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Autore: Scarcy90    29/07/2016    1 recensioni
La giovane infermiera Lisa Light vive la sua solita vita nel reparto di Neurochirurgia in un ospedale universitario. Ad accompagnarla, nel viaggio di tutta una vita, il suo esuberante collega e migliore amico, Chris.
Julian Blackwood, uno sceneggiatore spiantato e colmo di pensieri, circondato da strani amici. Insieme ai quali ha fondato una casa di produzione cinematografica indipendente, la Maudits.
Un incidente motociclistico e un particolare progetto, costringeranno la zelante infermiera a confrontarsi con un mondo quasi completamente opposto al suo, in cui regnano solo le idee e l'immaginazione di chi crea qualcosa praticamente dal nulla. I due protagonisti saranno posti davanti a loro stessi. Dovranno fare scelte importanti per poter comprendere e accettare appieno le loro anime così diverse ma al contempo simili.
Dal Capitolo 5
-Lo fai sempre?- chiese lui con occhi strani.
-Cosa? Vestire i pazienti che ne hanno bisogno?-
-No, accarezzare le gambe dei pazienti in modo così provocante.-
Le guance di Lisa presero fuoco mentre si rendeva conto che non aveva tenuto l’elastico dei pantaloni largo ma aveva permesso che il dorso di una delle due mani restasse in contatto con la pelle di Julian
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 4
 
 Lisa era seduta sulla poltrona nella stanza di Julian Blackwood. Ormai erano quasi quindici minuti che assisteva alla discussione tra il paziente e il suo amico Peter. La ragazza li guardava annoiata. Non avrebbe mai pensato di scatenare una guerra tra loro solo per aver espresso un’opinione. A dirla tutta, fino a pochi minuti prima, era convinta che il combattimento si stesse svolgendo tra la sua idea di arte e quella di Blackwood, ma sembrava che il fronte armato si fosse spostato altrove.
 -Il titolo va bene così, Peter!- disse Julian incrociando le braccia.
 -Smettila di essere il solito testone! Non accetti il titolo suggerito da Lisa, solo perché è stata proprio lei a proporlo.-
 -Ti sbagli!-
 -Allora è perché ti brucia la sconfitta. So che avresti voluto pensare tu a un titolo del genere ma prendiamolo e portiamocelo a casa- Peter si voltò subito verso Lisa. –Ovviamente lo useremo solo con il tuo permesso, cara.-
 -Come vi pare- disse Lidia sbadigliando. 
 -Noi non useremo il titolo di un’infermiera da quattro soldi.-
 -Come scusa?- Lisa alzò lo sguardo e di nuovo incrociò gli occhi di quel paziente così dannatamente stronzo.
 Erano tornati sui fronti di guerra originari.
 -Hai sentito.-
 -Ascolta bene, Blackwood- disse lei alzandosi con calma e stiracchiando. –Sono stanca, non ho dormito. Smettila di attaccarti al tuo orgoglio, usa il mio titolo e tornatene a riposare beato. Mi pare che a Peter stia bene, quindi, se non vi dispiace, io vi lascerei da soli così potrete continuare la vostra piccola scaramuccia senza mettere di mezzo anche me.-
 Prese la borsa posata sul tavolo e si diresse verso la porta.
 -Col vostro permesso…- disse poggiando la mano sulla maniglia.
 -Aspetta!- esclamò Peter prendendola per un polso. –Avrei bisogno di chiederti… Come potrei definirlo? Un favore. Avrei davvero bisogno di un favore.-
 -Peter, siamo tutti stanchi. Domani ho il turno di mattina, vieni qui in reparto così mi potrai parlare di tutto quello che vorrai. Adesso, sinceramente, voglio solo andare a casa. Ho avuto una lunga giornata.-
“E una relazione andata a monte da annegare in fiumi di vodka lemon” pensò avvertendo le lacrime pungere dietro le palpebre.
 -Peter, lascia che se ne vada!-
 Lisa sorrise in direzione di Julian. Un sorriso tirato e finto.
 -Non vedo l’ora di far riposare le mie orecchie. La tua voce e i tuoi modi mi hanno completamente sfinita- abbassò gli occhi verso Peter. –Ci vediamo domani.-
 -Immagino che ci vedremo anche noi- mormorò Julian colmo di risentimento ed astio.
