Ormai ci
ho preso gusto con le immagini. Scusate, nn ho capito perkè l’ultimo
chappy è venuto formato ridotto. Uffa. Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.13 La guerra ha inizio
Dopo
parecchio tempo arrivò l’illuminazione. Quella statua lo guardava in
maniera malvagia, trionfante. Sembrava che quegli occhi lo seguissero passo
passo. Era stato abbastanza vicino alla magia in quell’ultimo anno. Tanto
per sapere che di solito l’incantesimo sta in un oggetto. E che in ogni
prova c’è una soluzione. Si alzò. Spinse la statua fino a farla cadere.
Rimase intera per alcuni minuti. Subito dopo la testa si staccò di netto dal
collo mandando bagliori arancioni e neri. Il ragazzo aprì la porta. Con sua
grande felicità scoprì che la malia era svanita. Davanti a lui stava quello che
a una prima occhiata poteva sembrare un tempio greco. Aveva però tutto intorno
montagne di dobloni d’oro dei tempi dei pirati. E al centro della
costruzione stava un altare. Che aveva la forma di un tempio Maya molto
rimpicciolito. Un giaguaro si avvicinò con passo felpato ed elegante al
ragazzo. Lo squadrò da capo a piedi e con voce felina: “Messere, qui
nessuno entra. La gemma ha un potere al di sopra delle forze di chiunque. Non
può essere capito subito. Lascerei passare le maestà di questa terra antica. La
stirpe dei regnanti però è finita diciassette anni fa”. Carlo cercò di
parlare come gli esseri saggi che aveva incontrato finora e somigliare a un re disse:
“ La stirpe non è decaduta. Io e mio fratello sconfiggeremo
l’invasore. Non voglio diventare re. Voglio solo salvare il pianeta e il
mio regno”. La fiera rise, ma non con una risata incontrollata, e disse:
“Se quel che dici e vero, che lo voglia o no diventerai re. Non sento in
te l’odore del codardo bugiardo. Visto che sei arrivato fino a qui
ragazzino mi fiderò. Ricorda però che se toccherai qualunque cosa che non sia
la gemma per sempre rimarrai intrappolato qui. Attento alla cupidigia”.
Il ragazzo lo vide sparire nell’ombra. Non notò neanche i dobloni. Corse
alla gemma. Era piccolissima. Sembrava troppo insignificante al confronto con
le fatiche per averla. Era un cuore d’ambra con incavata una rosa bianca.
Una placca d’oro lì vicino riportava la scritta seguente: “Il
potere della gemma è quello di annullare la magia e i poteri. Sia del
proprietario che del nemico. Potrà funzionare solo in mano a chi possiede un
cuore puro”. Carlo all’inizio pensò fosse più un danno che un
beneficio. Il grande esercito del Generale Barden era formato soprattutto da
esseri che utilizzano solo la magia. Aveva però anche degli abili combattenti.
Infallibili arcieri, astuti spadaccini e furbi strateghi. Loro erano solo dei
ragazzini che basavano sui poteri. Dalla loro parte avevano i ribelli, gli
uomini del lago, le amazzoni e gli animali parlanti. Doveva trovare altri
combattenti. Cercò di prendere la pietra. Sembrava attaccata con la super-colla
usata dai cartoni animati americani. Una delle grandi passione di Lado e
Michelangelo. Chissà se era vero che Michelangelo era Ricard. In fondo Ricard
era Energy. (Io mi sto confondendo xD NdA) (Pensa noi NdLettori). Lado era suo
fratello e principe della Luna di Iego. E il ragazzo che aveva ricambiato da
sempre il suo sguardo dallo specchio era il re. Come faceva un imbranato come
lui a essere re. Forse però l’aveva sempre saputo che apparteneva ad un
altro mondo. Decise di rimandare quel flusso di pensieri a dopo. Il
problema di quel momento era trovare un modo per prendere la gemma. Si ricordò
di avere ancora due oggetti magici nella tasca. Il ciondolo di Lado in cui
doveva andare l’oggetto tanto agognato. E il pugnale con la pietra
magica. Prese l’arma. Gli staccò la pietra. Rimise in tasca il pugnale,
lo avrebbe riconsegnato al proprietario. Prese il gioiello e lo mise vicino al
