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Autore: Eneria    23/04/2009    5 recensioni
Dopo due anni dall'evasione da Azkaban, Sirius Black è in un'altra prigione: il quartier generale di Grimmauld Place. Intanto una brillante Auror indaga su possibili collegamenti tra la sua evasione e l'evasione di dieci tra i più pericolosi Mangiamorte. Come se non bastasse il tempo fa brutti scherzi, riapre vecchie ferite e ne cura alcune.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Per i lettori: finalmente ho terminato il lavoro di revisione e rimaneggiamento dei primi 14 capitoli della storia. Al momento sono alle prese con il capitolo 15, che è piuttosto critico. Lo sto stravolgendo rispetto alla versione precedente, ma penso che si raccorderà al capitolo 16 allo stesso modo, quindi lascerò entrambe le versioni e starà a voi decidere quale preferite! Buona lettura!!!

Era bastato poco, davvero poco, perché la notizia che si stava svolgendo il processo a Sirius Black si diffondesse a macchia d’olio. Parlando con Shira, la segretaria del Dipartimento degli Auror, Frank aveva innescato una reazione a catena e ben presto tutti gli Auror in servizio erano a conoscenza della novità. Molti di loro avevano amici e conoscenti in altre sezioni del Ministero, così le voci cominciarono a rimbalzare anche agli altri piani.
Intanto alcuni giornalisti avevano iniziato a gironzolare nell’Atrium con aria indifferente, nella speranza di cogliere qualche informazione, informazioni che non tardarono ad arrivare. I dipendenti del Ministero sapevano essere molto chiacchieroni all’occorrenza.
Sara, dopo aver lanciato il sasso, era tornata con Frank fuori dall’aula del tribunale ad attendere il verdetto del Winzengamot e da un angolo osservava il corridoio popolarsi di curiosi. C’erano un sacco di persone che Sara conosceva, anche solo di vista, ma anche molte che non conosceva. Una giornalista, che era stata una sua compagna di scuola, le fece un cenno di saluto che lei ricambiò.
Tra le persone che cominciavano ad aggirarsi davanti alla porta dietro cui il Winzengamot stava prendendo la sua decisione, Kingsley Shakelbolt svettava con la sua mole. Il suo interesse per il caso era comprensibile considerando che se ne era occupato lui per quasi due anni.
Sara si avvicinò all’Auror e, quando gli fu di fronte, lo salutò con una vigorosa stretta di mano.
-          E così sembra che le abbia rubato il lavoro – disse Sara guardandolo di sottecchi.
-          Direi che ha fatto un lavoro molto migliore del mio. Ha fatto in una settimana quello che io non sono riuscito a fare in due anni – rispose Kingsley con la sua voce calma e profonda che, anche in quell’occasione, non tradiva alcuna emozione.
La donna aveva ben poco da rispondere, così decise di non dire nulla e Shakelbolt non proseguì la conversazione. Dopo qualche istante comparve anche la zazzera rosa di Tonks. La ragazza si guardò intorno qualche istante e quando vide Sara e Kingsley l’uno accanto all’altro si voltò di scatto come per non farsi  sorprendere a osservarli.
Quell’atteggiamento stupì Sara e l’occhiata frettolosa che Kingsley lanciò a Tonks lo stupì ancora di più. Per un attimo si sentì incastrata in un qualche complotto, ma poi si convinse che era frutto della sua immaginazione. Stava diventando paranoica.
Il tempo scorreva con una lentezza esasperante. I minuti sembravano durare ore e le ore giorni. Da quando era diventata un’Auror, raramente aveva trascorso dei momenti così. Non le capitava quasi mai di restare con le mani in mano senza fare nulla e aveva perso l’abitudine di aspettare.
L’ultima volta che le era successo di sentirsi così incredibilmente impotente era stato quando aveva diciassette anni. Lily e James erano stati uccisi da qualche settimana, Sirius era stato arrestato, Harry ormai viveva con gli zii e mentre il mondo magico ancora festeggiava la caduta di Voldemort, Sara osservava il suo mondo cadere in frantumi.
Questo turbinio di eventi l’aveva sconvolta al punto che l’unica cosa che riusciva a fare era restare immobile ad aspettare che qualcosa o qualcuno facesse qualcosa di sensato della sua vita. Era dicembre, Natale si avvicinava e il mondo sembrava schifosamente felice. Sara non era a Hogwarts, non era riuscita a rimanerci, non dopo quello che era successo. Silente era stato comprensivo. L’aveva lasciata partire e le aveva anche concesso la possibilità di ritornare, se avesse cambiato idea, in fondo era il suo ultimo anno, sarebbe bastato un piccolo sforzo per arrivare in fondo e conseguire il M.A.G.O. Sara però non aveva più energie da spendere, per nulla.