 Lisa si voltò a guardarlo.
 -Oh, noi ci vedremo anche all’altare. Mi hai chiesto di sposarti.- La donna fece l’occhiolino e uscì dalla stanza ridendo divertita.
 -Che intendeva? Quando le avresti chiesto di sposarti?- chiese Peter una volta che Lisa si fu allontanata.
 -E lo dovrei sapere io? Lo hai visto che quella è completamente fuori di testa.-
 Peter sorrise e cominciò a raccogliere i fogli sparsi sul letto del suo amico.
 -Ti piace, non è vero?-
 -Quanto un calcio nelle palle- rispose Julian piccato.
 Peter scosse la testa. L’orgoglio del suo amico sarebbe diventata la sua rovina.
 
***
 
Il salone era un vero disastro. Lisa si alzò un po’ traballando afferrando le due bottiglie di vino vuote e ciò che era rimasto delle confezioni del cibo cinese che lei e Chris avevano ordinato poco più di un’ora prima. Considerando che era ancora primo pomeriggio, Lisa cominciò a pensare che forse stavano cominciando ad esagerare con lo sfogo alcolico. In realtà non le importava. Aveva intenzione di annegare i suoi pensieri con quelle bevande magiche, e lo stava facendo con determinato stacanovismo.
 Con calma gettò tutto nel secchio per i rifiuti, prima di tornare a sedersi sul divano, accanto sul migliore amico intento a stappare la terza bottiglia di vino. La loro piccola riserva di vodka lemon era finita già da qualche ora.
 Avevano passato l’intera serata a parlare di come lei avesse rotto con Theo. Erano ubriachi, decisamente ubriachi. Tuttavia non avevano ancora raggiunto la soglia massima di sopportazione alcolica. La stanza vorticava ma non troppo velocemente. Si trattava di un buon segno, un’altra bottiglia di vino l’avrebbero retta senza problemi.
 -Sono passata da Julian Blackwood prima di tornare a casa.-
 Chris versò il vino nei due calici che aveva davanti, poggiati sul tavolino. Parlavano spesso dei loro pazienti ma mai quando erano così sbronzi.
 -Cosa è successo?-
 -Tu lo andresti a vedere un film che si chiama “Il passaggio nella siepe”?- Lisa sembrava pensierosa fissando il bicchiere di vino che aveva in mano.
 -Credo che piuttosto mi farei murare vivo. Mi ispira più o meno nello stesso modo.-
 Un sorriso si affacciò all’angolo della bocca della ragazza.
 -E una storia d’amore con il titolo “La porta per il Purgatorio”?-
 -Uhm, sembra qualcosa di tormentato. Di certo potrebbe risultare interessante.-
 Il sorriso di Lisa si allargò fino a tramutarsi in un risata.
 -Tu lo sai che non sto capendo il perché di queste domande, vero?-
 -Non importa. Non è nulla di rilevante.- “Solo la prova definitiva che Julian Blackwood è uno stronzo narcisista senza eguali nel mondo.”
 -Lisa. Sei sbronza e mi parli di titoli cinematografici. Qualcosa non va?-
 La mano di Chris raggiunse la guancia di Lisa e cominciò a sfiorarla con lentezza. Quel tocco familiare consentì alla ragazza di rilassarsi un po’. Christopher Wells era la sua panacea, l’unico a cui sapeva di poter dire tutto senza il timore di essere giudicata.
 Era suo fratello. Il suo gemello saggio a cui chiedere consiglio anche quando era più ubriaco di lei, dal momento che Chris era un affidabile consigliere persino in quelle situazioni.  
 -Sono andata da Blackwood per accompagnare un suo amico. Ho scoperto che sono sceneggiatori e…-
 Un suono interruppe il racconto. Qualcuno aveva bussato alla porta.
 -Chi sarà?-
 Chris si alzò con calma per non rischiare d’inciampare. Lisa guardò il suo amico raggiungere la porta e poi una voce conosciuta invase la stanza.