cuore d’ambra. Che finalmente si staccò. L’altro oggetto magico
evaporò in un fil di fumo rosso. Da quel momento la magia era iniziata. Capì
perché doveva essere lui a portarla a destinazione. Era abituato a non usare
poteri. Aveva vissuto tutta la vita come una persona normale. Tranne quando
giocava a nascondino. La gemma brillò. Prese posto nel ciondolo. E lo riportò
nella sua dimensione. Nel giorno di Natale. Al compleanno di Barden Nel
castello nero. Che sorgeva sopra le rovine del castello dei re della Luna di
Iego. Al centro della sala grande. Vicino al tavolo dei banchetti. Con davanti
il brutto muso del Generale Barden. La gemma fino alla grande battaglia non
sarebbe servita conto i malocchi delle streghe e i contro-malocchi. E mai
contro il volo. Dallo stupore di vedere un ragazzo apparire dal nulla a molti
caddero addirittura le armi. Tutti ammutolirono. Compreso il Generale. Carlo
saltò in piedi brandendo la spada luccicante raccolta da terra. Il nemico rise
era molto più grande di lui e anche più forte. E i suoi scagnozzi gli avrebbero
dato manforte. Carlo per nulla intimorito colpiva braccia e gambe riducendo i
nemici all’impotenza, senza doverli uccidere. Erano troppi, anche se
Carlo c’è la mise tutta, si ritrovò in un angolo con le streghe che
stavano per lanciargli malefici. Proprio quando sembrava la fine arrivò il
resto del piccolo gruppo di supereroi. Con qualche amico in più. Carlo non
immaginava che tutti erano stati imprigionati nella prigione del castello
proprio mentre Donatel e Ricard si trovavano in quello stesso castello sotto
falsa identità. Durante quel trambusto avevano liberato gli altri. La lotta ora
era ad armi pari. Robert recitò un potente antimalocchio contro gli incantesimi
delle streghe. Michelangelo si occupò dei mostri di lava. Leopold degli uomini.
Lado degli orchi. Energy aiutava Carlo poiché puntavano tutte e due verso
Barden. Il Gjarg Gjarg aveva perso il suo potere di mangiare tutto, ma lo
stesso i suoi denti facevano male alle caviglie nemiche. Lotshar si nascose
sotto il grande tavolo dei banchetti. Dove incontro un essere che rassomigliava
a un maiale-cinghiale, ma i due invece di combattere si fecero segno di non far
rumore. Uno si nascose da una parte del tavolo e l’altro
dall’altra. Tra se la intendevano senza considerare da che parte sta
l’altro. Donatel avrebbe volentieri usato il suo nuovo potere. Creava dei
tornadi di energia, li inglobava e andava a super velocità. Anche se avrebbe
continuato a creare trombe d’aria che avvolgevano i nemici facendoli
volare a metri di distanza. Dovette accontentarsi di combattere con le armi.
Miriam volava su i nemici confondendoli. E li stancava, visto che non la
riuscivano a colpire. Ormai Carlo ed Energy erano da Barden. Quando arrivò un
orribile orco. Era uno dei migliori del Generale. Con cui si mise a combattere
Energy. Carlo e il Generale Barde si trovarono faccia a faccia entrambi armati
di spade. Le spade si incrociavano sopra le loro teste o davanti a loro.
Mandando scintille. Barden cercò di colpirlo alla spalla. Il ragazzo rispose
con una parata. E spinse la spada di Barden di lato. Poi alzò la lama. E le due
spade si incrociarono di lato. I due cercavano di superarsi in astuzia e
bravura. Le due armi erano entrambe puntate verso il basso. Con le velocità le
rialzarono. Barden tentò un colpo. Che andò a vuoto. Carlo ne approfittò per
colpirlo. Barden parò spingendo con tutta la sua forza. Fino a scheggiare le
spada del ragazzo. Che si spostò. Il Generale quasi perse l’equilibrio.
Le spade si toccarono sulla punta col piatto. Le due armi si distaccarono. La
spada di Carlo si mosse velocemente. Mentre Barden ripartiva all’attacco
saltandogli sopra. Carlo riuscì a spostarsi mentre Barden saltava dove pochi
attimi prima era stato lui. E il colpo sfiorò il pavimento non ferendolo.
