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Autore: Jessie    28/07/2016    1 recensioni
La prima cosa che vidi nella frazione di secondo in cui la figura si fermò, improvvisamente, a qualche metro da me, fu una copia venuta male di Edward.
Il millesimo di secondo successivo mi accorsi che era un uomo che non avevo mai visto prima. [..]
«Dove hai preso quell’anello?» domandò all’improvviso guardingo.
Spostai sorpresa lo sguardo verso il punto in cui si era fissato il vampiro. Il diamante incastonato all’anello di fidanzamento della madre di Edward scintillava al tenue riflesso del sole che filtrava appena tra le fronde degli alberi.
«È.. il mio anello di fidanzamento..» mormorai colta alla sprovvista.
«No. Quell’anello apparteneva a mia moglie. »
.
E se il passato di Edward Cullen tornasse a fargli visita in modo inaspettato? A distanza di tre anni dalla nascita di Renesmee, la famiglia Cullen, Jacob, Seth e Leah avranno a che fare con una nuova città, un nuovo branco, un nuovo ibrido, una neo-strega e nuove battaglie..
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clan Cullen, Edward Senior Masen, Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Seth Clearwater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Cap.14
 
Izzy


̴ E.C.

 
Guardavo mia figlia con le labbra dischiuse e le dita attorno alla federa del cuscino; la sentivo respirare appena e vedevo sfilare davanti agli occhi immagini vivide dei suoi sogni. Pensai che, se quella notte avessi potuto scivolare in un sonno profondo, lo avrei fatto senza rifletterci sopra un istante.
Troppi pensieri tormentavano la mia mente, troppe frasi interrotte, sentite qua e là senza che potessi davvero metterle insieme.
Ci stavano nascondendo qualcosa e il loro sentore che la mia famiglia, che Bella e Renesmee potessero correre qualche pericolo, mi rendeva ansioso. Incapace di qualsiasi concentrazione.
Bella sembrava, come al solito, terribilmente ottimista in merito. Aveva parlato con mio padre, mi raccontò quella notte, ed erano emerse informazioni interessanti sulla sua amicizia con Ashley. Tuttavia, in fondo, non mi stupii della vicenda che li legava: dal primo sguardo, dal modo in cui si proteggevano con i loro pensieri,avevo capito che si conoscevano da più di una vita umana.
Era una donna senza dubbio singolare, ma, per qualche ragione a me sconosciuta, mi parve degna di fiducia e pericolosa allo stesso tempo. Quando c’era lei in circolazione mio padre sembrava molto più a suo agio di quanto non lo fosse da solo. Come se il suo organismo si ritenesse incompleto senza di lei. Mi ricordò la sensazione che provai quando – ricordavo ancora con incontenibile orrore quel periodo della mia vita – mi allontanai da Bella dicendole di non amarla. Fu paragonabile al sentirmi sradicare metà di me stesso dal resto del corpo, dilaniato ed inutile. Quella insospettabile somiglianza mi rese inquieto e sorprendentemente teso, ma nello stesso momento, un frammento di umano amore figliale, che pensavo fosse andato perduto, risuonò sollevato per poi venire soffocato dal sospetto. Anche il professato amore per mia madre di cui aveva parlato con Bella -  l’unico vero amore della sua vita, aveva sentenziato – scatenò le medesime, contraddittorie sensazioni.
Secondo Bella il rapporto che c’era tra Ashley e mio padre poteva essere paragonato a quello che c’era stato tra lei e Jacob quando me n’ero andato: come se in qualche modo la ferita mai rimarginata nel cuore di mio padre potesse essere riempita da un nuovo sole, un appoggio, una stampella che col tempo aveva sopperito ad una mancanza. E, confrontando le due metà di racconto che mia moglie aveva avuto modo di ascoltare, sembrava una necessità reciproca.
Non seppi cosa pensare, né cosa rispondere, dunque ne presi semplicemente atto. Quell’attesa mi rendeva paranoico e immotivatamente apprensivo. Eppure una parte di me, quella che avrebbe dato tutto l’oro del mondo per leggere i pensieri di Bella, qualche volta, era certa che mia moglie non mi avesse detto tutto.
C’erano decisamente troppi misteri che disturbavano il mio temperamento burrascoso, ma quando l’alba arrivò fummo occupati da ben altri, materiali, fastidiosissimi pensieri.

 
 ̴ B
La notte spesa in chiacchiere, di fronte alla maschera di tensione e modica comprensione di mio marito, fu il preludio di un “risveglio” catastrofico.
A quanto pare le piogge del giorno successivo e precedente al nostro arrivo avevano cominciato a danneggiare l’impianto elettrico mai revisionato della nostra abitazione estiva.
Carlisle l’aveva scelta per il suo essere isolata ed ampia, ma proprio per la sua immersione nel totale verde era rimasta sfitta per decenni.  Nel tentativo di cercare di sistemarlo avevamo perso tempo e non ci eravamo presentati all’orario stabilito. Cercai di convincere Edward ad andare – nessuno a parte Rosalie e forse Jacob avrebbe potuto essere davvero d’aiuto per sistemarlo  - ma lui si rifiutò di incontrare suo padre senza la famiglia. Il sospetto che ci fosse una notizia pericolosa ad attenderlo lo aveva reso ansioso per tutto il tempo.
Quando fu chiaro che non saremmo riusciti a risolverlo nel giro di poco tempo, decidemmo di avviarci a casa Masen, in ritardo di due ore e mezza. Alice, che era andata a caccia all’alba, insieme a Jasper, rientrò saltellante poco prima che partissimo, annunciando che il guasto sarebbe stato risolto nel giro di due giorni – anche meno se Emmett e Jasper avrebbero aiutato Rose – e che ci vedeva ospiti dal padre di Edward Masen per un po’, anche se l’immagine sparì all’istante: secondo Alice questo dipendeva dal fatto che anche Jacob, Seth e Leah sarebbero venuto con noi. Se infatti per noi vampiri non era indispensabile usare gli elettrodomestici (malgrado la televisione, lo stereo e tutti gli aggeggi che le mie cognate usavano per torturarmi i capelli), per i tre Quileute era naturalmente necessario. Di sicuro, Seth, che aveva fissato degli appuntamenti in giornata per guardare un paio di college in California e sarebbe rientrato la sera stessa, non avrebbe avuto problemi a dormire in una casa piena di vampiri. Com’era chiaro invece, Leah, che si era già rifiutata di dormire a casa nostra (e se Ashley non l’avesse ospitata, avrebbe dormito di fuori sottoforma di lupa) sarebbe stata un’altra storia. Era rimasta poche ore sotto lo stesso tetto del branco e poi era ripartita all’alba per raggiungere lo Utah di corsa – ad una velocità umana ci sarebbero volute almeno sette ore – e terminare l’ultimo giorno di lavoro.
