Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Always221B    29/07/2016    3 recensioni
-Agghiacciante. - commentai.
-Oh non essere sciocco. E' invenzione pura.
Gli passai la lettera, e lui estrasse un foglio giallognolo.
Bloccai la sua mano con la mia, trattenendolo.
-Andiamo John, non sarai mica superstizioso? -mi domandò Sherlock, sistemandosi la camicia viola.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Hola mishamigos! Eccomi ancora qui, con un nuovo capitolo!
Vi ringrazio tantissimo per stare seguendo questa storia e per stare lasciando il vostro parere, che vi giuro è fondamentale per me!
Grazie tantissime!
Oggi sono di poche parole dai, vi lascio a questo capitolo che spero possa piacervi :3
Ciao ciao :3


PS: feels che implodono per le gif qua sotto :3





                                                                                                                                                                   
                                                                  Notte fantasma






La stanza era fredda e le poche coperte non bastavano a scaldare il grande letto ovale nel quale stavo sdraiato accanto al mio coinquilino. 
Non era una casa ricca, quella del signor Arthur, ma era abbastanza grande da poter far alloggiare degli ospiti. 
La grande finestra della stanza era chiusa, le tende scure tentavano di nascondere la luce dei lampioni del giardino, con un certo successo.
Ripresi a respirare con calma, incollato al mio migliore amico, con la testa poggiata sul suo braccio destro.
Razionalizzai di aver urlato, come un cretino. 
Nel cuore della notte, dopo essere quasi stati minacciati da un fantasma, al quale non sapevo neppure se credere. 
Eppure eravamo lì, con il sale a circondare la stanza e con due attizzatoi da camino sul comò.
-Non volevo gridare. - sussurrai, senza neppure rendermene conto.
Da quando in poi ero diventato un completo idiota che non riusciva più a sopportare un incubo? 
Ripetei il mio mantra, che riempiva ogni spazio della mia mente. 'Hai invaso l'Afghanistan'.
Sherlock sembrava marmorizzato in quell'abbraccio, come se non sapesse quando avebbe dovuto allontanarsi, o semplicemente quando avrebbe dovuto riprendere
a respirare.
Sollevai il capo dal suo braccio e lo ringraziai per avermi svegliato.
'Mai più', pensai, 'non andartene mai più'. 
Si scostò delicatamente, e si rivestì, consapevole che non avrebbe dormito. 
Seguii il suo esempio, infilando i pantaloni e la camicia, feci per abbottonarla quando di fronte a me comparve l'angelo.
Feci un passo indietro, ancora una volta sotto shock dal veder apparire 'occhi blu' all'improvviso, dal nulla.
-Va tutto bene? - chiese, senza battere ciglio.
-Sì, solo un incubo. - affermò Sherlock. -Puoi continuare a divertirti con il tuo amico.
Holmes stava analizzando il portamento dell'uomo, meno stabile. 
I suoi occhi si soffermarono sul suo corpo per pochi istanti, nei quali non riuscì a fare a meno di notare i capelli troppo scompigliati, le pupille dilatate, un bottone 
lasciato aperto e  la cravatta storta.
Castiel lo guardò confuso, e se ne andò riempiendo la stanza del rumore di uno strano fruscio. 
-Non arriverà nessun fantasma. -affermò il mio migliore amico.
-Meglio così, no? - risposi.
-Non esistono queste cose.
-E allora perché sei qui?
-Mi sembravi spaventato. - rispose, con tono ovvio.
Sorrisi, pensando a quanto dolce fosse quella frase pronunciata da 'mr faccio solo quello che voglio quando lo voglio'.
-E l'angelo allora? - gli domandai, ancora sconcertato dalla scoperta.
-Non lo so, John. Non riesco a trovare una spiegazione logica.  - affermò, con un certo rammarico nel bellissimo e baritonale tono di voce.
-Allora esistono. Tutte queste cose. Cosa ci facciamo qui? 
-Risolviamo il caso. - rispose, pratico. 
-Non possiamo arrestare un fantasma. 
-Non essere sciocco John, il nostro compito è risolvere il caso, non mettere in manette qualcuno. Non siamo Grant. - continuò.
-Greg. - lo corressi. -Pensavo dovessimo fare giustizia.
Sollevò gli occhi al cielo, annoiato dal mio buon senso -Gavin. - si limitò a dire.
-Greg. - ripetei, divertito dalla sua ostinazione.
-Ne sono piuttosto sicuro, Gavin. -affermò, incredulo.
-Sherlock, Greg! - lo sgridai, alzando gli occhi al cielo.
-Fa lo stesso. - rispose lui, riallacciandomi gli ultimi bottoni della camicia, che non so perché avevo dimentiato di chiudere. 
Il suo tocco mi mandò a morte, come al solito. 



