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Autore: Jessie    30/07/2016    2 recensioni
La prima cosa che vidi nella frazione di secondo in cui la figura si fermò, improvvisamente, a qualche metro da me, fu una copia venuta male di Edward.
Il millesimo di secondo successivo mi accorsi che era un uomo che non avevo mai visto prima. [..]
«Dove hai preso quell’anello?» domandò all’improvviso guardingo.
Spostai sorpresa lo sguardo verso il punto in cui si era fissato il vampiro. Il diamante incastonato all’anello di fidanzamento della madre di Edward scintillava al tenue riflesso del sole che filtrava appena tra le fronde degli alberi.
«È.. il mio anello di fidanzamento..» mormorai colta alla sprovvista.
«No. Quell’anello apparteneva a mia moglie. »
.
E se il passato di Edward Cullen tornasse a fargli visita in modo inaspettato? A distanza di tre anni dalla nascita di Renesmee, la famiglia Cullen, Jacob, Seth e Leah avranno a che fare con una nuova città, un nuovo branco, un nuovo ibrido, una neo-strega e nuove battaglie..
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clan Cullen, Edward Senior Masen, Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Seth Clearwater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Buon pomeriggio a tutti,
prima di partire per le vacanze ci tenevo a pubblicare il capitolo visto attraverso gli occhi di Izzy e non lasciarlo in sospeso. Non riuscirò a scrivere nulla per almeno due settimane buone, perché finalmente me ne andrò in vacanza. E' un po' più lungo del solito e spero possa piacervi.
Sarei molto contenta di sapere cosa ne pensate di Izzy: è un personaggio che mi sta piacendo sempre di più, di mano in mano che scrivo su di lei, quindi, commenti negativi o positivi che siano mi fanno piacere.
Auguro a tutti un buon weekend e delle buone vacanze,
alla prossima.
Jess
Cap.15
Izzy
 
̴ I
 
Izzy sei in ascolto?
Sì papà, pensai, mentre infilavo dei vestiti nelle grucce. La mamma mi ha detto di tenere aperto un canale di comunicazione.. Che non potevi aspettare di parlarne faccia a faccia.. va tutto bene?
Sì tesoro, tutto bene. So che in un paio di giorni sarai di ritorno ma.. Dovevo parlartene prima che arrivassi. Ho delle novità..
Aggrottai la fronte avvicinandomi alla valigia vuota, in attesa di essere riempita.
Be’ ti ascolto.
Percepii una strana tensione.. Forse imbarazzo? Ma c’era anche qualcosa, come.. Emozione, affetto.
Passarono di fronte ai miei occhi le immagini della foresta vicino a Pacifica, una vampira bruna, occhi gialli – dieta animale dunque.. La reazione di mio padre nei confronti di un anello.. L’anello di.. Sgranai gli occhi ma cercai di non perdere la concentrazione: con una distanza di quasi centoottanta km era più difficile comunicare telepaticamente.
Un altro vampiro con loro, uno biondo, conosceva mio padre. La corsa verso.. C’era un ragazzo. Pietrificato dallo stupore. Così simile alla foto del soggiorno, ad Elizabeth e.. Mio padre.
Spalancai gli occhi di nuovo.
Edward Cullen.
No.
Edward Masen Jr.
Trattenni il respiro ma non riuscii a nascondere ciò che provavo. Shock. Irrazionalità. Paura. Emozione..
Era possibile che tutto questo fosse vero? Edward Jr Masen, il figlio biologico di mio padre era..?
Ma come..
Mi bloccai. C’erano così tante sensazioni che non capivo a quale appigliarmi. Sentii mio padre confuso e preoccupato di fronte a quella reazione. E questo non era d’aiuto.
Calmati Izz. Non fare casini, ti prego.
Aprii gli occhi e rimasi in silenzio cercando di non pensare a nulla, per fare spazio alla tranquillità e controllo. Tutto dentro di me si smorzava, diventava meno rumoroso e ordinato. C’era, dall’altra parte, solo attesa.
Fissavo con occhi vacui lo spigolo della scrivania di Dawn.
Izzy?
Aveva un’irregolarità vicino alla punta affilata, uno scalino che il tempo..
Isobelle, infilzarmi con lo spigolo di una scrivania non funzionerebbe, vorrei che tu lo sapessi.
Mi uscì una risata spontanea mentre avvertivo lo stesso sentimento da parte di mio padre. Sospirai mentre quel momento di ilarità temporanea si dissolveva su altri pensieri.
Avevo davvero un fratello maggiore quindi? Un fratellastro perduto in un’altra era mai vissuta?
Sì Izz. È incredibile vero?
C’era un senso di calore e commozione nelle sue parole, che riusciva ad occupare gran parte del mio cervello, quasi stordendomi. Vidi passarmi davanti stralci della loro conversazione al giardino di Makeda, il suo tono di voce, una sorta di orgoglio nel notare tutti i tratti fisici e caratteriali che associava ad Elizabeth; il senso di dispiacere mascherato quando era passato più di un giorno da quando si era fatto vivo..
Avevo un fratellastro vecchio di più di un ottant’anni. E io ne avevo vissuti a malapena sei e mezzo. ironica la vita.
Da un certo punto di vista, da vampiri io e lui abbiamo la stessa età meno tre giorni.
Lo immaginai ridacchiare mentre inarcavo un sopracciglio.
Mi sentii nervosa ed elettrizzata. Curiosa, ma stranita. E indifferente, allo stesso tempo.
«Sua figlia è un ibrido » dissi all’improvviso mentre, tra le immagini random che mio padre mi mostrava, compariva il visino di una bambina mano nella mano con.. Un mutaforma. Ma davvero?
È il suo imprinting
Una fitta di fastidio mi colpì allo stomaco ma scacciai via quel ricordo prima che mio padre cominciasse con le sue perle di saggezza.
Non se ne accorse, o forse fece finta di nulla. Spostò i suoi ricordi sul viso di un uomo dagli occhi rubinei e i capelli corvini.
Non credevo che ci fossero altri.. “episodi” simili oltre a me e..Joham; ti ricordi quel pazzo, in Nuova Zelanda?
Impossibile dimenticarlo. Aveva cercato di infinocchiare mio padre con le sue teorie evoluzionistiche, e su come ci dovessimo unire per raggiungere non so quale potere, perché io era una razza eletta ed altre cazzate del genere. Una pessima scelta di villeggiatura quella..
Sì, il dottor Nazi-Frankenstein, pensai sarcastica, il padre di..Maysun e Jennifer mi sembra. E quel loro fratello con il nome strano..
Nahuel
Lui.
A quanto diceva Joham, non ha voluto seguirlo.
Forse è l’unico della famiglia a non essersi del tutto rincoglionito.
Ehi, le impari da tua madre queste parole eleganti?
Nah, arricciai il naso mentre mettevo giù alcune pile di magliette che avevo preparato.
Stai preparando la valigia?
Positivo. Dove diavolo era finito il mio top con lo scollo a cuore?
Fai in fretta; la casa è vuota senza di te.
Vuoi dire il frigorifero, pensai con un ghigno.
A quello ci pensa Ashley. Ha comprato the e birre come se piovesse..
Ridacchiai tra me e me mentre controllavo cos’altro mettere. Me la immaginavo spiaggiata, ogni giorno di sole, sul mio sdraio per avere un po’ di privacy e tranquillità lontana dal branco.
Non essere gelosa, mi prese in giro.
Mi manca anche Ash, pensai mentre facevo la linguaccia allo specchio.
Anche tu manchi a lei.
Sorrisi pensando alla California, al surf e..
Non vedo l’ora che tu torni Izz.
L’affetto che grondava da quelle parole m’invase il cervello e desiderai già essere là, insieme a lui.
Ti voglio bene papà.
 

 
Il viaggio da Sacramento a Pacifica sembrò più lungo delle solite due ore. Per quanto mi riguardava non era necessario farmi portare in macchina da mia madre; sarei potuta andare di corsa, anche se non ero così veloce, e la minuscola valigia che mi ero portata mi avrebbe rallentata in ogni caso.. O avrei potuto guidare se me lo avessero permesso: papà non si era più azzardato a considerare l’ipotesi dopo la sfuriata della mamma o gli avrebbe fatto saltare il cervello. E lei avrebbe potuto davvero.
Tecnicamente non avevo la patente, ma guardando mio padre avevo imparato nei miei primi 3 anni di vita, e guidato materialmente due anni dopo. Per non parlare di quando papà mi aveva regalato un motard – una stupenda Ducati rossa fiammante!-  per il mio sesto compleanno. Aveva dovuto promettere di riportarla indietro – be’ l’aveva nascosta nella dependance – per chiudere la conversazione.
 «Vuoi che mi venga un infarto Edward? Hai più di ottant’anni e sei ancora un irresponsabile..  » e bla bla bla.
