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Autore: Applepagly    26/07/2016    3 recensioni
Alla ricerca di se stessa, per qualcosa che ha perduto: per Bloom il fuoco, e per le altre?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brandon, Helia, Nuovo personaggio, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
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Prima parte - Colori
 
 
  Posò lentamente la spazzola sul tavolo. Lo specchio rimandava l'immagine di una bella ragazza, dai lunghi e lisci capelli dorati e gli occhi d'ambra viva.
Aveva contemplato molte volte quel riflesso. Lo aveva visto contrarsi nelle espressioni più sciocche, in sorrisi maliziosi, soddisfatti, o allegri... aveva ammirato la proiezione del proprio aspetto così spesso che ora non riusciva a riconoscervi per nulla quello sguardo spento che le stava davanti.
Era stanca, ma non solo per l'energia che aveva perso allontanandosi dal Sole. No, era stanca per colpa di tutto ciò che era successo, perché sentiva che, in qualche modo, la colpa era anche sua.
Si chiese, mentre infilava il solito cerchietto, cosa ne fosse stato di Bloom, della sua migliore amica. Si era parlato di un'altra dimensione, un luogo in cui, in qualche modo, era riuscita a mettersi in salvo; ma non era questo, a preoccuparla: sapeva bene che lei sarebbe riuscita a cavarsela in ogni caso, perché era una ragazza intelligente e versatile.
Stella aveva paura di quel che poteva essere successo alla sua integrità, alla Bloom che conosceva. Perché lo stava sperimentando già su se stessa, no? Quegli eventi stavano mutando tutti loro nel profondo, e sapeva che non sarebbero riusciti a tornare indietro. Aveva paura che Bloom potesse trascorrere il resto della sua vita tra i sensi di colpa, che perdesse il suo calore, proprio come temeva accadesse a Brandon; non si accorse che lei stessa aveva già perso il proprio
In quel preciso istante, quasi chiamato dalla voce dei suoi pensieri, il ragazzo entrò nella stanza in cui alloggiava la fidanzata. Quel giovane, quel giovane era l'unico calore rimasto; ma chissà, forse non sarebbe durato per sempre.
Si alzò, andandogli in contro ed abbracciandolo, in silenzio; aveva imparato che, in quei frangenti, il silenzio poteva valere più di mille parole, parole che lei non avrebbe mai saputo dirgli. Lui era cambiato, qualcosa si muoveva nella sua mente e di certo non era dovuto solo a quella grave perdita; Stella lo sapeva, sentiva che, pian piano, si sarebbe allontanato, sarebbe scivolato via da lei.
Fu lui a rompere quella quiete.
«L'udienza con il re di Eraklyon è terminata» disse infatti.
Lei scosse la testa, senza permettergli di liberarsi da quell'abbraccio in cui avrebbe voluto tenerlo per sempre, vicino al suo cuore. «Lo so»
E sapeva anche che il sovrano aveva proclamato lutto nazionale e per il dolore non era stato in grado di fare altro, nei confronti di Brandon, che ringraziarlo di tutto e dirgli che sarebbe sempre stato il benvenuto, a corte; eppure, il ragazzo non avrebbe mai più voluto mettere piede lì.
Così, mentre passeggiavano per le ali del castello, tenendosi per mano e facendosi forza l'uno all'altra, lui non riusciva a smettere di pensare a tutte le volte che aveva attraversato quei corridoi insieme a Sky, ridendo per qualche marachella che avevano combinato, lamentandosi di qualche cosa, giocando a fare gli eroi.
Era sempre stato quello, il suo sogno: essere un eroe. E ci sarebbe riuscito, perché ormai lo aveva promesso a quel fratello che lo aveva lasciato prima del tempo.
«Sarebbe bello poterti far visitare Eraklyon, prima di ripartire» sorrise lui. «La galleria delle fontane, il parco dei colori, la sala del tè amaro...»
«Mi hai preso per Flora?» scherzò, fingendosi altezzosa.
«Hai ragione...»