Il giorno in cui i giornali avevano titolato la caduta di Voldemort, la morte dei Potter e l’arresto di Sirius Black era passata appena una settimana dall’ultimo incontro di Sara e Sirius. Era stata una delle settimane più terribili che Sara ricordasse di aver vissuto e mai avrebbe potuto credere che le cose sarebbero peggiorate a tal punto.
Dopo quattro giorni dalla tragedia, Madama Chips le aveva permesso di lasciare l’infermeria. Rebecca era rimasta con lei per tutto il tempo, però Sara non riusciva a dire una parola, non riusciva a mangiare, non riusciva a pensare. Solo il fatto di dover respirare la impegnava fino a sfinirla.
Lo stesso giorno in cui era uscita dall’infermeria, Remus era andato a trovarla a scuola. Aveva l’aria distrutta quasi quanto lei. Entrambi avevano perso tutto in pochi istanti e Sara sentiva che Remus era l’unica persona al mondo che avrebbe potuto capire cosa provava. Chiese a Silente di poter andare via dalla scuola per un po’ e si trasferì a casa di Remus, a Londra.
Dopo tre settimane era ancora lì. Appollaiata sul davanzale della stanza degli ospiti che Remus le aveva riservato, passava le giornate a guardare la strada sottostante. Osservava i passanti fare cose normalissime, ritirare la posta, andare a fare la spesa, accompagnare i figli a scuola, e provava un distacco estremo, come se lei fosse ormai tagliata fuori da quella vita.
Parlava sempre poco e mangiava ancora meno. Remus usciva la mattina per andare a lavorare, rientrava nel tardo pomeriggio e passava tutta la sera con Sara. A volte cercava di farla parlare, a volte la cercava di riscuoterla dal suo torpore, altre volte restavano semplicemente in silenzio a guardare entrambi fuori dalla finestra.
-          Ciao – salutò Remus comparendo sulla porta.
Era ormai buio, ma Sara non aveva acceso la lampada e l’unica luce che entrava nella stanza era quella dei lampioni della strada.
-          Ciao – rispose Sara senza voltarsi.
La ragazza scese dal davanzale e si sedette sul letto a gambe incrociate. Remus entrò nella stanza e fece lo stesso, sistemandosi davanti a lei la guardò negli occhi. Sara non riusciva a sostenere il suo sguardo, così si voltò nuovamente verso la finestra. Si sentiva in colpa per come stava trattando Remus, ma non poteva farci niente. O non voleva farci niente?
-          Scendi un po’ questa sera? – chiese il ragazzo speranzoso – Sono tre giorni che non esci da questa stanza.
-          Non ho ragioni per uscire da qui – rispose Sara in tono piatto senza smettere di guardare la finestra.
-          Sara… pensi di rimanere qui a crogiolarti nel dolore all’infinito? – chiese Remus con uno sbuffo – Non ti dimenticare che hai ancora una vita, non sprecarla così.
-          Non sono sicura di volerla questa vita – replicò lei come se stesse parlando del vicino di casa o del tempo.
-          Non dire idiozie! – esclamò Remus alzandosi di scatto – Lily e James hanno dato la loro vita per la nostra salvezza! Il minimo che puoi fare è onorarli non buttando al vento il tuo tempo!
Remus aveva quasi urlato. Uscì dalla stanza sbattendo la porta e Sara scoppiò in singhiozzi incontrollati.
Era tutto così assurdo. Fino a un mese prima era la ragazza più felice del mondo, innamorata, quasi diplomata. E ora non era più niente. Era un guscio prima svuotato completamente e poi riempito di dolore. Non riusciva a pensare ad altro che a James e Lily. James e Lily che si erano sposati da due anni, James e Lily che avevano appena avuto un bambino, James e Lily che avevano migliaia di progetti per il futuro. Non poteva credere che non li avrebbe visti mai più, che non avrebbe più passato una serata da loro, che non avrebbe più ricevuto una lettera di Lily che le raccontava i progressi di Harry nel camminare e nel parlare.
