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Autore: Scarcy90    28/07/2016    3 recensioni
La giovane infermiera Lisa Light vive la sua solita vita nel reparto di Neurochirurgia in un ospedale universitario. Ad accompagnarla, nel viaggio di tutta una vita, il suo esuberante collega e migliore amico, Chris.
Julian Blackwood, uno sceneggiatore spiantato e colmo di pensieri, circondato da strani amici. Insieme ai quali ha fondato una casa di produzione cinematografica indipendente, la Maudits.
Un incidente motociclistico e un particolare progetto, costringeranno la zelante infermiera a confrontarsi con un mondo quasi completamente opposto al suo, in cui regnano solo le idee e l'immaginazione di chi crea qualcosa praticamente dal nulla. I due protagonisti saranno posti davanti a loro stessi. Dovranno fare scelte importanti per poter comprendere e accettare appieno le loro anime così diverse ma al contempo simili.
Dal Capitolo 5
-Lo fai sempre?- chiese lui con occhi strani.
-Cosa? Vestire i pazienti che ne hanno bisogno?-
-No, accarezzare le gambe dei pazienti in modo così provocante.-
Le guance di Lisa presero fuoco mentre si rendeva conto che non aveva tenuto l’elastico dei pantaloni largo ma aveva permesso che il dorso di una delle due mani restasse in contatto con la pelle di Julian
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 3
 
 Al mattino Lisa aveva cancellato tutti gli avvenimenti del giorno prima. L’unica cosa che le invadeva la mente era il suo aspetto. Per la cena di quella sera non sarebbe risultata semplicemente bella: si era reso necessario essere una dea a cui nessun mortale avrebbe mai potuto opporre resistenza.
 Il mortale in questione era Theo.
 Trascorse tutta la mattina a sopprimere ogni pelo superfluo esistente sul suo corpo. Si spalmò su cosce e fianchi degli strani fanghi depuranti, un gentile regalo di sua madre per farle capire velatamente che doveva perdere un paio di chili.
Si stava avvolgendo nella pellicola trasparente mentre l’odore pungente del fango le arrivava al cervello procedendo attraverso il naso. Era a dir poco disgustoso.
 -Mamma, stai cercando di uccidermi?- sussurrò mentre si avvolgeva in un altro strato di pellicola.
 -Che faccio? Ti infilo direttamente così in forno?-
 -Chris!-
 Il suo migliore amico era seduto sul bordo della vasca nel loro piccolo bagno e la stava aiutando nelle operazione di imballaggio.
 -E dai… Non ti si può vedere conciata così. Non puoi nemmeno sederti per mezz’ora, che cosa farai per ammazzare il tempo?-
 -Forse sarà più divertente ammazzare te-, rispose Lisa guardandosi allo specchio e cominciando a stendere una maschera al mango e melograno per depurare la pelle del viso.
 -Ritiro ciò che ho appena detto. Non potrai né sederti né parlare nei prossimi trenta minuti. Quando quella tortura di cemento avrà attecchito non riuscirai a muovere mezzo muscolo del viso.-
 -Non sei contento? Per trenta stupendi minuti non ascolterai la mia voce.-
 -In effetti- disse Chris incrociando le gambe e assumendo un’aria pensierosa. –Per una volta sarai costretta a poter solo ascoltare.-
 -Perché io sono quella che interrompe sempre i discorsi degli altri. Colei che non riesce a tenersi un cecio in bocca, vero?-
 -Quando sei in forma diventi una macchina produci parole. Piuttosto insopportabile, a dir la verità.-
 -Sicuro che siamo amici?-
 L’ultimo spazio libero sul viso di Lisa venne coperto da uno strato di quell’intruglio malefico. Cominciava ad asciugarsi e la ragazza avvertiva la grande difficoltà nel riuscire a muovere i muscoli del volto.
 -Sei nella maschera di ferro?-
 Lisa annuì guardando il suo migliore amico riflesso nello specchio che sorrideva divertito.
 Finalmente Chris aveva la possibilità concreta di esprimere per intero ciò che gli passava per la mente.  
 -Ti stai dando da fare per questo appuntamento.-
 Lei mosse il capo in un cenno di assenso. Aveva la spiacevole sensazione di conoscere già il discorso che il suo amico stava per intraprendere.
- Sei una persona di grande intelligenza, Lisa, lo sai che non servirà a niente. Theo è troppo preso da se stesso in questo periodo, non si accorgerà nemmeno di tutti i tuoi sforzi.-
 Lei abbassò lo sguardo, non per rabbia o delusione, ma solo perché anche lei aveva lo stesso pensiero in testa, che la tormentava in continuazione. Aveva sperato che quella serata le avrebbe restituito il suo Theo, ma in realtà neanche lei ci aveva mai davvero creduto in quella fantomatica speranza.