Barden rialzò la spada. Mentre Carlo caduto a terra rotolò via. Il ragazzo si
rialzò immediatamente. Spostandosi indietro mentre il Generale colpiva. Barden
rialzò la lama e tento di nuovo di colpire. Carlo sferrò un colpo verso Barden
nello stesso momento. Le spade si sfiorarono. I due cercarono di colpirsi di
nuovo. Il colpo di spada di Barden era tanto forte, che anche se Carlo lo parò,
fu sbalzato indietro. Fortuna volle che rimase in piedi. Si lanciò contro
Barden. E stavolta fu lui a dovere indietreggiare. I colpi si susseguirono.
Barden indietreggiava sempre di più. Da una parte perché era in difficoltà,
dall’altra perché voleva arrivare alla stanza dell’arma segreta.
Alla sua entrata, fingendo di strisciare contro il muro, schiacciò il pulsante
che disattivò i sistemi di sicurezza. I due arrivarono nella stanza
dell’oggetto. Dove, grazie al riconoscimento del Generale, la luce rossa
si era attenuata fino ad essere quasi inesistente. Carlo spinse Barden contro
il muro e lo disarmò. Barden evitò la spada di Carlo muovendosi a sinistra e la
spada del ragazzo rimase conficcata nel muro. Barden diede un gancio a Carlo.
Stendendolo a terra poco distante da lui. Il Generale con volto soddisfatto
disse: “Questo non è il momento né il luogo per un vero duello. Se vuoi
la guerra si farà. La battaglia si farà nella grande radura della Terra del
Verde a mezzogiorno. Dove userò la mia arma segreta”. Carlo fissò
l’oggetto su un cuscino viola. Era la famosa ama segreta. Carlo si era
immaginato un laser da film di 007. Un ordigno atomico, al massimo una bomba.
Non si sarebbe mai aspettato quello che era in realtà. Un piccolo anellino
d’oro, con la forma di un drago arrotolato su se stesso con la coda che
si affiancava alla testa, con un rubino che emanava una luce rossa. Nelle dita
di qualunque uomo sarebbe stato troppo piccolo. Le dita di Barden erano molto
più affusolate e lunghe di chiunque altro. Con delle lunghe e affilate unghie.
La testa era così magra che prendeva la forma di un teschio. Era pelato con la
fronte alta. Un grande naso a patata poco dignitoso per un malvagio come lui.
Occhi rossi piccoli come fessure. Grandi e folte sopracciglia. Un furente e
trionfante cipiglio. Stampato un ghigno strafottente. Mento prominente. Collo
tarchiato. Vestito da generale, munito addirittura di un medaglia, con un lungo
mantello. Aveva grandi stivali neri. Con quei vestiti e la mano dentro la
giacca sembrava Napoleone. Era alto, ma non si notava poiché era grassoccio. Come
se dovesse uscire dalla sua pelle. Prese l’oggetto magico per portarlo
lontano da Carlo e attivarlo. Si aprì una botola. Che lo fece arrivare alla
cabina di un sottomarino. Con cui scappò. Leopold sentì come un richiamo
irresistibile. Continuava a combattere. Nessun nemico riusciva a colpirlo. Con
o senza poteri era un combattente formidabile. Senza accorgersene si avvicinava
sempre di più alla torre. Di protezione stava il braccio destro di Barden. Era
mostruoso. Un enorme occhio dotato di ciglia e due sopracciglia cespugliose
sostenuto da un enorme peduncolo che terminava con un altro ancora. Si chiamava
Obb. Era il frutto di un esperimento del malvagio Generale. Se non ci fosse
stato in azione il cuore d’ambra, avrebbe lanciato raggi laser dall’occhio.
Era lo stesso un avversario temibile. Saltellava di qua e di là. Con balzi di
almeno un metro. E dava calci che avrebbero mandato chiunque in ospedale.
Leopold cercava di non farsi colpire. Quando Obb fu abbastanza vicino, Leopold
tirò fuori una satana e colpì il piede inferiore. Il piede si tagliò di netto,
ma la spada si spezzò. A Leopold rimaneva sempre l’altra, ma lo stesso
sentì una fitta al cuore. Amava la sua arma. Obb poteva ancora dare calci
pericolosissimi. Non poteva però più saltare, che era il suo modo di camminare.