E poi pensava a Sirius, a ogni ora del giorno e della notte. Pensare a lui era un incubo, ma per quanto orrendo non ci sapeva rinunciare. Continuava a rivivere nella mente tutta la loro storia: quando si erano conosciuti a Hogwarts, tutte le litigate nei corridoi e in Sala Comune, il matrimonio di Lily e James, le gite in moto, le chiacchierate. Riviveva ogni dettaglio, ogni conversazione cercando dei segni, degli indizi che potessero chiarire quello che era successo. Sara non capiva, non riusciva a crederci! Il ragazzo di cui era innamorata non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Come poteva aver ucciso Peter e tutte quelle persone? E come poteva lei essersi ingannata a tal punto su di lui?
Neppure Remus credeva nella sua innocenza… e se non ci credeva Remus come poteva crederci lei.
Remus. Povero Remus. Si era fatto carico del dolore di Sara oltre che del suo. Faceva di tutto per aiutarla e lei lo trattava così. Era solo una ragazzina egoista e viziata.
Passò la serata e la notte a rigirarsi nel letto, a pensare, a piangere, a pensare ancora e a piangere ancora e ancora e ancora. Alla fine il suo corpo ebbe la meglio sulla mente e la precipitò in un sonno agitato e popolato di incubi.
La mattina seguente però si svegliò piena di buoni propositi. Tese le orecchie per sentire la porta chiudersi alle spalle di Remus e, appena fu sicura che se ne fosse andato, uscì dalla sua stanza e scese al piano di sotto.
La casa di Remus era costituita da quattro stanze: al piano terra c’erano la cucina e il salotto, mentre al piano di sopra c’erano due stanze da letto e un bagno. Non era grande, ma poteva essere accogliente. Evidentemente però, negli ultimi tempi, Remus non aveva avuto molto tempo per tenerla in ordine.
Erano appena le sette del mattino ma Sara si sentiva piena di energie, come non lo era da tempo. In uno sportello della cucina trovò alcuni detersivi, si procurò degli stracci e iniziò a pulire. Cominciò dalla cucina stessa: tolse la polvere, pulì i pensili e le mensole una ad una, riuscì a togliere le macchie di calcare dal lavello e disinfettò il frigorifero, pulì il pavimento e i vetri, staccò le tendine logore e le mise a lavare nella vasca da bagno al piano di sopra.
Dopo la cucina attaccò il salotto: spolverò, svuotò e riordinò ogni cassetto, ogni ripiano della libreria, ogni sportello. Spostò il divano e le due poltrone in corridoio e pulì a fondo il pavimento e il caminetto.
Quando ebbe finito con il piano terra era ora di pranzo e, per la prima volta da giorni, aveva fame. In cucina però non c’era quasi nulla da mangiare. Così la ragazza salì al piano superiore, si vestì con qualcosa di diverso dalla tuta che portava ormai da una settimana e andò al supermercato più vicino. Le erano rimasti un po’ dei soldi Babbani che il padre le aveva mandato per Natale, così li spese tutti per fare provviste. Per fortuna il supermercato non era molto distante da casa di Remus, perché le quattro enormi buste con cui Sara rientrò erano davvero pesanti. Sistemò la spesa nei pensili e nel frigorifero, quindi si preparò un panino che consumò con gusto.
Appena terminato il pranzo, Sara attaccò il piano superiore e sottopose le stanze da letto e il bagno allo stesso trattamento che aveva riservato al piano di sotto. Quando ebbe finito era quasi l’ora in cui Remus rientrava dal lavoro, ma aveva ancora il tempo di fare una doccia e preparare la cena.
Nonostante tutto, Sara era una discreta cuoca e, quando Remus entrò a casa sua, la trovò pervasa dall’invitante profumino di ragù e pollo arrosto con patate al forno.
-          Che stai facendo? – domandò perplesso affacciandosi in cucina.
-          Ho preparato la cena – rispose la ragazza semplicemente mentre estraeva le patate dal forno.
-          Hai anche fatto le pulizie! – esclamò il ragazzo passando un dito su una mensola che trovò miracolosamente priva di polvere – Grazie!
Sara lo fissò intensamente, poi disse:
-          Grazie a te.
Da quella sera le cose iniziarono a migliorare per entrambi. Quel dolore lancinante era sempre presente, ma entrambi stavano imparando a controllarlo. Ci sarebbe voluto tanto tempo e Sara avrebbe versato molte altre lacrime, ma quell’esperienza avrebbe creato tra lei e Remus un’amicizia che sarebbe durata a lungo.
Assorta in questi pensieri Sara quasi non si accorse di Percy Weasley affacciato alla porta dell’aula di tribunale che faceva segno a lei e a Parker di entrare.
La donna sentì le ginocchia tremarle in modo incontrollabile. Tutti i curiosi e i giornalisti che si erano raccolti si divisero in due ali ai lati del corridoio per lasciarli passare. Lei e Frank si guardarono per farsi coraggio. Era il momento della verità.