 -Il fatto che tu abbia quasi violentato il paziente del letto diciannove con lo sguardo l’altra notte, può voler dire solo una cosa: Theo ti trascura, non appaga il tuo bisogno di amore vero e sentito. Finirai per tradirlo se lui non cambierà, ti conosco troppo bene.-
 Chris si aprì in un debole sorriso mentre Lisa alzò lentamente lo sguardo per fissare il suo amico. Era sempre stato il suo confidente, e colui che dava letteralmente voce alla sua coscienza. La conosceva per davvero, con lui era come parlare realmente a quel riflesso nello specchio.
Christopher Wells era il suo specchio. E in quel momento stava rimandando l’immagine di lei che pronunciava le parole di Chris, era il suo io esterno a pronunciarle, ma era lei stessa a riconoscerle come sue.
 -Per come la vedo io, hai due possibilità: aspettare in silenzio e lasciare che tutto continui così com’è finché non raggiungerete il punto di rottura lasciandovi per sempre, oppure puoi darlo tu un taglio netto.-
 Le parole di Chris furono seguite da un silenzio carico di spiegazioni in incognito.
 -Lascialo, e gli darai una bella sveglia. Rifletterà su ciò che ti ha portato a una decisione del genere, magari potresti uscire con altri ragazzi. Lo indurrai ad una gelosia più logorante che mai e tornerà da te strisciando.-
 Gli occhi di Lisa si velarono di untenace strato di indecisione.
 -Noi uomini siamo molto più semplici di quanto tu possa credere. Tutti, chi più chi meno, è tendente al possesso delle proprie cose. Tu per Theo sei un qualcosa di già ottenuto, e lui è abituato a lottare, ama lottare. Non avrebbe scelto la carriera del chirurgo, altrimenti. Se è lui che vuoi davvero al tuo fianco, devi solo ricordargli che è obbligato a lottare per te, che non sei scontata, perché proprio di questo è convinto allo stato attuale della situazione. A quel punto, una volta che si troverà davanti alla circostanza di averti perso in modo definitivo, non te lo scrollerai più di dosso, perché dentro di lui la tremenda sensazione di perderti ancora in futuro non smetterà mai di vivere. Una piccola fiammella di dubbio ci sarà sempre.-
 L’iPhone poggiato sul mobile del bagno vibrò. Era un messaggio.
 Lisa lo lesse con calma e poi passò il cellulare a Chris perché potesse vederlo anche lui.
 Era da parte di Theo.
 L’amico lo lesse e poi si alzò lentamente, trovandosi di fronte all’amica. Chris era poco più alto di Lisa ma in quel momento appariva come un gigante davanti a lei.
 Il gigante della coscienza aveva preso forma.
 -Non essere scontata per lui, Lisa. Sii la donna di cui non può fare a meno.-
 Si guardarono per un momento negli occhi, poi Lisa non resistette più. Si lanciò sul suo migliore amico e si lasciò stringere nell’abbraccio che così tante volte era stato un rifugio caldo e familiare per lei.
 Avrebbe voluto sfogarsi e piangere, ma la rabbia glielo impediva. L’ira che stava nascendo in lei non voleva cedere il posto al perdono. No, quel sentimento non avrebbe trovato il biglietto per il treno del suo cuore. Doveva restarne fuori, almeno per questa volta.
 
“Lisa, perdonami. Ho avuto un imprevisto in ospedale, dovrò restare qui per tutta la notte. Rimandiamo?”
 
Non si era scomodato più di tanto. Nemmeno l’onore di una telefonata; aveva annullato il loro appuntamento con un semplice messaggio in cui non si intravedeva neanche un minimo di tristezza o delusione per la serata insieme mancata. Un dato di fatto, ecco quello che era. Lui aveva un impegno improrogabile e lei avrebbe dovuto farsi da parte, come sarebbe sempre accaduto.
 La rabbia imperversò con rinnovato rigore.
 Ne aveva abbastanza.
 Quel supplizio avrebbe trovato una fine una volta per tutte.
 Chris le aveva mostrato le due opzioni ottimali e lei ormai non avvertiva più dubbi su cosa avrebbe scelto. A quel punto nessuno sano di mente di sarebbe orientato nell’altra direzione. Troppe opportunità buttate al vento. Tanti, troppi, rospi mandati giù, e avevano un sapore così amaro.
