Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: Xenebe    30/07/2016    1 recensioni
"Nothing Personal" (Niente di personale): Coulson e Skye stanno scappando dal Pulmino a bordo di Lola...
"E proprio mentre si volta per tornare nella cabina di pilotaggio, lo vede. La mano di Skye che, a causa della grossa forza di resistenza dell'aria, scivola via da quella di Coulson.
Non ci pensa nemmeno, è automatico indossare il paracadute e lanciarsi; talmente automatico da non pensare che Skye non vorrà il suo aiuto, che si divincolerà, che proverà a toglierselo di dosso in ogni modo. È talmente automatico che non pensa alle conseguenze."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grant Ward, Jemma Simmons, Leo Fitz, Skye, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Shield_BML_00 Eccomi tornata.
Un ringraziamento ad Annalisa94 per la bella recensione (visto? Come promesso ho aggiornato :) )












Capitolo 11
“I can't believe I couldn't see” *














Ero maledettamente certa che non fosse giusto! Che dovesse esserci una specie di legge che proibisse che i miei migliori amici manipolassero in quel modo le mie decisioni.
Perché dovevo ritrovarmi ad essere dispiaciuta per Ward? Certo in passato avevo avuto per lui una piccola cotta e tra noi c'era ancora tanta di quella chimica da alimentare un'intera galassia, ma non volevo avere nessun legame emotivo... No, legame non era DECISAMENTE la parola. Stavo sentendo dell'empatia, stavo cercando di capirlo, ecco.


