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Autore: kamy    23/04/2009    1 recensioni
Un ragazzo di nome Carlo, cresciuto in una vita che potrebbe essere quella di chiunque, si ritroverà catapultato in mondo fatato, abitato da strane creature. Tra pericoli, insidie, nuove amicizie, giovani amori, dovrà salvare dalla distruzione un intero pianeta. E' il mio primo romanzo di questo tipo, perfavore leggetelo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap. 13

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Ormai ci ho preso gusto con le immagini. Scusate, nn ho capito perkè l’ultimo chappy è venuto formato ridotto. Uffa. Ringrazio anche solo chi legge.

 

Cap.13 La guerra ha inizio

Dopo parecchio tempo arrivò l’illuminazione. Quella statua lo guardava in maniera malvagia, trionfante. Sembrava che quegli occhi lo seguissero passo passo. Era stato abbastanza vicino alla magia in quell’ultimo anno. Tanto per sapere che di solito l’incantesimo sta in un oggetto. E che in ogni prova c’è una soluzione. Si alzò. Spinse la statua fino a farla cadere. Rimase intera per alcuni minuti. Subito dopo la testa si staccò di netto dal collo mandando bagliori arancioni e neri. Il ragazzo aprì la porta. Con sua grande felicità scoprì che la malia era svanita. Davanti a lui stava quello che a una prima occhiata poteva sembrare un tempio greco. Aveva però tutto intorno montagne di dobloni d’oro dei tempi dei pirati. E al centro della costruzione stava un altare. Che aveva la forma di un tempio Maya molto rimpicciolito. Un giaguaro si avvicinò con passo felpato ed elegante al ragazzo. Lo squadrò da capo a piedi e con voce felina: “Messere, qui nessuno entra. La gemma ha un potere al di sopra delle forze di chiunque. Non può essere capito subito. Lascerei passare le maestà di questa terra antica. La stirpe dei regnanti però è finita diciassette anni fa”. Carlo cercò di parlare come gli esseri saggi che aveva incontrato finora e somigliare a un re disse: “ La stirpe non è decaduta. Io e mio fratello sconfiggeremo l’invasore. Non voglio diventare re. Voglio solo salvare il pianeta e il mio regno”. La fiera rise, ma non con una risata incontrollata, e disse: “Se quel che dici e vero, che lo voglia o no diventerai re. Non sento in te l’odore del codardo bugiardo. Visto che sei arrivato fino a qui ragazzino mi fiderò. Ricorda però che se toccherai qualunque cosa che non sia la gemma per sempre rimarrai intrappolato qui. Attento alla cupidigia”. Il ragazzo lo vide sparire nell’ombra. Non notò neanche i dobloni. Corse alla gemma. Era piccolissima. Sembrava troppo insignificante al confronto con le fatiche per averla. Era un cuore d’ambra con incavata una rosa bianca. Una placca d’oro lì vicino riportava la scritta seguente: “Il potere della gemma è quello di annullare la magia e i poteri. Sia del proprietario che del nemico. Potrà funzionare solo in mano a chi possiede un cuore puro”. Carlo all’inizio pensò fosse più un danno che un beneficio. Il grande esercito del Generale Barden era formato soprattutto da esseri che utilizzano solo la magia. Aveva però anche degli abili combattenti. Infallibili arcieri, astuti spadaccini e furbi strateghi. Loro erano solo dei ragazzini che basavano sui poteri. Dalla loro parte avevano i ribelli, gli uomini del lago, le amazzoni e gli animali parlanti. Doveva trovare altri combattenti. Cercò di prendere la pietra. Sembrava attaccata con la super-colla usata dai cartoni animati americani. Una delle grandi passione di Lado e Michelangelo. Chissà se era vero che Michelangelo era Ricard. In fondo Ricard era Energy. (Io mi sto confondendo xD NdA) (Pensa noi NdLettori). Lado era suo fratello e principe della Luna di Iego. E il ragazzo che aveva ricambiato da sempre il suo sguardo dallo specchio era il re. Come faceva un imbranato come lui a essere re. Forse però l’aveva sempre saputo che apparteneva ad un altro mondo. Decise di rimandare quel flusso di pensieri a dopo. Il  problema di quel momento era trovare un modo per prendere la gemma. Si ricordò di avere ancora due oggetti magici nella tasca. Il ciondolo di Lado in cui doveva andare l’oggetto tanto agognato. E il pugnale con la pietra magica. Prese l’arma. Gli staccò la pietra. Rimise in tasca il pugnale, lo avrebbe riconsegnato al