 -Aiutami a liberarmi da questi affari- mormorò Chris all’orecchio dell’amico cercando di muovere i muscoli facciali affinché lui comprendesse quello che stava cercando di dire. –Vado in ospedale a farmi ridare il turno di domani.-
-Quando fai la donna cazzuta, mi ricordi perché ti voglio tanto bene.-
 Lisa provò a guardarlo e a sorridere ma il cemento che aveva spalmato in faccia ormai aveva fatto presa. Non riusciva ad esibire il viso neanche nella pallida imitazione di un’espressione degna di essere chiamata tale.
 -Togliamo la pellicola, e ficcati sotto la doccia. Dieci minuti e sarai libera.-
 Lei annuì sorridendo con gli occhi.
 Un amico come lui era letteralmente insostituibile. Neanche la più simpatica e arguta tra le ragazze, avrebbe capito il suo animo meglio di lui. La comprendeva, in ogni sua idea folle e fuori dagli schemi, la rimproverava, per tutti gli atteggiamenti che rientravano negli schemi. Sapeva consolarla, quando era meglio che stesse in silenzio e quando invece doveva parlare solo lui per convincerla a sfogarsi.
 Se non fosse stato il suo migliore amico, Christopher sarebbe potuto essere tranquillamente l’uomo della sua vita. Quello che aveva immaginato da piccola e sognato da adolescente. L’uomo che avrebbe sempre visto al suo fianco e che si sarebbe preso cura di lei, tenendola al primo posto.
 L’amicizia aveva avuto la meglio, e si erano ritrovati come fratelli.
 Troppo simili, anche se diversi. Troppo affini, anche se completamente opposti.
 Chris era la parte migliore della sua anima e questo non sarebbe mai cambiato.
  Quel ragazzo era sempre stato la sua unica e sola certezza.
 -Ti preparo un caffè con panna, ti aiuterà a rasserenarti.C’è bisogno della modalità zen perchè il reparto possa uscire indenne dalla tua visitina- la voce di Chris era ovattata dalla tenda per doccia che li separava.
 -Ricordami perché non ho ancora cercato di portarti a letto?- chiese lei divertita mentre liberava il viso da quella tortura al profumo di mango.
 -Tesoro, perché in pratica ci ha partorito lo stesso fato.-
 Chris non amava definirsi suo fratello. Per lui, le loro strade erano state create dallo stesso fato, erano stati destinati ad incontrarsi perché simili come gemelli.
 Figli del fato. Fratelli tra loro.
 -Dimentico sempre la sua visione filosofica della questione, professor Wells.-
 -E’ la visione migliore per descrivere tutto questo. Allora, lo vuoi il caffè con panna?-
 -Certo che sì.-
 Chris era sulla porta, pronto per chiuderla ma il suo istinto lo costrinse a voltarsi verso quella tenda azzurra, decorata con strani pesciolini multicolore.
 L’aveva scelta lei quell’orribile tenda.
 Le piaceva il colore, aveva detto. Perché lei entrava in doccia per tornare a vivere, non per rilassarsi. Aveva bisogno di vivacità.
 Una caratteristica che era sempre mancata in Chris. Lui era più pragmatico, più serio. Lisa era la sua dose quotidiana di vivacità. Non poteva più rinunciare a lei.
 Eppure, sapeva che un giorno un uomo gliel’avrebbe portata via.
 Il punto era, se lui ci avrebbe davvero rinunciato a quella pazza che cantava “Relax” di Mika a corde vocali spiegate. Sembrava una cornacchia.
Era la sua cornacchia. E sperava con tutto l’animo che sarebbe sempre rimasta tale.
 Chiuse la porta, e insieme a quello relegò i pensieri di poco prima in un angolo sperduto della sua mente. Sapeva che presto sarebbero riusciti a liberarsi, apparendo d’improvviso nella sua testa ma per il momento il loro posto era quell’angolo e lì avrebbe dimorato fino a nuovo ordine.
 
*****
 
 -Non c’è alcun problema, puoi riavere il tuo turno.-
Lisa era ancora una volta davanti alla caposala seduta alla sua scrivania, tutta intenta a fissare lo schermo del computer.
 -La ringrazio, caposala.-
 -E’ successo qualcosa?- chiese la donna abbassandosi gli occhiali sul naso per guardare la ragazza dritta negli occhi. Aveva subito notato dal tono che aveva usato la giovane infermiera, che la decisione di andare a lavorare la mattina dopo non era stata presa principalmente da lei.
 -Sa come funziona in ospedale. Impegni improrogabili e si devono cancellare appuntamenti non altrettanto importanti.-
 -Capisco.-
 -Le auguro una buona giornata, caposala. Arrivederci.-
 Fece per uscire ma il suo superiore la fermò quando era ormai sulla porta.