Sembrava che ormai Leopold avesse vinto. Obb aveva tenuto un colpo di scena per
la fine. Allargò delle enormi lai di pipistrello. Si alzò in volo. E cercava di
colpire Leopold con il suo piede. Più tempo passava più i calci si facevano
precisi e vicini a Leopold. Riuscì a lanciare il ragazzo contro il muro.
Leopold si ferì la schiena. La voglia di andare avanti superò il dolore.
Impugnò la spada con tutte e due le mani. Cercò di rimanere in piedi. Quando
Obb attaccò, Leopold lo colpì con un colpo secco. La spada lo passò da parte a
parte. E Obb sparì in una nuvola di fumo verde. Leopold andò alla porta della
torre. Era la porta di una prigione. Di legno massiccio. I cardini e altre
parti di ferro. C’era una grata di ferro chiusa da cardini di legno. La
serratura aveva un pesante lucchetto. Con un colpo di spada lo ruppe. Apri la
pesante porta. E restò immobile. La ragazza dei suoi sogni. Anche lei era
sconvolta. Leopold si chiese se anche le provasse quel sentimento irrazionale d’amore.
La risposta venne quando lei disse: “Mi avete salvata messere. Nei miei
sogni già sapevo che sareste diventato il mio signore. Il mio sposo. Vi
ringrazio anche per aver eliminato i poteri a cui il mio padre adottivo
agognava. E stato gentile con me fino a quando mi rinchiuse nella torre”.
Leopold ci mancò poco che gli venisse un colpo. Tutto il gruppo si ritrovò
seduto al tavolo del banchetto di Barden. I nemici o erano scappati o
imprigionati e gli orchi e Obb erano morti. Grazie a una visione di Leopold
avevano scoperto che era la festa Natale. Quel giorno non era veramente il
compleanno di Barden. Non volendo far sapere il vero giorno dalla nascita,
aveva scelto per festeggiare n giorno importante. Non aveva voluto rinunciare a
una festa. Sollevava il morale delle truppe, si allenavano con più foga e poi
il Generale amava i banchetti delle occasioni speciali. I ragazzi decisero di
addobbare quel luogo. Energy diede una pulita. Donatel riordinò. Lotshar gli
diede un aspetto un poco più confortevole e rassicurante. Miriam mise gli
addobbi, che Robert aveva costruito da quelli della festa di compleanno di
Barden. Con le sue ali di fata Miriam arrivava fino all’alto tetto.
Michelangelo l’aiutava grazie alla nuvola. Lado cantava canzoni natalizie
eliche. Leopold faceva degli striscioni tagliando grandi rotoli di carta con la
sua spada. Quei rotoli erano stati la biografia del Generale Barden. Gainìt
stava accanto a Leopold incantata dalla sua bravura. Carlo, che aveva in
braccio il Gjarg Gjarg che si faceva accarezzare finalmente, guardava Miriam e
le sue difficili evoluzioni in aria. La fata lo guardava innamorata. E per
farsi notare dimostrava la sua bravura in aria. Tre cantava “Tu scendi
dalle stelle”. Che si fuse col canto di Lado. Aido stava seduto in disparte
a parlare con Lindar. Asches costruiva un presepe. Lavorando un pezzo di legno.
Era la gamba di una sedia rotta. Si risedettero quando tutto il castello nero
era illuminato a festa. Gli altri castelli nelle altre isole erano vuoti senza
i loro proprietari. L’acqua era tranquilla. Tanto che le sirene vennero a
cantare le loro serenate. I ragazzi, i maestri e gli amici mangiarono
l’intero banchetto da soli. Si raccontarono storie di natale fino a
mezzanotte. Festeggiarono quando scoccò. Verso l’una prepararono fuochi
dei artificio per avvertire della battaglia i possibili alleati. E Carlo si
fece raccontare le varie storie. Per raccontare la sua aspettò
l’indomani. Fu svegliato da un festoso campanellio. Cosa incredibile era
venuto Babbo Natale che aveva lasciato doni. Non credeva in lui da anni ormai.
Tra cui l’armatura, la spada e l’unicorno a Carlo. Un’arma
potente a Robert, che senza poteri era privo di qualcosa per combattere. A
Miriam un piccolo pugnale. Lado ricevette un arco, una faretra e delle freccie.