Lentamente si avviarono verso l’aula. Sara era divisa tra la voglia di sapere e la paura di sapere, ma era solo questione di attimi. Quando Weasley chiuse la porta alle loro spalle, il brusio che si era alzato al loro passaggio scomparve come per magia. L’unico rumore che si udiva erano i tacchi di Sara che picchiettavano il pavimento. I due si fermarono davanti al Winzengamot, si inchinarono e attesero, trepidanti, il verdetto.
Caramell aveva un’espressione che Sara non gli aveva mai visto prima, il volto grassoccio era chiazzato di rosso in più punti, la bocca era distorta da una piega a metà tra il maligno e il disgustato, gli occhi erano stretti a scrutare i due Auror davanti a lui.
Per qualche istante nessuno sembrò aver intenzione di parlare, poi una donna che reggeva sulle ginocchia una serie di fogli, prese la parola:
-          Ministro, vogliamo comunicare la decisione del Winzengamot? – suggerì.
-          Sì… ecco… Bè, glielo dica lei – disse infine Caramell apparentemente incapace di proseguire.
Sara spostò la sua attenzione sulla donna, che iniziò a leggere la dichiarazione stilata dal Winzengamot. Ad ogni parola il cuore di Sara accelerava i battiti e ogni parola erano una parola più vicini alla conclusione.
Finalmente avrebbero saputo.
Il verdetto.
 
*^*^*^*^*
 
A Grimmauld Place la tensione era palpabile. Quel giorno nessuno era riuscito a dedicarsi alle occupazioni abituali, né aveva osato lasciare la casa per timore di perdere notizie importanti. La cucina era molto più popolata del solito. Persino Mundugus era arrivato di prima mattina per avere notizie e non se ne era più andato; ora sedeva in un angolo, avvolto nel suo cappotto logoro, e di tanto in tanto sorseggiava un liquido non meglio identificato da una fiaschetta che teneva in una tasca.
James sedeva al lungo tavolo fingendo di leggere il giornale, ma senza concentrarsi molto sugli articoli; Remus era intento a riordinare i suoi conti annotando le entrate e le uscite su un quaderno piuttosto consunto, spesso però lanciava un’occhiata a Sirius come per accertarsi che non facesse nulla di avventato.
Ma cosa avrebbe mai potuto fare?
Lily non si sforzava neppure di dissimulare la sua ansia, allo stesso tempo però non smetteva di parlare con Sirius cercando di rincuorarlo. La signora Weasley si aggirava per la cucina alla ricerca di qualcos’altro da fare, ma aveva già spolverato e ripulito ogni superficie diverse volte. Sirius era sorpreso dall’ansia di Molly per le sue sorti: evidentemente la donna gli era meno ostile di quanto sembrasse.   
Sirius dal canto suo non era particolarmente agitato. Ormai era abituato all’idea di essere un latitante e se la sua condizione fosse rimasta la stessa non sarebbe stato particolarmente sorpreso. La cosa più importante era che adesso Sara sapeva la verità, sapeva che lui era innocente.
Sara.
Nei tredici anni che aveva trascorso ad Azkaban due pensieri gli avevano impedito di impazzire: sapere di essere innocente e la consapevolezza di tutto il dolore che aveva causato alle persone che amava di più al mondo. Nessuno di questi pensieri era felice e per questo i Dissennatori non erano riusciti a portarglieli via. Non era passato giorno senza che avesse ricordato il male che aveva fatto, al suo migliore amico e a sua moglie, al suo figlioccio e a Sara.
Non osava neppure immaginare cosa Sara avesse pensato di lui. Lei si era fidata, non gli aveva fatto troppe domande e si era accontentata di restare ad aspettarlo. Chissà cosa aveva provato quando aveva appreso della morte di Lily e James e del suo arresto.
Ogni volta che ci pensava, Sirius si sentiva stringere lo stomaco. Da quando era evaso aveva pensato più e più volte di andare a cercare Sara per raccontarle la verità, per dirle che lui non l’aveva abbandonata di proposito, che era stato incastrato. Ma come avrebbe potuto indurla a credergli? Così aveva rinunciato, ma questo non gli aveva impedito di pensare a Sara ogni giorno della sua vita, senza esclusione.  
La sua Sara.
Ma lei non era più la sua Sara, aveva la sua vita e probabilmente era fidanzata con qualcuno. Era uno sciocco a pensare di poter recuperare anche solo in parte il rapporto che aveva con lei. E pensare che aveva sprecato un sacco di tempo cercando di ignorarla e di soffocare il sentimento che stava nascendo per lei.