****


-Tutto okay, Cas? - domandò Dean, non appena l'angelo si palesò.
-Solo un incubo. - gli rispose Castiel. 
Il cacciatore guardava il suo angioletto in tranch con uno strano senso di disorientamento. 
Come se non capisse più cosa volesse.
-Ci siamo interrotti per niente. - affermò Dean, sorprendendo il suo amico. 
-Non capisco, ci siamo fermati per un urlo. - gli rispose, guardando confuso il cacciatore.
L'altro alzò gli occhi al cielo, ma non riuscì a resistere a lungo senza guardare gli occhi blu del suo collega.
-Hey angioletto. - lo chiamò, tirandolo verso di se. -Hai la cravatta storta. 
Le mani dell'uomo dagli occhi smeraldo iniziarono ad armeggiare la cravatta di Castiel in modo da fare un nodo più decente. 
-Ero di fretta. - si scusò Cass, come se si sentisse in colpa per non essersi vestito perfettamente.
-Quindi... - cominciò Winchester, non lasciando la stoffa dell'indumento dell'angelo. - è stato praticamente inutile fermarsi. 
-Improduttivo?
-Totalmente, Cas.
-Si può rimediare? - domandò.
Ancora quello sguardo confuso, dannatamente bello, del quale Dean non riusciva, per quanto si sforzasse, a smettere di innamorarsi.
-Direi proprio di sì. - rispose il biondo, rovinando il perfetto nodo che aveva appena fatto alla cravatta dell'angelo.
Quest'ultimo sorrise, godendosi un Dean stranamente disponibile. 
Castiel non riusciva proprio a non essere confuso dalla situazione. 
Amava Dean. 
Era quella connessione strana che aveva con lui, nata nel momento in cui lo aveva salvato dalla perdizione, e alimentata giorno dopo giorno, sotto quello sguardo
smeraldo che lo fissava indagatore.
Ma Dean, no. 
Lui non sapeva accettare certe cose di sé. 
Preferiva nasconderle agli occhi di tutti, cosicché si allontanassero anche dai suoi.
Non voleva vedere.
Non voleva sentire.
Eppure ogni cosa gli gridava che era giusto così.
Basta sforzarsi, tirare avanti con le solite vecchie frasi.
Con i soliti slogan scritti nella mente, con un pennarello indelebile.
Basta con le bruciature, con le cicatrici che fanno male.
Lo capiva ora, anche se l'aveva sempre saputo. 
Da quando l'aveva visto entrare in quel dannato capannone, con il tranch svolazzante e quegli occhi che, per Dio, lo avevano ipnotizzato.
Aveva capito ora che, forse,non c'entravano proprio niente gli anni di eterosessualità che era deciso a buttare nella spazzatura, insieme al vetro.
Perché non c'entrava nulla. Nulla.
Perché per nessuno al mondo aveva provato questo.
Ed era un uomo, quello a cui in quel momento stava fissando le labbra. 
Quello che avrebbe voluto stringere a sé ancora per un altro secolo.
E lui era Dean Winchester, quello che al college non aveva lasciato nessuna gonna al suo posto, quello che non osava lasciarla neppure ora.
Eppure di fronte a lui c'era ancora Castiel, e affondava le mani in quei capelli così scuri.
Ed era un uomo, quello a cui stava togliendo i vestiti. 
Perché forse non c'era nessuno dei suoi anni da buttare nella spazzatura. 
Perché forse non c'entrava proprio niente che cosa fosse Castiel. 
Perché aveva assaggiato quella pelle nivea, e quelle labbra chiare e screpolate.
E voleva morire in quegli occhi, mentre guardava la pupilla che divorava quell'oceano blu.
Perché era da morire.
Bello da morire. 
Ogni secondo, ogni istante, ogni respiro. 
Mentre l'altro gli marchiava la pelle, con piccoli baci possessivi sull'addome e sulle spalle.
Perché si era innamorato del suo tocco, mentre sentiva le sue mani infilarsi nei boxer.
Della sua voce, mentre lo chiamava con un tono roco ed incredibilmente basso.
Del suo sguardo, macchiato di una lussuria peccaminosa che spesso spaventava quell'angioletto. 
Amava il fatto che, per una volta, qualcuno lo proteggesse. 
A costo della sua vita. 
A costo di tutto. 
Amava Castiel.