Altrettanto ovvia fu la riluttanza da parte di Edward nel chiedere un favore a suo padre. All’inizio si limitò a chiedere a sua sorella, impaziente, di vedere le sorti di quell’incontro, ma ne rimase molto deluso: a quanto pareva nella mente di Alice vorticavano immagini confuse che sembravano girare intorno alla stessa figura vampiresca di cui mi aveva parlato mio marito; le fotografie sfuocate del futuro ad un certo punto tendevano inevitabilmente a sparire. Pensai a quello che avevo sentito su Joana, ed immaginai una donna dai capelli rossi  e gli occhi dorati volteggiare con grazia; il secondo scenario la vedeva a terra, umana in un lago di sangue. Rabbrividii all’idea che il secondo potesse essere quello esatto. Come mai, però, le immagini si eclissavano? Era solo per i mutaforma?
Così, armati di mille domande, reticenza e  bagagli a mano, io, Esme, Emmett, Rose, Alice, Jasper, Jacob e Renesmee – Carlisle era dovuto precipitarsi a lavoro -  raggiungemmo la villetta di Edward senior e lo trovammo seduto insieme ad Ashley su una sedia di plastica. Quando arrivammo  gli aveva poggiato una mano sul polso e lo aveva guardato in segno di incoraggiamento, al quale aveva risposto con un piccolo sorriso speranzoso.
«Siamo terribilmente spiacenti.» cominciò mio marito in tono piatto «L’impianto elettrico della casa ha subito un grave guasto e abbiamo cercato di aggiustarlo ma pare ci vorrà qualche giorno.. Ci chiedevamo..»
«Può ospitarci per un paio di notti signor Masen? Nel giro di due giorni Rose, Jazz ed Emmett ripareranno il danno, glielo assicuro» intervenne Alice impaziente, strizzando un occhio. Mio marito la fulminò con lo sguardo, ma Edward Masen ne sembrò molto lieto. Nervosamente, lieto..
Vidi mio marito aggrottare la fronte fissando suo padre, ed immaginai che avesse letto un pensiero che non voleva leggere.
«Certamente..» disse suo padre per poi indicare il piano di sopra «C’è una stanza per gli ospiti al secondo piano e la mia stanza da letto; c’è una sala con un divano letto sopra il garage della dependance. E se non vi dispiace, in mansarda c’è una sala relax con delle chaises longues..»
«Qualsiasi posto andrà bene. » intervenne dolcemente Esme con un sorriso «Non abbiamo necessità di dormire e non vogliamo arrecare troppo disturbo. Ci basterà un posto dove appoggiare temporaneamente le nostre cose, e per far riposare mia nipote e i nostri amici quileute..»
Rosalie si fece avanti seguita da Emmett e con aria di sufficienza annunciò che si sarebbe messa nella dependance. Sospettai che fosse per tenere alla larga l’odore di mutaforma il più possibile.
Senza aspettarsi risposta, con due balzi saltò sulla finestra e vi lasciò le sue cose, per poi ritornare a terra verso di noi. Molto probabilmente, anche se aveva l’aria di essere molto spaziosa, avrebbe fulminato chiunque avesse proposto di dividerla con loro, soprattutto la notte. Be’ come dargli torto, se avessimo potuto io ed Edward avremmo..
«Be’, due li abbiamo sistemati..» mormorò distratto Edward Masen «Venite, da questa parte.»
Gentilmente ci condusse al piano di sopra e ci indicò la sua stanza sulla destra e la stanza degli ospiti sulla sinistra. In mezzo c’era una porta semi aperta da cui s’intravedeva il bagno ed un’altra misteriosamente chiusa. Che fosse uno sgabuzzino? Aveva tutta l’aria di essere l’ingresso di una stanza, come tutte le altre..
Alice ci superò, raggiungendo la mansarda come se fosse stata in quella casa già svariate volte, decretando  che sarebbe stata la sistemazione temporanea di lei, Jasper, Carlisle ed Esme, mentre il letto della stanza degli ospiti – quella che nelle visioni ovviamente spariva -  nella quale c’era la possibilità di aggiungere una branda, sarebbe stata per Jacob e Seth. Sebbene le previsioni di Alice erano difficili da contraddire, i due amici erano parecchio dubbiosi per via di Leah: sapevo che Jacob sarebbe rimasto di buon grado accanto a Renesmee, e che Seth non aveva problemi a seguirlo, ma con sua sorella non sarebbe stato altrettanto facile. Fortunatamente Ashley propose di ospitarla di nuovo da lei e la questione fu risolta. Quando aprirono l’ampia stanza degli ospiti fummo sorpresi di non sentire nessun particolare odore vampiresco invadere le narici. Forse nessuno ci aveva messo piede da un po’. Eppure sembrava pulita e lucida come uno specchio.
Un altro bel mistero.
Quanto a me ed Edward, ci sistemammo nella camera di Edward senior. Nonostante insistemmo per appoggiare semplicemente le nostre cose e farci dormire solo Renesmee, non ci fu verso per fargli cambiare idea.
Concluso il tour del piano notte, ci riunimmo dove Ashley ci aspettava, seduta su una poltrona del salotto. Ci disponemmo tutto in cerchio, in attesa e la stanza si fece improvvisamente densa di tensione e curiosità.
Quando Edward Masen si parò davanti a noi e parlò, sentii mio marito irrigidirsi e schiudere le labbra.
«Speravo di avere più tempo, spiegarlo con calma ma, date le circostanze dovrò farlo subito.. Non so bene come dirvelo – e immagino che Edward lo stia vedendo ora nella mia testa – ma..»
«Hai una figlia.»
Ci voltammo verso Edward, che aveva interrotto suo padre con quelle tre semplici parole, tombali. Lo guardava con un misto di disapprovazione e sorpresa.
La prospettiva di passare un paio di giorni sotto lo stesso tetto ora rendeva la casa improvvisamente più stretta ed angusta di quanto non lo fosse mai stata.
«Era questo che mi tenevi nascosto.» riprese con la stessa freddezza.
Edward Masen tentò di fare un debole sorriso riparatore:«Mi sarebbe piaciuto spiegare tutto prima del suo arrivo ma temo di non potere. Sta per arrivare, è in anticipo, e.. Pensavo sareste arrivati due ore fa.» alzò le braccia parandosi con le mani, in segno di resa «Prometto di spiegarvi tutto. Quello che posso dirvi è che è un ibrido, proprio come Renesmee.»