Quando lui, James, Remus e Peter avevano finito la scuola avevano giurato solennemente di non perdersi di vista e non era stato poi così difficile tener fede al giuramento. James e Lily avevano continuato ad uscire insieme, così anche la ragazza era entrata a far parte del gruppo. Anche l’amicizia tra Lily e Sara White era rimasta salda nonostante la distanza e durante le vacanze capitava che Sara uscisse con la loro compagnia.
Sirius aveva passato gli ultimi due anni a Hogwarts a cercare di tenersi alla larga da quella ragazza e ora se la trovava sempre tra i piedi. Non avrebbe saputo spiegare esattamente che cosa gli desse tanto fastidio della sua presenza, però lo metteva a disagio. Nei rari casi in cui incrociava lo sguardo di Sara si sentiva come se lei potesse vedere oltre quello che vedevano tutti gli altri e questo non gli piaceva affatto.
Era passato quasi un anno da quando avevano lasciato Hogwarts e quell’anno il compleanno di Lily cadeva nei giorni delle vacanze di Pasqua, per questo aveva deciso di dare una festa a casa sua. I genitori sarebbero andati qualche giorno in vacanza e la sorella di Lily, Petunia, si era appena sposata e non abitava più con i genitori. La casa dunque era a completa disposizione.
Per il suo diciottesimo compleanno la fidanzata di James aveva deciso di fare le cose in grande. Per i figli di Babbani era un compleanno importante ma Sirius non riusciva a capire che cosa ci fosse di così eclatante nel compiere diciotto anni. In ogni caso aveva risposto con entusiasmo all’invito. L’idea di una serata con i Malandrini, per di più in una casa dove non c’erano genitori a sorvegliare, era più che benvenuta.
Sirius arrivò leggermente in ritardo rispetto all’ora stabilita, atterrò dolcemente con la moto davanti a casa Evans e la parcheggiò in un punto in cui nessuno avrebbe potuto rigarla o rovinarla in alcun modo. Aveva comprato da poco la moto: se l’era regalata come premio per aver trovato il suo primo “lavoro serio”. Non era un granché come lavoro, era poco meno di un impiegato in una ditta che produceva manici di scopa; d’altro canto però era il lavoro in cui gli avevano accordato gli orari più flessibili e questo gli permetteva di lavorare anche per l’Ordine della Fenice. Albus Silente aveva coinvolto i Malandrini e Lily non appena avevano terminato gli studi e loro non si erano tirati indietro, nemmeno per un attimo.
L’idea della moto volante era piaciuta molto a James e Sirius sapeva che l’unica cosa che lo tratteneva dal comprarsene una pure lui era che mai e poi mai sarebbe voluto passare per quello che copia il suo migliore amico.
Mentre si avvicinava alla casa, Sirius sentì un gran vociare, soprattutto femminile, e musica ad alto volume; a quanto pareva gli invitati erano già arrivati in gran parte. Le amiche di Lily non erano niente di speciale ma erano sempre molto arrendevoli con Sirius.
Sì, la serata poteva essere molto divertente.
Attraversando il giardino per raggiungere la porta d’ingresso, Sirius passò davanti alla finestra della cucina. Uno sguardo casuale all’interno lo fece bloccare davanti ai vetri. Era Sara White quella? Che diavolo ci faceva lì? La risposta sorse semplicemente come era sorta la domanda: era amica di Lily ed era chiaro che l’avesse invitata al suo compleanno, per di più durante le vacanze. Ora Sirius non era più tanto certo che la serata sarebbe stata così divertente, la presenza della White poteva essere un problema.
Ma perché poi? Bastava che la ignorasse. O no?
Dando un’altra guardata attraverso la finestra, il ragazzo vide che Sara era intenta a farcire un vassoio di tramezzini mentre ballava una canzone dei Rolling Stones. Dopo qualche istante Lily la raggiunse e le ragazze cominciarono a ballare insieme ancheggiando e facendo piroette. Se la ridevano come matte e Sirius rifletté che non aveva mai visto Sara così scatenata e così sorridente. Nonostante fosse di ben cinque anni più giovane, non sfigurava affatto accanto a Lily e il suo sorriso non era poi male.
Questo pensiero colpì Sirius come uno schiaffo. Cosa diavolo gli veniva in mente?
Ad un tratto Lily guardò fuori, vide Sirius e lo salutò con la mano. Il ragazzo cercò di dissimulare l’imbarazzo fingendo di essere appena arrivato, non poteva certo ammettere di essere rimasto lì imbambolato a guardarle. Sara si voltò di scatto verso la finestra e Sirius la vide chiaramente irrigidirsi e ricominciare di fretta a occuparsi dei tramezzini.