****




-Non ce la faccio a stare qui senza far nulla. - affermai, mentre Sherlock vagava avanti e indietro nella stanza, annoiato.
-Andiamo a prendere un po' d'aria? - mi domandò, baritonale. - I miei neuroni si stanno suicidando. 
-Prendo la giacca. - gli risposi. 
Mi vestii di corsa, e seguii il mio amico fuori dalla porta della stanza. 
-Non è maleducato girare per la casa di altri nel cuore della notte? - chiesi divertitio al mio amico.
-Solo se stai rubando. - rise, con me. 
-Shh. - provai a zittirlo, mentre sentivo il suo respiro affannato dalla risata.
Sherlock fece scattare la serratura della porta d'ingresso e in pochi secondi una ventata gelida ci colpì il viso. 
Respirai a pieni polmoni, felice di sentire un po' d'aria accarezzarmi il volto. 
-Vieni. - disse, dirigendosi a qualche metro dalla casa dove vi era una gradinata nella quale ci saremmo potuti sedere. 
-Darei qualsiasi cosa per fumare. - continuò, sbuffando. 
-Smettila. - lo ammonii, e lui sorrise ancora.
-Hai la pistola John? - mi chiese, avvicinandosi a me, facendo gli occhi dolci.
-Smettila di fare quella faccia. - lo sgridai.
-E' la mia faccia. - rispose, semplicemente.
-No, no Sherlock, è l'espressione che assumi quando vuoi qualcosa. 
Lui rise. -Hai la pistola? 
-Dovrei avere un'arma mentre siamo ospiti di un nostro cliente? - chiesi.
-Certo, John. 
Sospirai, e tolsi la pistola dalla giacca. 
-Me la puoi dare? - domandò, ancora con quell'espressione dolce.
-Non sparerai contro il muro del signor Brine. - lo ammonii.
Sbuffò. -Noioso. 
-Non la pensavi così prima. - mi ritrovai a dire.
Lui sollevò un sopracciglio, e sorrise. -Flirti con me, John? 
Tossii, sentendo l'imbarazzo uccidermi. 
Che assurdità.
-Io ecco.. non.. 
Rise. -Sono sposato con il mio lavoro. 
-Lo so. - risposi, meccanico. -Solo che non capisco. Non siamo una coppia, giusto? Allora che problemi ti dà il fatto che io sia eterosessuale?
-Tu fai parte del mio lavoro, John. - affermò con voce tutt'altro che distaccata, spezzando i miei pensieri. 
-Sherlock. 
-Sì? - chiese, guardandomi serio. 
-Ho bisogno di saperlo. Provi qualcosa per me? 
-Vuoi che constati l'ovvio. - la voce fredda.
-Devo sentirtelo dire. - affermai, tirandolo per la manica del cappotto. 
-Smettila, John. - rispose, tentando di sottrarsi alla mia presa, ancora ben salda.
-Hai paura. - dissi.
-Salve ragazze, che diamine ci fate fuori dal cerchio di sale? - affermò Dean, interrompendo il nostro discorso. 
Sbuffai, mentre Sherlock riprendeva la sua postura marmorea ed inaccessibile. 
-Era noioso. - rispose, glaciale. 
-Entriamo, signor coniglio è solo in casa. - ordinò Winchester, indicando la porta.
-Coniglio? - domandò Castiel, inclinando la testa di lato. - Ma la vittima non è un roditore.
-Lo so Cass, lo so. 
L'angelo strizzò gli occhi, assumendo un'espressione ancora più confusa. 
Mi resi conto di non aver lasciato la presa sul suo indumento, e notai anche che Dean se n'era accorto. 
-Siamo noi la coppia, eh? - domandò a Sherlock, mentre apriva il grande portone dell'ingresso. 
-Sì lo siete. - affermai io, sbuffando e lasciando la manica del cappotto. 
Entrammo, e chiudemmo per bene la porta. 
-Sveglio signor Coniglio e lo porto qua? - chiese Cas al suo 'amico'. 