Leopold poté impugnare una nuova katana. Lotshar un siero per il coraggio che
funzionava anche con la gemma poiché tirava fuori quello che il ragazzo già
aveva. Energy ebbe un vestito da ragazza. Donatel una foto dei genitori e una
nuova spada. Tre, Lindar, Aido, Asches, Gainìt e Michelangelo-Ricard un
assortimento di armi a loro scelta. Il Gjarg Gjarg: un pacco di croccantini per
cani e un collare. Carlo li fece sedere, dopo aver assicurato di non essere
uscito pazzo, raccontò le sue avventure e soprattutto le sue scoperte. La più
sconcertante dopo le origini di sangue blu di Carlo e Lado, fu quella su Energy
e il fratello Ricard.La ragazza scoprendo che la sua vendetta era inutile,
indossò il vestito da donna donato e mise da parte le armi. Era dura perdere
una forte combattente come lei. Ricard sbraitò: “Chi se ne importa che
sei femmina. Non crederai alla storia del sesso debole. Sono felice di essere
fratello di una tosta, attaccabrighe e testa dura come te”. Energy
lusingata rispose in modo ancora troppo maschile: “Ci vorrei essere a
spaccare lata a qualche orco. La mia promessa però non è più valida. Starò a
guardarvi al lato della battaglia. Voglio godermi Barden fatto a fettine.
Fatemi vedere ragazzi”. I giorni successivi passarono frenetici. In
attesa della grande battaglia. Fabbricavano armi, mettevano insieme truppe, si
allenavano e preparavano strategie. E ognuno di loro pensava alla vita che
avrebbero vissuto con le loro anime gemelle. Tranne Asches, Energy, Donatel e
Tre non corrisposto da Miriam. C’era chi voleva rimanere supereroe e chi
pensava a un'altra vita. I giorni passarono veloci. E la data della battaglia
si avvicinava. Partirono e si appostarono vicino al luogo della battaglia. La
sera dell’ultimo dell’anno furono preparati i riti secolari da
celebrare prima della battaglia. Furono cantate canzoni di gesta eroiche. Non
avendo giullari poeti si improvvisò Asches. Miriam li accompagnò con la lira.
Energy cantava con Asches. I veterani furono cinti da pelli di leone secondo il
costume portando la fiaccola della pace intorno al castello passandola di mano
in mano. Furono alzate le coppe della forza e ognuno bevve il vino in esse
contenute. I ragazzi preferirono l’acqua a quel vino stagionato
ammazzabudella. Il maestro Aido per dimostrare la sua amicizia era disposto ad
offrire la sua amata pipa ad Asches. Che garbatamente dovette rifiutare, gli
elfi non fumano. Le armi furono alzate. Le lame appena affilate splendevano
alla luce della luna. Nessuno quella notte dormì. Anche dai nemici fu una notte
intensa. Gli orchi sradicarono alberi e urlarono selvaggiamente. Furono
innalzati grandi fuochi. Le streghe ci ballarono intorno come forsennate
sperando di rompere l’incantesimo azionato da Carlo. I lupi mannari e i
più turpi tra i malvagi andarono a divertirsi torturarono i prigionieri. Così
arrivò la mezzanotte. Carlo non la passò davanti ai fuochi d’artificio
del paese. Non brindò con lo champagne. Quando arrivò l’alba
l’esercito per la difesa della Luna di Iego si schierò. Risuonò la musica
del corno di Carlo. Il ragazzo vide che come a lui, la musica rinvigorì tutti
facendo svanire le nubi della paura, delle preoccupazioni e dei pensieri
personali. Durante il combattimento il corpo deve essere libero nei movimenti.
La mente sgombra, che non pensa, ma prevede i colpi dell’avversario. Si
fraseggia con la spada. Si esprimono i propri pensieri combattendo. Si unisce
lo spirito di autoconservazione con il gioco di squadra. Carlo però comprendeva
l’atrocità del dover trafiggere il nemico. Non avrebbero funzionato
gli incantesimi per non uccidere l’avversario. Non avrebbero funzionato
gli incantesimi per non uccidere l’avversario. Anche se malvagio meritava
di essere solamente teletrasportandolo alla prigione galattica. Si scontrarono
nella grande radura della terra del verde a mezzogiorno come stabilito.