proprietario. Prese il gioiello e lo mise vicino al cuore d’ambra. Che finalmente si staccò. L’altro oggetto magico evaporò in un fil di fumo rosso. Da quel momento la magia era iniziata. Capì perché doveva essere lui a portarla a destinazione. Era abituato a non usare poteri. Aveva vissuto tutta la vita come una persona normale. Tranne quando giocava a nascondino. La gemma brillò. Prese posto nel ciondolo. E lo riportò nella sua dimensione. Nel giorno di Natale. Al compleanno di Barden Nel castello nero. Che sorgeva sopra le rovine del castello dei re della Luna di Iego. Al centro della sala grande. Vicino al tavolo dei banchetti. Con davanti il brutto muso del Generale Barden. La gemma fino alla grande battaglia non sarebbe servita conto i malocchi delle streghe e i contro-malocchi. E mai contro il volo. Dallo stupore di vedere un ragazzo apparire dal nulla a molti caddero addirittura le armi. Tutti ammutolirono. Compreso il Generale. Carlo saltò in piedi brandendo la spada luccicante raccolta da terra. Il nemico rise era molto più grande di lui e anche più forte. E i suoi scagnozzi gli avrebbero dato manforte. Carlo per nulla intimorito colpiva braccia e gambe riducendo i nemici all’impotenza, senza doverli uccidere. Erano troppi, anche se Carlo c’è la mise tutta, si ritrovò in un angolo con le streghe che stavano per lanciargli malefici. Proprio quando sembrava la fine arrivò il resto del piccolo gruppo di supereroi. Con qualche amico in più. Carlo non immaginava che tutti erano stati imprigionati nella prigione del castello proprio mentre Donatel e Ricard si trovavano in quello stesso castello sotto falsa identità. Durante quel trambusto avevano liberato gli altri. La lotta ora era ad armi pari. Robert recitò un potente antimalocchio contro gli incantesimi delle streghe. Michelangelo si occupò dei mostri di lava. Leopold degli uomini. Lado degli orchi. Energy aiutava Carlo poiché puntavano tutte e due verso Barden. Il Gjarg Gjarg aveva perso il suo potere di mangiare tutto, ma lo stesso i suoi denti facevano male alle caviglie nemiche. Lotshar si nascose sotto il grande tavolo dei banchetti. Dove incontro un essere che rassomigliava a un maiale-cinghiale, ma i due invece di combattere si fecero segno di non far rumore. Uno si nascose da una parte del tavolo e l’altro dall’altra. Tra se la intendevano senza considerare da che parte sta l’altro. Donatel avrebbe volentieri usato il suo nuovo potere. Creava dei tornadi di energia, li inglobava e andava a super velocità. Anche se avrebbe continuato a creare trombe d’aria che avvolgevano i nemici facendoli volare a metri di distanza. Dovette accontentarsi di combattere con le armi. Miriam volava su i nemici confondendoli. E li stancava, visto che non la riuscivano a colpire. Ormai Carlo ed Energy erano da Barden. Quando arrivò un orribile orco. Era uno dei migliori del Generale. Con cui si mise a combattere Energy. Carlo e il Generale Barde si trovarono faccia a faccia entrambi armati di spade. Le spade si incrociavano sopra le loro teste o davanti a loro. Mandando scintille. Barden cercò di colpirlo alla spalla. Il ragazzo rispose con una parata. E spinse la spada di Barden di lato. Poi alzò la lama. E le due spade si incrociarono di lato. I due cercavano di superarsi in astuzia e bravura. Le due armi erano entrambe puntate verso il basso. Con le velocità le rialzarono. Barden tentò un colpo. Che andò a vuoto. Carlo ne approfittò per colpirlo. Barden parò spingendo con tutta la sua forza. Fino a scheggiare le spada del ragazzo. Che si spostò. Il Generale quasi perse l’equilibrio. Le spade si toccarono sulla punta col piatto. Le due armi si distaccarono. La spada di Carlo si mosse velocemente. Mentre Barden ripartiva all’attacco saltandogli sopra. Carlo riuscì a spostarsi mentre Barden saltava dove pochi attimi prima era stato lui. E il colpo sfiorò il pavimento non ferendolo. Barden rialzò la spada. Mentre Carlo caduto a terra rotolò via. Il ragazzo si rialzò immediatamente. Spostandosi indietro mentre il Generale colpiva. Barden rialzò la lama e tento di nuovo di colpire. Carlo sferrò un colpo verso Barden nello stesso momento. Le spade si sfiorarono. I due cercarono di colpirsi di nuovo. Il colpo di spada di Barden era tanto forte, che anche se Carlo lo parò, fu