Lo guardammo tutti sgranando gli occhi – tutti tranne mio marito, che lo scrutava teso e senza l’ombra di un sorriso – mentre Edward senior cercava di indorare la pillola.
«Ho incontrato una donna, una decina di anni fa. Una strega. » spiegò, guardando più che altro suo figlio nello stesso modo in cui si guarda un cane rabbioso che si cerca di calmare «Ci siamo innamorati, o almeno così credevamo.. Le cose.. Non sono andate bene tra noi..»
Di nuovo, l’eco delle parole di Ashley tornò a rimbombarmi in testa. Voleva forse dire che Joana era morta di parto?
Il momento che precedette la mia trasformazione si fece spazio occupando una vastissima parte della mia altrettanto vasta capacità di pensiero, e rabbrividii. Essendo un fenomeno tanto raro quanto impensabile – malgrado Nahuel e lo “scienziato” Joham – quasi nessuno sapeva cosa comportasse avere una relazione con un vampiro.
«È nata circa 6 anni e mezzo fa. La Congrega a cui apparteneva Joana disse che sarebbe stato un mostro da abbattere; Makeda invece ne sapeva di più e ci raccontò alcune leggende. Confermò che sarebbe arrivata a maturazione circa sette/nove anni dopo la nascita.» annuì a se stesso e inchiodò gli occhi, ancora ardenti, di mio marito «Abita qui, con me. Era a Sacramento, da sua madre. »
Spalancai la bocca sonoramente a quelle parole: quindi sua madre era viva? Dopotutto era una strega.. Allora la madre di questa misteriosa sorella, era una vampira?
Se vivevano in due case diverse allora questo voleva dire che..
“Non andò a finire bene tra loro…”
«Mi piacerebbe che.. Conoscessi la tua sorellastra. » continuò con debole convinzione «Anche lei lo ha saputo solo due giorni fa..»
Nessuno emise un fiato. Eravamo tutti scossi, ed incuriositi. Edward, naturalmente, più di tutti.
Era diventato di pietra, con le mani serrate in due pugni. Immobile come fosse un Gargoyle.
Suo padre, vistosamente a disagio, aprì la bocca per dire qualcosa ma dopo qualche secondo la richiuse.
Avevamo tutti mille altre domande, ma nessuno si arrischiò a parlare. Ero preoccupata per Edward, che fissava suo padre come se potesse incenerirlo con lo sguardo. Sembrò tradito, in qualche modo.
Eppure per una frazione di secondo, non potei fare a meno di immaginare come fosse. Aveva i capelli biondi come suo padre? Di che colore li aveva Joana? E i suoi occhi? Avrebbe avuto qualcosa di suo fratello?
Era lei che lo aveva cambiato così tanto? Ripensando alle parole di mio marito, sul suo ricordo sbiadito e sgradevole del padre in vita, e confrontandolo con l’immagine gioviale del vampiro che avevo conosciuto, forse non era un’idea così assurda.
Ma perché mentire su una cosa del genere?  C’era dell’altro? O era solo paura di una pessima reazione?
Mi sentii spezzata in due. Da una parte ero stranamente, o forse stupidamente, emozionata all’idea di conoscere un’altra effettiva, biologica parente di Edward. Qualcuno che avesse un qualche legame con la sua vita umana, anche se non ne aveva fatto parte. Dall’altra parte le domande irrisolte e tutta quella segretezza non mi piacque per niente.
In quel silenzio incessante, sentimmo appena il rombo di un motore, lontano, che si spegnava bruscamente. Doveva essere vicino, ma non così tanto.
Edward tentò un sorriso, rivolto a noi, che nessuno ricambiò:«Sono loro. Venite..»
Ci mettemmo un po’ a seguirlo fuori; Edward sembrava assolutamente paralizzato. Fu solo quando scambiò uno sguardo con il mio, preoccupato, che ci avviammo insieme. Mi accorsi poco dopo che solo io e lui avevamo proseguito insieme ad Edward senior, oltre il porticato porticato. Forse gli altri volevano lasciarci un po’ di privacy? Probabilmente avrei dovuto aspettare anch’io indietro.. Eppure la mano di Edward, come se avesse letto nei miei pensieri, sfiorò la mia. Era nervoso e contrariato. Ma forse un po’..curioso?
L’afferrai e la strinsi con solidarietà per un po’ poi la lasciai andare.
«Arriveranno da là, c’è un sentiero..» disse indicando un punto laterale della boscaglia, dal quale provenivano dei rumori sempre più frequenti di passi duplicati. Portammo tutti il volto in quella direzione e ci mettemmo in attesa.
Dopo qualche minuto, due donne apparvero sullo spiazzo trovandosi nove paia di occhi puntati addosso.
Mi aspettai che la somiglianza biologica e quella tra vampiri le accomunasse, mi aspettai di vedere due alte figure marmoree ed impeccabili. Con mia grande sorpresa –e non fui l’unica- non fu così.
Dopo il primo secondo, durante il quale la mia vista distingueva i particolari più ovvi, sentii quello che non credevo di sentire: non c’era solo un cuore, accelerato, come quello di Renesmee, a battere. Ce n’era anche un altro. Umano.
La figura più anziana non aveva nulla di sovrannaturale che potessi carpire. Era umana. Ed era viva.
Sgranai gli occhi: aveva partorito una mezza vampira, ed io sapevo cosa significava, lo ricordavo ancora bene. Avevano dovuto trasformarmi perché vivessi, perché le ossa e i tessuti spezzati si rigenerassero. Lei, a parte qualche evidente segno dell’età, sembrava normale. Era sopravvissuta in forma umana? O forse non era lei Joana? Era più plausibile, in effetti.. Ma chi era allora e che ci faceva lì?
Le guardai entrambe, con attenzione. Sembravano avere poco in comune. Una era alta e secca, ossuta, ma non in modo malato. Sembrò.. Fragile, delicata nei lineamenti, anche se aveva l’aria di avere circa quarant’anni. Aveva lunghi capelli color cannella che in molti tratti d’ombra si facevano rossicci; le sfioravano appena le scapole e sembravano irregolarmente mossi, alternandosi tra pseudo-boccoli e strane onde. Ci fissava, uno ad uno, in una posizione rigida e senza sorridere; gli occhi stretti quasi in due fessure. L’altra, la mezza vampira, era diversi centimetri più bassa e sembrava più piazzata, muscolosa. Malgrado non dimostrasse molto più di sedici anni, le sue curve sinuose erano già parecchio marcate – io sicuramente non avevo mai ereditato quelle linee del seno o del bacino da Renée: alla sua età era poco più piena di una tavola da surf. I suoi capelli, lunghi, forse fino a metà schiena, e molto mossi, erano di un colore indefinibile, quanto quello della madre, ma totalmente diverso: un biondo-rossiccio, più tendente all’arancione, probabilmente.