 -Theo è in sala medici, se vuoi parlargli credo che sia solo.-
 Lisa abbassò la testa e uscì dall’infermeria.
 Sapeva bene come sarebbe andata a finire se avesse parlato con Theo in quel momento e soprattutto mentre si sentiva intrappolata in quel determinato stato d’animo, ma forse era arrivato il tempo di prendere di petto la situazione e di fare la scelta che Chris le aveva così francamente illustrato.
 Perciò si ritrovò pochi minuti dopo a bussare a quella porta. Lì avrebbe avuto una fine, nel bene o nel male, un anno di relazione che tanto l’aveva elettrizzata al suo inizio.
 -Lisa?- disse Theo sgranando gli occhi. Era seduto al grande tavolo con una decina di cartelle cliniche davanti. Non sembrava per niente stanco e di certo la presenza della sua fidanzata lì non era prevista.
 -Dobbiamo parlare- disse lapidaria.
 Si chiuse la porta alle spalle e si sedette su una poltroncina di fronte a quel bel medico che la guardava con aria interrogativa.
 -Se è per l’appuntamento di stasera, mi dispiace tanto. Lo sai che la specialistica…-
 -Sì, so che la specialistica si sta rivelando un buon pretesto per non stare con me. L’ho notato.-
 -Il tuo tono non mi piace per niente, Lis- gli occhi di Theo si colmarono di sospetto. 
 -Siamo pari, allora. Per quanto mi riguarda è il tuo atteggiamento a non piacermi per niente, quindi la finiamo qui.-
 -Finire cosa?-
 -Esatto, non sai nemmeno cosa dovrebbe finire. La nostra relazione non ti interessa più.-
 -Lo pensi perché ho annullato un appuntamento, non fare la solita melodrammatica. Usciremo un’altra sera.-
 -No, non credo- Lisa si fermò un attimo per riuscire a racimolare tutta la determinazione che il suo cuore sarebbe stato in grado di ammortizzare. –Non mi guardi più, non mi ascolti più, e non capisci più un cazzo di me. E lo sai perché? Te lo dico io. Perché non hai più bisogno di avermi accanto. Hai la tua carriera, la tua tanto adorata specialistica, e questo ti basta, Theo. Riempie la tua mente e il tuo cuore, ed è giusto che sia così. Si tratta del tuo sogno che si sta realizzando, e quando avrai la specialistica il tuo sogno sarà completo, ma non sufficiente.-
 Theo la guardava senza proferire parola, quasi come se avesse davanti il referto delle analisi del sangue di un paziente, e stesse vagliando ogni possibile patologia.
-Diventerai un neurochirurgo e questo non ti basterà mai. Vorrai iscriverti a master o ad altre specialistiche. Desidererai diventare il migliore, e praticamente vivrai in ospedale. La mia vita non è così, non ho bisogno di vivere qui, lavoro su turni e nessuno mi chiama mai nel mezzo della notte per un’emergenza. Le mie diagnosi come infermiera trovano un inizio e una fine nelle ore di lavoro, e difficilmente me le porterò mai a casa, nel mio letto. Non sarò mai costretta a trascurare il mio compagno per mesi. Ciò che mi chiedi è qualcosa che non comprendo, e mai capirò perché non l’ho scelto. Non sono fatta per stare accanto ad un giovane e brillante chirurgo, non sono abbastanza forte o paziente. Vedila come meglio credi. Il punto è che la tua vita non potrà mai coincidere con la mia, non è ciò che desideri.-
 -Lisa…-
 -Finiamola qui, Theo. Sarà più semplice per entrambi, e ci renderà felici. Magari non questa settimana, e neanche la prossima, ma saremo felici di non essere intrappolati in una relazione per cui nessuno di noi due è venuto al mondo.-
 Theo si alzò in piedi, fece lentamente il giro del tavolo, ponderando attentamente su quale fosse la strategia che Lisa stesse mettendo in atto. Quando si ritrovò davanti alla sua ragazza, gli apparve la soluzione.
 -Vuoi farmi sentire così tanto in colpa? Vuoi che io trovi il modo per portarti fuori stasera? Occorrevano tutti questi giri di parole?-
 Lisa si aprì in un sorriso. Come si aspettava quell’uomo non era in grado di comprendere sfumature così sottili dei sentimenti. Sarebbe diventato un grande chirurgo, ma un pessimo compagno.