 -Buonasera. Cerco Lisa Light.-
 -Peter?- domandò lei alzandosi dal divano e dirigendosi, come meglio poteva, verso l’ingresso. Vide il ragazzo dell’ospedale, con i suoi occhi vispi e il viso appuntito. –Che ci fai qui? Come hai fatto a scoprire dove abito?-
 -Devi perdonarmi. Ho detto a una tua collega di essere tuo cugino in visita. Le ho raccontato che volevo farti una sorpresa e lei mi ha fornito l’indirizzo. Non tutte le infermiere sono sveglie come te.-
 -Su questo non ci sono dubbi- rispose Lisa sorridendo. –Accomodati.-
 Si spostò per far passare il nuovo arrivato.
 -Vuoi un bicchiere di vino? Io sono Chris, collega e coinquilino di Lisa.-
 -E’ un piacere. Sono Peter Drew.-
 -L’amico del simpaticone della stanza 19- precisò Lisa chiudendosi la porta alle spalle in modo che Chris capisse realmente chi fosse quel ragazzo, prima di lasciarsi andare a battute insensate su Julian Blackwood.
 Si sedettero tutti e tre sul divano. Peter prese il suo bicchiere e ne bevve un piccolo sorso mentre fissava il liquido rosso che vorticava nel bicchiere al più piccolo movimento.
 -Mi dispiace di essere piombato qui, in questo modo. Forse sono stato inopportuno è ho interrotto la vostra serata.-
 -Non preoccuparti, Peter. Lisa ha già esaurito del tutto l’argomento principale- si avvicinò a Peter e sussurrò. –Oggi ha mollato il suo ragazzo.-
 -Christopher!- esclamò Lisa risentita.
 -Mi dispiace- disse Peter con aria davvero amareggiata.
 -Me ne farò una ragione- disse lei muovendo la mano come per scacciare una mosca. –L’ho lasciato perché il suo lavoro sembrava contare molto più di me. Comunque di cosa devi parlarmi, Peter? Vediamo se riesci a distrarmi dalla mia patetica situazione.-
 -Ecco. Mi hai detto di aspettare domani ma io ho bisogno di chiederti subito qualcosa riguardo quel favore.- Fece una breve pausa, cercando con calma le parole più adatte. -Oltre ad essere sicuramente un’ottima infermiera, non è che per caso sei anche una scrittrice?-
 Lisa e Chris sussultarono fissandosi per un attimo negli occhi.
 -Ho detto qualcosa di sbagliato?- chiese Peter titubante.
 -Come te ne sei accorto?-
 La domanda di Chris parve piuttosto strana all’uomo minuto che sedeva sul loro divano, ma decise di rispondere.
 -L’ho capito con la sua puntigliosità verso la nostra sceneggiatura. E’ una perfezionista delle lettere, una dote molto ambita nell’ambito letterario. O almeno dovrebbe esserlo, secondo il mio punto di vista.- Lisa lo fissava incredula. –Se devo essere sincero, però, il dubbio mi è sorto per come parli delle parole. Le hai paragonate alla musica, alle note su uno spartito. Tu ami le parole e ami disporle insieme fino a creare qualcosa che somigli in modo spaventoso all’arte.-
 -Mi piacciono i libri, e ho scritto qualche storiella per mio piacere personale. Non sono una scrittrice.-
 -Lisa- intervenne Chris. –Ho letto le tue storielle e, perdonami se lo dico, ma non si tratta solo di un passatempo. Il tuo stile è meraviglioso.-
 -Sei di parte.-
 -E tu sei una stupida che non ha il coraggio di far leggere a qualcun altro ciò che scrive.-
 Lisa lo fulminò con lo sguardo.
 -Non voglio farvi litigare- cominciò Peter mortificato. –Il fatto è… Lisa, ho bisogno del tuo aiuto.-
 La ragazza rivolse lo sguardo verso di lui.
 -Trovare dei produttori per il nostro film non sarà semplice. Le sceneggiature vengono cestinate con grande facilità. Come se non bastasse, noi credevano di aver finito e invece tu mi hai fatto capire che saremo costretti a rivedere sia dialoghi che grammatica.-
 I due padroni lo ascoltavano attenti senza capire dove avrebbe trovato una spiegazione il suo discorso.