Come se potessi sfracellarmi per terra come un normale essere umano.
O forse era proprio quello il problema.
Non dimenticare mai il tuo lato umano, ripeteva sempre lei. Era improbabile dimenticarlo se tua madre era una strega. Anche Dawn dopotutto era un essere umano.. Resistente.
Ad ogni modo sapevo che le piaceva accompagnarmi per fermarsi a San Francisco. Quel viaggio però fu più silenzioso del solito. Mamma guidava concentrata senza dire una parola, ed io guardavo passare le case e poi il cemento della superstrada dal mio finestrino. Ero molto curiosa delle persone che avrei incontrato, ma allo stesso tempo sentivo, irrazionalmente, che non me ne importava granché. Non seppi spiegarmi il perché. Forse perché, in fondo io avevo già una famiglia, strampalata e frammentaria, dovevo ammetterlo; ma l’avevo. Aggiungere altri pezzi posticci m’innervosiva un po’. 
«Isobelle, non mandare a fuoco il cervello, per cortesia.» borbottò mia madre senza staccare gli occhi dalla strada. Era incredibilmente brava a capire le persone, quando non si faceva prendere da questioni personali.
«Sei una strega, puoi spegnerlo» ribadii facendole una mezza smorfia.
«Per questo basta essere una madre. Sei nervosa?»
Sospirai incerta senza incrociare il suo sguardo.
«Tuo padre non sa fare le cose con ordine, lo sai..»
«Non è stata una cosa programmata..» sospirai.
«Avrebbe dovuto dirtelo di persona. Non sbatterti in faccia la sua presenza senza prima parlarvi.»
«Eddai, sii gentile.» feci inarcando un sopracciglio «Probabilmente voleva prepararmi»
Sbuffò, sarcastica:«Be’, ora ti senti più pronta?»
Scrollai le spalle «Non so come sentirmi. Non ci ho mai pensato all’idea di avere un fratello.»
«Non dev’essere per forza tuo fratello.»
«Lo  dici come se potessi scegliere..» mormorai con un sorriso appena accennato.
Mia madre alzò le sue spalle secche: «Sì che puoi. Appartiene ad un’altra vita. Se tu vorrai potrai conoscerlo, ma non sei obbligata a considerarlo un fratello» scosse la testa facendosi più pensosa e seria «Edward non pensa sempre alle conseguenze di quello che fa, ma non credo che lo stia facendo per altro che non sia presentartelo. Fai parte della sua vita. È importante per lui. Ma non lo dev’essere per forza per te.»
«E che dovrei fare? Insomma, è sposato, ha una vita con quella.. gente. Sono in ritardo di ottant’anni per consolidare il rapporto fratello-sorella sai?»
Alzò gli occhi al cielo:«Teoricamente un vampiro non invecchia» tornò a guardarmi «E comunque, ripeto: non sei obbligata.»
Sospirai guardando l’ultimo pezzo di Golden Gate sparire insieme al traffico e per qualche minuto non aggiunsi nulla, persa tra i miei pensieri.
«Sai che ha una figlia come me?»
Con un cenno nervoso, come se stesse scacciando via una mosca mia madre annuì.
«Tale padre tale figlio» mormorò tra i denti.
Era inutile, non sarebbero cambiati mai i rapporti tra loro. Non che avessi mai voluto che tornassero insieme: li ricordavo bene i miei primi tre anni di vita, ed ogni volta che eravamo nella stessa stanza c’erano solo grida, porta sbattute e brutte parole. Terribile. Erano molto, molto più felici così, ne ero certa.
Ero sicura che mia madre stesse ancora pensando,irritata, a mio padre in quel momento.
«Dovrei farmi chiamare zia Isobelle? Ma per piacere, sono troppo giovane..»
Scrutai la sua reazione e notai che ero riuscita a farle abbozzare un sorriso divertito. Dopodiché restammo in silenzio fino a che non arrivammo alla fine di Pacifica.
Per arrivare a casa nostra in macchina, senza passare dalla foresta, dovevamo fare un giro attorno a quella pseudo-collinetta boschiva. Era un tragitto parecchio più lungo ma ci consentiva, attraverso sentieri sterrati, di arrivare molto vicino con la macchina. All’ultimo tratto però, a meno che non avessimo voluto fare una salita ripidissima con il fuoristrada, parcheggiavamo vicino ad un sentiero che scompariva  tra le fila degli alberi.  Sarei potuta andare a piedi fino a là, come facevo spesso, ma mia madre, senza ascoltarmi, si era messa a camminare insieme a me lungo la breve salita che ci faceva tagliare davanti al giardino. Probabilmente, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era più curiosa di me. O forse, l’idea di lasciarmi faccia a faccia con vampiri sconosciuti, non la tranquillizzava. Era bizzarro considerato che fossi una mezza vampira anch’io. L’istinto da strega era più forte di qualunque cosa..
Quando sbucammo, erano già tutti lì, sotto al portico, che guardavano nella nostra direzione. Mio padre e altri due erano più avanti. Erano immobili, tutti gli occhi puntati su di me, e in parte, su mia madre. La vampira bruna, quella che avevo visto nei ricordi di mio padre, aveva gli occhi spalancati. Sembrò che stesse collegando dei pezzi d’informazione che non riusciva a far combaciare. Fissava mia madre in particolare, che se ne stava a braccia conserte, annoiata ma attenta, mentre scannerizzava ogni persona presente. Poi spostò la testa da lei a me come cercasse una possibile associazione. Chissà che gli aveva detto mio..
«Joana.» sentii la voce di mio padre da lontano, che la salutava neutrale facendole un cenno con la testa. Mia madre ricambiò annuendo con la stessa aria rigida ed innaturale. Ah, quei due..
 La vampira spostò il suo sguardo sorpreso alla sua sinistra e si scambiò un’occhiata con quello che.. Doveva essere mio fratello.
Sentii la presa di mia madre sul braccio ed interruppi la mia analisi voltandomi verso di lei. Mi fissava dietro i suoi occhi verde-nocciola. Era seria, e inchiodava le mie pupille come se volesse assicurarsi che potessi capire tutto e bene.
«Tesoro, sai cosa ci siamo dette. Se hai bisogno di me non esitare a chiamarmi.» poi sorrise dolcemente e mi mise una ciocca di capelli dietro le orecchie per accarezzarmi il viso «Passa delle buone settimane ok? Mi mancherai.»
Non riuscii a non sentire un senso di tranquillità invadermi mentre leggevo il calore dei suoi occhi. Le sorrisi di rimando:«Ti voglio bene mamma»
«Anch’io piccola» mormorò dandomi un bacio sulla fronte. La sua espressione tornò severa quando alzò la testa verso il gruppo di persone vicino alla casa. Vidi che si soffermò verso l’angolo sinistro e seguì la sua direzione: c’era Ashley appoggiata ad uno stipite del portico, appena sotto la luce.  Gli occhi di mia madre si strinsero in due fessure.
«Ciao Joana» salutò – ironica – con un mezzo sorriso teso. Non si erano mai piaciute troppo, e lo trovai stupido.. Ma legittimo.
Mia madre alzò appena il mento in risposta e poi, sollevando la mano, diede un brusco saluto generale e si voltò per andarsene.
Fantastico.
Nell’istante in cui la figura di mia madre si era eclissata tra gli alberi, il sorriso di mio padre si era proporzionalmente allargato, con gli occhi fissi nella mia direzione. Le mie labbra diventarono ben presto specchio delle sue e non riuscii a frenare l’entusiasmo. Cavolo, mi era mancato.
«Papà!» cinguettai balzando verso di lui. Colmai le distanze e lui mi afferrò al volo riportandomi a terra.
Oh be’, la valigia l’avrei recuperata poi..
Mi gettai di buon grado tra le sue braccia mentre mi stringeva.
Ero andata da mia madre per vedere Dawn durante le vacanze pasquali ed ero rimasta da lei per quei due mesi: mi era mancata casa e mi era mancato l’odore famigliare che sentivo quando lo abbracciavo. Socchiusi gli occhi e dimenticai che c’erano una decina di sconosciuti che attendevano alle nostre spalle.
«Tesoro, bentornata» mormorò tra i miei capelli, mentre mi baciava la testa.
«Grazie papà» risposi con il naso contro la sua camicia.
Mi scompigliò i capelli e sciolse l’abbraccio lanciando una fugace occhiata alle persone dietro di noi. Ecco. C’eravamo. Mi sarebbe stato impossibile adesso, rimandare qualsiasi cosa.
Mi voltai in quella direzione e mi incrociai proprio con l’ultimo dei vampiri che volevo incrociare in quel momento. Il mio fratellastro.