 Quella storia doveva finire. Una piccola parte di Lisa, però, avrebbe sempre sperato che quel discorso facesse un giorno breccia nel cervello dell’uomo per cui ancora provava un sentimento forte. Sperava davvero con tutto il suo cuore che un giorno Theo avrebbe recepito le sue parole e sarebbe tornato da lei. Alla fine lo amava sul serio, ma non poteva andare avanti in quel modo, non sarebbe durato e avrebbe solo causato una grande sofferenza ad entrambi.
-Ciao, Theo.-
 -Ciao?-
 -Sì, ciao. Non ho altro da dirti, quindi ti saluto e basta.-
 Theo fissò i suoi occhi dritti in quelli di Lisa. Non era difficile leggervi tutto il suo disappunto e la sua rabbia per ciò che la sua, ormai, ex fidanzata aveva appena detto.
 -Dopo un anno… Non solo decidi tutto per conto tuo, senza neanche interpellarmi, ma mi liquidi con un solo e semplice ciao del cazzo?!-
 Lisa alzò le spalle.
 -Esattamente. Durante il nostro primo appuntamento ti ho detto e ripetuto che ero matta da legare. Anche questa scelta potrebbe essere frutto della mia follia, eppure non mi sono mai sentita così sicura di una decisione in tutta la mia vita, Theo.-
 La ragazza sorrise e con calma si diresse verso la porta.
 -Se esci da qui, Lisa…- cominciò Theo con voce glaciale. –Ricordati che, se esci da qui, sarà per sempre. Io non mi abbasserò a supplicare una donna che mi ha lasciato in modo così irrispettoso. Fregandosene altamente dei miei sentimenti e dei miei pensieri.-
 -Sono sicura che la tua amata specialistica saprà curare il tuo orgoglio ferito.-
 Sbatté la porta dietro di sé, lasciandosi un anno di vita letteralmente alle spalle.
 La vista cominciò ad appannarsi. Chiuse e riaprì le palpebre cercando di capire cosa le stesse succedendo e si rese conto che qualcosa di umido le stava percorrendo le guance, fino ad arrivarle al mento. Inclinò la testa verso il basso e vide delle goccioline limpide sul pavimento immacolato.
 Lacrime. Il segno che era giunto il momento di tornare a casa il più in fretta possibile e di dare fondo, insieme a Chris, a tutta la loro scorta di alcolici fino a che non si fosse addormentata alla fine di quella giornata senza serenità.
 Prese un profondo respiro e cominciò a camminare veloce e decisa verso la porta d’uscita del reparto. Tirando fuori tutto l’autocontrollo che possedeva ricacciò indietro le lacrime per evitare che qualche collega, o peggio la caposala, la vedessero piangere come una bambina.
 L’orgoglio non le permetteva di mettere il suo dolore in vetrina, davanti agli occhi di tutti.
 Aprì con forza la porta e un tonfo rumoroso, seguito da un’imprecazione, le fece gelare il sangue nelle vene.
 -Oh mio Dio!- esclamò guardando oltre la porta.
 Un ragazzo minuto e non molto alto, stava in piedi davanti a lei tenendosi la fronte, mentre sul pavimento si erano sparsi decine e decine di fogli con sopra stampato un qualche tipo di testo.
 -Sono mortificata!- disse lei con costernazione avvicinandosi al ragazzo.
 -Non si preoccupi- rispose lui facendole un sorriso di comprensione che si estendeva fino agli occhi scuri incorniciati da un paio di occhiali. –Sono cose che capitano.-
 -Mi dispiace davvero tanto. Sono un’infermiera, mi permetta di dare un’occhiata.-
 -Oh, non ce n’è bisogno.- Il ragazzo premette con ancora più forza la mano sul punto in cui era stato colpito.
 Poi Lisa lo vide, un piccolo rivolo di sangue era sfuggito a quel tentativo di mascheramento e stava scendendo lento lungo il viso del ragazzo.
 -Venga subito con me in infermeria.-
 -Ma… Io devo raccogliere…- lanciò un’occhiata ai fogli sul pavimento.
 -Ci penso io.-
 Lisa, con grande velocità, raccolse tutti i fogli sparsi per terra. Ogni tanto le scappava l’occhio su qualche pagina e non riuscì a riconoscere del tutto lo stile di scrittura. Sembrava una specie di copione con delle battute, però c’era anche qualche descrizione minimale dei luoghi e delle azioni.
 -E’ una sceneggiatura- rispose il ragazzo quasi leggendole nella mente.
 Lisa lo fissò per un attimo e sorrise.
 In infermeria, nessuno fece domande. Troppo lavoro per gli infermieri e i medici. Lisa era molto apprezzata in reparto e non importava perché stesse medicando la ferita al sopracciglio di uno sconosciuto.