 -Lo splendido modo in cui oggi sei arrivata a trovare un titolo perfetto per il nostro film. Un titolo d’impatto, un titolo che invoglia a saperne di più. Grazie a ciò, ho capito che forse sei tu quello che stiamo cercando. Lisa, sei quello di cui abbiamo bisogno per rendere il nostro progetto il migliore prodotto mai creato dalla nostra casa cinematografica. Te lo ripeto, tu sei quello che stiamo cercando da tempo.-
 -E che state cercando esattamente?-
 -Qualcuno che tiri fuori un manoscritto decente dalla nostra sceneggiatura.-
 Lisa alzò le sopracciglia scettica.
 -Dovrei scrivere un libro intero che sia tratto dalla vostra storia?-
 -L’idea è questa. Comunque non sei costretta ad accettare subito. Ecco- le porse qualcosa. Lisa si ritrovò in mano quella una chiavetta USB. –Qui c’è l’intera sceneggiatura. Leggila e poi potrai decidere.-
 Peter si alzò in piedi bevendo un altro sorso di vino.
 -Sarò alla nostra sede in centro per tutta la sera e anche per parte della notte. Se accetterai la mia proposta spero che mi verrai a trovare oggi stesso. L’indirizzo è in un file all’interno della pennetta.-
 Posò il bicchiere sul tavolino.
 -Mi scuso ancora per esservi piombato in casa. Vi auguro una buona serata.-
 Lasciò che Chris lo accompagnasse alla porta.
 Quando il suo coinquilino richiuse, Lisa alzò gli occhi per trovare quelli del suo amico.
 -Avete parlato di questo oggi? Il tuo titolo era “La porta per il Purgatorio”, vero?-
 L’amica annuì.
 -E’ un titolo forte e proprio come te, Lisa- s’inginocchio sul tappeto davanti e lei. Prese le sue mani e la guardò in volto. –Hai sempre amato scrivere ma come ha detto Peter, nessuno ti costringe a farlo. Se vuoi la mia opinione, però, leggere quella sceneggiatura non ti ucciderà; inoltre, nessuno ti impedisce di rinunciare una volta cominciato. Se ti renderai conto di non farcela sono certo che Peter lo capirà, mi sembra una persona molto ragionevole.-
 Lisa abbassò lo sguardo sconfitta.
 -Sarò costretta a lavorare con quel maleducato di Blackwood.-
 -Hai una sceneggiatura su cui lavorare, dovrai solo scrivere. Non credo che avrai troppi contatti ravvicinati con quel tipo. Ora come ora, sarebbe la te infermiera ad avere più a che fare con lui, non la scrittrice.-
 Il silenzio piombò nella stanza per qualche secondo.
 Chris aveva l’impressione di sentire il cervello della sua amica lavorare febbrilmente in cerca di una risposta. Era così bella assorta nei suoi pensieri. Quel commento mentale fu inevitabile per Chris.
 Lisa, però, non aveva mai parlato a nessuno del suo amore per la scrittura. L’unico a conoscenza di tutto era il suo migliore amico. La ragazza aveva la sensazione che lavorare con quei ragazzi l’avrebbe costretta ad aprirsi troppo su un argomento che per lei era un segreto assoluto.
 Per non parlare di ciò che avrebbe detto o fatto il bisbetico che alloggiava nella stanza 19. Sarebbe stata canzonata e derisa. Avrebbe trascorso tutto il tempo costretta a schivare gli attacchi di quel tiranno col la gamba ingessata e il cervello difettoso.
 -Mi fa davvero innervosire quell’uomo- un’affermazione uscita in modo spontaneo ruppe il silenzio.
 -Lo so.-
 -Amo il mio lavoro.-
 -So bene anche questo.-
 Il silenzio tornò tra di loro. Non voleva trascurare quella professione che aveva sempre amato. Aveva come la sensazione che dedicarsi ad un lavoro di scrittura sarebbe risultato una specie di tradimento nei confronti del suo attuale impiego.
-Lisa, tu ami di più scrivere. E’ una parte di te, a cui non potrai mai rinunciare.-
 La ragazza spalancò per un secondo gli occhi. Aveva la risposta già da un po’, forse sin da quando Peter glielo aveva proposto.
 -Chris!-
 -Agli ordini!- rispose lui mettendosi sull’attenti.