sbalzato indietro. Fortuna volle che rimase in piedi. Si lanciò contro Barden. E stavolta fu lui a dovere indietreggiare. I colpi si susseguirono. Barden indietreggiava sempre di più. Da una parte perché era in difficoltà, dall’altra perché voleva arrivare alla stanza dell’arma segreta. Alla sua entrata, fingendo di strisciare contro il muro, schiacciò il pulsante che disattivò i sistemi di sicurezza. I due arrivarono nella stanza dell’oggetto. Dove, grazie al riconoscimento del Generale, la luce rossa si era attenuata fino ad essere quasi inesistente. Carlo spinse Barden contro il muro e lo disarmò. Barden evitò la spada di Carlo muovendosi a sinistra e la spada del ragazzo rimase conficcata nel muro. Barden diede un gancio a Carlo. Stendendolo a terra poco distante da lui. Il Generale con volto soddisfatto disse: “Questo non è il momento né il luogo per un vero duello. Se vuoi la guerra si farà. La battaglia si farà nella grande radura della Terra del Verde a mezzogiorno. Dove userò la mia arma segreta”. Carlo fissò l’oggetto su un cuscino viola. Era la famosa ama segreta. Carlo si era immaginato un laser da film di 007. Un ordigno atomico, al massimo una bomba. Non si sarebbe mai aspettato quello che era in realtà. Un piccolo anellino d’oro, con la forma di un drago arrotolato su se stesso con la coda che si affiancava alla testa, con un rubino che emanava una luce rossa. Nelle dita di qualunque uomo sarebbe stato troppo piccolo. Le dita di Barden erano molto più affusolate e lunghe di chiunque altro. Con delle lunghe e affilate unghie. La testa era così magra che prendeva la forma di un teschio. Era pelato con la fronte alta. Un grande naso a patata poco dignitoso per un malvagio come lui. Occhi rossi piccoli come fessure. Grandi e folte sopracciglia. Un furente e trionfante cipiglio. Stampato un ghigno strafottente. Mento prominente. Collo tarchiato. Vestito da generale, munito addirittura di un medaglia, con un lungo mantello. Aveva grandi stivali neri. Con quei vestiti e la mano dentro la giacca sembrava Napoleone. Era alto, ma non si notava poiché era grassoccio. Come se dovesse uscire dalla sua pelle. Prese l’oggetto magico per portarlo lontano da Carlo e attivarlo. Si aprì una botola. Che lo fece arrivare alla cabina di un sottomarino. Con cui scappò. Leopold sentì come un richiamo irresistibile. Continuava a combattere. Nessun nemico riusciva a colpirlo. Con o senza poteri era un combattente formidabile. Senza accorgersene si avvicinava sempre di più alla torre. Di protezione stava il braccio destro di Barden. Era mostruoso. Un enorme occhio dotato di ciglia e due sopracciglia cespugliose sostenuto da un enorme peduncolo che terminava con un altro ancora. Si chiamava Obb. Era il frutto di un esperimento del malvagio Generale. Se non ci fosse stato in azione il cuore d’ambra, avrebbe lanciato raggi laser dall’occhio. Era lo stesso un avversario temibile. Saltellava di qua e di là. Con balzi di almeno un metro. E dava calci che avrebbero mandato chiunque in ospedale. Leopold cercava di non farsi colpire. Quando Obb fu abbastanza vicino, Leopold tirò fuori una satana e colpì il piede inferiore. Il piede si tagliò di netto, ma la spada si spezzò. A Leopold rimaneva sempre l’altra, ma lo stesso sentì una fitta al cuore. Amava la sua arma. Obb poteva ancora dare calci pericolosissimi. Non poteva però più saltare, che era il suo modo di camminare. Sembrava che ormai Leopold avesse vinto. Obb aveva tenuto un colpo di scena per la fine. Allargò delle enormi lai di pipistrello. Si alzò in volo. E cercava di colpire Leopold con il suo piede. Più tempo passava più i calci si facevano precisi e vicini a Leopold. Riuscì a lanciare il ragazzo contro il muro. Leopold si ferì la schiena. La voglia di andare avanti superò il dolore. Impugnò la spada con tutte e due le mani. Cercò di rimanere in piedi. Quando Obb attaccò, Leopold lo colpì con un colpo secco. La spada lo passò da parte a parte. E Obb sparì in una nuvola di fumo verde. Leopold andò alla porta della torre. Era la porta di una prigione. Di legno massiccio. I cardini e altre parti di ferro. C’era una grata di ferro chiusa da cardini di legno. La serratura aveva un pesante lucchetto. Con un colpo di spada lo ruppe. Apri la pesante porta. E restò immobile. La