Inutile dire che fosse bellissima.
«Joana.»
Joana Finch. Era davvero lei.
Allora non era una vampira. Era sopravvissuta.  
Non era possibile, lo sapevo,  - credevo di saperlo - ma era tutto davanti a me. Ci eravamo sbagliati allora? Ero io ad essere stata troppo debole, o avevamo usato l’approccio sbagliato? Era sopravvissuta davvero da umana?
Edward Masen aveva pronunciato quel nome con aria neutrale, ma si avvertiva bene una certa tensione sottotante. Più che amichevole o educato sembrava forzatamente piatto. Con la coda dell’occhio vidi che le face un cenno con la testa.  La donna ricambiò annuendo con la stessa aria innaturale. Sembrò irritata.
Ci aveva fatto capire che le cose tra loro si erano messe male, ma non pensavo fossero rimasti così poco idilliaci..
Sentii un sospiro lontano, quasi impercettibile e subito lo associai alla mezza vampira. Mentre passava velocemente in rassegna la fila di vampiri in lontananza, aveva un’espressione indecifrabile – quasi indifferente?- e quando posò lo sguardo su di me, si trattenne più a lungo. Ero curiosa di sapere cosa pensasse Edward e posai lo sguardo verso di lui. Aveva gli occhi fissi sulla ragazza ma non  riuscivo a capire l’emozione dentro la sua maschera statuaria. Che fosse teso e cupo, era abbastanza ovvio.
Riportai gli occhi avanti ma  vidi la mezza vampira girata di spalle verso sua madre, che sembrava fissarla con grande attenzione e serietà. Mosse le labbra per darle raccomandazioni e poi la baciò in fronte con uno sguardo improvvisamente addolcito. Quando alzò la testa la sua espressione era tornata severa, squadrando un’ultima volta la famiglia Cullen sotto al portico. Che strano, era come vedere due persone che si alternavano di personalità.
Si soffermò verso l’angolo sinistro con la stessa asprezza. Con la coda dell’occhio individuai la figura di Ashley appoggiata ad una colonna a braccia conserte, che come al solito se ne stava in disparte ad osservare e monitorare la situazione. 
La salutò garbatamente ma moderatamente. In tutta risposta la donna  fece un cenno di saluto brusco sollevando appena il mento, e, dopo aver sventolato seccamente una mano verso di noi, si voltò e sparì a gran passi dietro al folto degli alberi, lasciando la mezza vampira sola.
La ragazzina in questione sembrò esitante mentre sbirciava verso il punto in cui Joana Finch se n’era andata, ma la vidi sorridere all’istante, guardando verso quello che, ne ero sicura, era il sorriso di suo padre. Con un paio di balzi da vampira si librò nell’aria e si catapultò verso di lui, che l’afferrò per i fianchi e poi la lasciò poggiare delicatamente i piedi per terra.
Li sentii ridere mentre la sua chioma folta affondava contro il petto di Edward Masen, che aveva già le braccia pronte ad avvolgerla. La sua espressione era beata e luminosa come quel mattino in cui aveva visto Edward decidere di fargli visita mentre lavorava in dependance.
Quando lo sentii darle il bentornata stampandole un bacio sulla testa – nello stesso affettuoso modo in cui Edward dava la buonanotte a Renesmee – non potei fare a meno di provare tenerezza.
Attenta a non fare nessun movimento brusco guardai di sbieco mio marito, che li osservava con un misto di apatia e confusione in viso. La notizia di avere una sorella lo aveva sconvolto, era evidente, ma non fui del tutto sicura che fosse solo questo. Mentre guardava, con gli occhi persi nel vuoto, la chioma fiammeggiante della mezza vampira mi chiesi se non sentisse un po’ di amarezza. Il padre, che in vita aveva dedicato così poche attenzioni alla famiglia poteva essere davvero la stessa persona che scompigliava i capelli di sua figlia e scioglieva l’abbraccio con dolcezza, mentre faceva un cenno nella nostra direzione? Non lo credei possibile, e forse nemmeno Edward. Era teso, e i suoi occhi s’inchiodarono automaticamente su quelli della sorellastra.
Da così vicino scorgevo tratti nuovi di quella figura adolescenziale misteriosa. Era molto difficile fare un paragone con un’età umana: se mi era sembrata una sedicenne da lontano, ora vacillava tra i quindici ed i diciotto. Il volto era la copia sputata di quello di Edward senior, ad eccezione fatta per la rotondità più infantile. Pure i capelli, che da una certa angolatura brillavano più accesi del bronzo, avevano qualcosa di quel biondo cenere del padre. Gli occhi però, piccoli ma intensi, dovevano essere della madre; d’ambra ma con miscelature verdognole che brillavano al sole come smeraldi. Sembrava nervosa, e non sorrideva granché mentre cercava di evitare lo sguardo di fuoco di mio marito… Che inaspettatamente fece un sorriso piccolo, ma spontaneo. Ormai conoscevo Edward: sicuramente qualcuno aveva pensato qualcosa di buffo. Quando, mentre la ragazza osservava rapidamente gli altri, sentii Edward trattenere a stento una, seppur spenta, sincera risata, ne fui sicura. Incrociai il suo sguardo, che stava cautamente puntando a terra, nella speranza di non tradirsi,  e scosse appena la testa.  
Edward Masen – che alla presenza della ragazza era tornato di buon umore -  era impaziente di presentarci sua figlia, che restava sempre con quell’espressione difficile da decifrare. Sembrava neutrale, ma nervosa. Come qualcuno che non ama essere al centro dell’attenzione. Sospirai: la capivo perfettamente.
«Famiglia Cullen, Edward: vi presento mia figlia, Isobelle.»
La mia testa scattò automaticamente verso la sua, che già aveva intercettato il mio sguardo, annuendo con un sorriso.
«Bella..Come “Isabella”?»
«Esatto».
Notai l’ombra di una risata sulle sue labbra, come se si fosse ricordato qualcosa di divertente. Lo osservai confusa ma la sua espressione enigmatica rimase a sostenere il mio sguardo con aria beffarda, senza aggiungere nulla..
