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Autore: Raymox    28/07/2016    0 recensioni
L’acqua si tinse di rosso sotto i miei occhi increduli: non si trattava di un fenomeno comune ad un qualsiasi lago, tant’è che una sola volta l’anno quello specchio naturale diventava scarlatto.
Mi ricordai delle storie che mi raccontava mio nonno a tal proposito riguardanti la sua leggenda, della principessa che ancora giaceva sul fondo riempiendolo di mistero e domande prive di risposta.
Mi tornarono alla memoria i momenti in cui, quando ero piccolo, mio nonno mi metteva sulle sue ginocchia accanto alla finestra dicendomi – Lo vedi quel lago laggiù?- e indicava il lago a qualche chilometro da casa nostra – Quello è il lago di Tovel, ed è magico.- a quelle parole sgranavo gli occhi.
- Quel lago una volta all'anno cambia colore diventando rosso.- mi diceva.
- E perché, nonno?-
- Ora ti spiego...- e cominciava a raccontare.
Una leggenda che mi aveva sempre appassionato sin da quando ero bambino. Non è una storia qualunque, questa è la storia del lago di Tovel…
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Capitolo 3
§
 
Andava senza pensare, galoppando più veloce possibile. Le lacrime le scendevano copiose sulle guance e doveva costantemente asciugarle con la manica della tunica. Si guardò indietro; i soldati non le davano più la caccia, ma non si fermò. La sua vita era salva e avrebbe voluto dire lo stesso di Scott.
«Maledizione, maledizione » sussurrava tra sé mentre si portava lontana da quel luogo. Sarebbe andata subito al castello per riferire tutto a suo padre, che la guerra era ufficialmente iniziata. Gli Orsi avevano invaso i territori di Ragoli uccidendo uomini senza intenzioni ostili, uccidendo solo perché vestiti con un’uniforme diversa.
Il vento le scompigliava i capelli, le nuvole diventavano di nuovo scure, il sole celava i suoi raggi, l’aria si faceva più fresca. Una raffica, che trasportava granelli di terra, si abbatté su di lei costringendola a chiudere gl’occhi. Con la mano ora si strofinava le palpebre cercando di ridurre quel fastidio pungente che le impedì di vedere un altro cavaliere che veniva da una strada perpendicolare alla sua.
 
§
 
C’era un piccolo ruscello che divideva i due regni; una sottile linea trasparente che delineava la fine di Tuenno e l’inizio di Ragoli. Appena passato, Duncan si sistemò meglio il cappuccio, come se sentisse di essere più osservato in quel momento anche se la sua notorietà poteva solo diminuire, poiché nessuno a Ragoli aveva mai visto il suo volto, fatta eccezione per Geoff e Bridgette, ma aveva il timore che lo riconoscessero ugualmente, magari per qualche dettaglio che a lui sfuggiva. Si diresse verso una via che lo avrebbe portato in poche ore di galoppo al castello. Il percorso era sufficientemente largo da far passare tranquillamente un carro con tanto di scorta; la selva esplodeva a pochi metri – circa due – di distanza da entrambe i lati. Era deducibile che fosse una strada principale, ma, soprattutto in quei tempi, nessuno sarebbe andato nell’altro regno, quindi il percorso non era molto trafficato, o meglio, non vi era nessuno. Per i briganti sarebbe stato un ottimo posto dove tendere un’imboscata, motivo che gli fece accelerare il passo. Intanto pensava al discorso che avrebbe fatto al re quando sarebbe arrivato, cercando di mettere insieme qualche parola convincente.
Il cielo cominciava ad imbrunire come era successo nella mattinata e minacciava ancora di piovere.
Arrivò nei pressi di un grande macigno che celava un ulteriore sentiero sulla sinistra, ma questo Duncan non lo sapeva e continuò a andare rapido senza curarsi di eventuali scontri con altri cavalieri, cosa che successe.
Sbucò fuori dal nulla e si diresse ad una pericolosa velocità contro di lui che, notato sia il sentiero sia il cavaliere troppo tardi, non riuscì a frenare l’animale in tempo. Successe tutto molto in fretta,  l’impatto fu inevitabile. Il destriero della sconosciuta sbatté la testa contro il collo di quello di Duncan facendola cadere in avanti e rotolare nella polvere della strada. Il principe accusò il colpo e il suo cavallo si agitò per lo spavento,  ma l’uomo riuscì a tenersi in sella domandolo. « Che diavolo...? » si riprese per qualche secondo dallo shock e, capendo cos’era successo, immediatamente soccorse la sconosciuta che nella furia dell’impatto aveva perso conoscenza.
Era stesa a terra con la pancia all’insù e aveva il viso sporco di polvere e terra. Sul sopracciglio destro si era aperta una ferita facendo scendere una piccola riga rossa sulla guancia. Duncan prese il coltello dalla fondina sul fianco destro e lo mise di fronte al suo naso per vedere se respirasse. La lama si appannò, anche se poco. Ripose l’arma e fece per aiutare la ragazza, ma sentì un suono che lo bloccò: un ramo spezzato. Inizialmente pensò ad un cervo o ad un cinghiale, quindi non se ne curò molto. Poi il frusciare delle foglie di un cespuglio, ma questa volta veniva dalla parte opposta della strada, dopo qualche secondo un ulteriore rumore. Era confuso, non poteva trattarsi un animale: c’era qualcuno che giocava con lui, e non era solo. Duncan sguainò la spada, pronto per combattere contro chiunque fosse sbucato dalla selva. La sensazione di essere osservato era orribile, come se avesse una benda sugl’occhi e gli stessero puntando contro con degl’archi; non sai quando accadrà, ma sai che prima o poi succederà.
Voleva gridare, sfidarli ad uscire fuori e a combattere, ma lo precedettero. Due sagome uscirono dai cespugli, fissandolo con delle minacciose spade. Indossavano vestiti scuri con alcune foglie sparse sopra e avevano delle maschere sul volto che lasciavano intravedere solo il nero delle pupille. Duncan stava per gettarsi su di loro senza paura, ma un coltello sbucò da dietro di lui avvicinandosi lentamente al suo collo.
« Io non lo farei » disse una voce dietro di lui, come se avesse capito ciò che stava per fare.
Non potendo fare altro, Duncan rimase immobile aspettando il compiersi del suo destino. Improvvisamente e senza preavviso, sentì un forte colpo sulla nuca che gli fece perdere forza nelle gambe e si ritrovò steso per terra. Riuscì solo a vedere che le sagome si avvicinavano a lui, prima di chiudere gl’occhi e lasciarsi trasportare nel buio.
 