 -Non serviranno punti- disse levandosi i guanti dopo aver posto il cerotto a preservare la ferita. –Ho disinfettato per bene ma dovrai farlo anche più tardi, e per un paio di volte al giorno finché non ci chiuderà a dovere.-
 -Grazie.- Il ragazzo sorrise e si alzò in piedi un po’ barcollante.
 -Non dovrebbe alzarsi così in fretta.-
 Si lanciò verso di lui e lo aiutò a sorreggersi.
 -Il mio collega è ricoverato qui, e abbiamo molto lavoro da fare. Non posso perdere tempo.-
 -L’accompagno nella stanza del suo collega e finché non vedrò che starà seduto senza muovere un dito non intendo perderla di vista.-
Il giovane annuì, capendo dal tono di lei che non avrebbe mollato la presa tanto facilmente.
 -Lei ha intenzione di farmi questo ogni giorno?- chiese ad un certo punto il ragazzo con tono divertito.
 -Come?-
 -Ieri mi è venuta addosso in corridoio, e oggi mi ha gentilmente sbattuto una porta in faccia. Ho come l’impressione che la fretta la stia inseguendo.-
 Lisa divenne rossa per la vergogna. Era vero, ora ricordava di aver già visto quel ragazzo proprio il giorno prima e che anche in quella occasione per poco non lo ammazzava.
 -Mi dispiace, sono stati un paio di giorni particolari.-
 -Oh, io la capisco. Tutti i miei giorni sono particolari, cara… Non le ho chiesto neanche quale sia il nome della donna che cerca di uccidermi.-
 Scoppiò a ridere e, anche se con qualche esitazione, Lisa si aprì in un sorriso timido.
 -Mi chiamo Lisa Light.-
 -Peter Drew.-
 Quando pronunciò il suo nome, Peter si fermò davanti a una porta. Il sangue si gelò nelle vene di Lisa.
 -Arrivati- disse il ragazzo con un sorriso. 
 Il numero 19 sulla targa quasi brillava beffardo agli occhi della giovane infermiera.
 -Julian Blackwood?- chiese con sguardo di sfida in direzione della targa.
 -Sì, fa questo effetto. I suoi modi non sono sempre dei più eleganti.-
 -O dei più civili- l’astio nel tono di Lisa era palpabile.
 -Entrambi i punti di vista gli appartengono, in effetti.-
 Peter si lasciò andare ad una risata e aprì la porta.
 -Julian? Sei presentabile, amico? Abbiamo ospiti.-
 Entrati nella stanza Lisa avvertì un’aria pesante pesarle su mente e cuore. Julian se ne stava nel suo letto, il colorito era migliorato. Non quanto il suo umore però.
 Posò gli occhi su di lei e un lampo di rabbia li attraversò per un solo istante. La cosa non sfuggì a Lisa che era pronta allo scontro. Se quel dannato di Blakwood voleva la guerra, lei era disposta a dargliela, senza alcun tipo di remora.
 -Ancora tu?!-
 -Disgrazie che capitano, purtroppo. Lavoro qui ed è una condizione che non può essere modificata.-
 Aiutò Peter ad accomodarsi sulla sedia e diede un’occhiata veloce al cerotto per controllare che la ferita non stesse perdendo sangue.
 -Che diavolo ti è successo?- Julian aveva subito notato che la fronte del suo amico aveva qualcosa di diverso.
 -Un incontro ravvicinato con una porta che andava di corsa.-
 Fece l’occhiolino a Lisa che per un attimo si sentì molto più rilassata.
 -Tu c’entri qualcosa?- lo sguardo di Julian era a dir poco indagatore mentre guardava l’infermiera che se ne stava in piedi accanto a Peter.
 -La signorina Light è stata così gentile da medicarmi. Così ligia al dovere da sentirsi costretta ad accompagnarmi fino a qui. Cerca di non essere scorbutico come al tuo solito.-
 Julian aprì la bocca per ribattere ma la richiuse quasi immediatamente quando Peter gli fece notare la montagna di fogli che aveva in mano.
 -Dobbiamo lavorare e la signora ha intenzione di monitorare le mie condizioni per un po’, quindi contieniti o la sceneggiatura la terminerò da solo sul quel divano così comodo che ho a casa.-
 Un sonoro sbuffo partì dal paziente e Lisa cercò con tutte le sue forze di non saltargli alla carotide per liberare il mondo dalla presenza di quel tizio a cui non era mai stata presentata la signora educazione.