-Sì, va' . -rispose il cacciatore. 
L'angelo svanì nel solito fruscio che faceva nello sparire e nel riapparire. 
-Abbiamo interrotto qualcosa?- domandò sogghignando. 
-Smettila. - gli dissi, semplicemente, con una serietà tale che parve intuire di dover smettere sul serio di parlare.
Un freddo improvviso riempì la stanza. 
Feci per parlare, ma vidi il mio respiro condensarsi in piccole nuvolette di vapore.
-Cass. - chiamò Dean, ad alta voce. 
L'angelo arrivò in un battito di ciglia. -Dean. - disse, mentre poggiava una mano sulla spalla del cliente.
Un'agghiacciante canzoncina riempì l'aria ormai divenuta irrespirabile, tant'era gelida.
Quella voce bambinesca ed inquietante si faceva sempre più vicina. 
Ma non c'era niente davanti a noi. 
-Cazzo. - imprecai.
-Oh andiamo, che teatrale. -affermò Sherlock. -Ci vuole davvero così tanto ad apparire? 
-Sei fortunato che ci voglia molto. - gli rispose l'angelo. 
Dean tolse dalla tasca della giacca un sacchetto e iniziò a spargere il sale intorno a noi, in un cerchio. 
-Vi porto via? - domandò Castiel, vedendomi impallidire. 
-Sì, cerca Sam. - affermò il cacciatore. 
-No, noi non andiamo via. Dobbiamo risolvere il caso. -disse Sherlock, mentre faceva vagare gli occhi da una parte all'altra della stanza nella speranza di poter
cogliere un indizio in più.
Sentii che nonostante la sfrontatezza, nella sua voce c'era un accenno di paura.
Gli presi il polso, avvicinandolo a me e stringendolo, dentro il cerchio di sale. 
Dean ci guardò poco convinto. -Prendi il cliente. -disse, e fece un gesto a Castiel, che sparì con l'uomo.
Il gelo si faceva sempre più pesante. 
Un viso infossato, talmente magro e chiaro da far risaltare le occhiaie viola. 
Un bambina, che camminava a passo pesante verso di noi. 
Le unghie lunghe e la bocca spalancata, iniziò a gridare.
Il suono  rimbombò agghiacciante per tutta la stanza, costringendoci a tappare le orecchie con le mani. 
-Eccola. - affermò Sherlock, improvvisamente spaventato. 
Gli occhi grandi che restavano sbarrati.
L'espressione confusa e disorientata. -Non è logico. - bisbigliò. 
La bambina fece aprire una finestra, facendo entrare un vento freddo che spezzò il cerchio di sale.
Avanzò, pensantemente,e  mi afferrò per un lembo della maglione, che fuoriusciva dalla giacca rimasta aperta.
Mi sentii improvvisamente molle, le gambe che nuotavano nel nulla, quell'essere era così forte da fare paura.
Non riuscii ad articolare una sola parola, neppure una. 
Non riuscii neppure a gridare qualcosa di spasmodico e confuso. 
Ma sentii la stretta ferrea del fantasma allentarsi, nel momento in cui mi sentii tirare da dietro, con una forza inumana. 
Sentii il passo pesante di Dean che proveniva dalle spalle della bambina, che cacciò via con un pezzo di ferro trovato chissà dove.
Cadetti a terra, e finalmente sentii la familiare e consolante sensazione di sentire il peso sulle gambe.
Mi voltai, per cercare con lo sguardo Sherlock che ancora stringeva la mia giacca, come se avesse il terrore di perdermi.
Era paura quella che gli colorava il viso.
Lo spavento era così visibile che mi colpì come rumore sordo.