ragazza dei suoi sogni. Anche lei era sconvolta. Leopold si chiese se anche le provasse quel sentimento irrazionale d’amore. La risposta venne quando lei disse: “Mi avete salvata messere. Nei miei sogni già sapevo che sareste diventato il mio signore. Il mio sposo. Vi ringrazio anche per aver eliminato i poteri a cui il mio padre adottivo agognava. E stato gentile con me fino a quando mi rinchiuse nella torre”. Leopold ci mancò poco che gli venisse un colpo. Tutto il gruppo si ritrovò seduto al tavolo del banchetto di Barden. I nemici o erano scappati o imprigionati e gli orchi e Obb erano morti. Grazie a una visione di Leopold avevano scoperto che era la festa Natale. Quel giorno non era veramente il compleanno di Barden. Non volendo far sapere il vero giorno dalla nascita, aveva scelto per festeggiare n giorno importante. Non aveva voluto rinunciare a una festa. Sollevava il morale delle truppe, si allenavano con più foga e poi il Generale amava i banchetti delle occasioni speciali. I ragazzi decisero di addobbare quel luogo. Energy diede una pulita. Donatel riordinò. Lotshar gli diede un aspetto un poco più confortevole e rassicurante. Miriam mise gli addobbi, che Robert aveva costruito da quelli della festa di compleanno di Barden. Con le sue ali di fata Miriam arrivava fino all’alto tetto. Michelangelo l’aiutava grazie alla nuvola. Lado cantava canzoni natalizie eliche. Leopold faceva degli striscioni tagliando grandi rotoli di carta con la sua spada. Quei rotoli erano stati la biografia del Generale Barden. Gainìt stava accanto a Leopold incantata dalla sua bravura. Carlo, che aveva in braccio il Gjarg Gjarg che si faceva accarezzare finalmente, guardava Miriam e le sue difficili evoluzioni in aria. La fata lo guardava innamorata. E per farsi notare dimostrava la sua bravura in aria. Tre cantava “Tu scendi dalle stelle”. Che si fuse col canto di Lado. Aido stava seduto in disparte a parlare con Lindar. Asches costruiva un presepe. Lavorando un pezzo di legno. Era la gamba di una sedia rotta. Si risedettero quando tutto il castello nero era illuminato a festa. Gli altri castelli nelle altre isole erano vuoti senza i loro proprietari. L’acqua era tranquilla. Tanto che le sirene vennero a cantare le loro serenate. I ragazzi, i maestri e gli amici mangiarono l’intero banchetto da soli. Si raccontarono storie di natale fino a mezzanotte. Festeggiarono quando scoccò. Verso l’una prepararono fuochi dei artificio per avvertire della battaglia i possibili alleati. E Carlo si fece raccontare le varie storie. Per raccontare la sua aspettò l’indomani. Fu svegliato da un festoso campanellio. Cosa incredibile era venuto Babbo Natale che aveva lasciato doni. Non credeva in lui da anni ormai. Tra cui l’armatura, la spada e l’unicorno a Carlo. Un’arma potente a Robert, che senza poteri era privo di qualcosa per combattere. A Miriam un piccolo pugnale. Lado ricevette un arco, una faretra e delle freccie. Leopold poté impugnare una nuova katana. Lotshar un siero per il coraggio che funzionava anche con la gemma poiché tirava fuori quello che il ragazzo già aveva. Energy ebbe un vestito da ragazza. Donatel una foto dei genitori e una nuova spada. Tre, Lindar, Aido, Asches, Gainìt e Michelangelo-Ricard un assortimento di armi a loro scelta. Il Gjarg Gjarg: un pacco di croccantini per cani e un collare. Carlo li fece sedere, dopo aver assicurato di non essere uscito pazzo, raccontò le sue avventure e soprattutto le sue scoperte. La più sconcertante dopo le origini di sangue blu di Carlo e Lado, fu quella su Energy e il fratello Ricard.La ragazza scoprendo che la sua vendetta era inutile, indossò il vestito da donna donato e mise da parte le armi. Era dura perdere una forte combattente come lei. Ricard sbraitò: “Chi se ne importa che sei femmina. Non crederai alla storia del sesso debole. Sono felice di essere fratello di una tosta, attaccabrighe e testa dura come te”. Energy lusingata rispose in modo ancora troppo maschile: “Ci vorrei essere a spaccare lata a qualche orco. La mia promessa però non è più valida. Starò a guardarvi al lato della battaglia. Voglio godermi Barden fatto a fettine. Fatemi vedere ragazzi”. I giorni successivi passarono frenetici. In attesa della grande battaglia. Fabbricavano armi, mettevano