Mi osservava intensamente senza sorridere, con gli occhi in bilico tra il perdersi nel vuoto e lo stupore. Questo lo rendeva un po’ inquietante, ma tutto sommato dannatamente famigliare. C’era molto – se non tutto – della donna posizionata sullo scaffale in salotto, la figura che mi aveva dato dei taciti bentornata ogni volta che rientravo dal portone principale, Elizabeth Masen. L’indiscusso amore della sua vita.
Eppure rivedevo anche mio padre in lui. Mio padre con i capelli rossi, molto più scuri dei miei. Be’ questo sì che era inquietante, il rosso non era proprio il colore di mio padre. A questo tizio invece donavano una certa eleganza. Ma la faccia restava sempre inquietante. Bellissima, ma inquietante.
Le sue labbra si torsero in un sorrisetto impercettibile e faticoso, come se avessi detto quelle cose ad alta voce. Non lo avevo fatto, vero? Stavo cominciando a diventare ridicola.
Di fianco a lui la brunetta affascinante dal viso anonimo ma dai lunghissimi capelli sottili mi faceva i raggi X. Pareva amichevole tutto sommato.. Forse.
All’appello mancavano quella che sembrava una fatina mora in miniatura, una donna dallo sguardo sognante e deliziato, una bambolina bionda di fianco ad un energumeno riccio e un biondino così pieno zeppo di cicatrici che sembrava uscito da un film di Craven. Inconfondibili lo spilungone indiano e la bambina ricciolina – copia sputata di Edward. Dovevano essere la coppia dell’anno, il mutaforma con l’imprinting e l’ibrido, un’altra me. Alleluia signore e signori, abbiamo visto la luce. Chissà quanto era contento il mio fratellastro di sapere che, non appena era nata, sua figlia aveva già un pretendente, nonché uomo della sua vita, a cui spezzare le ossa.
Di nuovo, con la coda dell’occhio, mi parve vederlo ridere silenziosamente, puntando gli occhi verso il basso.
Mah. Che tipo.
«Famiglia Cullen, Edward: vi presento mia figlia, Isobelle.»
La vampira bruna fece scattare la testa verso mio padre con aria sorpresa, forse divertita. Gli lanciò uno strano sguardo d’intesa. Anche gli altri si scambiarono occhiate divertite.
Bene. Ero diventata una specie di fenomeno da baraccone.
C’è qualcosa che dovrei sapere, papà? pensai con sarcasmo aprendo un canale di comunicazione con lui.
 «Isobelle, questa è Isabella » annunciò mio padre con ironia. I vampiri attorno a me dovevano trovare la battuta divertente.
«Bella» corresse lei offrendomi la mano. La vidi soppesare la reazione di Edward  con la coda dell’occhio.
Siamo geneticamente programmati per avere fantasia con i nomi in questa famiglia, eh papà?, gli domandai mentalmente.
Nemmeno con i doni psichici. I tuoi pensieri non sono al sicuro Izz, pensò mio padre senza guardarmi a lungo.
Uh?
Sentii gli occhi del mio fratellastro fissi su di me e sobbalzai impercettibilmente. Be’, a giudicare dalla sua aria dubbiosa e delle sue braccia tese lungo i fianchi, non dovevo essere l’unica a sentirmi a disagio. Bene.
«Izzy» borbottai tornando a guardare Bella. Probabilmente, data la pausa che avevo fatto, ero passata per ritardata. Bel colpo Izz.
Campanellino  e la Vampira Gioconda risero deliziate di quella strana combinazione di nomi e diminutivi. Barbie e Fratello Orso erano i più in disparte insieme al biondino pieno di cicatrici – anche se il secondo sembrò abbozzare un sorriso amichevole -  che si guardava intorno come stesse monitorando una qualche situazione.
Senza sapere perché sorrisi, sentendomi subito meglio, e vidi nello stesso momento quella bambina, mano nella mano con il palestrato pellerossa, sorridermi a sua volta, abbagliante. Le sue fossette ben in vista mi fecero una tenerezza inaspettata, mentre un ricciolo le sfuggiva da dietro le orecchie.
«Come ti ho anticipato, questa è Renesmee. » mi seguì subito mio padre cogliendo quello scambio di sguardi «Un ibrido come te.»
«Oh no» dissi spontanea, allarmando tutti nello stesso momento «Io non ero decisamente così carina alla sua età.»
La mini-me lasciò la mano del mutaforma e si avvicinò tendendo una manina verso di me – be’ ero così eclissata da due anni al mio metro e sessantadue di altezza che la sua testa mi arrivava sopra al mento – e poggiandola, senza doversi sporgere troppo, contro la mia guancia. Davanti ai miei occhi si crearono immagini slegate narrativamente, di me stessa. Era come avere uno sguardo dall’esterno, una prospettiva che si soffermava su alcuni dettagli o momenti di me stessa – quando ero saltata in braccio a mio padre, il mio sorriso, il colore dei miei capelli, le mie forme, il colore dei miei occhi – paragonata poi a lei, come se si sentisse inferiore. Era Renesmee a mostrarmi tutto questo?
Sentii suo padre sospirare da un lato:«Renesmee può mostrare immagini, pensieri, ricordi, attraverso palmo della mano.»
Osservai spiazzata il dolce visino che corrugava appena la fronte, come indispettita di quella differenza tra noi, poi suo padre.
«Oh» mi limitai a dire come un’idiota.
«Questo è molto interessante..» sentii mormorare mio padre. Vidi il mio fratellastro guardare nella sua direzione altrettanto stupito da qualcosa, – e sempre sospettoso -  ma decisi di ignorarli per guardare la bambina, che mi contemplava pensosa. Invidiosa di me con quelle fossette ed un imprinting, uh?
Mi concentrai su i ricordi di me da piccola, che avevo raccolto dalla mente di mio padre nel corso di quei sei anni di vita, quando chiacchieravamo telepaticamente a distanza. Ero un assurdo folletto minuscolo dai capelli lunghi fino a terra, con gli occhi troppo grandi per quella faccia ovale. Non stavo ferma un attimo e mandavo mia madre al manicomio. Il ricordo di me con la museruola di sangue l’aveva sconvolta, ma se l’era presa con mio padre, mentre io inseguivo Dawn per metterle paura. O ancora, il ricordo di me che rotolavo nel prato insieme ai gemelli di 9 anni e mezzo, sporcandomi il vestito bianco di verde. Quei ridicoli elastici che mia madre mi metteva per tirarmi su i capelli, facendomi assomigliare ad un cartone animato con le lentiggini – che grazie a Dio non avevo più.
Aprii un canale di comunicazione tra me e la bambina, che rimase per qualche attimo stupita, riversando tutti questi ricordi nel ponticello che collegava le nostre menti.
Hai visto che sgorbio? Se questi sono i tuoi presupposti diventerai la mezza vampira più figa del pianeta fra qualche anno..
Renesmee ridacchiò alle mie parole ma scosse impercettibilmente la testa.
Io ti trovo bellissima, pensò sincera, È interessante il tuono dono.
Be’ era davvero un cosetto tenerissimo, non c’era che dire. Non avevo mai interagito con una mezza vampira. A parte Maysun. E Jennifer. Ma quelle avevano molti anni in più di me, erano formate da un pezzo..Ed erano pure stupide.
«Che le ha mostrato?» sentii domandare da, ci avrei scommesso 100 dollari, lo spilungone appiccicato Renesmee. Alzai lo sguardo e lo vidi cercare il volto di Edward junior – dovevo ricordarmi di chiedere a mio padre come diavolo facessero a non voltarsi tutti insieme quando li chiamavano, dal 1901 in poi – in attesa di un responso. Mi sembrò una cosa stupida che chiedesse a lui e non a noi.  
 «Niente di importante.» sintetizzò «Renesmee faceva apprezzamenti su Isobelle e viceversa.»
.. Quindi Renesmee mostrava le cose non solo a me ma anche a tutti i presenti? Aveva parlato di contatto manuale però..
«E viceversa?» domandò la brunetta, Bella, confusa, nello stesso momento in cui lo aveva fatto Jacob.
Aspetta un attimo. E viceversa? E lui come..
«Isobelle ha un dono..» intervenne di nuovo Edward, calmo ma allo stesso tempo sorpreso «Può comunicare telepaticamente con qualcuno.»
Ma come diavolo..?
Guardai esasperata mio padre che rispose subito alla mia domanda inespressa:«Izzy, anche Edward ha un dono. Può leggere nel pensiero. »
Spostai lo sguardo prima su di lui poi di nuovo su mio padre.
Oh, merda.
«Benvenuta nel nostro mondo di comuni immortali..» ridacchiò rauco l’armadio vicino alla bionda.
Be’ perlomeno non avevo pensato nulla di offensivo.. O qualcosa del genere..  Non se la sarà presa per la battuta dei capelli vero?