L’esercito della Luna di Iego era schierato. In testa stava Carlo con
l’armatura e la spada della sua stirpe. L’unicorno bianco era
immobile come una roccia. Anche se era un essere bellissimo e puro
d’animo in battaglia era terribile. I suoi zoccoli d’oro e le sue
gambe svelte gli facevano colpire i nemici con calci potenti. Il suo
corno trafiggeva il nemico a velocità, senza ma sbagliare e in maniera del
tutto naturale. Accanto a Carlo da un lato stavano i maestri e dall’altro
il più coraggioso dei ribelli. Dietro in orbite file stava l’esercito.
C’erano sia i ribelli con Stella, sia gli uomini del lago. C’erano
anche persone che erano state liberate. Altri che avevano preso coraggio
vedendo quel manipolo di uomini. Purtroppo erano pochi rispetto ai nemici.
Inoltre il Generale Barden aveva fatto funzionare la barriera che circondava il
pianeta in modo che gli aiuti da parte degli altri supereroi non sarebbero
potuti arrivare. Il gufo del maestro Asches controllava la zona. Mentre sia il
maestro Aido che l’altro maestro stavano sulla groppa del drago
d’orato del nano: Flash. Tutti i ragazzi erano a bordo dei draghi. Invece
Draghin, poiché Carlo era a terra sull’unicorno, sarebbe stato
l’ultima carta da giocare contro Barden. Con Draghin accanto
c’erano Oscuro, Tempesta e Tiger. Lado anch’esso con
l’armatura e la spada guidava le retrovie. Energy stava in disparte. Si
sentiva strana. Come se nel suo cuore ci fosse un cavallo imbizzarrito che la
incitava a combattere. La sua promessa però era ormai inutile. Suo fratello non
era morto, non c’era motivo di stare nervosi. Anche gli altri ragazzi
erano agitati. Si avvicinava il momento. Tutti gli occhi erano puntati si
Carlo. E gli animali parlanti cantavano:
“Seguiremo
il nostro re nella lotta contro il male. Anche se la vita ci costerà noi non lo
abbandoneremo”. Vennero anche i ribelli che avevano riconquistato la
città della notte con l’artiglieria. E le amazzoni. Quelle sposate con
accanto i mariti e le fidanzate che aspettavano la fine della battaglia per
andare dai loro amati. Da un rivolo d’acqua che gorgogliava come una
risata rinacque l’antico essere. Stavolta il troll era dalla parte di
Carlo. Il veggente, dopo estenuanti lotte tra la dimensione del sogno alla
realtà, dalle più alte cime dei monti alle profondità, aveva vinto
l’essere malvagio creato da Barden. Quel giorno era lì, non visto, a
vedere compiersi ciò che la sorte aveva già scritto nelle stelle. Carlo non
provava alcuna emozione. Pensava a cosa avrebbe provato prima del suo viaggio.
Di sicuro sarebbe morto di paura, gli sarebbero drizzati i capelli in testa
diventando bianchi. Era cresciuto. Combatteva per il suo popolo. Fino a un anno
prima non sapeva che esistesse. Il ragazzo sentiva di non appartenere alla
Terra. Era diverso. Fu distratto dall’arrivo dell’orda di nemici. I
terrificanti uomini silenziosi, che erano in realtà dei “tornati”,
specie di zombi, erano svaniti con l’incantesimo di Carlo. In un momento
il sole si oscurò in un eclissi e cominciò a cadere una scrosciante pioggia.
Non poteva essere un sortilegio. Era la natura stessa che sentiva ciò che stava
per accadere. Come un enorme sciame di insetti neri voraci arrivò il
numerosissimo esercito dei nemici. Inaspettatamente non guidati dal loro
Generale Barden. I due eserciti, con una disparità numerica quasi ridicola,
stettero a lungo fronteggiandosi. Quando un orco scoccò per sbaglio una
freccia. Dando il via alla lotta. Gli orchi urlarono con la bava alla bocca.
L’esercito di Carlo richiese un discorso al ragazzo. Il giovane ci mise
tutto quello che pensava in poche parole: “Lottiamo per un sogno, per il
nostro destino. Per la Luna di Iego”. I nemici con furia avanzarono.
Scesero allora in picchiata i draghi coi loro cavalieri volando radente.