Ora capii la sua reazione ambigua di quando ci eravamo presentati, al nostro primo incontro.
Sorrisi divertita da quella coincidenza,mentre Isobelle guardava suo padre di sottecchi incuriosita.
«Isobelle, questa è Isabella » annunciò ironico. Emmett dall’angolino ridacchiò alzando gli occhi al cielo.
La mia quasi omonima non parve convinta così mi affrettai ad allungare la mano nella sua direzione. Non doveva essere semplice neppure per lei. Edward on era l’unico ad aver ricevuto una notizia shock dopotutto..
«Bella» corressi  cercando di mostrarmi amichevole. In tralice lanciai un’occhiata verso mio marito sperando che facesse lo stesso. Ma lui non disse nulla, osservando la mia mano muoversi, apatico.
Un istante dopo, come risvegliato da un coma, la sua fronte si era aggrottata e il suo sguardo aveva incatenato quello di Isobelle.
«Izzy» borbottò lei liberandosi di buon grado dalla presa dei suoi occhi e stringendomi la mano. Sospirò, come se stesse pensando qualcosa tra sé e sé. Le labbra le si mossero appena, mute.  Probabilmente imprecazioni..
Dietro di noi Alice ed Esme risero in sincrono, divertite dal nostro modo complementare di abbreviare i nomi. Mi sentii avvolgere da un senso di rilassatezza e tranquillità, come se il suono di quelle risate avesse acceso in me il buon umore. A meno che..
Guardando di sottecchi Edward, che scrutava Jasper leggermente irritato, immaginai che tutto questo fosse opera sua. Era chiaro.
«Come ti ho anticipato, questa è Renesmee.. Un ibrido come te.»
A queste parole, pronunciate da Edward Masen, mi voltai di nuovo verso mia figlia che, rannicchiata tra Jacob ed Esme, stava guardando Isobelle, nel suo perfetto sorriso smagliante.
«Oh no» disse subito Izzy scuotendo la testa con un mezzo sorriso.
Per una frazione di secondo, prima che terminasse la frase, sentii una strana rabbia infantile risalirmi dai piedi alla schiena. Com’era concepibile non trovare Renesmee più che straordinaria? Mi sentii come la più sciocca delle madri. E anche parecchio stupida.  Diventare madre mi aveva fatto perdere la testa..
 «..Io non ero decisamente così carina alla sua età.» concluse sorridendole nello stesso modo luminoso di suo padre.
Mi rilassai subito. In qualche modo quell’essere straordinario che era Renesmee aveva stregato anche lei.
Con impazienza vidi mia figlia farsi spazio per raggiungerla e mettersi davanti a lei. Ormai si era alzata parecchio e le arrivava al mento. Si alzò di un soffio in punta di piedi per toccarle il viso. Il suo gesto m’incuriosii nello stesso modo in cui aveva stranito l’altra mezza vampira: chissà cosa voleva dirle. Notai Edward con lo sguardo intento a captarne ogni pensiero.
Esattamente com’era successo a tutti i vampiri ospiti a Forks, tre anni prima, il modo di raccontare di Renesmee causava la stessa espressione stupita, che portava gli occhi a sgranarsi mentre fissavano un punto indistinto. Dopo qualche secondo Izzy batté le palpebre un paio di volte e fissò mia figlia confusa, mentre abbassava la manina corrugando la fronte contrariata.
Edward sospirò, e feci in tempo a vederlo alzare gli occhi al cielo scuotendo la testa come disapprovando. «Renesmee può mostrare immagini, pensieri, ricordi, attraverso palmo della mano.» spiegò, senza guardare la sua sorellastra molto a lungo.
«Oh» si limitò a dire lei spiazzata, mentre riportava la testa in direzione di Renesmee. Mia figlia sospirò e i suoi occhi si fecero quasi tristi.
«Questo è molto interessante..» mormorò  Edward Masen. L’altro Edward invece, come se lo avesse appena sentito qualcosa di importante, si voltò verso di lui, stupito e teso allo stesso  tempo.
Ma le mie attenzioni andavano tutte verso quello scambio di pensieri tra le due mezze vampire: cosa aveva fatto diventare così pensosa mia figlia? Mi parve di leggere nei suoi grandi occhi teneri un senso di desiderio nostalgico e.. Ammirazione, nel modo in cui osservavano quelli verdognoli di Izzy.
Isobelle scosse impercettibilmente la testa e la fissò dritta negli occhi, concentrata. Restarono così per qualche istante, poi la prima le fece un sorrisetto beffardo e Renesmee ridacchiò nella sua risata melodica ed armoniosa. Negli occhi misti di Izzy scorsi un senso di tenerezza e rassicurazione che in qualche modo tranquillizzò anche me; era bello pensare che forse, ancora una volta, proprio mia figlia potesse diventare un punto d’incontro. Era il primo mezzo ibrido femmina con cui si trovava ad interagire, inoltre, e doveva essere interessante per lei, scoprire nuovi lati di se stessa.
Non potei dire lo stesso di  Jacob, che, lo avevo notato, aveva avuto più o meno le mie stesse reazioni, ma non si era rilassato del tutto.
«Che le ha mostrato?» domandò aggrottando le sopracciglia in direzione di Edward.
Di certo in quel momento avrei pagato tutto l’oro del mondo per scoprire di cosa avessero parlato. Ma mi sembrò sgarbato chiederlo in questo modo.
«Niente di importante.» sintetizzò lui, con un tono di voce piatto «Renesmee faceva apprezzamenti su Isobelle e viceversa.»
«E viceversa?» domandai subito strabuzzando gli occhi. Lo avevo detto un istante prima che lo dicesse Jacob, e ancora non riuscivo a capacitarmene. Renesmee aveva un dono più potente di quello che pensassimo o questa Isobelle..?
«Isobelle ha un dono..» intervenne di nuovo Edward, paziente «Può comunicare telepaticamente con qualcuno.»
Un altro dono psichico, simile a quello di Edward e Renesmee. Quindi poteva mandare messaggi, senza che ci fosse il bisogno di toccare qualcuno? E questo qualcuno poteva rispondere? O forse era limitato solo, come Renesmee, al mostrare?
Nel momento in cui vidi l’espressione confusa di Isobelle realizzai che nemmeno lei fosse al corrente del fatto che Edward leggesse nei pensieri. Si stava sicuramente domandando come facesse ad avere tutte quelle informazioni su uno scambio avvenuto tra  le loro menti. In situazioni come questi ringraziavo una qualsiasi divinità per avermi fatto dono di uno scudo psichico.