Lei si fermò, posandogli una mano sulla spalla. «Stavo scherzando, Brandon. Qualsiasi posto andrebbe bene, con te» disse. «Però dovremmo portarci anche Tecna e Riven»
Il ragazzo alzò un sopracciglio. «Riven li troverebbe noiosi e Tecna pure... senza contare che...» ricordò come lei lo aveva liquidato, il giorno prima.
In genere Brandon non era il tipo che passava troppo tempo a riflettere prima di agire ma, grazie all'esperienza su Zenith, aveva imparato che bisognava andarci con i piedi di piombo, quando si aveva a che fare con la fata della tecnologia. Per questa ragione si era scervellato tutta la notte sul significato di quell'improvvisa freddezza e, siccome lui non era certo uno stupido, era giunto alla conclusione che non si trattava solo di stanchezza o apprensione.
Credeva di aver commesso qualche sbaglio, o di averla in qualche modo infastidita; e tutto quel distacco lo feriva, sebbene fosse difficile capacitarsene. « ...Beh, non credo abbia voglia di passare del tempo con me, con noi. È strana, negli ultimi giorni »
«Di solito ti direi che lei è sempre strana, ma questa volta ha un valido motivo per esserlo, ed è proprio per questo che dobbiamo aiutarla a distrarsi!» esclamò, sorprendendolo. Nonostante fosse abbastanza sicuro di amarla e in lei vedesse tante buone qualità, non si era mai aspettato che Stella potesse provare compassione perfino per Tecna, che era quella con cui andava meno d'accordo.
«Tutti e due sono un po' giù. Non conosco le ragioni di Riven e credo non le svelerà mai, ma... un po' di aria fresca non può che fargli bene, mentre lei ha solo problemi di cuore» spiegò.
Problemi di cuore?
«Sì, insomma... sai che a lei piace Timmy, no?»
Brandon annuì, curioso. Lui stesso le aveva detto di farsi avanti per prima perché l'altro era troppo timido; però le aveva dato la conferma del sentimento che provava.
Non capiva, ma il racconto di Stella gettò luce sui meccanismi della mente fredda e calcolatrice di quella ragazza. Tecna era quindi combattuta tra Timmy e Alan         ? Lo stesso Alan che conosceva lui?
Qualcosa non quadrava. «Stella, non so se ti ha raccontato una balla o ha informazioni sbagliate, ma so per certo che quel tipo non è impegnato. Ad Alan... non interessano le ragazze» fece, non sapendo bene come dirlo.
«Oh, nemmeno a Tecna interessavano i ragazzi, ma poi...»
«No, Stella...» la interruppe, imbarazzato. «Intendevo dire che non gli piacciono»
Mentre lei mimava un "oh", Brandon si chiedeva come fosse possibile tutta quella storia. Ci erano voluti mesi di conoscenza e di dialogo tra i due appassionati di informatica del gruppo, prima che potessero concepire un sentimento di reciproco; come poteva, quindi, essere vero che Tecna si fosse infatuata di un ragazzo con cui aveva parlato sì e no due volte?
Da quel che gli aveva raccontato Stella, sembrava qualcosa di serio, che non si limitava a pura attrazione fisica. C'era un dettaglio, nella vicenda, che sembrava poco plausibile e che gli fece pensare ad una bugia.
Ma perché avrebbe dovuto mentire? Le due fate non andavano certo a braccetto, ma erano amiche; perciò, perché vergognarsi di dire la verità?
«Poco importa, comunque. Lei ha bisogno di tirarsi su di morale, e noi possiamo aiutarla» concluse la bionda, con determinazione.
L'altro cercò di convincersi che, di qualsiasi cosa si trattasse, non era colpa sua. Accolse l'idea di Stella, pensando che comunque non fosse male distrarsi un po'.
  La loro prima tappa fu il parco dei colori: era il più vicino alla reggia ed era stato raccomandato loro di non allontanarsi troppo. Si trattava di un'enorme distesa dove i colori tingevano a chiazze il fresco prato estivo; la peculiare temperatura del pianeta pareva essersi rinfrescata, ma il Sole risplendeva in egual modo, riscaldando le loro ossa e facendo brillare l'erba come non mai.