 Julian incrociò le braccia e fissò Lisa dritta negli occhi.
 -Non morirà per un taglietto in fronte. Sua Maestà Infermiera può anche ritirarsi nelle sue stanze… o in una grotta piena di pipistrelli, dipende dai punti di vista.
Gli occhi di Lisa divennero due fessure sottili mentre il labro inferiore tremava. Non si trattava di un buon segno.
 -Come si permette di rivolgersi a me in questo modo!-
 Il passaggio dal tu al lei era un altro pessimo segno.
 -Non ho intenzione di tollerare un momento di più il suo comportamento. Sono un’infermiera laureata, una professionista nel mio lavoro, che ha avuto a che fare con i casi più disparati e anche in situazioni di massima emergenza.Non permetto che lei si prenda gioco di me. E’ solo un uomo che non riesce neanche a scrivere in una lingua che abbia almeno una minima percentuale di professionalità.-
 -Ohi… ohi…- mormorò Peter rassegnato.
 La donna si voltò di scatto e afferrò con vemenza i fogli che Peter aveva tra le mani.
 I due uomini la fissavano come ipnotizzati da quello scatto d’ira che non si era mai tradotto in urla. Neanche per un solo attimo. Lisa aveva sempre pronunciato le parole con voce calma, ma così tagliente da mettere a disagio perfino il freddo Julian.
 -Alle elementari s’impara che i puntini di sospensione sono tre e non…- prese un foglio tra quelli che aveva in mano. –e non sette?! Ma siamo impazziti?! Sette puntini di sospensione. Neanche nei peggiori sms mi era mai capitato di vederli.-
 Peter lanciò un’occhiata stranita a Julian. Quella donna era fuori di testa!
 -Ah, e vogliamo parlare dei termini usati nei dialoghi. “La tua faccia è così bella…”. Certo, era troppo complicato impegnarsi un minimo e tirare fuori una frase come “Il tuo viso è luminoso…” o che so io? Senza contare le innumerevoli ripetizioni in dialoghi successivi, bisogna usare dei sinonimi in questi altrimenti il discorso non rende come dovrebbe. Per non parlare dell’approssimazione generale di alcune frasi che ho avuto sott’occhio prima in corridoio.-
 Ora gli occhi di Peter avevano cominciato a perdere la sfumatura dello stupore iniziale per il comportamento di Lisa, e presero la forma di uno sguardo molto più interessato. Solo leggendo di sfuggita stralci della loro sceneggiatura era riuscita ad individuare così tanti errori. Quella donna non gliela contava giusta.
 Julian era ancora sconvolto.
 -Come s’intitola questo mostro di bravura?-
 Lisa cominciò a spargere i fogli sul letto di Julian finché non trovò ciò che stava cercando. Prese il foglio tra le mani e poi incontrò gli occhi del paziente, il quale dal canto suo la osservava a dir poco allibito.
 -Sul serio?- chiese lei con un sorriso di scherno.
 -Cosa?- Julian si ridestò dal momento catartico creato dalla donna uragano.
 -Il titolo?-
 -Che problema ha?-
 Un sorriso divertito si dipinse sul volto di Lisa.
 -Mi state dicendo che il vostro film s’intitola “Il passaggio nella siepe”?Spero che stiate scherzando, signori miei.-
 Peter si alzò piano in piedi e si appoggiò al braccio di Lisa. La testa girava un po’ a causa dell’incidente con la giovane infermiera.
 -Trovi che qualcosa non vada nel titolo, cara?-
 Il sorriso di Peter fece calmare Lisa. Chiuse gli occhi, prese un respiro per trovare le parole più gentili e comprensive possibili.
 La rabbia verso Julian passò in secondo piano alla vista di un Peter così serio.
-Non ha anima.-
 Peter spalancò gli occhi assumendo un’espressione sorpresa. Julian, dal canto suo, scoppiò in una rigorosa risata.
 -Anima? Da quando a un titolo serve anche un’anima?-
 Lisa lo fulminò con lo sguardo.
 -Da quando il cinema è stato promosso ad arte.-
 Julian smise di ridere. Era curioso di capire quale fosse lo scopo di tutto quel discorso. Dove voleva andare a parare quella ragazzina?
 -Se volete l’opinione di una persona che i film li vede e non li produce, per me il titolo non funziona proprio. Voi lo andreste a vedere un film con un titolo del genere? Dubito che sareste i primi che si precipiterebbero al cinema.-
 -Ma il titolo richiama ciò che è una colonna di tutto il film- disse Peter.
