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Autore: Scarcy90    30/07/2016    4 recensioni
La giovane infermiera Lisa Light vive la sua solita vita nel reparto di Neurochirurgia in un ospedale universitario. Ad accompagnarla, nel viaggio di tutta una vita, il suo esuberante collega e migliore amico, Chris.
Julian Blackwood, uno sceneggiatore spiantato e colmo di pensieri, circondato da strani amici. Insieme ai quali ha fondato una casa di produzione cinematografica indipendente, la Maudits.
Un incidente motociclistico e un particolare progetto, costringeranno la zelante infermiera a confrontarsi con un mondo quasi completamente opposto al suo, in cui regnano solo le idee e l'immaginazione di chi crea qualcosa praticamente dal nulla. I due protagonisti saranno posti davanti a loro stessi. Dovranno fare scelte importanti per poter comprendere e accettare appieno le loro anime così diverse ma al contempo simili.
Dal Capitolo 5
-Lo fai sempre?- chiese lui con occhi strani.
-Cosa? Vestire i pazienti che ne hanno bisogno?-
-No, accarezzare le gambe dei pazienti in modo così provocante.-
Le guance di Lisa presero fuoco mentre si rendeva conto che non aveva tenuto l’elastico dei pantaloni largo ma aveva permesso che il dorso di una delle due mani restasse in contatto con la pelle di Julian
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 5
 
 Erano le cinque del mattino. L’orario in cui Lisa si svegliava per cominciare la giornata prima del suo turno di mattina. Mancavano ancora due ore prima di dover passare il badge ma le piaceva alzarsi in tutta calma, preparare il caffè per lei e il suo coinquilino e stare da sola a pensare fino a quando il suo compagno di avventure non avrebbe deciso di destarsi dal suo sonno profondo.
 Quella mattina non andò come al solito.
 Era rimasta sveglia tutta la notte a scrivere. Non le succedeva da tempo. L’università e il lavoro non le avevano più permesso di fare le ore piccole a sfogarsi sulla tastiera del suo computer. Ogni volta che aveva intenzione di mettersi a dormire, nuove frasi, nuove armonie, bussavano alla sua mente e si era trovata costretta a metterle per iscritto. Tutte.
 Aveva completato i primi capitoli del manoscritto. Più leggeva la sceneggiatura e più il personaggio di Ivan la intrigava.
 Un bambino, figlio illegittimo di un uomo dalle origini nobili che non si era mai sposato. Quell’uomo si era innamorato della sua giovane cameriera russa e, pochi mesi dopo, all’età di sessant’anni aveva avuto il suo primo figlio. Il piccolo Ivan. Un bambino che aveva dovuto affrontare, sin dalla tenera età, gli sguardi e i pettegolezzi che riguardavano i suoi genitori. La madre era morta per un grave male quando lui era poco più di un neonato. Alla fine, diventato adulto, la corazza che aveva cominciato a costruire da bambino, a causa di voci e pettegolezzi sulla sua nascita fuori dal matrimonio, si era consolidata, era diventata impenetrabile. Persino per la sua amica d’infanzia, per il suo primo- e forse il suo unico- vero amore.
 Da adulti. Dopo essere stati separati per anni, neanche la dolce Geni poteva fare nulla per scalfire il cuore di Ivan, ormai tramutato in pietra.
 La storia prometteva bene.
 Eppure Lisa non poté fare a meno di notare nei dialoghi tra gli adulti Ivan e Geni, qualcosa di familiare. Le sembrava che quel personaggio somigliasse troppo ad una persona di sua conoscenza.
 Versò il caffè fumante nella tazza e rimase ferma a fissare il vapore che saliva in sinuosi aliti bianchi. La testa le doleva a causa dell’alcol tracannato come acqua fresca la sera prima.
 Julian era in ospedale da giorni, ma a parte Peter, Lisa non aveva mai visto nessuno della sua famiglia. Non erano mai arrivati un padre o una madre a chiedere di lui, almeno stando a ciò che le avevano raccontato le sue colleghe.
 La faccenda la stava incuriosendo più del lecito. Se ne rendeva conto. Quel ragazzo aveva un che di misterioso e tormentato. Il suo modo brusco di parlare e il suo sguardo colmo di disprezzo.
Ivan era Julian.
 Ne era quasi certa.
Una specie di consapevolezza decise di insinuarsi piano in lei, con una calma quasi dolorosa.
 Ivan aveva perso l’amore della sua vita perché aveva perduto se stesso. Il bambino che sarebbe dovuto essere gli era stato strappato brutalmente dalle mani. La vita non era stata clemente con lui. Che fosse capitata la stessa cosa a Julian? Forse c’era una donna che aveva amato davvero. Forse si trattava della causa di quell’incidente assurdo.
 Scosse il capo sorridendo.
 Julian Blackwood era un tipo tutto d’un pezzo, non avrebbe mai permesso ad una donna di portarlo addirittura ad una sorta di tentato suicidio. Non poteva essere.
 -Aaaaaaa… orno- tra uno sbadiglio e uno sfregamento di mani sugli occhi, Chris decise di fare la sua entrata trionfale in cucina con quel “Buongiorno” soffocato. I boxer erano troppo larghi e la maglietta a maniche corte che indossava era bucata e consunta. Il fisico smilzo del suo amico era sotterrato sotto quella specie di ampio pigiama. Lisa sorrise.
 -Dimmi che non ti porti a letto le ragazze vestito in quel modo, dimmi almeno questo. Mi resterebbe qualche speranza di avere anche una ragazza qui intorno ogni tanto.-
 Chris si sedette di fronte a lei sullo sgabello della penisola. Prese la tazza di caffè che Lisa gli aveva versato e ne bevve un lungo sorso.
 -A te non piacciono le ragazze, non le sopporti.-
 Vero. Solo amici uomini  per “Lisa il maschiaccio”. Non che non avesse trovato simpatiche delle ragazze ma per la psiche di Lisa erano sempre troppo contorte e complicate. I maschi non si nascondevano dietro a strani drammi. Risolvevano tutto con una serata passata a sbronzarsi. Una lite non durava più di qualche giorno.
 -E poi parli tu- Chris indicò la sua migliore amica per intero.
 -Questo pigiama era di mia nonna. Ci sono affezionata.-
 -Lo so, tuttavia quelle roselline sbiadite sono sexy quanto un pugno nello stomaco- sorseggiò il caffè. –E io sono un tipo che si eccita facilmente. Ma quel tendone da circo frena persino i miei istinti animali.-
 Lisa alzò gli occhi al cielo.
 -Sì, lo sappiamo. Quei boxer sono troppo piccoli per contenere la maestosità del tuo attrezzo.-
 -L’hai detto, mia cara!-
 Lisa scoppiò a ridere e si diresse verso la sua stanza.
 -Lo sai che stamattina hai una faccia distrutta?-Le occhiaie che le contornavano il volto dalla carnagione chiara non erano di certo sfuggite a quel falco del suo amico.
 Si fermò per un attimo, e il benessere che sentiva pervaderle il corpo poteva solo essere dovuto a ciò che aveva scritto. Era da anni che non si sentiva così soddisfatta.
 -Non ho dormito. Sono rimasta tutta la notte ad analizzare la sceneggiatura e a scrivere.-
 Chris per poco non si strozzò con il caffè bollente che era sceso giù per la gola troppo in fretta.
 -Una cosa del genere non accadeva dai tempi delle superiori- gli occhi di Chris erano spalancati.
 -Lo so- il sorriso di Lisa era luminoso.
 Chris ricambiò.
 -Ti darò una mano io oggi se ti senti stanca. Non cercare di fare tutto da sola e chiamami se cominci a perdere il controllo a causa della mancanza di sonno. Diventi nevrotica quando non dormi.-
 Lisa scoppiò a ridere.
 -Tranquillo, l’unico che potrà farmi perdere il controllo sarà quello sciagurato di Blackwood.-
 Chiuse la porta della sua stanza per vestirsi.
 Chris fissò il pavimento assorto nei suoi pensieri.
 Aveva l’impressione che il nome di Blackwood cominciasse a diventare un po’ troppo ricorrente sulle labbra di Lisa.
 Non si metteva bene, per niente.
 Che si trattasse di odio o di attrazione, quell’uomo era sempre nei pensieri della sua migliore amica.
 