Di nuovo, come aveva fatto prima, Edward-L’invasore-Della-Privacy-junior sorrise spontaneo di fronte ai miei pensieri. Ecco perché se la rideva prima. Almeno era da escludere che avesse un disturbo della personalità, o che parlasse con un amico immaginario o.. Ma i vampiri possono avere un amico immaginario? Forse era..
Oops.Lo avevo fatto di nuovo.
Quando lo vidi lasciare andare una risata arrossii spostando lo sguardo altrove mentre nella mia testa scorrevano imprecazioni contro me stessa. Se non la smettevo di pensare assurdità ero fregata.
La stanza ci osservava perplessa scambiandosi occhiate, giustamente, interrogative. Barbie-Fashion-Week invece sembrava solo annoiata, e si guardava intorno senza sorridere. Socievole.
Edward alzò gli occhi al cielo, annuendo impercettibilmente con un piccolo sorriso.
«Rendereste partecipi anche noi?» disse la nanetta appena imbronciata. Frankenstein invece sembrava rilassato e sorrideva. Si beava di qualcosa che non capivo. Con la coda dell’occhio vidi le labbra di Bella mormorare qualcosa, pianissimo, all’orecchio del mio fratellastro.
Mio padre intervenne ancora una volta sintonizzandosi sulle nostre espressioni posandomi una mano sulla spalla:«La testa di Izzy è un vulcano, ama scherzare. Di sicuro ci avrà letto qualcosa di elisarante.. »
Lo vidi cercare uno sguardo d’intesa con Edward junior, ma il suo viso sembrò irrigidirsi di colpo, come qualcuno che si ricorda improvvisamente di un brutto pensiero. Mio padre distolse subito gli occhi, e riuscii a percepire una punta di amarezza mentre mascherava quel colpo con un sorriso. Dovetti rettificare:  il mio fratellastro aveva davvero un disturbo della personalità..
Affilò lo sguardo scoccandomi velocissimamente un’occhiata neutrale – pensosa?-  per poi  tornare su mio padre con sospetto.
C’era qualcosa di profondamente storto in questo qua.
Sentii un sospiro e vidi Ashley avanzare tra noi:«Ehi ‘Belle che ne diresti di andare a fare un saluto agli altri mentre tuo padre sistema gli ospiti? Gli sei mancata molto.»
Era rimasta muta ed immobile fino ad ora e adesso era intervenuta solo e semplicemente per togliere mio padre  e me da quella situazione scomoda, ci potevo scommettere. Ma..Ospiti?
 «Ospiti?» ripetei confusa guardando verso mio padre.
«Hanno un guasto all’impianto elettrico, gli ho offerto un posto in cui stare; ci vorranno un paio di giorni. » spiegò, abbattuto. Non che non sorridesse, ma conoscevo mio padre, Mr Sorriso Smagliante. Quello somigliava più ad un tentativo di tirare su i bordi delle labbra. Lo sguardo di Ej lo aveva turbato, si sentiva in colpa..
«Ma certo..» borbottai senza convinzione per poi tornare a guardare Ashley. Il suo sguardo era allusivo ed intenso.
Annuii mentre facevo per seguirla, mormorando un silenzioso:«Se volete scusarmi..» prima di lanciare un’ultima occhiata a quella mostriciattola adorabile dal nome assurdo. Ci voleva un soprannome. Quel nome, Renesmee, era impronunciabile..
Dopo pochi passi ci trovavamo già oltre le prime fila d’alberi in direzione della casa di Ash, dove si sentiva in sordina musica reggae. Doveva esserci già Jax in cortile.. Chissà se c’era anche..
«Posso ritenermi davvero offesa..» disse Ashley interrompendo i miei pensieri, con aria fintamente meditabonda.
Non capii
«Uhm?»
Inarcò un sopracciglio alzando gli occhi al cielo:«È questo il modo di salutare?». Fece un sorrisetto scherzoso che ricambiai subito.
«Ooh scusami Ash! » le risposi avventandomi sul suo bacino per abbracciarla – e restammo così per qualche passo.
Mi circondò le spalle con un braccio sorridendomi dolcemente:«Così va molto meglio» sospirò «Allora, come ti senti?»
Alzai le spalle:«Non ne ho idea. Forse dovresti chiederlo ad Edward-leggo-nei-pensieri-junior..»
Ashley scosse appena la testa con semplicità:«Be’, l’ho detto a tuo padre che avrebbe dovuto parlargliene .. Parlarvene prima.» incrociò le braccia al petto «Tutti questi misteri non fanno bene a nessuno..»
«Ma non legge i pensieri lui? » domandai perplessa.
«Credo che riesca a leggere solo quelli che pensi in quel momento, non tutti. » alzò gli occhi al cielo, scoccandomi un’occhiata esasperata «Mi ha chiesto di non pensare a te in sua presenza fino a che non glielo avesse detto.. E l’ho comunicato pure agli altri. Ma è stata un’idea stupida..»
Gli altri..
Sentii il mio stomaco stringersi e non potei fare a meno di abbozzare un sorriso.
«Non so se fa mezza giornata oggi..» mormorò distrattamente Ashley. Come al solito si sintonizzava sui pensieri degli altri con estrema facilità. E ormai, mi conosceva troppo bene per non capirlo. D'altronde lo sapevano tutti..
Scossi la testa scacciando i pensieri:«Pensi che non l’abbia voluto dire per via di sua madre, Elizabeth?»
Ashley alzò le spalle:«Ti piacerebbe se tuo padre conoscesse un’altra donna e facesse un figlio?»
Non seppi rispondere così tergiversai:«Mia madre non è morta. E nel loro caso, preferirei vederli separati..»
«Forse non è un buon paragone..» disse pensosa «Ma credo che avesse paura di ferire i suoi sentimenti; da quello che ho visto e quello che mi ha detto tuo padre, in vita non passavamo molto tempo insieme. Era sempre oberato di lavoro.. Quindi immagino fosse più legato a sua madre, che è morta, perciò..»
Non riuscii ad immaginare mio padre assente o stressato. Lavorando da casa o assentandosi poche volte l’anno – senza contare la sua abilità di convincere la gente a vederlo invecchiato – passavamo moltissimo tempo insieme e non mi aveva mai fatto mancare nulla. Per la mia esperienza era stato un ottimo padre..
«Sua figlia è davvero tenera..» mormorai ripensando alla sua gentilezza e alla dolcezza dei suoi occhi castani.
«Josie sembrava essere tornata indietro di 3 anni e mezzo, non l’ha mollata un attimo ieri sera.. » disse Ashley ridendo.
Mi unii alla sua risata pensando a tutte le volte che si offriva spontaneamente come baby sitter. Il branco era sempre stato il mio compagno di giochi sin da quando ero nata.
«E dov’è adesso?» domandai mentre ci avvicinavamo al confine.
«Credo sia andata a prendere i gemelli al circolo per ragazzi..»scosse la testa «Dio solo sa quanti animatori avranno fatto infuriare..»
Ridacchiai pensando agli scherzi che organizzavamo per Makeda e mio padre, almeno tre anni fa. Mi sembrava passata un’eternità. Ogni giorno, per me, era stato diverso negli ultimi sei anni. Troppe cose cambiavano, troppe cose mi sembravano esattamente uguali o sempre più banali da un giorno all’altro.
Uscimmo fuori dal boschetto d’alberi e mi trovai nel giardino famigliare del branco, dove la musica che sentivo prima sembrava essersi spenta.
«Bene: penso che Kala stia ancora dormendo sodo, ha fatto il turno di notte.» disse mentre s’incamminava verso la casa «Makeda sta macerando delle radici di non so cosa, ed io devo andare a spedire un paio di fax. Josie tornerà tra un’oretta. Nel caso volessi aspettarla qui puoi stare dove vuoi; la casa la conosci, non c’è bisogno che te lo dica.»
Le sorrisi facendo per risponderle ma in quel momento fummo disturbate da un forte rumore di zampe al galoppo sull’erba.
Feci in tempo a vedere Ashley inarcare le sopracciglia, guardando oltre le mie spalle, che fui toccata di striscio da un ispido manto nero che mi travolse facendomi rotolare di svariati metri verso il basso.
Nel momento in cui ci trovammo a entrambi a pancia all’aria ed accanto a me risuonò la risata rauca che conoscevo bene, mi voltai per dare un pugno contro la spalla di Jaxen.
«Jaxen!» risi mentre ritiravo la mano con la quale lo avevo colpito
Da gigantesco lupo nero e le zampe sfumate di bianco era tornato ad essere l’enorme ragazzo di sempre e in tutta risposa ridacchiò mettendosi a sedere sull’erba.
«Ah, Jax..» borbottò Ashley alzando gli occhi al cielo, ma facendo un sorriso divertito. Poi proseguì il proprio tragitto verso l’ingresso prima di aggiungere rivolta a me: «Ti lascio un buone mani Izzy!»