 -Il titolo non deve per forza rispecchiare alla lettera ciò che volete raccontare. Dal vostro titolo posso capire due cose: c’entra una siepe e qualcuno che passa attraverso la siepe. Il solo leggere la parolasiepe– pieno disprezzo nel pronunciarla- la noia mi divora. Non mi descrive nessuna emozione, non mi sorprende. Non avverto salire alcun interesse nel saperne di più.-
 Peter pendeva letteralmente dalle labbra della donna, mentre Julian fissava il soffitto pensieroso.
 -Siete scrittori, artisti. Dovreste sapere meglio di me che le parole sono musica: devono creare un’armonia melodiosa e trasmettere la più immensa delle emozioni.
Sì, forse il vostro titolo riassume ciò che accade ma non trapela alcuna melodia da queste parole. Le lettere e i suoni in una frase devono essere come le note su uno spartito: ordinate, con un senso e una musicalità travolgenti.-
-Tu avresti un’idea migliore?- chiese Julian con voce assonnata continuando a fissare il soffitto.
 Non sembrava che le parole di Lisa lo avessero colpito. Forse appena sfiorato.
 -Come il principino desidera- disse lei accennando un inchino.
 Si rivolse a Peter.
 -Storia d’amore?-
 -Eh? … Ah, sì.-
 -L’amore di tutta la vita?-
 -Sì.-
 -Lieto fine?-
 Peter si mise la mano sotto il mento, pensando.
 -Diciamo che è un finale aperto, non ha un lieto fine.-
 Lisa posò gli occhi sul primo foglio della sceneggiatura. Quel titolo insulso la fissava e lei sapeva che doveva esserci di meglio di una siepe e di uno stupido passaggio nascosti in quelle parole. Ci doveva essere decisamente qualcosa di meglio.
 -Non dovrebbe essere per forza siepe- disse pensierosa.
 -Preferisci cespuglio?-
 Ignorò la battuta di Julian e continuò a guardare quell’insipida parolina che rideva di lei.
 -Non per forza una siepe- parlava tra sé. –E’ un passaggio, un mezzo per arrivare dall’altro lato. Una porta. Sì, semplice e pulita. Eppure una parola forte, che non lascia modo di sbagliarsi.-
 Julian abbassò finalmente lo sguardo, lasciando perdere il soffitto. Si voltò a guardare Peter e sperò con tutto il cuore di sbagliarsi, ma gli occhi del suo amico stavano brillando come due lampadine. Osservò per qualche secondo il volto di quella ragazza intenta a pensare. A trovare un’idea. La fronte corrucciata, gli occhi fissi sul foglio. Si mordicchiava il labbro inferiore, come se in quel modo fosse più facile trovare il titolo adatto.
 Quando stava in silenzio il suo volto era rilassato. I tratti delicati le delineavano il volto in una meravigliosa armonia, mentre i lunghi capelli castani le ricadevano con grazia sulle spalle.
 Il tutto risultava più attraente di quanto avesse notato in precedenza. Ricordava una bambina cocciuta che cercava la soluzione di un problema di matematica particolarmente complesso.
 Davvero troppo attraente perché i pensieri di Julian si mantenessero sul lecito.
 Lisa, intanto, continuava con le sue elucubrazioni.
 -La porta. Sì, ma per cosa? Non finisce bene, ma neanche male. C’è solo una risposta che non arriva, si resta in attesa.-
 Poi l’idea giusta attraverso la mente di Lisa alla velocità di un fulmine, e con lo stesso moto improvviso.
 Non era Paradiso, eppure non era Inferno. Era solo la tortura di non avere il finale, di assaporare la dolce agonia del buio e di speranze inattese.
 Paradiso. Inferno. Restava solo…
 -Purgatorio!- esclamò Lisa con un sorriso enorme. –Una metafora! Non deve per forza sembrare realmente ciò che è!-
 Alzò gli occhi e subito trovò quelli scuri e caldi di Julian che non avevano perso la loro venatura scettica. Il sorriso di Lisa si allargò, avrebbe annientato quell’uomo: avrebbe fatto a pezzilui e il suo sprezzante carattere insofferente e borioso. Lo sceneggiatore non avrebbe ottenuto la vittoria di questa battaglia.
 -La porta per il Purgatorio.-
 Julian rimase impassibile. I suoi occhi non lasciavano quelli di Lisa neanche per un momento ma in cambio ricevettero solo uno sguardo colmo di sfida.
 Poi un risolino divertito spezzò la tensione nell’aria e costrinse l’infermiera a voltarsi verso il ragazzo con gli occhiali.
 -E’ perfetto…- mormorò lui con le lampadine negli occhi bene accese e funzionanti. 
   
 
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