Schivarono le frecce e furono micidiali. I draghi bruciavano e colpivano con i
loro artigli. I cavalieri, che altri non erano che i piccoli supereroi, con le
faretre piene lanciavano frecce, Leopold addirittura pugnali. Lotshar
rinvigorito dalla pozione, che in realtà non aveva effetti, ma con quel piccolo
inganno aveva tirato fuori la sua bravura nascosta, rimaneva in alto. Guidava
Luigi, che aveva il compito di afferrare i massi, avendo le zampe più potenti,
lasciandoli andare sui nemici con grande precisione. Quando si alzò in cielo un
uomo vestito di nero, con stride argentate sul casco viola. Volava grazie a due
grandi ali da pipistrello. Evitando Leggiadra ridendo disse tranquillamente a
Miriam: “Tu sei una fata? Impossibile. Le ho sterminate insieme a
Barden”. Miriam era furente, ma non dimenticava di ragionare. Con grazia
si alzò in volo lasciando Leggiadra a Lotshar. Ali di notte, cosi si chiamava
l’assassino, volava veloce. La fata per stargli dietro mise le braccia
attaccate ai fianchi e si diede la spinta con le gambe. Arrivati in uno spazio
vuoto cominciarono a cercare di colpirsi con le spade in volo. Erano veloci e
diretti. Volteggiavano in aria come in un frenetico valzer. Andavano sempre più
in alto. Schivando le nuvole che li avrebbero intrappolati. A causa
dell’umidità che avrebbe bloccato le ali. Si ritrovarono uno di fronte
all’altra. Lui aveva la spada puntata alla gola. Lei alla pancia.
Incurante e tranquillo Ali di notte disse: “Sai. Ti aprirò in due. Ti
sbudellerò. Aprirò il tuo piccolo cranio in due estraendo il cervello ancora
fresco. Mi ciberò del tuo sangue”. Miriam non disse niente, ma gli sputò
in un occhio. Anche se lui era abbastanza lontano, lei aveva
un’infallibile mira. La visiera del casco era alzata. Abbassarono
entrambi le spade e si distanziarono. Si lanciarono di nuovo uno addosso
all’altro cercando di colpirsi con le lame. Miriam fu colpita alla mano e
lasciò andare la spada. Lei tirò un calcio all’elsa dell’arma di
Ali di pipistrello che volò lontano. Lasciando l’uomo disarmato. Che mise
il braccio intorno al collo della fata. Che cercava di divincolarsi spingendolo
via. Persero il controllo. Cominciarono a precipitare sempre presi nel corpo a
corpo. Arrivati a gran velocità vicino terra si staccarono prima della caduta.
A li di terra atterrò su una lancia e morì trafitto. Miriam cadde
rovinosamente più in là. Sbatte la testa ferendosi e svenne. Leggiadra volò
dalla padrona e la protesse dagli attacchi nemici.
Ringraziamenti
:
Luisina:
Tu qui? OoO Urka. Ne sono molto felice. Ritardo a recensire? Ma io ti
aspettavo? (Non farci caso. Soffre di memoria a breve termine NdRobert) (Tu
zitto!!! NdA) (Va bene, va bene. Ma tanto non puoi negarlo NdRobert). Carlo è
felicissimo. Sai, io lo maltratto parecchio come personaggio. Poverino, gliene
combino di tutti i colori. xD Cmq si, è tenerissimo. U_U Si, descrivo
parecchio. Fin troppo. Mio fratello si diverte a disegnarli e a me fa piacere
rendero partecipe delle cose che scrivo. Davvero ti è piaciuta quella parte? Ho
provato a fare la cosa che mi hai detto. Emh, i chappy verrebbero troppo lungo.
O\O Cmq spero di aver fatto più leggibile e più grande questo capitolo. Fammi
sapere. Kiss anke a te. Al prossimo.
Regina
Oscura: Emh, si era venuto davvero piccolo. Sarà stato un problema con l'Html.
Sono contenta ti sia piaciuta quell'idea. U_U Si fa sempre più complicato.
Ormai però siamo in dirittura d'arrivo. La ff sta per giungere a conclusione.
Non sei per niente ritardata. Eh si, ormai non si fanno altro che scoperte.
Grazie, fammi sapere per questo chappy poi. ciau
Berry345:
ç_ç mi sento abbandonata. Spero ti farai risentire presto.