Annuii e poi tornai a guardare Jaxen ed il suo sorriso furbesco da bambino.
«Allora tesoro, che si dice a Sacramento?» fece allargando le braccia.
Mi tirai su anch’io ed alzai le spalle:«Nulla di nuovo, le solite giornate.. Lavorate tutti oggi?»
Jaxen si alzò in piedi ed incrociò le braccia:«Io sì, sono passato per la pausa pranzo; Kala e Josie no..»
«Oh, già, capisco..» mormorai guardandolo incerta. Restai per qualche secondo a fissarlo indecisa,senza sapere bene cosa chiedergli o come chiederglielo in modo disinvolto ma in qualche modo mi anticipò.
 Fece per voltarsi, muovendo due passi mentre ancora io cercavo una frase disinteressata da dirgli, poi si girò appena e piegò le labbra in un sorrisetto allusivo:«Ma se non mi sbaglio c’è un surfista biondo che tra meno di mezz’ora inizia la pausa pranzo, e che forse è disponibile per qualche lezione extra.. »
Lo guardai mentre alzava le sopracciglia con un’espressione ovvia alla quale risposi con un piccolo sorriso:«Grazie Jax, lo terrò a mente..»
Era perfetto. Forse se mi sbrigavo sarei riuscita ad arrivare in tempo..
Nel momento in cui scattai in piedi mi accorsi che Jax mi stava ancora guardato, divertito.
«Vuoi un passaggio ragazzina?»
Mi illuminai in un sorriso:«Magari!»
«Salta su!» ridacchiò mentre la sua voce si faceva molto più simile ad un latrato e si ricopriva di pelliccia nera.
Mi misi a cavalcioni tra le sue scapole e cominciò a sfrecciare giù a tutta velocità.
Sulla schiena di Jax ci avrei messo nemmeno due minuti ad arrivare a fondo valle, e sapevo che si era costruito una specie di casupola metallica laggiù, dove lasciava quasi sempre parcheggiata la sua moto da cross per arrivare in officina, alla fine di Daily City, tra Pacifica e San Francisco. Avrebbe potuto tranquillamente farsela tutti in moto – allungando il percorso di almeno cinque o dieci minuti -  da casa a lavoro, ma dov’era il divertimento? Fosse stato per lui probabilmente se la sarebbe fatta tutta di corsa, ma senza boscaglia non poteva di certo gironzolare come un lupo gigante in città.
Da fondo valle in poi, con un po’ di fortuna, calcolai che sarei arrivata in meno di venti minuti a destinazione. Certo, se avessi preso su la mia moto avrei fatto molto prima.. Ma un mezzo pubblico era sempre meglio di niente: tornare a casa e rivedere lo sguardo truce di mio fratello, adesso, non mi andava proprio.
Non appena riconobbi la struttura di lamiere nascosta dalle piante balzai giù aspettando che Jax si ritrasformasse. Lo vidi aprire lo spesso catenaccio con una chiave e tirare fuori la sua moto, pronta per scivolare via sulla Cabrillo Highway e poi sulla Duecentootto. La guida sportiva di Jax ci fece guadagnare un bel po’ di tempo ed arrivammo in men che non si dicesse a destinazione.
Quando le ruote stridettero di fronte al marciapiede dove si trovava l’officina, scavalcai la sella e scesi giù mentre Jax la tirava sul cavalletto.
Stavo per ringraziarlo ma mi bloccai quando mi vidi le chiavi sventolarmi davanti agli occhi.
Lo guardai stupita:«Questo cosa significa?»
Jax ghignava facendomele ciondolare sotto al naso:«Significa che ti presto la mia moto. Col traffico ci metterai una vita.»
Sorrisi a trentadue denti:«Oh Jax, grazie grazie grazie!»
Mi gettai contro di lui stringendolo con forza mentre lo sentivo ridere del mio entusiasmo.
«Sì, sì, sì d’accordo, non spezzarmi le ossa!» mi guardò sorridendo «Ricorda di non lasciarmi a piedi, intesi? Ora fila!»
«Certo, certo, te la riporto qui se faccio prima!» farfugliai entusiasta, troppo impegnata a saltare sulla sua Yamaha blu. Girai la chiave e non aspettai nemmeno che il ruggito d’accensione si spegnesse prima si sgommare via per Mission Street.
Be’, non era come guidare la mia Ducati, ma era perfetta per raggiungere North Beach.
Spingevo la moto a tutta velocità e zigzagavo di qua e di là ogni volta che individuavo un varco entro cui infilarmi. Probabilmente – anzi, no, il mio udito era sufficientemente fine per avvertirle – mi arrivarono un bel po’ di imprecazioni quando mi insinuavo da destra, ma in quel momento pregavo soltanto di evitare pattuglie della polizia ed autovelox. Quando ero con mio padre era semplice convincere i poliziotti che ero sufficientemente grande per avere la patente, certo, ma da sola sarebbe stata tutta un’altra storia. Per non parlare del fatto di non avere un casco.
Il traffico a quell’ora era meno intenso del previsto, e alla velocità a cui andavo riuscii a tagliare per Stockton Street e a sbucare davanti alla propaggine del Pier 39. Parcheggiai dove trovai un posto e mi diressi a piedi sulla pedana di legno che conoscevo bene, dirigendomi verso il negozio dove lavorava Trenton, proprio verso il fondo, vicino alla gioielleria Na Hoku.
Si chiedevano tutti perché avesse scelto di aprire un negozio proprio laggiù in fondo, considerando le distanze:  era vero, una persona normale con un normale automezzo ci avrebbe mezzo mezz’ora, ma con il traffico poteva diventare tranquillamente un’ora, negli orari di punta. Anche Kala lavorava a San Francisco, ma nella zona del City College, molto più vicina all’officina dove avevo lasciato Jax, dunque molto meno lontana da Pacifica di quanto non lo fosse Trenton.
Eppure lo capivo. Amavo quella zona, così vicina al mare, così viva. Mi faceva sentire come qualsiasi essere umano la cui unica preoccupazione era decidere con cosa pranzare.
Quando non aveva troppo da lavorare, generalmente il lunedì pomeriggio, Trenton lasciava il negozio al suo dipendente part-time, Tyler, e se ne andava in spiaggia. Sperai di non essere arrivata troppo tardi per la pausa pranzo..
La mia speranza cominciò a vacillare quando vidi solo Tyler al banco che fissava lo schermo di un computer.
Entrando la porta batté sul campanellino e la testa del ragazzo si alzò nella mia direzione. Le sue labbra cominciarono a sorridere:«Isobelle Masen!»
«Ehi..» salutai ricambiando il sorriso «Tutto a posto Ty?»
«Me la cavo. E tu? È da un bel pezzo che non ti si vede gironzolare qui attorno..» disse mentre faceva il giro attorno al bancone, distratto.
«Stavo da mia madre a Sacramento..» risposi lanciando occhiate verso la porta sul retro. Tentavo di concentrarmi sui suoni ma Tyler sembrava voler fare conversazione, e mi sentii molto scortese. In fondo era un ragazzo simpatico.
«E Dawn?» chiese lui incrociando le braccia mentre appoggiava il bacino al bancone.
Oh, Gesù.. Simpatico ma donnaiolo.
«Sta bene, non so se mi raggiungerà qui..» restai sul vago cercando di mantenermi sorridente. Era risaputo che ci provasse con lei da almeno due anni, ma Dawn non se lo filava.. Solo che era troppo gentile e sensibile per dirglielo. Non aveva ancora capito che Tyler non era quel genere di ragazzo.. Ora che era impegnata forse era il momento di stroncare i suoi sogni.
Ehi, era il suono di passi felpati in avvicinamento quelli? Battiti di cuore in lontananza..
«Dille di passare a fare un saluto..» insistette il commesso, con un sorrisetto malizioso, distogliendo la mia attenzione da quei suoni.
Sospirai, tornando a guardarlo, e dissi, il più gentilmente possibile:«Ha il ragazzo Tyler, arrivi tardi.»
Lui scrollò le spalle e rise:«Peccato..» poi mi lanciò un’occhiata scherzosa allusiva, alzando la voce, come se dovesse farsi sentire da qualcun altro «Quando avrai perso la voglia di frequentare dei surfisti  californiani incalliti come Trenton, io sono a disposizione..»
«Non ci pensare neanche Ty.»
La voce, che accennava già dal tono un’aria sorridente, arrivò alle mie orecchie pochi istanti dopo che avevo avvertito il cigolio della maniglia della porta laterale aprirsi ed il rombo di cuore battere regolare. Mi voltai in quella direzione ed il mio cuore accelerò molto più di quanto non lo consentisse il suo ritmo innaturale.