§
 
Courtney aveva gl’occhi socchiusi, ancora non in grado di vedere nitidamente. Riuscì a capire di essere legata ad un albero, poiché sentiva una corda sul torace che le immobilizzava le braccia. Fu colta per un momento dal panico e cercò di divincolarsi per fuggire e chiedere aiuto, ma la fune era troppo stretta quindi si calmò. Di fronte a lei, a una decina di metri, c’erano tre individui seduti intorno ad un piccolo fuoco, intenti probabilmente a discutere della sua sorte. Appena la videro agitarsi, si fermarono a guardarla per qualche istante, mentre lei studiava la situazione. Le rivennero in mente le immagini dell’incidente e il volto dell’uomo con cui si era scontrato, che aveva visto pochi attimi prima della collisione, ma non era con loro. Pensò che se la fosse svignata in tempo o che fosse già stato ucciso.
Cercava di carpire qualche parola dei rapitori, ma erano troppo lontani e parlavano a bassa voce.
« Perché mi avete catturata?» esordì dopo qualche minuto, stanca di aspettare che decidessero cosa farne di lei. Uno dei tre, con la pelle scura e capelli anch’essi scuri, si alzò, avvicinandosi con la sua minacciosa spada in mano.
« Credimi, ragazza » disse puntandole l’arma alla gola « se dipendesse da me, saresti già morta » disse con tono minaccioso, fissandola negl’occhi.
« Calma, Lightning » disse poi una voce gracchiante, che Courtney trovò fastidiosa, come se fosse di una rana; sembrava essere di una donna. « Ci serve viva. Da morta non ci è utile ». Quella dichiarazione la fece sentire più serena; se non avevano intenzione di ucciderla, in qualche modo sarebbe riuscita a scappare o comunque a salvarsi la vita.
 Quella fuorilegge sembrava comandare, perché subito dopo l’uomo, che lei aveva chiamato Lightning, abbassò la lama e tornò al suo posto. « Agl’ordini » disse sbuffando, mentre tornava indietro.
Poi fu il turno della donna, che si avvicinò fino a starle a mezzo metro di distanza. « Dimmi, chi sei tu e il tuo amico?» disse facendo un cenno dietro di lei, che non si aspettava di essere in compagnia. Le sue ipotesi la portavano tutte alla stessa conclusione: l’uomo dell’incidente era ancora con lei.
Courtney non rispose, ma assunse uno sguardo incerto, che rivelava la verità senza uso di parole e la Donna Rana capì la sua incertezza. « Sai la risposta, si vede, ma non vuoi darmela. » affermò, facendo cadere la ragazza nel panico, che fino ad allora aveva controllato.
« Sono una serva » dichiarò, senza guardare la donna, che cercò di capire se le stesse mentendo o se stesse dicendo la verità. Non si fidò di lei; in qualche modo, che alla prigioniera sfuggiva, sapeva che stava mentendo.
« Se non mi dici chi sei veramente, qualcuno si farà male.»
Courtney capì che non poteva più inventare, ma non poteva dire di essere la principessa o l’avrebbero usata come ostaggio per un ricatto o l’avrebbero uccisa. Decise si stare in silenzio.
« Brick, vieni qui » urlò la Donna Rana e subito dopo l’ultimo dei tre briganti le venne vicino. « Dammi il tuo coltello » ordinò all’uomo che glielo passò.  Courtney si allarmò vedendo quel minaccioso coltello nelle mani dei fuorilegge. « Comandante, » disse poi facendole cenno di alzarsi « se fosse una nobile, basterebbe farlo sapere al re e ci darà il riscatto senza problemi; perché torturarla?» sussurrò perplesso.
« Non sappiamo chi è, ne da quale regno viene. Se fosse la principessa il re ci darebbe più denaro. »
« Ma come facciamo a sapere se è un’aristocratica?» continuò lui.
La donna fece un cenno con la testa al cavallo della ragazza « Guarda il cavallo, è sicuramente di razza, o guarda la sella o i suoi abiti: questa non è una plebea. » disse sicura, poi gli fece cenno di tornare al proprio posto.
La Donna Rana si rimise davanti alla sua prigioniera, che ora era impaurita, ma non lo dava a vedere. Le passò il coltello sulla guancia, accarezzandola con la fredda lama, che le aprì un piccolo taglio.
« Sto aspettando » disse poi, con voce calma, come se stesse facendo una cosa normale.
« Non ti dirò niente » affermò convinta Courtney, stringendo i denti. Aveva paura del dolore, ma dentro di lei crebbe anche una forte rabbia e se non fosse stata legata, sarebbe subito partita all’attacco.
Si guardarono per qualche istante, intensamente, per scrutare nell’anima dell’altra.
« No, infatti» esordì poi la donna « Non otterrò niente facendoti del male ».
Courtney trovò strana quell’affermazione; si era preparata mentalmente all’idea di dover soffrire, ma quando la sua rapitrice disse di non aver intenzione di torturarla, fu un sollievo.
« Ma se lo faccio a lui... » fece un cenno all’uomo dietro di lei, poi gli si avvicinò. Courtney fu sorpresa e si agitò nella fune, facendo vedere alla donna che non le piaceva; non l’avrebbe sopportato, avrebbe detto tutto. Avrebbe preferito essere straziata e  flagellata, pur di non vedere altri soffrire a causa sua.
 