Sirius si diresse deciso verso la porta di ingresso e sulla soglia trovò ad accoglierlo Lily accompagnata da James.
-          Ciao Sirius! – salutarono quasi all’unisono. Quei due erano sempre più inseparabili e sdolcinati.
-          Ciao ragazzi! Buon compleanno Lily – aggiunse porgendole un pacchetto fasciato in carta argentata.
-          Grazie! Non dovevi disturbarti – esclamò Lily introducendolo nell’ingresso – Allora di qua c’è da bere – disse indicando il salotto che si apriva sulla destra – mentre di qua c’è il cibo – dichiarò puntando il dito a sinistra verso la cucina – Il bagno è al piano di sopra. Divertiti! – concluse prima di tornare in cucina ad aiutare Sara.
Sirius rimase così solo con James. Insieme si trasferirono in salotto e si unirono a Remus e a Peter intenti ad aprire bottiglie dietro al lungo tavolo che fungeva da bar. L’ingresso di Sirius provocò un certo scompiglio tra le ragazze: alcune si voltarono imbarazzate, altre gli sorrisero ammiccanti e un paio accennarono un saluto.
-          Ecco la nostra star – sussurrò Remus quando l’ebbero raggiunto – Sempre un po’ in ritardo come i veri vip.
-          Smettila – si schernì Sirius, che però era evidentemente lusingato dalle attenzioni delle ragazze.
In breve tempo casa Evans si animò ancora di più. Arrivarono altri invitati, tra cui parecchi amici di James; il cibo circolava liberamente tra la cucina e il salotto, i cocktail e la birra andavano come acqua, la musica diventò progressivamente più scatenata con qualche lento, dedicato alle coppiette. Per tutta la serata Sirius vide Sara poco o niente. Quella ragazza si comportava in modo davvero strano: prima si scatenava a ballare in cucina e poi si riduceva a fare da tappezzeria. Le uniche volte in cui Sirius la vide stava parlando con Lily o con Remus.
Remus era il componente del gruppo con cui Sara aveva legato di più, quando uscivano tutti insieme parlavano spesso di scuola, di libri, di musica e anche quella sera sembrava non fare eccezione. Guardandoli chiacchierare Sirius provò l’impulso di unirsi alla conversazione, ma in quel momento stava ballando con una ragazza di nome Lisa e non poteva sganciarsi. E poi che cosa avrebbe potuto dire? Ogni volta che si rivolgeva a lei Sara diventava improvvisamente seria. Ma poi che cosa diavolo gli importava di quella ragazzina?
Terminata la canzone, il ragazzo colse l’occasione per allontanarsi. Sulle prime si diresse verso Remus, ma in quel momento si accorse che Sara non era più con lui. Con una scrollata di spalle cambiò direzione e uscì nel giardino a fumare una sigaretta.
Casa Evans si trovava in un sobborgo Babbano nei pressi di Londra, era una sorta di isola felice per chi non voleva vivere nel caos della città ma non voleva neppure allontanarsene troppo. Strade progettate a tavolino si incrociavano perpendicolarmente formando un reticolo. Ogni isolato comprendeva tre o quattro villette, con le pareti di colori vivaci, un garage ad un lato e un giardino più o meno curato tutt’intorno.
Il giardino degli Evans era tra i più curati, ma con quel pizzico di disordine studiato che non lo fa sembrare di plastica. Era la madre di Lily ad occuparsene e il suo gusto femminile si riconosceva nella disposizione dei fiori e negli arredi. Sotto il porticato c’era un dondolo bianco, due panchine di legno smaltato facevano ala al vialetto d’accesso e da un lato della casa c’era un gazebo di ferro battuto che ospitava le cene e le grigliate estive.
Fermo sulla porta, per prima cosa Sirius lanciò un’occhiata in direzione della sua moto per controllare che fosse tutto a posto, dopo di che si sistemò sul dondolo e accese l’agognata sigaretta. In casa faceva piuttosto caldo e il ragazzo trovò l’aria frizzante della sera molto piacevole.
Gustandosi il suo vizio aveva intenzione di non pensare affatto a Sara White, ma non aveva fatto in tempo a formulare questo proposito che la vide svoltare l’angolo della casa.
Quando si rese conto della sua presenza Sara si fermò di botto. Sirius notò un’espressione strana sul suo viso, sembrava un misto tra disappunto e divertimento.
-          Cosa fai qua fuori?