Tutto era iniziato una settimana dopo l'inizio dei miei allenamenti mattutini in palestra.
Avevo iniziato a passare ore al sacco e a rilassarmi completamente, tanto da riuscire ad ignorare anche la presenza di Ward quando mi "raggiungeva". In realtà, durante le prime mattine, lui arrivava in palestra, mi osservava per qualche minuto, poi tornava in casa.
Quando quindi me lo ritrovai dall'altro lato del sacco fui sorpresa. Decisamente molto sorpresa, tanto che per un attimo anche i poteri, che ormai da anni tenevo perfettamente sotto controllo, mi erano letteralmente sfuggiti di mano, mandandolo a sbattere al muro, quattro metri più in là.
Ricordavo bene come avevo avuto quei poteri...
Un giorno, semplicemente, durante una missione, un uomo si era presentato dicendo di essere mio padre e mi aveva pregata, gentilmente, di seguirlo: mi avrebbe portata da mia madre. Ero decisamente stranita! Anni a cercare i miei genitori e poi -puff- mio padre si presenta dietro una porta di servizio di una base dell'Hydra e chiede di potermi portare da mia madre, Jiaying, che avevo sempre voluto conoscere.
Nonostante la riluttanza naturale, avevo deciso di fidarmi dell'uomo e avevo conosciuto mia madre, che mi aveva chiesto di passare un po' di tempo a casa sua, ma senza specificare che, come avevo scoperto poi, era un luogo nascosto, pieno di Inumani. Dopo solo due giorni, e dopo aver scoperto che il nome che avevano scelto per me era Daisy, mi ero trovata circondata da una fitta nebbia, poi da un bozzolo che, rotto, mi aveva permesso di uscire come Inumana. Avevo solo in seguito scoperto che era un modo per forzarmi a schierami nella guerra contro gli umani che mia madre voleva condurre.
Guerra che si era conclusa prima del previsto, anche grazie ad un'insospettabile Raina, che aveva ricevuto il dono della preveggenza. Ironico! Proprio lei che inizialmente aveva seguito Garrett perché lo credeva in vero chiaroveggente. Raina mi aveva dimostrato, sacrificando la sua stessa vita, la vera natura di Jiaying. Grazie a questo avevo potuto bloccare una guerra inutile prima che fosse coinvolto lo S.H.I.E.L.D. Il risultato di tutta quella faccenda, a parte i miei poteri sismici, era che mio padre aveva dovuto uccidere la sua amata moglie, prima che questa uccidesse me, e alla fine, per permettergli di recuperare un po' di sanità mentale, sacrificata negli anni per rendersi degno di nota agli occhi a mia madre tramite strani intrugli chimici che aumentassero le sue potenzialità, avevo dovuto chiedere a Coulson di sottoporlo al protocollo T.A.H.I.T.I.
Comunque, dopo aver fatto volare via qualcuno, il mio primo istinto sarebbe stato quello di scusarmi, ma era Ward, non mi sarei -MAI- scusata con lui.
"Non ero all'erta.", dissi solo, a mo' di spiegazione, senza neanche togliere gli auricolari.
Ward si era alzato, aveva appena annuito, aveva fatto quel sorriso cortese che mi riservava da quando eravamo arrivati in questo buco, ed era tornato in casa.
Nei giorni successivi non era sceso in palestra.
Eppure non sembrava arrabbiato. Sembrava tranquillo, quasi sereno addirittura!
Dieci giorni dopo avevo sentito degli strani rumori nel corridoio. Erano quasi le due di notte e sembrava che qualcuno entrasse ed uscisse continuamente dall'armeria, che era la porta di fronte a quella di camera mia.
Chiesi a Jeleis cosa stesse accadendo, ma ricevetti come risposta solo la conferma che quel trambusto fosse opera di Ward.
Infilai allora una vestaglia rosa di spugna ed uscii a piedi nudi, arrivando nella stanza più lontana dalla mia, quella di Ward.
-Che stai facendo?-, gli chiesi appoggiata allo stipite della porta, mentre lui, di spalle, preparava il bagaglio.
-Siamo qui da parecchio e il protocollo prevede che intanto qualcuno indaghi sulla minaccia, ma a quanto pare non ci sono novità nelle indagini, quindi da questo momento me ne occuperò io.-, nel parlare non si era girato, continuava a infilare caricatori in un borsone che era poggiato sul letto.
Sbuffai e feci in giro intorno al letto per salirci e sedermici a gambe incrociate, giusto di fronte a Ward.
-Il protocollo prevede che tu resti qui, sai?-
-Hai bisogno della mia protezione?-, mi chiese Ward guardandomi per un attimo solo.
-Non sto dicendo questo...-
-Qui con Jeleis sarai al sicuro.-
Aveva messo le ultime cose nel borsone e un attimo prima di girarsi ed uscire dalla sua stanza mi aveva guardata dritta negli occhi, senza sorridere, senza dire niente. Era uno sguardo strano, ma non era la prima volta che glielo vedeva negli occhi. Era lo sguardo che aveva avuto quando, una vita prima, mi aveva raccontato, prima della missione a Malta, della sua infanzia difficile. Ero certa che stesse per dirmi qualcosa, ma scosse leggermente la testa, sorrise e soffiò un "a presto!" Prima di uscire da quella camera.


Erano passati 5 giorni dalla partenza di Ward e mi ritrovavo ad essere arrabbiata con Leo e Jemma e a chiedermi dove diavolo fosse finito Ward: se lui non fosse partito io non avrei passato tutto il tempo a leggere queste maledette lettere-diari! E soprattutto ero triste, irrimediabilmente triste.
La testa mi sembrava sin troppo pesante e nell'abbandonarla indietro mi sentivo quasi intorpidita in generale ed infastidita. Come quando si cammina scalzi al buio, di notte, in casa, ci si muove tranquillamente, perché in fondo si è a casa propria, ma anche in modo lento e silenzioso, perché si è con un piede nel regno di Morfeo e neanche il pavimento freddo può liberare dal torpore. Non può nulla, finché , mentre si cammina senza far attenzione, non si inciampa in qualcosa. Una scarpa che non è stata messa a posto, una sedia, una porta mezza aperta... E non ci si fa male, non davvero. L'unico sentimento è una forte frustrazione che, piano piano, cade in un fastidio non meglio definito...
Ed ero stufa di quel fastidio che durava da un paio di giorni, stufa di dover aspettare delle spiegazioni.
-Jeleis?-

-Sì, agente Johnson?-

-Chiamami Fitz e Simmons.-






* (Non riesco a crede di non essere riuscita a vedere), Bring me to life , Evanescence




   
 
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