 -Riempimi il bicchiere e prendi il portatile. Sono curiosa di leggere questa dannata sceneggiatura. E’ arrivato il momento di demolire le certezze di Blackwood.-
 -Così ti voglio, sorella!- Il ragazzo si alzò di scatto e trotterellò verso la stanza della sua amica, felice di averla aiutata.
 Lisa svuotò il vino che aveva nel bicchiere, e attese che Chris tornasse per riempirglielo di nuovo. Quel giorno aveva perso Theo. O per meglio dire, quel giorno aveva deciso di perdere Theo. Forse, però, aveva appena ottenuto l’occasione di vedere finalmente realizzato quel sogno relegato in cassetto impolverato. Era rimasto imprigionato lì dentro per anni e adesso aveva trovato il modo per saltare fuori, più prepotente che mai.
 
 
 Le luci della città erano splendide di sera. I rumori della vita che abitavano la metropoli l’avevano sempre tranquillizzata ma allo stesso tempo resa più temeraria. In quel momento il coraggio non doveva mancarle. Aveva come la sensazione che la decisione presa avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
 Si trovava in una stradina ben illuminata, di fronte a un grande portone verde incassato in un palazzo antico che si elevava per sei piani. 
 Non c’erano insegne o targhette che avrebbero potuto venirle in aiuto per capire a chi rivolgersi. Scorse con gli occhi i cognomi scritti sui diversi campanelli finché non trovò quello che stava cercando. Si strinse nella sua sciarpa. L’inverno era finito già da qualche giorno, ma di sera il vento freddo soffiava ancora con una certa intensità.
Blackwood- Drew- Flick. MAUDITS
 Alla vista del primo cognome, una stretta fastidiosa le attanagliò lo stomaco. Il solo pensare a lui le faceva ribollire il sangue nelle vene.
 Prese un profondo respiro e spinse finalmente il tasto. Pochi secondi dopo qualcuno rispose.
 -Sì?-
 -Sono Lisa Light.-
 -Lisa!- era Peter ad aver risposto. –Entra pure. La prima porta sulla sinistra, piano terra.-
 Il portone fece uno scatto e la ragazza lo spinse verso l’interno. L’ingresso era un grande cortile antico da dove si poteva accedere a tre scale, a seconda dell’edificio da raggiungere. Lisa però non doveva cercare delle scale. Per lei c’era solo una piccola porta nera sulla sinistra.
La porta era socchiusa, e c’era attaccato sopra, con un misero pezzo di nastro adesivo, un foglio. MAUDITS. Lo stesso nome strano che aveva letto poco prima sulla targhetta del citofono.
 Lisa spinse con calma la porta e si ritrovò in un unico grande ambiente. C’erano tre scrivanie con altrettanti computer sopra. Sul lato più lontano una tenda doveva separare un'altra stanza da quella in cui si trovava. Continuò a vagare con lo sguardo e notò subito due grossi divani azzurri in un angolo, e davanti a questi un enorme tavolino ottagonale di legno chiaro, assolutamente orribile.
 Su tutti i muri erano appese locandine di film famosi e fotografie di gente con maschere strane, trucchi che ricoprivano tutto il corpo. Erano delle immagini strane ma molto affascinanti.
 Tutto l’arredamento in quella stanza era spartano ma aveva una nota calda e familiare. Si trattava di un ambiente vissuto e al suo interno si poteva avvertire aria di calma e serenità. Non poté fare a meno di pensare come potesse un ambiente così caldo e confortevole, appartenere ad una persona spigolosa come Blackwood.
 -Lisa- Peter spuntò da dietro la tenda con i mano un vassoio. –Spero che il tè freddo al limone sia di tuo gradimento.-
 Quando Peter fece la sua apparizione, Lisa ricordò che in quel posto non ci lavorava solo il suo peggior nemico ma anche delle persone gradevoli come Peter.
 -Sì, è perfetto.-
 -Benvenuta nella sede dalla Maudits, casa di produzione cinematografica indipendente. O almeno, è quello che abbiamo scritto sui bigliettini da visita. Non abbiamo scelto un ambito semplice in cui avere successo-
 Peter si sedette sul divano.