«In questa zona, il terreno ha subito delle mutazioni dovute ad un antico duello tra fate ed è questo che ha conferito le diverse colorazioni. Almeno, così dice la leggenda» spiegò Brandon, procedendo per primo di fronte allo stupore delle due ragazze.
Colse un piccolo fiore dai toni del celeste e lo porse alla fidanzata.
«Queste smancerie sono proprio necessarie?» grugnì Riven, infastidito. «Non datemi subito un buon motivo per tornare indietro»
L'altro Specialista si strinse nelle spalle, facendo come se non avesse sentito; il rosso sbuffò, seguendo piuttosto Tecna. Gli era parso di cogliere qualcosa, negli occhi chiari di quella fata, che non aveva mai visto prima in lei e che, ne era sicuro, l'aveva portata ad allontanarsi da quella scena smielata.
Quel che aveva visto era un guizzo di rimprovero; nei confronti di se stessa - lui ne sapeva qualcosa - e della propria incapacità di far andare le cose come voleva. Un guizzo di gelosia, forse, di rassegnazione; e allora capì.
Sulle prime, infatti, si era irrigidita nell'assistere a quel dolce quanto inconcepibile gesto; ma poi aveva cercato di contenersi, di tornare in sé ed applicare tutti i suoi buoni propositi. Era stata una sorpresa ricevere quell'invito, e fu ancora più una sorpresa quando Riven le andò vicino, chinandosi accanto a lei.
Non proferì parola, si limitò ad osservarla mentre programmava una sonda per scansionare il suolo. Ma lo stupore durò poco, perché sapeva bene che lui non si sarebbe mai avvicinato a qualcuno per semplice curiosità; e forse aveva fatto male i suoi conti, perché le probabilità che lui capisse erano molto più alte di quanto si aspettasse.
Per un attimo si scambiarono un lungo sguardo; e non ci furono più segreti.
La fata rivolse nuovamente la sua attenzione verso la sua ricerca, non sapendo cosa dire. Perché? Perché tutta quell'empatia, all'improvviso?
«Tecna» la chiamò, con quella sua voce calma. «Brandon sta facendo segno di andare da lui»
Placido com'era arrivato, s'incamminò verso di loro.
«Non dirò nulla» fece, mentre si allontanava.
Cameratismo. Qualcosa che aveva voluto condividere con lei.
Ti renderò il favore, un giorno.
C'erano delle novità, novità positive: Vera aveva riacquisito la memoria e Bloom... era tornata. E aveva di nuovo i suoi poteri.
 
*
 
  Piccoli passi rimbombavano nelle loro menti e si presentò la stessa scena a cui avevano assistito il giorno prima: Vera rincorreva Miele nella serra su Linphea.
Maria era riuscita a potarle nel ricordo sopito e a trattenerle lì; ma del resto si sarebbero occupate le due fate.
Flora richiamò a sé tutto il suo potere. Si chinò, affondando le dita tra le radici di un piccolo arbusto che stava all'ingresso; e lo aiutò a vivere.
Il respiro di lei divenne il respiro di quello e, soffiandovi appena sopra, la vita passò anche alle altre piante. Pian piano, il respiro rese vero tutto l'ambiente che le circondava e con esso i suoi colori, più vividi, meno sfocati; il ricordo si rischiarava e si svegliava.
Poi venne il turno di Musa. Il cinguettio degli uccelli, il fischio della brezza leggera e lo scroscio dell'acqua di un ruscello vicino; si concentrò su quei suoni, facendoli apparire meno ovattati, più squillanti: presto l'opera fu completa e con essa la prova che la complessità di alcuni aspetti della natura non li rende meno importanti.
La scena si ripeteva, e Miele entrò nella serra, seguita di nuovo da Vera. Flora le posò una mano sulla spalla, fermandola; quella si voltò, a metà tra il sorpreso ed il curioso.