Sirius si pentì immediatamente del tono scocciato che aveva usato nel formulare quella domanda. Non era sua intenzione litigare con Sara, ma la sua bocca agiva prima che lui riuscisse a fermarla.
-          Niente – rispose lei sulla difensiva – Prendevo un po’ d’aria.
Pareva che nessuno dei due avesse molto da dire, ma Sara sembrava non aver intenzione di rientrare. Dava l’impressione di essere indecisa se dire qualcosa o meno e Sirius era curioso di sapere da cosa fosse causato quell’atteggiamento. Dopo qualche istante la ragazza prese fiato e, non senza un certo imbarazzo, disse:   
-          Mentre camminavo mi è capitato di sentire una conversazione molto interessante.
-          Che conversazione? – domandò il ragazzo ancor più incuriosito.
-          Bé se vuoi puoi sentire con le tue orecchie – replicò lei facendogli segno di seguirla.
Sirius si alzò dal dondolo e svoltò l’angolo della villa. Sara lo attendeva sotto una delle finestre del piano superiore e, con un dito premuto sulle labbra, gli fece segno di fare silenzio. Il ragazzo si avvicinò circospetto e man mano che si appropinquava sentì sempre più distintamente delle voci provenire da quella che doveva essere la finestra del bagno.
-          Certo che è proprio figo! – strillò una voce piuttosto acuta.
-          A chi lo dici – disse un’altra – tutte le volte che lo vedo le ginocchia mi diventano di burro.
-          E poi ha un sorriso – aggiunse una terza voce che Sirius riconobbe come quella di Lisa, la ragazza con cui aveva ballato poco prima – Sirius Black è decisamente il ragazzo più bello che abbia mai visto.
Sirius, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi puntati verso la finestra, abbassò lo sguardo verso Sara. La ragazza lo guardava lottando per non scoppiare a ridere e lui fu contento che la semioscurità nascondesse in parte la sua espressione. In parte era compiaciuto da quei commenti, ma in parte li trovava fastidiosi e inspiegabilmente trovava ancor più fastidioso che Sara li stesse ascoltando. Stava per andarsene quando la voce di una bionda che l’aveva salutato al suo ingresso espresse la sua opinione:
-          Vedrete se non riuscirò ad accalappiarlo! – esclamò in tono cospiratore – Non riuscirà a sfuggirmi ancora a lungo.
-          Non capisco perché ti accanisci tanto – disse ancora Lisa – E’ decisamente bello ma… c’è altro dietro la bellezza?
-          Io non mi accanisco… e poi non accetto di essere respinta. Da nessuno! – continuò la voce della bionda – Ricorrerò ad ogni mezzo, anche pozioni d’amore se sarà necessario.
A quel punto Sara era sul punto di scoppiare a ridere, così si allontanò di corsa tornando sotto il portico e Sirius la seguì.
-          Lo trovi divertente? – disse Sirius, che faticava a sua volta per non sghignazzare.
-          Un pochino sì… - ammise Sara senza smettere di ridacchiare.
-          Ora dovrò passare la serata a controllare che non mi manomettano cibo e bevande!
-          Almeno sei avvisato! – esclamò lei – Dovresti come minimo ringraziarmi.
Sirius fece finta di non aver sentito e continuò:
-          Ma tu guarda se, oltre che dai Mangiamorte, devo guardarmi le spalle anche dalle ragazze. E poi cosa vorrebbe dire quella! C’è molto altro dietro la bellezza.
Per quanto ci scherzasse quelle parole avevano colpito molto Sirius. Dava davvero quell’impressione di sé?
-          Davvero? – intervenne Sara strappandolo dai suoi pensieri – Dimostralo.
-          Che intendi dire? – chiese Sirius alla ragazza che si stava avviando per rientrare in casa.
-          Dimostra che c’è di più oltre a un bell’involucro. Per esempio smettendo di dare corda a queste oche.
Ora quella stessa ragazzina che aveva cercato di aprirgli gli occhi era diventata una donna e aveva il suo destino tra le mani. E lui, per l’ennesima volta, non poteva fare altro che aspettare.
La quiete del tutto apparente di Grimmauld Place fu rotta improvvisamente da un potente crack che si sentì provenire dall’ingresso, contemporaneamente il ritratto della signora Black prese a strillare a squarciagola. In cucina tutti erano balzati in piedi in attesa di notizie, solo Tonks poteva produrre quello scompiglio e il suo arrivo poteva significare solo Novità di quelle con la maiuscola. La ragazza percorse il corridoio fino alla cucina praticamente correndo. I passi risuonavano nella testa di Sirius allo stesso ritmo forsennato con cui il cuore gli martellava nel petto. Tonks entrò in cucina affannata e parlando così in fretta che nessuno riusciva a capire una parola. Ma l’esito del processo fu chiaro a tutti quando la ragazza si slanciò ad abbracciare Sirius e strillò:
-          Cugino sei libero! Libero! Libero! Libero! LIBERO!