 Con calma Lisa lo raggiunse e si accomodò sul secondo divano. Voleva guardare il suo interlocutore negli occhi mentre discutevano di ciò per cui le si trovava lì.
 -Questo posto è tuo e di Blackwood?- Non poté evitare un tono duro nel pronunciare quell’ultima parola.
 -Sì, noi due e il nostro terzo socio. Luke Flick. Lui è fuori città per cercare dei contatti.-
 -Come va la ferita?- indicò la fronte di Peter.
 -Oh- lui si portò una mano sul cerotto mentre versava il tè nei bicchieri. –Molto meglio, grazie. L’ho disinfettata spesso, come mi avevi detto tu.-
 -Bene.-
 Peter le porse il bicchiere e lei lo portò subito alle labbra. Era veramente squisito. Il sapore predominante era il limone ma c’era anche un particolare retrogusto speziato che lo rendeva bilanciato e stuzzicante.
 -Tè indiano. La mia fidanzata è un tipo a cui piace provare le cose più strambe. Fortunatamente è dotata di un ottimo gusto. Anche lei fa parte del nostro progetto, è una truccatrice cinematografica ed esperta di effetti speciali.-
 -Da come ne parli, sembra davvero che qui ci lavori una famiglia- disse Lisa con un sorriso guardandosi intorno ancora una volta.
 -Lo siamo- sorseggiò anche lui il suo tè indiano. –Dopo stasera però la nostra famiglia potrebbe essere privata di uno dei suoi membri. Julian mi ucciderà quando saprà che ho proposto a te la stesura del manoscritto.-
 Lisa sorrise divertita all’idea di aver creato un fastidio del genere al suo paziente/nemico.
 -Hai avuto modo di leggere la sceneggiatura?-
 -Sì-
 -E allora?-
 Lisa si passò una mano sulla fronte con fare pensieroso.
 -Non è male ma ho come la sensazione che sia alla trama che ai dialoghi manchi qualcosa. Presenta la stessa carenza del titolo, sembra che l’abbiate scritta pensando alla lista della spesa. Avete messo insieme qualche avvenimento romantico visto un po’ dovunque e ci avete aggiunto un pizzico di drammaticità. Leggendo i dialoghi non sento la passione di chi lo ha scritto.-
 Peter scoppiò a ridere.
 -Una sceneggiatura romantica non è esattamente il sogno di tre sceneggiatori uomini. Abbiamo provato ad essere il più sentimentali possibile ma la verità è che abbiamo scritto quella sceneggiatura in modo che fosse commerciale. Dobbiamo farci conoscere e non possiamo pretendere di diventare tre Quentin Tarantino. Non possiamo permetterci il lusso di scrivere una sceneggiatura come la vorremmo davvero, colma di politica ed intrighi. La nostra fama non è sufficiente dato che quasi non esiste.-
Lisa inclinò il capo e dopo aver ascoltato attentamente le parole di Peter, si decise a rispondere.
 -In realtà è proprio questo il problema: siete stati troppo romantici, troppo commerciali. Anche le ragazzine vogliono qualcosa di più, non basta la solita solfa: si conoscono da bambini, si perdono di vista, si incontrano di nuovo e dopo qualche vicissitudine si ricordano il loro amore. Questa storia non è vera. Un uomo come Ivan, per come lo avete concepito, non direbbe mai quelle cose a una donna, anche se si tratta dell’amore che gli ha imprigionato il cuore da bambino.-
 Peter spalancò gli occhi.
 -E la protagonista, Geni. Troppo ingenua, troppo sognatrice. Lei è legata al ricordo del suo amico d’infanzia e si ritrova un uomo crudele, che non ha più voglia di amare, che ha perso la voglia di mostrare ciò che sente realmente. Voi la fate sembrare una donna senza un minimo di spina dorsale, resta la succube del suo destino senza avere alcuna occasione di combattere per ciò a cui tiene.-
 Bevve un sorso di thè.
 -Non è così che vanno le cose. Se il mio migliore amico cambiasse in quel modo, io vorrei scoprire subito cosa gli è successo. Se poi capissi che non potrà mai essere ancora come un tempo, e tornare quello di prima, cercherei di ragionare e di comprendere quanto in fondo io provi dei sentimenti per lui. Così arriverei, tramite, un attento ragionamento, al finale che avete creato. Credo che il finale sia l’unica cosa che funziona davvero.-
 Il ragazzo con gli occhiali prese un grosso respiro.