Edward Masen si fece avanti posandole una mano su una spalla, comprensivo: «Izzy, anche Edward ha un dono. Può leggere nel pensiero. »
L’orrore che le passò davanti agli occhi mentre guardava di sfuggita il suo fratellastro e poi di nuovo suo padre, fu piuttosto palese.
«Benvenuta nel nostro mondo di comuni immortali..» ridacchiò Emmett sintonizzato sugli stessi pensieri.
Immaginai che si stesse chiedendo cos’avesse sentito dei suoi ultimo pensieri, una specie di esame di coscienza. La sua espressione era dubbiosa e pensosa, e quando Edward sogghignò di nuovo – perlomeno era un po’ meno teso di prima – Isobelle arrossì spostando la testa altrove, in direzione di Emmett, Rose e Jasper. Si soffermò su Rosalie, riprendendo il naturale colorito chiaro delle guance.
«Rendereste partecipi anche noi?» irruppe Alice, imbronciata.
Di quella conversazione non verbale in effetti gli unici ad averci capito qualcosa dovevano essere Isobelle ed Edward, che un secondo prima aveva alzato gli occhi al cielo, annuendo impercettibilmente a qualche domanda che aveva sentito.
Approfittai di quel breve momento di distrazione generale per accostarmi all’orecchio di mio marito e mormorare, quasi senza emettere un suono:«Qualcosa di divertente?»
«È buffa..» tagliò corto lui, sussurrando alla stessa frequenza, senza farsi sentire. Capii che me lo avrebbe raccontato più tardi e non insistetti, contenta che la valutazione fosse buona.
«La testa di Izzy è un vulcano, ama scherzare. » spiegò, altrettanto enigmatico, Edward Masen «Di sicuro ci avrà letto qualcosa di esilarante..»
Guardò divertito mio marito, sperando di trovarlo dello stesso avviso. Invece il mezzo sorriso di Edward  junior si spense, e lo vidi fissare severamente suo padre. Aveva tutta l’aria di chi si aspettasse più informazioni di quelle che gli aveva dato, conciso, Edward Masen.  Aveva l’espressione di una persona diffidente. Non potei dargli tutti i torni, in quel frangente; perché tenere nascosta una cosa del genere, tanto innocua?
La testa del mio Edward scattò per un attimo verso quella di Isobelle, richiamato probabilmente da un suo pensiero, e intravidi i suoi occhi stringersi in due fessure, per poi ritornare su suo padre. Mi accorsi che anche l’espressione della sua sorellastra si era fatta di nuovo poco amichevole. Visto il modo in cui Edward aveva cambiato repentinamente umore, non era così strano che si fosse messa anche lei sulla difensiva..
A rompere quell’imbarazzante momento di silenzio si fece avanti Ashley, sospirando annoiata. Scoccò una sbirciata allusiva nei confronto del suo migliore amico e poi si fissò, affettuosamente, su Isobelle:«Ehi ‘Belle che ne diresti di andare a fare un saluto agli altri mentre tuo padre sistema gli ospiti? Gli sei mancata molto.»
«Ospiti?» ripeté confusa cercando gli occhi di suo padre.
«Hanno un guasto all’impianto elettrico, gli ho offerto un posto in cui stare; ci vorranno un paio di giorni. » spiegò, con meno brio del solito.
«Ma certo..» borbottò la rossa senza convinzione per poi tornare a guardare Ashley. Non ne sembrò particolarmente entusiasta, ma i loro sguardi intensi parevano comunicarsi qualcosa.
«Se volete scusarmi..» mormorò lanciando un’ultima occhiata fugace verso Renesmee, per poi sparire con Ashley verso le fila degli alberi opposti da quella da cui era venuta.
Restammo in silenzio per alcuni secondi, lunghi quanto un’eternità. Ogni rumore, seppure minimo sembrava di troppo in quell’atmosfera elettrica e carica di tensione.
Mi voltai verso Edward e quando vidi il suo sguardo infiammarsi temetti il peggio. Le nocche si fecero sempre più evidenti mentre la stretta dei suoi pugni aumentava.
«Mi dispiace.. So che avrei dovuto parlarne. » cominciò con aria colpevole  suo padre «Immagino sarai molto scosso.. Ma.. In fondo sarebbe stato un po’ indelicato e complicato se..»
«Non c’è nulla di complicato invece.» lo interruppe tagliente «È da quando ci siamo incontrati che hai continuato ad eludere ogni cosa. E, sebbene della mia mente umana siano rimasti brandelli di immagini nebulose, sono piuttosto sicuro di affermare che questo non sia cambiato per niente da allora.»
«Hai ragione. Non sono mai stato un buon padre» disse addolorato «Ma se tu potessi solo..»
«Sono passati più di novant’anni da quando siamo ufficialmente morti. E ti aspetti che accetti tutto questo senza nessuna obiezione? » ribadì alzando appena il tono di voce e digrignò i denti.
«Edward..» sussurrò Esme desolata.
Gli occhi di mio marito erano accesi dalla collera, ma restava immobile senza perdere contatto visivo nemmeno per un momento. Non lo avevo più visto così dalla notte in cui mi salvo la vita a Port Angeles.
«No, non intendevo questo.» si affrettò a dire «Io.. Se avessi saputo che fosse anche solo una possibilità che tu fossi vivo io..»
«Risparmia il fiato. » tagliò corto sprezzante «Se continuassi a parlare sarei profondamente irrispettoso nei confronti della mia famiglia.»
Lo disse con un’enfasi particolare sulle ultime due parole, lanciando una rapidissima occhiata alle persone che aveva attorno a sé, come per chiarire il concetto. Era forse la prima volta che lo sentivo essere così velenoso, ma sapevo che aveva tenuto dentro di sé troppi pensieri e troppi sentimenti, che ora faticavano a non esplodere. Fui convinta che dietro quell’ultima frase c’era un muro di rabbia che spingeva per uscire fuori. Ed Edward sapeva che se l’avesse permesso non se lo sarebbe mai perdonato.
Posai una mano sulla sua spalla fino a che non si voltò a guardarmi, allentando l’espressione furiosa.
«Edward, ascoltiamo la storia che tuo padre ha da raccontarci. » spostai lo sguardo sull’uomo profondamente triste che avevo di fronte e mi rivolsi a lui «Aveva detto che ci avrebbe spiegato di Isobelle non appena avessi potuto, vero signor Masen? »
Usare il tu invece che il Lei in questa occasione avrebbe di sicuro infastidito ancora di più Edward..
L’uomo annuì nervosamente e prese fiato, come per farsi coraggio.