«Come ti chiami?» chiese la ragazza. L'altra non seppe rispondere, confusa da quell'improvvisa domanda.
Guardò la bambina che correva, dubbiosa; e quella scomparve, come se non fosse mai esistita. Il ricordo stava svanendo, ma Maria cercò di trattenerlo con tutte le sue forze.
La fata dei fiori abbassò lo sguardo, con un sorriso pieno d'amarezza. Si era forse aspettata che, anche una volta apprese tutte quelle nozioni riguardo alla procedura da seguire, sarebbe davvero riuscita a metterla in atto?
Anche Musa andò vicino a Vera. S'inginocchiò, in modo da guardarla dritto negli occhioni cerulei. «Come ti chiami?» ripeté, con un tono più convinto e persuasivo.
È così che si fa. La sicurezza... la fiducia in me stessa. Perché non ci riesco?
Quella non rispose, non a parole.
Era strano, ma fu come ritrovarsi in uno di quei sogni in cui i protagonisti non parlano con la bocca, ma con la coscienza; e la coscienza di lei aveva detto di chiamarsi Darcy.
«Oh, ma tu sai che è una bugia» continuò la fata della musica, senza interrompere il contatto visivo. «Cerca di ricordare»
Fece cenno a Flora di intervenire, ma lei esitò. Ne avevano già parlato, non si sentiva pronta per farlo; perché Faragonda aveva parlato di poteri curativi e lei sapeva di averli, ma non come usarli.
Il blocco era tutto lì, nella sua testa; doveva solo trovare il modo di scioglierlo, di ritrovare la fiducia.
Ma come?
Poi Musa le prese una mano, la strinse e si specchiò nei suoi occhi di giada.
Noi siamo all'altezza, Flora. Dobbiamo solo dimostrarlo.
Come se lo avesse detto a voce alta, annuì. Poteva farcela... doveva farcela.
«Lei si chiama Miele» iniziò quindi, rivolta alla ragazzina, che l'ascoltava. «È mia sorella, sai? Lei... non ha molti amici, un po' come me, ma quei pochi che ha... sono quelli a cui tiene di più. Stava giocando con te, e le gioca solo con le persone di cui si fida» sorrise. «Miele è tanto dolce, ma non mi ha quasi mai parlato di te. Perché?»
La coscienza di Vera sussultò, e parve far riaffiorare qualcosa che aveva taciuto per molto tempo; e rispose che era una promessa che Miele le aveva fatto, perché lei... perché lei...
«Perché lei...?» insistette.
E allora la coscienza di Vera si risvegliò, perché era stata forzata a ricordare qualcosa che le aveva permesso, tanti anni prima, di non perdersi mai d'animo, di fare sempre un tentativo; di impuntarsi, una volta scoperto di essere negata come fata, per seguire le orme del nonno e dimostrare che non era necessario studiare ad Alfea, per essere d'aiuto.
La scena si ruppe in migliaia di piccoli frammenti, e tutte e quattro si trovarono in uno spazio completamente nero; proprio come quella volta che Musa aveva riportato la Specialista nella realtà.
Proprio lei stava ora di fronte alle due fate e alla strega, adulta, come la Vera che avevano conosciuto.
Era una semplice ragazza dai lunghi capelli d'ebano, che oscillavano leggeri in cima al suo capo; e nella sua statuaria figura, sorrideva di gratitudine.
«Vi ringrazio. Avete rotto il sigillo che Darcy aveva imposto su di me» spiegò, sorridendo loro. «Aveva provato ad applicarlo anche alla vostra amica Tecna, ma lei era più resistente agli attacchi magici e meno... legata al suo passato. Tuttavia, anch'io ho opposto resistenza e sono riuscita a mantenere intatto un ricordo»
Chiuse gli occhi, proiettandole nella sua memoria ristabilita. Di nuovo, una Vera bambina inseguiva una più piccola Miele.
«Miele ed io giocavamo di nascosto, perché con noi c'era mio fratello » parlò, calma. «Mio fratello era innamorato di Flora, ma non aveva il coraggio di dirglielo, né di farsi vedere da lei. Così Miele aveva promesso di non farne parola. Ora ricordo tutto.»