 -Perciò tu credi che dovremmo riscrivere tutto?-
 -No, no. Non intendevo questo. La trama di base va bene, è piacevole deve solo essere migliorata. Non originalissima ma si avverte l’impegno e ha bisogno di qualche colpo di scena. Niente di irrimediabile. Quello che proprio non va sono i dialoghi. Non tutti, ma un bel numero devono essere modificati. E’ una donna che parla non tre uomini che devono sforzarsi per essere romantici. L’amore nasce dal cuore non da quanto si lavora duramente per ottenerlo. In questo modo resterà sempre è solo una bella favola. E purtroppo, Peter, le favole non sono reali. Tuttavia, voi avete la splendida capacità di poter rendere la vita reale, dura e crudele, in una stupenda favola. Questo dovrebbe essere il vostro solo obiettivo.-
 -Cosa proponi? Pare che le tue idee siano sempre migliori delle nostre.-
 Lisa lo guardò con comprensione per cercare di rassicurarlo.
 -Fammi scrivere i primi capitoli del manoscritto. Se i miei dialoghi andranno bene, potremo riadattare man mano anche quelli della sceneggiatura.-
 Peter le versò ancora del tè notando che il suo bicchiere era ormai vuoto.
 -Lo sai che per il momento non possiamo pagarti in alcun modo, vero?- La nota amara nella sua voce non sfuggì all’orecchio di Lisa.
 -Lo immaginavo.-
 -Perché lo vuoi fare allora?-
 Lisa sorrise.
 -Amo scrivere ed aiutare gli altri. Se mi unisco a voi, potrò fare entrambe le cose in un colpo solo.-
 -Ti ringrazio.-
 -Aspetta a ringraziarmi. Farò tutto questo ad una sola condizione.-
 Peter la fissò dritto negli occhi.
 -Perché credo di sapere come andrà a finire?-
 -Hai capito benissimo, mio caro Peter. Lo dirai tu a Julian. Io non voglio avere a che fare con lui più del necessario.-
 Il ragazzo chiuse gli occhi, e scosse la testa cercando di scacciare l’immagine di Julian che lo strozzava con le sue stesse mani anche se costretto in letto di ospedale.
 Porse la mano a Lisa.
 -Ci sto.-
 -Bene- rispose lei stringendo la mano e sorridendo soddisfatta.
 
*****
 
Julian era in sella alla sua moto. Sfrecciava per la strada a velocità sostenuta mentre lasciava che il suo volto privo di casco si beasse di quella bellissima nottata illuminata da una brillante luna piena. Amava correre. Lo amava più di qualunque altra cosa. Si sentiva libero e il suo cervello scacciava ogni pensiero lasciando il posto al vuoto più silenzioso. Restavano soli, lui e l’asfalto. Come sottofondo il rombo della sua KTM.
La musica.
 La sua mano spinse sull’acceleratore, senza che lui desse l’ordine. La moto aumentò l’andatura e il cuore di Julian cominciò a battere senza sosta al suono di quelle parole.
Non mi hai mai donato la tua musica.
 Conosceva quella voce. La conosceva più di quanto la sua mente potesse sopportare. Era la voce sicura e fluente della donna che lo aveva quasi portato ad uccidersi.
Se tieni la tua musica per te, l’ascolterai sempre da solo.
 Ma che diavolo stava succedendo? La mano si strinse ancora di più e la velocità della moto aumentò in modo vertiginoso. Stava per perdere il controllo sul motoveicolo, ne era sicuro.
 Nessuno lo avrebbe salvato. Questa volta avrebbe trovato davvero la morte, solo che non era lui a volerlo. Qualcosa lo stava spingendo a farlo, e niente glielo stava impedendo.
Sarò io la musica della tua vita.
 Questa voce non la riconobbe.
Fammi essere la tua musica.
 Una sensazione di calore avvolse la mano che premeva l’acceleratore e d’improvviso la forza che lo aveva costretto a spingere si affievolì. Fino a scomparire del tutto. Alzò lo sguardo ma non vide nulla, solo il buio e la strada che continuava a mutare.