Ancora rimaneva aggrappato a me, come se fosse pronto a riprovare a strapparmi dalle braccia del fantasma ancora una volta.
Dean scacciava quel mostro con attizzatoi e ferraglie che riusciva a trovare sparse per casa, mentre scappavamo. 
Il fantasma sparì per poi riavvicinarsi a noi, ma prima che potesse allungare nuovamente la mano andò in fiamme. 
Bruciò davanti ai nostri occhi, dal nulla. 
Respirai quell'odore incandescente di combustione, che mi bruciava la gola, in contrasto al freddo che aveva riempito la stanza pochi attimi prima.
Dean era affannato, e respirava a stento. -Grazie Sammy. - sussurrò. 
L'angelo, il signor Brine e Sam comparvero davanti a noi, insieme ad una bella ragazza dai capelli rossi, che intuii doveva essere Charlie.
-Tutto bene? - domandò Sam Winchester, preoccupato, guardando suo fratello. 
-Sì. - rispose lui, riprendendo a respirare. 
L'angelo aveva una chiazza rossa sullo stomaco, e camminava sbilenco, prima di appoggiarsi ad una delle sedie della sala. 
-Cass. - lo chiamò Dean, terrorizzato. 
Il moro non rispose, mentre tentava debolmente di aprire la camicia.
-Castiel. -riprovò il biondo, avvicinandosi al corpo del suo amico.
L'uomo dagli occhi chiari alzò lo sguardo verso Dean. -E' tutto okay, guarirà presto. - affermò.
-Figlio di puttana.- sbottò. - Cosa è successo? - domandò rivolto verso gli altri tre. 
-Un giovane l'ha pugnalato con la lama angelica. - affermò Sam. 
-Era una donna. - disse Charlie. -Te l'assicuro. 
-Cosa è successo? - urlò Dean, facendo tremare il cliente, con la sua voce.
-Non era un angelo. - gli rispose Castiel. 
-Un demone? - domandò ancora il cacciatore. 
L'angelo fece un cenno negativo. 
-Che diamine ci faceva con una lama antiangelo? - continuò. 
-Mi ha disarmato. - balbettò il cliente. 
-Si può sapere perché cazzo eri armato? - sbottò ancora.
-Non sgridarlo, Dean. - lo rimproverò Sam.
-Sammy stai zitto. Dimmi perché aveva il pugnale di Cass. 
-Lui ha i suoi poteri, io avevo quello antidemone e Charlie aveva i nuovi proiettili della Colt. Lui non sapeva sparare.. - cominciò il minore dei Winchester. 
-Cazzo. - gridò ancora. -Troviamo quella stronza. 
-Dean, è umana. Noi siamo andati a bruciare le ossa, non pensevamo che arrivasse una persona pronta ad ucciderci.
-Sì Sam, l'avevo capito. - continuò il biondo, ancora irato.
Si avvicinò al suo amico, gli mise una mano nei capelli scuri costringendolo a sollevare il volto per guardarlo. -Come stai? - domandò.
-Comincio a guarire. Tranquillo. - rispose lui, calmo.
-Non lo fare mai più. - lo sgridò. 
-Cosa? - chiese, senza capire.
-Non provare a morire Cass. - gli rispose, inginocchiandosi e baciandolo. 
Sam sbatté un paio di volte le palpebre, respirò pesantemente. -Ok Charlie, ti devo dieci dollari. 
Lei fece un sorriso che le illuminò il viso. -Quindici Sammy, non ci provare. 
-Che ti avevo detto?- mi sussurrò Sherlock, stringendomi ancora il polso in un contatto così bello da scottare. 
-Ti amo. - gli risposi io. 





Spazio note:
Ciao ragazze, eccomi ancora qui, spero abbiate voglia  farmi sapere che ne pensate di questo capitolo u.u
Pubblicherò il prima possibile, ora vado a riguardare per l'ennesima volta supernatural :3
Ciao ciao care:3

   
 
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