All'improvviso, dietro alle due ragazzine spuntò anche un bambino. Rideva anche lui, assistendo però passivamente.
«Non esserne così sorpresa, è la verità. Mio fratello è sparito da un anno a questa parte, ma sta arrivando, e non è da solo» proseguì, sempre sorridendo. «Non ho mai manifestato alcun potere magico, ma Miele mi ha insegnato ad ascoltare ciò che ci circonda e... posso percepire chiaramente una cosa: sta per arrivare il momento»
«Il... momento?» domandò Flora, ancora incredula. Erano davvero riuscite a curare quella ragazza dalla sua amnesia? E tutto questo solo perché aveva demolito quella barriera che da sempre l'attanagliava e le impediva di avere fiducia in se stessa?
Basta questo?
Vera non si spiegò oltre; semplicemente, l'incantesimo di Maria che teneva tutte loro in quel continuo flusso di ricordi s'interruppe, e loro tornarono alla realtà, in quell'aula in cui Wizgiz teneva le sue lezioni.
Musa stropicciò gli occhi un paio di volte, come a volersi accertare che fosse tutto vero. Ma la scena non si dissolse, né s'interruppe.
«Ce l'abbiamo fatta!» esclamò, abbracciandole tutte e tre per la gioia. Ora capiva, capiva nel senso più concreto quello che sia Faragonda che Palladium avevano voluto dirle; e fu in grado di perdonare se stessa per essere stata così cieca da non capire che dentro ognuno risiede qualcosa di speciale, ma per emergere ha bisogno di cure diverse. «Ci siamo riuscite per davvero! Flora, Maria... siete state fantastiche!»
Loro due risero, lasciandosi contagiare dal suo entusiasmo. Il peggio era passato, ed ora si sentivano pronte ad affrontare qualsiasi ostacolo.
Ad un tratto, però, le due fate avvertirono un cambiamento, come un perturbamento dell'aria: qualcosa di straordinario si stava avvicinando loro; era un'energia che conoscevano, ma molto più intensa e sicura di prima. Proveniva dai cancelli d'ingresso.
«Potete... sentirlo?» fece Musa, in un sussurro. Sciolse l'abbraccio, affacciandosi alla finestra; e per poco il suo cuore non ebbe un attacco. «Non posso crederci»
Le altre si avvicinarono, restando incredule a loro volta.
Non avrebbero saputo spiegarlo, ma quell'apparizione pareva aver riportato al suo splendore l'essenza della scuola, l'atmosfera serena e mistica che si viveva prima dell'attacco; era come se i colori fossero tornati al loro posto e con essi anche la vita di Magix.
Senza perdere un istante di più, le due Winx si precipitarono fuori, felici come non mai.
Maria invece era confusa. Anche lei aveva percepito un cambiamento, ma non capiva.
«Quella ragazza che è appena arrivata; la vedi?» indicò la Specialista alla strega. «E la loro amica che davano per dispersa e con lei...» anche Vera era contenta. La prese per mano e la trascinò in cortile; voleva riabbracciare lui. «...C'è mio fratello»
Bloom era tornata.
 
 

Noticine:
E così, eccoci arrivati alla fine della prima parte.
Riven ha capito, non poteva non farlo, ma almeno avrà la decenza di tenere la bocca chiusa. Mi piaceva l'idea di un po' di cameratismo tra lui e Tecna.
Vera si riprende, ma non ha tempo da perdere e presto avrà il suo bel da fare, mentre Bloom è tornata. Sì, è ancora viva e tra poco partirà il racconto delle sue avventure.
Avrete senz'altro capito chi è il fratello di Vera San.
Ringrazio Delavega, Great_Gospel e Tressa per i loro commenti che mi fanno sempre sorridere e mi invogliano ancor di più a scrivere. Oh, e naturalmente grazie anche a chi legge!

A sabato!
 
TheSeventhHeaven
  
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