§
 
Duncan era ancora stordito dopo il colpo ricevuto alla nuca, che gli provocava un forte dolore. Non riusciva a tenere aperti gl’occhi, ma ogni tanto vedeva piccoli lampi di immagini dell’agguato e degli uomini che lo aggredivano.
Vide di fronte a lui una fitta foresta che gettava un ombra tetra sul luogo, poi vide comparire una sagoma con un coltello. Non distinse il volto per lo stordimento, ma riuscì a vedere che la lama si avvicinava alla sua gamba. Sentì una forte fitta, poi un bruciore si diffuse per tutto il corpo, come se stesse a mezzo metro dal fuoco. Gridò, non voleva farlo, ma non poté trattenersi; la sensazione di avere qualcosa nel corpo che lui non poteva fermare era straziante. Il corpo gli diceva di scappare da quel supplizio, quindi si divincolava nella corda, che però era troppo stretta e impediva qualsiasi tentativo di fuga.
« Devo continuare?» disse la voce, a lui sconosciuta, della torturatrice. Poi una ragazza che, a giudicare dai gemiti, stava piangendo « Ti prego, fermati!». La donna però continuò, girando il coltello nella ferita, che ora spruzzava sangue e che aveva lacerato i muscoli. Duncan stava per svenire ancora, ma lottò per rimanere sveglio, anche se avrebbe sofferto ancora. Non capiva neanche il motivo per cui lo stessero torturando.
Vedendo che la ragazza si ostinava non parlare, la donna le diede un ultimatum: « Se non mi dici immediatamente chi sei, lo ucciderò al tre » disse ed estrasse la spada dal fianco. Non le importava di uccidere, voleva solo sapere ciò che le interessava ad ogni costo. La prigioniera continuò solo a piangere.
« Uno. Due. » Duncan non poteva fare niente; era immobilizzato, ferito e disarmato. Sperava solo che la ragazza le dicesse ciò che richiedeva. Attese, lasciando che gli eventi facessero il proprio corso.
« Tre » urlò la donna, e vibrò il colpo fatale.
 
Angolo Autore
Salve popolo di EFP!
Questo capitolo è arrivato molto tardi rispetto a quanto avessi progettato all’inizio, ma meglio tardi che mai, giusto? Spero vivamente che vi sia piaciuto perché mi appassiona molto scrivere questa storia, anche se molto spesso non trovo il tempo. Mi auguro che appassioni anche voi.
In questi tre capitoli, ho cambiato il simbolo per indicare il discorso diretto ( -,<<,«). Personalmente preferisco il terzo, ma se avete qualche preferenza, dite pure.
Io vi ringrazio tantissimo di aver letto e vi invito a darmi il vostro parere.
Ci si vede!
 
p.s. Ringrazio Princess_Moon e Madness17 per le loro recensioni.
  
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