«Ho incontrato Joana circa tredici anni fa, ad una festa folkloristica di New Orleans. In quel periodo me ne andavo in giro da solo; Ashley era andata in Europa alla ricerca delle sue radici di mutaforma, e io non volevo interferire – non tutti erano clemente come lei nei confronti di un vampiro. » scrollò le spalle «Joana vendeva amuleti, acchiappa sogni e spezie esotiche ad una bancarella. Mi riconobbe subito come vampiro, lanciandomi una frecciatina amichevole ed io capii che non potesse essere altro che una strega. Parlammo un po’ e venne fuori che discendesse dai Finch: sua nonna era Hazel, la strega che mi aveva dato l’anello diurno. Mi parlò della sua Congrega di streghe, a Brownsville, e mi lasciò il suo recapito. »
Fece una breve pausa mostrandoci un mezzo sorriso pensoso:«Joana era una donna molto affascinante e parecchio sicura di sé. Non avevo mai interagito molto con gli umani, soprattutto con qualcuno che sapeva cosa fossi, e mi accorsi che mi ero sentito molto a mio agio. Presi in considerazione l’idea di farci un salto, a Brownsville, ma Ashley mi propose di raggiungerla in Spagna, e così me ne dimenticai per un po’. Fu qualche anno dopo, mentre eravamo in Australia, che mi tornò in mente. Ash aveva trovato un branco di mutaforma tutto al femminile ed io la incoraggiai, a malincuore, a restare con loro; era giusto che potesse confrontarsi con qualcuno della sua stessa specie. Così me ne tornai in America, diretto a Chicago, ma ritrovai quel bigliettino che mi aveva lasciato Joana e pensai di andare a farle visita laggiù, scoprire qualcosa di più su di me e rivedere quella donna. Fu molto sorpresa di rivedermi ma ne sembrò felice. » si fece serio in volto mentre guardava Edward con aria colpevole «La cosa che mi aveva colpito da subito fu la somiglianza con tua madre, Elizabeth.  In qualche modo fu.. Rassicurante. »
Mio marito Edward abbassò lo sguardo carico di amarezza mentre suo padre fece un sospiro.
«Da quel giorno cominciai ad andare a trovarla spesso al negozio gestito dalla sua Congrega, e mi affezionai a lei, diventammo buoni amici fino a che capii che forse c’era qualcosa di più.. Ovviamente, nonostante fossi allenato a resistere di fronte al sangue umano, era difficile starle accanto a quel modo. L’istinto era sempre in agguato, e mi sembrava assurdo pensare di avere un futuro con una strega. Insomma: era umana, poteva invecchiare, era fragile; avrei potuto farle del male senza volerlo. Non sapevo cosa pensasse di preciso Joana sulla vita immortale ma ero piuttosto sicuro che non era ciò che avrebbe voluto.. Eppure riuscimmo a stare insieme, passammo dei bei momenti tutto sommato. »
SI fermò spostando gli occhi sulla cornice di fronte all’entrata e si fece malinconico:« Pensai che forse.. Sarei riuscito a dimenticare Elizabeth. » riuscì a fare un breve e faticoso sorriso amaro «Fu un’idea molto stupida, e lei se ne accorse.»
Edward lo guardò a lungo senza dire nulla ma sentii che qualcosa nei suoi occhi si era sciolto, spezzato. Probabilmente entrambi capivamo molto bene cosa potesse significare non poter vivere senza l’amore della propria vita.
«La sua Congrega naturalmente sarebbe stata contraria a qualsiasi tipo di unione, così agimmo sempre di nascosto » riprese bruscamente Edward Masen, tornando ad accigliarsi «Ma non potemmo fingere a lungo: Joana si accorse di essere rimasta improvvisamente incinta, come se il suo corpo fosse esploso da un giorno all’altro. Ci spaventammo a morte: nessuno dei due aveva mai sospettato una cosa del genere » sospirò con occhi affaticati «L’unica cosa da fare era parlare con la Congrega, e sperare che potessero aiutarci; in fondo se ne sarebbero accorte comunque..  Non è necessario che dica quanto ne rimasero disgustate ed allarmate; dissero che Izzy era un abominio, un aborto di natura portatore di sventura e morte.»
Alle sue parole sussultai ed Edward mi sfiorò la mano; con la coda dell’occhio vidi che la sua espressione era colpevole. Perché anche la famiglia Cullen lo aveva pensato di Renesmee. Con la mano libera cercai quella di mia figlia che ascoltava seria e tesa.
« Non avevano mai conosciuto un ibrido, ma erano certe che l’avrebbe uccisa. » socchiuse appena gli occhi contrariato, mentre Jacob borbottava qualcosa  «Com’è ovvio le dissi che era pericoloso e che non poteva rischiare così tanto. Joana all’inizio era dubbiosa: si fidava ciecamente della propria sorellanza ma d’altra parte l’istinto materno la bloccava. Quando mia figlia cominciò a spezzarle le ossa e la ridusse ad un fantasma si spaventò, e cominciò a credere che fosse come le avevano detto.  Io non sapevo cosa fare, ero sconvolto e mi sentivo tremendamente in colpa. Mi sfogai con Ashley, che allora aveva appena cominciato a costruirsi una vita a San Francisco. Mi disse che Makeda conosceva molte leggende, e che forse avrebbe potuto aiutarci. Così ci spostammo a Pacifica,e ci raccontò storie del folklore brasiliano che trattavano di bambini ibridi.
Scoperto che per metà il nostro bambino sarebbe stato umano, Joana fu determinata a tenerlo, anche se le leggende erano chiare a proposito del destino della madre. Cercai di persuaderla ma non ci riuscii; fece pure un rituale di protezione per annullare gli effetti del mio dono, per la paura potessi costringerla. Mi rassegnai a restarle accanto, terrorizzato. L’aiutai a nutrirsi, le portai del sangue, incantai un medico perché venisse regolarmente a visitarla.. Era molto forte e piena di risorse, ma era pur sempre un essere umano. » scosse la testa con un mezzo sorriso carico di rimproveri  «Era convinta di farcela.»
Eppure ce l’aveva fatta, pensai. Non era la prova vivente del fatto che non tutte le storie andavano a cattivo fine?
«Infatti è così, è sopravvissuta..» intervenne Rosalie con un sibilo.
«Mi scusi signor.. Come ha fatto a sopravvivere in forma umana?» abbassai appena la testa «Insomma Edward non mi avesse trasformata..»
Mi interruppi incrociando la sua espressione carica di dolore a quel ricordo, cosicché cercai subito gli occhi di mia figlia. Ci guardavano con aria colpevole.