 D’un tratto tutto sparì.
 L’unica cosa chiara erano degli occhi grandi e colmi di sentimento che lo fissavano. Occhi che non aveva mai visto. Di un colore indefinito.
Sono la tua musica.
 Spalancò gli occhi e il soffitto bianco dell’ospedale lo guardò di rimando. Il cuore batteva forte, era sudato, e qualcosa troppo simile ad una lacrima gli solcava il volto.
 Julian guardò fuori dalla finestra e vide che era ormai sera inoltrata. L’ultima volta che aveva guardato fuori ricordava di aver visto il tramonto. La morfina avevano adempito al suo dovere, ed era riuscito a dormire per qualche ora.
 Si guardò intorno spaesato e confuso dal sogno che, suo malgrado, era stato costretto a vivere.
 La prima voce era quella di Veronica. La seconda non l’aveva riconosciuta.
 La domanda importante era un’altra, però. Che cavolo c’entrava la musica in quel sogno?
 Si passò una mano sul viso cercando di darsi una calmata mentre portava via le gocce di sudore al suo passaggio.
 I discorsi che quell’infermiera mocciosa aveva fatto il pomeriggio prima doveva aver causato un’indigestione nel suo subconscio.
 Sciocca ragazzina.
 All’improvviso l’iPhone sul suo comodino cominciò a vibrare in modo insistente. Provò ad ignorarlo ma poi si decise a prenderlo in mano.
 -Pronto, Peter?-
 -Ciao sceneggiatore senza infamia né gloria. Come ti vanno le cose?-
 -Al solito. Ossa rotte, cervello operato. Niente di nuovo.-
 Ci fu un’insolita pausa dall’altra parte.
 -Peter?-
 -Ho trovato la persona adatta per scrivere il manoscritto della nostra sceneggiatura.-
 Julian sorrise. Dopo quel sogno gli serviva proprio una buona notizia.
 -E’ fantastico. Di chi si tratta?-
 -Arriviamo proprio alla parte che ti sarà più sgradita.-
 -Peter, chi è?- ora il suo tono non era più tranquillo. Si avvicinava pericolosamente allo spazientito.
 L’amico pronunciò quel nome e Julian sentì come se il timpano fosse stato perforato da una spada incandescente, mentre avvertiva la bile risalirgli lungo l’esofago.
 -Non lo accetterò mai. Tutto, tutto! Ma non Lisa Light.-
 Chiuse la telefonata e si poggiò una mano sugli occhi. All’improvviso le iridi del sogno tornarono prepotenti nella sua mente, costringendolo ad un forte autocontrollo. Aveva voglia di urlare.
 Tutto stava andando per il verso sbagliato.
 Prima Veronica.
 Poi l’incidente.
 E adesso avrebbe dovuto lavorare con una ragazza che odiava, alla sceneggiatura in cui lui aveva messo tutto se stesso, ma che per la signorina non era abbastanza precisa e attraente.
 -Accidenti a lei!- sussurrò prima di battere il pugno sul letto. –La farò stare al suo posto, non cambierà un bel niente della mia sceneggiatura.-
 Il telefono ricominciò a vibrare.
 Julian alzò gli occhi al cielo. Pensava si trattasse ancora di Peter ma quando i suoi occhi si posarono sullo schermo un leggero sorriso addolcì i suoi lineamenti. I suoi occhi marroni sembrarono inumidirsi.
 -Ora non è il momento, piccola.-
 Tolse la vibrazione e rimise il telefono al suo posto sul comodino. Non vibrava più ma sullo schermo lampeggiò ancora per qualche secondo un nome.
Zoey.
Poi quella persona si arrese, e chiuse la chiamata.
 Julian fissò il telefono con occhi pensierosi. Avrebbe dovuto dirle la verità sull’incidente ma ancora non si sentiva pronto. Se lei avesse saputo si sarebbe precipitata al suo capezzale e in quel momento non aveva voglia di vedere nessuno. L’indomani l’avrebbe chiamata. Forse non le avrebbe rivelato tutto ma almeno aveva il dovere di tranquillizzarla.
 La sua dolce Zoey. 
   
 
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