insieme truppe, si allenavano e preparavano strategie. E ognuno di loro pensava alla vita che avrebbero vissuto con le loro anime gemelle. Tranne Asches, Energy, Donatel e Tre non corrisposto da Miriam. C’era chi voleva rimanere supereroe e chi pensava a un'altra vita. I giorni passarono veloci. E la data della battaglia si avvicinava. Partirono e si appostarono vicino al luogo della battaglia. La sera dell’ultimo dell’anno furono preparati i riti secolari da celebrare prima della battaglia. Furono cantate canzoni di gesta eroiche. Non avendo giullari poeti si improvvisò Asches. Miriam li accompagnò con la lira. Energy cantava con Asches. I veterani furono cinti da pelli di leone secondo il costume portando la fiaccola della pace intorno al castello passandola di mano in mano. Furono alzate le coppe della forza e ognuno bevve il vino in esse contenute. I ragazzi preferirono l’acqua a quel vino stagionato ammazzabudella. Il maestro Aido per dimostrare la sua amicizia era disposto ad offrire la sua amata pipa ad Asches. Che garbatamente dovette rifiutare, gli elfi non fumano. Le armi furono alzate. Le lame appena affilate splendevano alla luce della luna. Nessuno quella notte dormì. Anche dai nemici fu una notte intensa. Gli orchi sradicarono alberi e urlarono selvaggiamente. Furono innalzati grandi fuochi. Le streghe ci ballarono intorno come forsennate sperando di rompere l’incantesimo azionato da Carlo. I lupi mannari e i più turpi tra i malvagi andarono a divertirsi torturarono i prigionieri. Così arrivò la mezzanotte. Carlo non la passò davanti ai fuochi d’artificio del paese. Non brindò con lo champagne. Quando arrivò l’alba l’esercito per la difesa della Luna di Iego si schierò. Risuonò la musica del corno di Carlo. Il ragazzo vide che come a lui, la musica rinvigorì tutti facendo svanire le nubi della paura, delle preoccupazioni e dei pensieri personali. Durante il combattimento il corpo deve essere libero nei movimenti. La mente sgombra, che non pensa, ma prevede i colpi dell’avversario. Si fraseggia con la spada. Si esprimono i propri pensieri combattendo. Si unisce lo spirito di autoconservazione con il gioco di squadra. Carlo però comprendeva l’atrocità del dover trafiggere il nemico. Non avrebbero  funzionato gli incantesimi per non uccidere l’avversario. Non avrebbero funzionato gli incantesimi per non uccidere l’avversario. Anche se malvagio meritava di essere solamente teletrasportandolo alla prigione galattica. Si scontrarono nella grande radura della terra del verde a mezzogiorno come stabilito. L’esercito della Luna di Iego era schierato. In testa stava Carlo con l’armatura e la spada della sua stirpe. L’unicorno bianco era immobile come una roccia. Anche se era un essere bellissimo e puro d’animo in battaglia era terribile. I suoi zoccoli d’oro e le sue gambe svelte gli facevano colpire i nemici  con calci potenti. Il suo corno trafiggeva il nemico a velocità, senza ma sbagliare e in maniera del tutto naturale. Accanto a Carlo da un lato stavano i maestri e dall’altro il più coraggioso dei ribelli. Dietro in orbite file stava l’esercito. C’erano sia i ribelli con Stella, sia gli uomini del lago. C’erano anche persone che erano state liberate. Altri che avevano preso coraggio vedendo quel manipolo di uomini. Purtroppo erano pochi rispetto ai nemici. Inoltre il Generale Barden aveva fatto funzionare la barriera che circondava il pianeta in modo che gli aiuti da parte degli altri supereroi non sarebbero potuti arrivare. Il gufo del maestro Asches controllava la zona. Mentre sia il maestro Aido che l’altro maestro stavano sulla groppa del drago d’orato del nano: Flash. Tutti i ragazzi erano a bordo dei draghi. Invece Draghin, poiché Carlo era a terra sull’unicorno, sarebbe stato l’ultima carta da giocare contro Barden. Con Draghin accanto c’erano Oscuro, Tempesta e Tiger. Lado anch’esso con l’armatura e la spada guidava le retrovie. Energy stava in disparte. Si sentiva strana. Come se nel suo cuore ci fosse un cavallo imbizzarrito che la incitava a combattere. La sua promessa però era ormai inutile. Suo fratello non era morto, non c’era motivo di stare nervosi. Anche gli altri ragazzi erano agitati. Si avvicinava il momento. Tutti gli occhi erano puntati si Carlo. E gli animali parlanti cantavano:

“Seguiremo il nostro re nella lotta contro il male. Anche se la vita ci costerà noi non lo abbandoneremo”. Vennero anche i ribelli che avevano riconquistato la città della notte con l’artiglieria. E le amazzoni. Quelle sposate con accanto i mariti e le fidanzate che aspettavano la fine della battaglia per andare dai loro amati. Da un rivolo d’acqua che gorgogliava come una risata rinacque l’antico essere. Stavolta il troll era dalla parte di Carlo. Il veggente, dopo estenuanti lotte tra la dimensione del sogno alla realtà, dalle più alte cime dei monti alle profondità, aveva vinto l’essere malvagio creato da Barden. Quel giorno era lì, non visto, a vedere compiersi ciò che la sorte aveva già scritto nelle stelle. Carlo non provava alcuna emozione. Pensava a cosa avrebbe provato prima del suo viaggio. Di sicuro sarebbe morto di paura, gli sarebbero drizzati i capelli in testa diventando bianchi. Era cresciuto. Combatteva per il suo popolo. Fino a un anno prima non sapeva che esistesse. Il ragazzo sentiva di non appartenere alla Terra. Era diverso. Fu distratto dall’arrivo dell’orda di nemici. I terrificanti uomini silenziosi, che erano in realtà dei “tornati”, specie di zombi, erano svaniti con l’incantesimo di Carlo. In un momento il sole si oscurò in un eclissi e cominciò a cadere una scrosciante pioggia. Non poteva essere un sortilegio. Era la natura stessa che sentiva ciò che stava per accadere. Come un enorme sciame di insetti neri voraci arrivò il numerosissimo esercito dei nemici. Inaspettatamente non guidati dal loro Generale Barden. I due eserciti, con una disparità numerica quasi ridicola, stettero a lungo fronteggiandosi. Quando un orco scoccò per sbaglio una freccia. Dando il via alla lotta. Gli orchi urlarono con la bava alla bocca. L’esercito di Carlo richiese un discorso al ragazzo. Il giovane ci mise tutto quello che pensava in poche parole: “Lottiamo per un sogno, per il nostro destino. Per la Luna di Iego”. I nemici con furia avanzarono. Scesero allora in picchiata i draghi coi loro cavalieri volando radente. Schivarono le frecce e furono micidiali. I draghi bruciavano e colpivano con i loro artigli. I cavalieri, che altri non erano che i piccoli supereroi, con le faretre piene lanciavano frecce, Leopold addirittura pugnali. Lotshar rinvigorito dalla pozione, che in realtà non aveva effetti, ma con quel piccolo inganno aveva tirato fuori la sua bravura nascosta, rimaneva in alto. Guidava Luigi, che aveva il compito di afferrare i massi, avendo le zampe più potenti, lasciandoli andare sui nemici con grande precisione. Quando si alzò in cielo un uomo vestito di nero, con stride argentate sul casco viola. Volava grazie a due grandi ali da pipistrello. Evitando Leggiadra ridendo disse tranquillamente a Miriam: “Tu sei una fata? Impossibile. Le ho sterminate insieme a Barden”. Miriam era furente, ma non dimenticava di ragionare. Con grazia si alzò in volo lasciando Leggiadra a Lotshar. Ali di notte, cosi si chiamava l’assassino, volava veloce. La fata per stargli dietro mise le braccia attaccate ai fianchi e si diede la spinta con le gambe. Arrivati in uno spazio vuoto cominciarono a cercare di colpirsi con le spade in volo. Erano veloci e diretti. Volteggiavano in aria come in un frenetico valzer. Andavano sempre più in alto. Schivando le nuvole che li avrebbero intrappolati. A causa dell’umidità che avrebbe bloccato le ali. Si ritrovarono uno di fronte all’altra. Lui aveva la spada puntata alla gola. Lei alla pancia. Incurante e tranquillo Ali di notte disse: “Sai. Ti aprirò in due. Ti sbudellerò. Aprirò il tuo piccolo cranio in due estraendo il cervello ancora fresco. Mi ciberò del tuo sangue”. Miriam non disse niente, ma gli sputò in un occhio. Anche se lui era abbastanza lontano, lei aveva un’infallibile mira. La visiera del casco era alzata. Abbassarono entrambi le spade e si distanziarono. Si lanciarono di nuovo uno addosso all’altro cercando di colpirsi con le lame. Miriam fu colpita alla mano e lasciò andare la spada. Lei tirò un calcio all’elsa dell’arma di Ali di pipistrello che volò lontano. Lasciando l’uomo disarmato. Che mise il braccio intorno al collo della fata. Che cercava di divincolarsi spingendolo via. Persero il controllo. Cominciarono a precipitare sempre presi nel corpo a corpo. Arrivati a gran velocità vicino terra si staccarono prima della caduta. A  li di terra atterrò su una lancia e morì trafitto. Miriam cadde rovinosamente più in là. Sbatte la testa ferendosi e svenne. Leggiadra volò dalla padrona e la protesse dagli attacchi nemici.

