegliarsi. Sono stati dei giorni terribili… non so come avrei fatto se fosse successo a te o a Ivan…». Il suo discorso si bloccò a causa del nodo in gola che gli impediva di proseguire, Laxus sentiva le parole quasi biascicate. Si voltò e vide i suoi occhi pieni di lacrime. Fu travolto dalla stessa emozione, ripensando anche alla rabbia che aveva provato per anni a causa della situazione tra suo padre e suo nonno e della malattia che aveva impedito a sua madre di vivere. Guardava gli altri ragazzi e invidiava la serenità con cui trascorrevano le loro giornate, sapendo che niente avrebbe potuto turbarli. Nonostante il suo risentimento, di una cosa era sempre stato certo, inconsciamente o meno: non era mai stato solo. Anche quando era scappato di casa, sapeva che se fosse tornato suo nonno lo avrebbe accolto. Natsu chi aveva ad aspettarlo? Mira aveva dovuto lottare da sola per poter restare con i suoi fratelli. E Bickslow? Come era stato egoista ed egocentrico…
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice
Nuovo capitolo, fresco fresco. Stanno comparendo altri personaggi, vi avevo avvertito che ci sarebbe voluto un po’ di tempo. Il nostro Laxus si sta rendendo sempre più conto che, nonostante tutte le sue disgrazie, c’è qualcosa di buono nella sua vita e sta riuscendo a costruire qualcosa con Mira.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
Ringrazio tantissimo chi mi segue e legge la mia storia, un abbraccio speciale ad Honey e Dominox che hanno commentato il capitolo precedente.
Alla prossima,
dreamfanny.
   
 
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