Sirius si sciolse dall’abbraccio e la guardò incredulo, senza riuscire ad articolare una sillaba. L’intera stanza fu percorsa da un attimo di sconcerto, poi arrivò l’esplosione.
Sirius non ricordava un tale fragore dall’ultima volta in cui Grifondoro aveva vinto la Coppa del Quidditch. Tonks saltellava in preda ad un’allegria quasi isterica, Lily e Molly piangevano come due fontane, Mundugus festeggiò aprendo l’ennesima bottiglia, James e Remus andarono ad abbracciare Sirius.
Lui, dal canto suo, non riusciva ancora a credere all’enormità di quello che stava accadendo. Lo stordimento e la sorpresa però lasciarono ben presto spazio a una felicità mai provata prima.
Era libero!
Era stato scagionato!
Era finalmente padrone di vivere la sua vita!
Quasi senza accorgersene scoppiò in una risata fragorosa e liberatoria, rise così a lungo da farsi dolere i muscoli e da farsi venire le lacrime agli occhi.
Ancora non riusciva a crederci. Ma era convinto che presto si sarebbe abituato all’idea.
 
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Sara aveva cercato di mantenere un contegno mentre si trovava davanti al Ministro e al Winzengamot, anche se né lei né Frank avevano potuto evitare che un enorme sorriso si allargasse sui loro volti. Avevano ringraziato compostamente per il tempo dedicato loro e per la fiducia accordata e si congedarono.
Quando erano usciti dall’aula, avevano superato in fretta i giornalisti, che immediatamente li avevano accerchiati, e si erano rifugiati in un corridoio deserto. Lì si erano guardati e come rispondendo a un ordine avevano cominciato a strillare e a saltellare esultando come matti.
Ce l’avevano fatta!
Li avevano convinti!
Avevano dichiarato Sirius Black innocente!
Sara era felice come una bambina. Ce l’aveva fatta. Era riuscita a raggiungere il suo scopo. Per prima cosa doveva andare a dirlo al Capo, poi doveva raccontarlo alla sua amica Rebecca, doveva sistemare gli aspetti burocratici e poi…
E poi?
Questo pensiero la fece vacillare per un momento. Che cosa avrebbe fatto dopo? Come sarebbe potuta tornare alla vita di tutti i giorni?
Ma poi decise che ci avrebbe pensato quando sarebbe stato il momento. Ora voleva solo godersi la sua felicità e il suo momento di gloria.
Il Capo aveva ostentato indifferenza per tutta la mattina ma, quando Sara arrivò nel Dipartimento degli Auror, lo trovò a passeggiare nervosamente avanti e indietro nel suo ufficio. L’uomo accolse la notizia del verdetto con un sorriso che Sara non gli aveva mai visto e con un sospiro di sollievo che sapeva di scampata condanna a morte. Anche la sua carriera era stata pericolosamente in bilico. Immediatamente il Capo acconsentì a scendere a parlare con i giornalisti; era sicuramente la persona più adatta: calmo, pacato, sempre misurato nelle parole. Sara avrebbe rischiato di farsi trascinare e dire più di quanto sarebbe stato opportuno. Così mentre il Capo assolveva ai suoi compiti istituzionali, Sara volò a cercare la sua amica Rebecca.
Ovunque andasse al Ministero era seguita da decine di sguardi. La notizia si era sparsa davvero in fretta e per una volta Sara non ne era infastidita ma compiaciuta. Tutti dovevano sapere cos’era accaduto, tutti dovevano sapere che Sirius Black era stato braccato e condannato ingiustamente. Tutti dovevano sapere la verità.
Quando infine riuscì a trovare la sua amica, non servirono parole. Bastò uno sguardo, Rebecca la conosceva troppo bene per non immaginare cosa stava passando. Si limitò ad abbracciarla e ad accordarle il suo pieno appoggio qualunque sarebbero state le sue scelte, da quel momento in avanti.
Il problema era che Sara non aveva nemmeno idea di quali fossero le sue possibilità. Tra quali opzioni doveva scegliere? Ancora non le era chiaro. Ma scoprirlo sarebbe stata solamente la prossima appassionante sfida.

   
 
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