C’era Trenton con la mano ancora sulla maniglia ed un sorriso largo, cordiale, stampato in faccia.
Dio, era lui.
«Tyler tu non sei raccomandabile, non la lascerei di certo andare in giro con te.» scherzò guardando l’amico mentre si avvicinava a noi, più grosso e muscoloso di quanto me ne ricordassi tre mesi fa. Aveva una semplice canottiera, decisamente piccola per il suo fisico perfetto – troppo perfetto -  ed un paio di boxer lunghi da mare. Possibile che riuscisse a risultare una specie di modello Abercrombie anche se aveva le infradito ai piedi? Mi guardò con i suoi occhi enormi, e di quel blu spettacolare  – esisteva qualcuno con un colore più intenso e blu oceano del suo? – che mi era tanto mancato, poi sorrise mostrandomi i suoi denti scintillanti da lupo, in segno di saluto.
Non ero sicura del fatto che potesse venirmi un attacco cardiaco, ma cominciai a pensare che se avessi continuato a guardarlo sarei diventata un’eccezione pericolosa.
Spostai lo sguardo su Tyler cercando di non arrossire troppo.
«Lo terrò a mente Ty» mormorai, riuscendo anche a fargli un occhiolino complice, che ricambiò ghignante.
Con la coda dell’occhio vidi Trenton alzare gli occhi al cielo, divertito.
«Vedi? La piccola qui mi ha capito benissimo; e prima che c’interrompessi, stavo servendo una cliente» ribadì lanciandogli un sorrisetto e poi tornando a me «Di che avevi bisogno bellezza? »
Sorrisi stringendomi le spalle:«Di lezioni da un surfista californiano incallito, a dire la verità. »
Entrambi esplosero in una risata fragorosa.
«Sfacciata la ragazza» disse Ty, fingendo subito dopo di sospirare teatralmente «E va bene, io ci ho provato. Penso che lo troverai esattamenteee… Tra due minuti al Chowders.»
«Grazie mille Tyler » risposi ironica. Guardai Trenton con un sorriso e lui mi fece cenno di uscire.
Lo seguii con piacere respirando l’odore di borotalco e brezza  marina che emanava la sua pelle.
«A dopo Ty!» salutò, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Mi voltai a guardarlo e il suo sorriso s’allargò di nuovo.
«Izzy» disse con aria contenta «Bentornata a casa. Mi fai compagnia mentre pranzo?»
«L’idea era quella. Poi Tyler mi ha detto che c’è un bravo istruttore di surf da quelle parti..» gli mostrai la lingua «Due piccioni con una fava!»
Trenton ridacchiò mentre scuoteva la testa:«Mai fidarsi di Tyler!»
Camminammo verso il nostro posto preferito, e dopo meno di un minuto eravamo già arrivati. Ci sedemmo di fuori ed ordinammo la specialità che non mangiavo da tempo, zuppa di granchio tiepida servita dentro un canestro pane abbrustolito. Sistemati sui tavolini che davano sulle baia mi sentii straordinariamente felice e di nuovo a casa. Inspirai guardando l’orizzonte e sentii i miei polmoni riempirsi di mille odori marini e terrestri, che si mescolavano nell’aria danzando tra il sale, le spezie e i soffritti dei ristoranti. E la salsedine, la mia familiare, stupenda salsedine..
«Mi sei davvero mancata Izz’»
Mi voltai e vidi i capelli di Trenton irradiarsi di fili d’oro. Il suo sorriso era sincero e felice, ed io rimasi senza fiato.
 
***
Con i capelli umidi guardavo Trenton arrancare verso la battigia, scuotendosi qua e in là i ciuffi biondi totalmente bagnati. Mi tirai su appena di più, puntellandomi sui gomiti, mentre i raggi aranciati del sole rilasciavano un piacevolissimo tepore. Sorrisi: avevamo passato un gran bel pomeriggio insieme.
Dopo pranzo avevo convinto Trenton a prendersi la sua solita mezza giornata libera e andarcene in spiaggia. Eravamo passati dal negozio per prendere in prestito dei  teli di riserva che Trenton lasciava in magazzino e Tyler mi aveva regalato un costume da bagno nuovo  di zecca – uno dei pochi e costosissimi Tina Turk da 76$ che avevano in esposizione, stavo per mettermi letteralmente a piangere di gioia -  poi dritti in acqua. Tra il surf, le gare di tuffi , le partite di beach volley  e le risate si era fatto tramonto in men che non si dicesse. Era così semplice passare le ore insieme a Trenton..
Il suo passo si fece più fluido quando si liberò dall’impedimento delle onde. L’acqua gli si strinse addosso in mille rivoli che scorrevano già tra le linee sinuose dei suoi addominali scolpiti. Oh, Dio..
Mi sorrise quando individuò in punto in cui ero seduta, e mi raggiunse di buon umore. Quello che mi era sempre piaciuto di Trenton era che non si arrabbiava mai. Aveva sempre un’espressione così pacifica, soprattutto quando era al mare.
Quando fu davanti a me scosse la testa nella mia direzione inondandomi di goccioline.
Mi parai con un braccio ridendo:«Che scemo!»
In tutta risposta latrò, come un lupo, e si sedette accanto a me asciugandosi la testa mentre tornavo a fissare il tramonto. Erano quasi le sei, e questo significava che sarei dovuta tornare a casa prima di quanto volessi. Ripensai all’espressione truce del mio nuovo fratellastro – be’, nuovo per modo di dire – e storsi le labbra. Chissà come se l’era cavata papà. Forse non sarei dovuta stare via tanto a lungo.. Eppure l’idea di rientrare non mi allettava nemmeno un po’. A parte per quella piccoletta così carina, magari.
«Allora, hai intenzione di parlarmi dell’argomento che hai evitato tutto il giorno?» disse Trenton.
Spostai la testa verso di lui colta di sorpresa. Mi guardava con un sorriso amichevole e comprensivo. Non ero stata molto disinvolta nell’eludere la questione, a quanto pareva..
Alzai le spalle tornando a guardare avanti:«Che dovrei dire?»
«Be’ per esempio qualcosa a proposito di un certo fratello maggiore venuto dal passato..» rise con leggerezza.
Inarcai un sopracciglio verso di lui.
«Proprio un bel tipo» dissi sarcastica.
Trenton non perse il suo buon umore:«A me è sembrato abbastanza.. Controllato, diciamo, nelle reazioni, composto ecco.. Ma un bravo ragazzo.»
Già, è vero, si erano conosciuti il giorno prima.
«Forse..» mi limitai a dire incerta. Poi lo guardai pensosa:«Che ne dice il branco della famiglia Cullen + appendice?»
Voltò il busto nella mia direzione, appoggiandosi ad un gomito per tenersi su:«I Quileute sono molto alla mano. Jaxen deve aver blaterato per ore ma era abbastanza sicuro che l’alfa, Jacob, si sia perso un bel po’ di parole per tenere d’occhio Renesmee. È la prima volta che vediamo un imprinting, dal vivo..»
Quella era una delle parole che m’infastidiva di più. Arricciai le labbra per un nanosecondo sperando che non si accorgesse della mia reazione. Sentendo Trenton esitare per un attimo, guardando altrove, capii che non c’ero riuscita. Bene.
«Seth, il più giovane, ha l’aria davvero in gamba.. Ha bersagliato Makeda di domande, penso che l’abbia preso davvero in simpatia.» riprese subito dopo, coprendo quegli attimi di silenzio «Sua sorella Leah mi è parsa un po’ diffidente ma da quello che ha detto Kala era solo un po’ a disagio. È rimasta a dormire da noi e penso che abbiamo cominciato a chiacchierare con lei e Josie.. Sono abbastanza sicura che resterà anche stanotte o per qualche giorno..»
«Buono. E l’allegra famiglia felice? Qual è la sua analisi dottore?» domandai ironica, puntando gli occhi verso il sole che spariva all’orizzonte.
«Sono.. ben assortiti, e bevono sangue animale come voi. Ho parlato più che altro con Jasper, quello biondo pieno di cicatrici..»
«Ah sì, Frankenstein.» dissi tra me e me annuendo.
«Lui!» rispose accennando una risata «Mi ha raccontato che ha combattuto per anni con eserciti di neonati al Sud, motivo per cui ha tutti quei segni. Dev’essere un ottimo combattente se è sopravvissuto.. Lui e la sua ragazza hanno l’aria simpatica. Sono sicuro che quella specie di modella con la puzza sotto la naso ci trova irritanto, ma il suo fidanzato ha tutta l’aria di essere uno che sa come divertirsi. E non mi è sembrava male nemmeno tua..Cognata, Bella.»
«Oh sì, lei non mi ha incenerita con lo sguardo come suo marito..» borbottai sarcastica.