 

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti :

 

 

Luisina: Tu qui? OoO Urka. Ne sono molto felice. Ritardo a recensire? Ma io ti aspettavo? (Non farci caso. Soffre di memoria a breve termine NdRobert) (Tu zitto!!! NdA) (Va bene, va bene. Ma tanto non puoi negarlo NdRobert). Carlo è felicissimo. Sai, io lo maltratto parecchio come personaggio. Poverino, gliene combino di tutti i colori. xD Cmq si, è tenerissimo. U_U Si, descrivo parecchio. Fin troppo. Mio fratello si diverte a disegnarli e a me fa piacere rendero partecipe delle cose che scrivo. Davvero ti è piaciuta quella parte? Ho provato a fare la cosa che mi hai detto. Emh, i chappy verrebbero troppo lungo. O\O Cmq spero di aver fatto più leggibile e più grande questo capitolo. Fammi sapere. Kiss anke a te. Al prossimo.

 

Regina Oscura: Emh, si era venuto davvero piccolo. Sarà stato un problema con l'Html. Sono contenta ti sia piaciuta quell'idea. U_U Si fa sempre più complicato. Ormai però siamo in dirittura d'arrivo. La ff sta per giungere a conclusione. Non sei per niente ritardata. Eh si, ormai non si fanno altro che scoperte. Grazie, fammi sapere per questo chappy poi. ciau

 

Berry345: ç_ç mi sento abbandonata. Spero ti farai risentire presto.

 

 

  
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