Scossi la testa guardandola con un sorriso sicuro e mi parve di riuscire a rasserenarla un po’.
Edward senior annuì serio e comprensivo:«Perché Joana è una strega Finch.» sospirò «Vedi Bella, la linea di sangue delle sue antenate si distingue per capacità rigenerative e curative. Per esempio, Hazel poteva curare le ferite attraverso il tocco; la madre di Joana poteva far ricrescere , rigenerare ciò che discendeva dalla natura: piante, rami, così come arti del corpo umano..»
«E lei invece?» domandai impressionata.
«Lei guarisce in fretta, forse poco più in fretta di un mutaforma. Per questo motivo quando Izzy le spezzava accidentalmente le ossa o la feriva, ci metteva pochissimo a tornare come nuova. Non che non fosse doloroso, ovvio..» la voce sembrò strozzarsi.
Trasalii al ricordo del mio bacino che s’’incrinava, sperando che Renesmee non lo notasse.
«Nonostante questo continuavo ad avere il sentore che non potesse farcela e sapevo che non avrebbe accettato di farsi mordere. Così implorai la Congrega di aiutarla, raccontai cosa le stava accadendo. Sapevo che, malgrado la loro disapprovazione, era pur sempre una di loro e non avrebbero voluto vederla morire.  Mi dissero che ci sarebbero state conseguenze, ed io accettai. L’aiutarono, alleviarono il dolore riducendolo al minimo e nacque Izzy. Joana si riprese nel giro di un paio d’ore, e la bambina era in salute. Ed ora Izzy ha raggiunto quasi la maturità, o almeno così sembra..»
Ci fu un momento di silenzio in cui il padre di Edward abbassò gli occhi con un’espressione seria. Suo figlio lo scrutava con lo stesso stato d’animo, senza dire una parola. Negli occhi si rifletteva una luce fredda e diffidente, probabilmente velata di un po’ d’orgoglio.
«Senti Edward, lo so che..»
«Per favore. Non adesso. » lo interruppe brusco e freddo mio marito «Sei stato molto gentile ad offrirci la tua ospitalità per un paio di giorni, e se la mia famiglia vorrà, resteremo. Ma ora, se volete scusarmi.. Vorrei restare solo. »
Mi lanciò una breve – triste -  occhiata di scuse, che ricambiai annuendo, e scivolò via oltre il giardino. Sospirai, indecisa se seguirlo o meno ma Alice, soffiando seccata, decifrò i miei pensieri:«Lascialo schiarirsi le idee. Tornerà presto e sarà civile. L’ho visto.»
«Quanta teatralità..» sentii borbottare Emmett, sicura stesse sorridendo.
Per niente convinta feci un cenno d’assenso ad Alice, mentre sentivo la manina di Renesmee sfilarsi dalla mia e, quasi sicuramente, finire contro il petto di Jacob.
«Fate come foste a casa vostra..» mormorò debolmente Edward Masen, mantenendo la giusta cordialità nei confronti dei propri ospiti. Lo trovai molto umano e terribilmente simile ad Edward.
Ero preoccupata per mio marito ma non mi sentivo nemmeno di condannare suo padre. Che situazione..
«Possiamo usare il bagno? Vorrei farmi una doccia..» disse Alice guardando Rosalie con un’occhiata eloquente. Era chiaro che volesse rompere il ghiaccio e lasciare un po’ di privacy.
«Serviti pure..» ripeté con grande eleganza, ma senza vita, mentre fissava pensoso il punto in cui suo figlio era sparito. 
Rose sospirò con aria contrariata ma poi aggiunse:«Vado a mettermi a lavoro con l’impianto elettrico.. Emmett, Jasper?»
Entrambi annuirono e la seguirono saltando oltre il punto in cui si addensavano gli alberi.
«Che ne dici di fare un giro Nessie?» borbottò Jacob guardandomi di sottecchi. Io annuii: dopo quel racconto di morte ed ibridi maledetti era meglio che mia figlia si svagasse un po’.  Nella mia testa, d’altro canto, restavano ancora in sospeso le parole che aveva pronunciato sulla Congrega di Joana, e sul fatto che entrambi vivessero separati.. Che fosse quella la condizione alla quale avevano accettato di aiutarli?
Mentre sentivamo i passi di Jacob affondare tra l’erba insieme a mia figlia, guardai il viso pensieroso di Edward Masen, che fissava un punto indistinto davanti a sé. Sospirai: non doveva essere semplice nemmeno per lui subire un rifiuto del genere dal proprio figlio.
«Edward è cocciuto, ma sa essere molto razionale e ragionevole.. Lo ha solo colto alla sprovvista, ma sono sicura che.. Le cose andranno a posto..» mormorai nella sua direzione, sperando di  sembrare convincente.
In tutta risposta mi fece un sorriso stanco:«Grazie Bella. È molto gentile da parte tua.»
Esme ci stava osservando meditabonda e, dopo qualche istante di esitazione, anticipò la domanda che mi ero formulata mentalmente:«Mi scusi signor Masen, posso chiederle una cosa se non sono indiscreta?»
L’uomo sembrò sorpreso ma annuì subito:«Mi sembra il minimo..»
«Non ho fatto a meno di notare che.. I rapporti tra lei e Joana non sono idilliaci.. Mi domando cosa successe per.. »fece un mezzo sorriso imbarazzato «La prego di non sentirsi obbligato a rispondere se crede.. Stavo solo pensando a come sia stato per Isobelle..»
Edward Masen scosse la testa con aria comprensiva ma non riuscii a trattenere una smorfia quando parlò:«La Congrega non lasciò correre e punì Joana, pochi giorni dopo il parto.»
Io ed Esme trasalimmo nello stesso momento.



Ciao a tutti, 
finalmente siamo arrivato al capitolo di rivelazione della misteriosa Izzy. Mi rendo conto sia venuto un po' lungo ma non me la sentivo né di suddividerlo né di tagliare altre parti, quindi spero che la lettura possa tenervi impegnati per un po'.
So che dalla visione di Bella sono andati perduti alcuni dialoghi o alcuni pensieri, ma tra un paio di giorni posterò, prima di partire, il capitolo gemello di questo, visto attraverso gli occhi di Isobelle dove tutti i vuoti saranno colmati - o almeno spero. Mi auguro che non siate rimasti delusi dalla sua identità o che non vi stiate annoiando: lo prometto, l'azione arriverà, con i dovuti step. 
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa soluzione, e se vi aspettavate o meno che potesse essere un personaggio del genere. 
Accetto consiglio ;)
Jess
 
  
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