«Davvero?» domandò divertito «Immagino dipenda da quello che hai pensato. Legge nel pensiero, lo sapevi? Da brividi..»
«L’ho scoperto, sì.» feci alzando gli occhi al ricordo.
Trenton scoppiò a ridere poi mi scompigliò i capelli. Avvampai per un nano secondo, sperando che non se ne accorgesse.
«Gli piacerai, deve solo conoscerti..»
«Uhm be’..» farfugliai incerta cercando di guardare altrove per non incrociare la traiettoria degli occhi di Trenton «Non sono sicura che m’interessi..»
«Che intendi dire?» domandò sereno, ma incuriosito.
«Be’..» e come glielo spiegavo se non lo sapevo nemmeno io? «Non ci ho pensato molto, a dire la verità..  Non so cosa pensare di questa situazione. Insomma: questo cosa significa? Come saranno i loro rapporti in futuro? Dovrei farmi chiamare zia da sua figlia?»
Sospirai  pesando alle assurdità che stavo dicendo. Trenton invece mi guardava comprensivo:«Non penso che tu debba deciderlo ora. E non dev’essere per forza tua fratello, se non vorrai. Io ti direi di dare tempo al tempo. Anche lui sicuramente sarà scioccato quanto te e tuo padre.. Vivila senza rifletterci troppo e fai quello che ti senti; è la scelta giusta..»
Feci un mezzo sorriso nella sua direzione, ma guardandolo così calmo e positivo mi riempì di un senso di pace incredibile.
«Grazie Trent..»
«Ma ti pare, piccola..» disse, allungandosi a darmi un bacio sulla guancia.
Dal punto in cui le sue labbra mi avevano sfiorata si irradiò un lampo di calore che mi mandò a fuoco la faccia.
Oddio Izzy, piantala di arrossire come una bambina!
Quando incrociai il suo sguardo, così vicino a me il battito del mio cuore prese il volo. Ero persa nel buio brillante della sue iridi grandi come crateri.
Impercettibilmente lo avvertii irrigidirsi e con un movimento fulmineo si allontanò, a disagio.
Inclinai la testa per nasconderla tra ciuffi di capelli ed alzai gli occhi al cielo: c’eravamo di nuovo. Conoscevo l’antifona del branco, non c’era molto da dire.
Si alzò in piedi e mi mostrò un sorriso, troppo tirato per essere davvero reale:«Allora, sei pronta per tornare a casa?»
Sbuffai:«No, ma ci andremo comunque, vero?»
Rise porgendomi una mano:«Certo. Non vorrai lasciare Jax senza moto. Sta per uscire da lavoro..»
Sospirai e radunando le nostre cose ci dirigemmo verso il punto in cui avevo lasciato la Yamaha. Accordandoci per ritrovarci davanti all’officina di Jax, Trenton raggiunse il punto in cui aveva parcheggiato ed io, zainetto improvvisato in spalla, sgusciai via tra le strade di San Francisco.
Quando arrivai all’officina c’era Jax seduto su un paletto di cemento in attesa.
«Scusa Jax, è molto che aspetti?»
«Nah » si spinse in avanti col busto per alzarsi «Sono uscito dieci minuti fa, non avevamo molto da fare oggi.»
«Il traffico era terribile, ho cercato di tagliare.. Trenton dovrebbe arrivare a momenti credo.»
«Vuoi aspettarlo o mi dai tu un passaggio a casa?» chiese distratto, passandosi un mano sulla faccia. Aveva un’espressione assonnata.
«Posso aspettarlo qui, così te ne  puoi andare a casa e buttarti sul divano..» risposi con un sorriso «Sei stato già troppo gentile!»
Alzò le spalle tranquillo:«Figurati.. Come preferisci.»
Scesi dalla moto e gli allungai le chiavi. Lui le afferrò e mi diede un buffetto sulla testa poi saltò in sella girando le chiavi.
«Allora a presto Izzy» disse al di sopra del rombo del motore. Feci un cenno di saluto con la mano mentre partiva a tutta velocità verso casa.
Mi appoggiai al paletto ed attesi, sperando che Trent non fosse rimasto imbottigliato nel traffico.
Chissà come sarebbe stata la situazione a casa.. C’erano tante stanze, ma non ero mai stata abituata a vivere con tante persone; eravamo sempre io e papà, a volte Ashley. Per brevi periodi veniva anche Dawn, ma dieci persone in più erano un aumento considerevole. Cos’era successo mentre ero stata via? Mi sentii in colpa ad aver lasciato mio padre solo.. Sapevo che era in grado di cavarsela in molte situazioni, io di sicuro non avevo ereditato la sua calma zen. Ma il mio fratellastro cosa pensava di tutto questo?
Scossi la testa: avrei dovuto fare come aveva detto Trenton immagino, vivere le cose e prenderle come venivano.. Facile a dirsi..
Mentre riflettevo una folata di vento mi solleticò le narici portando con sé odore di bistecca, maionese e patatine fritte. Il mio stomaco brontolò sonoramente in risposta.
Non erano nemmeno le sette, ma avevamo pranzato abbastanza presto, e non avevamo fatto spuntini durante tutto il giorno.. Mio padre di sicuro si era dimenticato di riempire il frigor – tipico suo – e la voglia di cucinare era raso zero. Magari scroccavo a Makeda un posto a tavola insieme al branco.
Il branco.
Un’idea passò fulminea attraverso il mio cervello, nello stesso momento in cui sentii il ringhio del motore di Trenton sempre più forte.
«Jaxen?» mi chiese, con la Suzuki ancora in moto.
«L’ho lasciato andare a casa» dissi alzando appena la voce al di sopra del rombo.
Lui annuì facendo un cenno col capo verso sella dietro di lui ma alzandomi esitai.
«Ehi Trent mi faresti un favore?»
«Certo..» rispose subito mettendosi in attesa.
«Possiamo fare una deviazione prima di tornare a casa? Be’ è quasi di strada..» dissi pensosa.
«Che hai in mente?» domandò con un piccolo sorriso curioso.
«Ho pensato che.. Sarebbe carino se comprassi la cena. In fondo non tutti i miei ospiti sono vampiri e mio padre di sicuro non ha fatto spesa. Quindi magari..» spiegai incerta.
«Ottima idea! » m’interruppe illuminandosi «Salta su! Pensavi da Little Ceasar’s o..?»
«Five Guy’s Burgers» risposi appoggiandomi alle sue spalle per tirarmi su, a cavallo del sellino.
«Si parte!» annunciò allegro scattando a razzo sulla strada.
Ci mettemmo, come al solito, meno tempo di quanto ce ne volesse, facendo gincane folli tra le macchine. Trenton era meno spericolato di Jaxen, perlomeno, ma per me era divertente così. Amavo andare in moto.
Naturalmente, quando arrivai mi resi conto di aver lasciato in valigia il portafoglio. Come un’idiota ero rimasta a frugare tra le mie tasche e lo zainetto quando Trenton – ridendo e scuotendo la testa  -  non passò avanti offrendosi di pagare.
Lo ringraziai, infilammo vari sacchetti ben chiusi dentro il mio e il suo zainetto – mi tenni alle maniglie posteriori per non schiacciare nulla – ed arrivammo a pacifica nel giro di un quarto d’ora. Dovemmo prendere il sentiero laterale che avevo fatto con mia madre, per risalire in moto, ma con Trenton che piegava come su una pista da gara, arrivammo a destinazione con il cibo ancora fumante.
Non appena sbucammo da sentiero si fermò per farmi scendere e darmi la sua metà degli hamburger. Sotto al portico c’era mio padre, seduto in contemplazione mentre un vampiro biondo che non avevo mai visto muoveva le labbra lentamente di fianco a lui. Doveva essere il capo famiglia, il marito di mamma chioccia, alla sua destra, Esme. La moglie di mio fratello era sull’erba insieme a Renesmee, Edward junior – con una pessima cera - , il mutaforma con l’imprinting e un altro ragazzo con la pelle dello stesso colore della sua. Probabilmente Seth. La trilli formato vampira se ne stava seduta vicino alle grondai del secondo piano, piuttosto annoiata. Messa lassù sembrava proprio una fatina. Nessun segno di Barbie, Craven-boy e il Bodybuilder.
Vidi gli occhi di mia padre animarsi verso di me quando mi vide; eppure sembrava pensoso.
«Isobelle..» mi salutò, e finalmente fece un sorriso, più debole del solito, ma avrei osato dire sollevato. I suoi occhi andarono verso Trenton e gli fece un affabile cenno col capo.
«Grazie per averle dato un passaggio.»
«È un piacere. Vi auguro una buona serata!» disse Trenton sventolando appena un braccio. Poi mi guardò, sorridente – un sorriso dolce, come i suoi occhi – e mi pose una mano su una spalla, incoraggiante:«Sii te stessa e non preoccuparti ok?»
