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Autore: Old Fashioned    27/07/2016    10 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 10

“Le fa male, tenente?”
Seduto ad un tavolino del circolo ufficiali con l'aria di trovarsi sui carboni ardenti, il tedesco si limitò a rivolgere al maggiore uno sguardo torvo.
“Le ho chiesto se le fa male,” ripeté pazientemente Stuart. “Il dottor Allen dice che ha preso un brutto colpo.”
“Eh già, sbadatamente sono finito contro il calcio di un fucile inglese,” fu la tagliente risposta.
Sullo stesso tono l’altro gli rispose: “Sarà inciampato mentre cercava di prendere a pugni qualcuno.”
“In base alla Convenzione di Ginevra è mio diritto tentare la fuga.”
“Certo. E nostro diritto – e dovere – è usare ogni mezzo per impedirgliela.” Lo fissò negli occhi con durezza, ma il tedesco non abbassò lo sguardo.
“Un bel brindisi?” intervenne Poynter mettendo un bicchiere in mano al tenente. “Facciamo come nella Grande Guerra, quando si catturava un aviatore nemico.”
“Non bevo,” rispose gelido von Rohr, poi appoggiò il bicchiere sul tavolo e lo spinse lontano da sé, come a sottolineare la sua ferma intenzione di non fraternizzare col nemico.
Un mormorio di disapprovazione attraversò il gruppetto di piloti inglesi che si erano avvicinati per conoscere cavallerescamente l’avversario abbattuto.
“Anzi, forse è meglio che mi facciate portare nella mia cella,” aggiunse poi, alzandosi e indietreggiando verso il muro. Non era mai stato prigioniero, ovviamente, ma supponeva che la faccenda avesse a che fare con celle, sbarre e cose del genere e non voleva dimostrarsi impreparato.
“Qui non abbiamo celle,” disse perplesso un ufficiale inglese. “Ne abbiamo, maggiore?”
“Temo di no.”
Stuart rivolse uno sguardo al giovanotto addossato al muro, che lo guatava con espressione da bestia braccata. Era sicuramente dolorante e frastornato, probabilmente anche spaventato a morte, ma faceva del suo meglio per non darlo a vedere.
“Il nostro tenente è sicuro di essere capitato in mezzo alla Filibusta,” disse con un sorriso indulgente. “Pensate che mi ha addirittura nascosto di chiamarsi von Rohr. Forse pensava che scoprendolo nobile avremmo chiesto un riscatto come facevano i pirati.”
Ci fu qualche risata, gli astanti rivolsero al pilota della Luftwaffe occhiate di divertita curiosità. Un buontempone intonò Quindici uomini e tutti gli andarono dietro battendo il tempo sul tavolo col fondo dei bicchieri.
“Il mio nome non la riguarda!” protestò il tenente non appena finirono le strofe della canzone.
“Mi riguarda eccome,” rispose il maggiore. “Per prima cosa è mio dovere comunicarlo alla Croce Rossa, e poi tecnicamente lei mi ha dato un nome falso, quindi potrei anche pensare che è un agente segreto o qualcosa del genere. Lo sa che fine fanno gli agenti segreti, von Rohr?”
“Non lo so e non mi interessa,” ringhiò l’altro, “ne ho abbastanza di questa farsa. Siamo nemici, non vedo il motivo di bere insieme come se fossimo all’Oktoberfest! Mi mandi dove mi deve mandare e facciamola finita!”

Visto il suo netto rifiuto di interagire con i piloti del 19° Squadron, il maggiore diede ordine di portare il tenente von Rohr alla chiesa.
Situato al limitare del campo, l’edificio si chiamava così perché era una chiesa a tutti gli effetti, anche se sconsacrata. Era una costruzione gotica con un massiccio portone di rovere, finestroni muniti di sbarre posti ad un’altezza di due metri e mezzo al pavimento e mura dello spessore di un metro. Sarebbe stato difficile trovare una prigione più inespugnabile.
Peraltro era anche il luogo ove il maggiore Stuart aveva sistemato il proprio alloggio, dal momento che la canonica condivideva con la chiesa la struttura robusta ma non mancava delle moderne comodità.
“Abiterete insieme, tu e quel simpatico mangiacrauti!” l’aveva canzonato Poynter, anche se in realtà chiesa e canonica erano separate da una robusta cancellata di ferro.
Proprio perché il luogo si era rivelato così adatto ad accogliere prigionieri, il maggiore vi aveva fatto installare dei servizi igienici e collocare un letto e altri mobili. Al tedesco non sarebbe mancato nulla.
Certo fino a quel momento vi aveva soggiornato gente più amabile, che trascorreva la giornata in amene conversazioni con i piloti dello Squadron e veniva rinchiusa lì solo a notte inoltrata, la maggior parte delle volte dopo allegre bevute, e più per formalità che per reale rischio di fuga, ma il maggiore era sicuro che l’alloggio si sarebbe rivelato adeguatamente confortevole anche per quello scontroso giovanotto.

   
 
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