«Ma certo..» mormorai, ricambiando il sorriso mio malgrado.
Detto questo balzò in moto e seguendo la linea degli alberi s’infilò per un sentiero come un pazzo.
Armata delle mie due enormi sporte straripanti di hamburger, hot dog e patatine fritte mi avvicinai al gruppetto, sentendomi goffa. Alice, scese con un salto e si trovò a pochi metri.
Grazie al cielo, mentre camminavo mio padre scattò in piedi e fu vicino a Bella in un lampo. Renesmee mi sorrise automaticamente e mi sentii subito più tranquilla.
«Tesoro hai fatto scorte? Vuoi una mano?» disse subito mio padre.
Scossi la testa e diedi uno sguardo verso lo spilungone e il ragazzetto indiani in segno di saluto:«Ciao a tutti.. Tu devi essere Seth.»
«E tu Izzy.» ribatté pronto con un sorriso allegro. Sembrava la versione più giovane ed indiana di Trenton per la positività.
«Hai fatto centro..» disse facendo un piccolo sorriso. Alzai le sporte verso di loro:«Ho pensato che aveste fame e.. Visto che dovevo cenare anch’io.. »
Entrambi sorrisero, insieme a Bella e mio padre s’illuminò.
«Be’ grazie mille.. » disse Jacob ricambiando il sorriso. Il suo compagno si massaggiò la pancia sporgendo il collo verso le sporte:«Mmm che profumino.. Sei gentilissima!»
«Ci sono un po’ di Hamburger, Cheeseburger, Baconburger, Hotdog e patatine. Non sapevo cosa vi piacesse. E conosco l’appetito del branco..» ribattei contagiata dal suo buon umore. Entrambi risero.
«Grazie Izzy, ci hai risparmiato un viaggio in pizzeria.. Ho dimenticato di fare la spesa.» fece mio padre, ritrovando un po’ della sua ironia.
«Ovviamente..» ribadii scherzosa, alzando gli occhi al cielo.
Ridacchiò scrollando le spalle mentre mio fratello, che non aveva spiaccicato una parola, ci guardava inespressivo.
Un sorriso no, ogni tanto?
Nel momento in cui finii di pensarlo mi ricordai che poteva leggermi nei pensieri e probabilmente le mie guancie si tinsero appena di rosa.
Ma porc..
Perlomeno riuscì ad accennare un microscopico sorriso, guardando nella mia direzione. Si spense a breve, quando distolse lo sguardo e si mise a fissare sua figlia pensoso. Renesmee aveva guardato prima me – con un sorriso smagliante – poi suo padre, mettendole una manina sulla guancia, nonostante fosse del tutto superfluo. Chissà cosa le stava mostrando..
«Lascia che porti i sacchetti dentro..» disse mio padre allegramente togliendomi in un secondo le  borse dalle mani. Lui e la sua cavalleria.
Lanciò una rapida occhiata al mio abbigliamento con aria incuriosita:«E quel costume da dove sbuca?»
Mi guardai la maglietta bianca corta – aveva una bella chiazza d’acqua al centro – sotto la quale s’intravedevano i disegni multicolor del top che al mio arrivo non avevo.
«.. È il modello Madagascar Paisley Bandeau, di Tina Turk! » sentii sussurrare con entusiasmo dalla folletta. La intravidi borbottare con gli occhi luccicanti all’orecchio di Esme. Be’, come darle torto? Adoravo quel costume..
«Sono stata a trovare Trenton a lavoro.»
«E siete andati al mare tutto il pomeriggio..» concluse, sapendo bene delle nostre abitudini del lunedì pomeriggio.
 «Sì. Solo che non avevo nulla con me. Tyler ha insistito per regalarmi un costume da bagno..»
«Generoso da parte sua..» borbottò con aria sospettosa.
Gli mostrai i denti con un sorrisone furbesco:«Faccio questo effetto sugli uomini.»
Udii la risata divertita di Renesmee, seguita da altri scampanellii vampireschi. Mio fratello muto come una tomba. Che allegria.
Magari mi stava fulminando con lo sguardo, meglio non controllare..
Mio padre alzò gli occhi al cielo:«Queste cose preferirei non saperle..»
In quel momento mi tornò in mente una cosa importante e mi sbattei una mano sulla fronte «Oh cazz – Papà, dobbiamo restituire i soldi a Trenton, avevo dimenticato il portafoglio..»
«Eeehi.» ribadì lanciandomi un’occhiata eloquente «Moderiamo i termini signorina..»
Sbuffai, ma feci per seguirlo insieme agli altri mentre s’incamminava. Guardai Renesmee, mano nella mano con Bella e le strizzai un occhio:«Tu mangi?»
La bambina arricciò le labbra in una smorfia piena di fossette adorabili e scosse la testa.
Inarcai un sopracciglio con un sorriso:«No? Non vuoi assaggiare?»
Storse la bocca indecisa ed io alzai le spalle:«Prima o poi dovra provare i muffins e i cookies di Dawn e sono sicura che cambierai idea. È così che ho cominciato a mangiare cibo.»
Oh sì. Nessuno cucinava bene come lei. Mia madre era andata letteralmente fuori di testa all’idea che rifiutassi qualsiasi cosa. Poi un giorno Dawn, a soli 10 anni preparò i muffins insieme a lei e me ne porse uno: me ne innamorati perdutamente.
Feci appena in tempo a vedere Bella ed Edward scambiarsi uno sguardo pieno di parole prima che lo distogliessero e che Bella non s’incamminasse dietro Jacob con sua figlia. Il mio fratellastro era rimasto indietro e mi studiava con aria seria. Oh Gesù. E ora che cos’altro c’era?
Mi sentii un po’ intimidita. Ma lo vidi fare una minuscola smorfia beffarda mentre lo pensavo.
Tanto peggio non poteva andare quindi tentai.
Non volevo dirtelo così, senza preparazione. Ma sembri un serial killer, pensai, aprendo un canale di comunicazione mentale. Mi focalizzai su alcune delle espressioni perse nei miei ricordi di quel primo incontro.
Perlomeno ridacchiò debolmente.
Per quanto ne sai, potrei esserlo stato negli ultimi novant’anni.
Sempre più inquietante.
Vero.
Non ce l’ho con te, pensò rifacendosi improvvisamente serio, mia figlia pensa che sia stato scortese, così ho pensato dovessi dirtelo.
Non posso darle torto, ribattei un filo sarcastica.
Annuì alzando gli occhi al cielo – ricordandomi toppo mio padre -  poi mi porse la mano, un po’ rigido:«Non ho ringraziato per l’ospitalità» accennò un sorriso cortese«Sono Edward.»
La strinsi perplessa, annuendo a mia volta, sentendo gli altri sbirciarsi alle spalle e rallentare il passo.
Tu sei decisamente bipolare Edward.
Dandomi le spalle per raggiungere sua moglie lo sentii ridere, mentre seguivo la scia di hamburger e patatine con lo stomaco in subbuglio.
 
 
Flashforward

Con pochi, rapidi movimenti, passando dalla forma umana a quella lupesca ad intermittenza – così veloce da sembrare sdoppiata – Ashley aveva smembrato il corpo di quel vampiro mai visto.
In pochi secondi gli arti erano volati via dal busto, che era rimasto solo un plastico di marmo. Letale, aveva strappato via testa dal collo, come se lo avesse strozzato con troppa foga.
Rimasi a guardarla di stucco, pietrificata insieme agli altri: Ashley aveva appena divelto il capo di un vampiro, e lo aveva fatto quasi interamente in forma umana
Ora ci guardava, con un’espressione tra l’annoiato ed il serio, tenendo per il capelli la testa, rivolta verso di noi con uno sguardo di terrore scolpito negli ultimi attimi di vita.
«È amico vostro?»
Stupefatta, come tutti gli altri, scossi la testa e guardai Jacob sgranare gli occhi e poi scambiarsi un’occhiata con Seth. Mio marito sembrò molto impressionato, ma rimaneva calmo ed immobile.
Avevo ragione: quella donna era davvero inquietante..
Ashley si voltò, gettando il cranio insieme agli altri pezzi. Fece per tirare fuori l’accendino quando un lampo di fuoco illuminò i resti accatastati come una pira, bruciandoli all’istante.
Ci voltammo tutti verso la direzione da cui era partito e vedemmo Joana Finch con una mano tesa in avanti.
Con la solita espressione accigliata, e profondamente seria scrutò Ashley:«Quel vampiro è il primo di una lunga serie. Abbiamo un problema.»

 



Ps. Ho lasciato in sospeso ciò che succede mentre Izzy è via, ma lo recupererò con un flashback prossimamente, dove si parlerà di Joana e si capirà di più anche sulla Dawn che spesso viene nominata. 
  
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