*****
 
L’infermiera Lisa Light era in piedi, immobile davanti alla stanza numero 19. Erano diversi secondi che se ne stava ferma a fissare la targhetta con su scritto Blackwood. Se la caposala Burton l’avesse beccata lì in piedi con le mani in mano avrebbero sentito le sue urla fino all’altro padiglione dell’ospedale.
 Prese un profondo respiro.
 Si trattava solo di servire la colazione ad un paziente. Strinse con forza il manico del carrello.
 Aveva già completato il giro di tutti i pazienti, allestendo un blando tentativo di perdere più tempo possibile a chiacchierare e dare una mano a consumare il pasto per chi ne aveva necessità.
 Ora le scuse erano finite.
 Chris era impegnato nel preparare la terapia farmacologia per i pazienti. Non poteva di certo disturbarlo perché era troppo vigliacca. Avrebbe affrontato quel tizio a testa alta e niente avrebbe potuto sconfiggerla.
Alzò la mano e la vide muoversi a rallentatore. Le nocche toccarono appena la superficie della porta per un paio di volte.
 Odiava che quella porta restasse sempre chiusa. Non avrebbe fatto male a Julian sentire che intorno a lui c’era della vita all’interno di quel reparto.
 Così quando lui invitò chi aveva bussato ad entrare, Lisa spinse il carrello nella stanza e lasciò la porta deliberatamente aperta.
 -Buongiorno- continuava a tenere gli occhi sul pavimento mentre avanzava verso il letto.
 -Ma… Ah, ma sei l’infermiera mocciosa. Quasi non ti riconoscevo in divisa. L’aspetto di un’infermiera ce l’hai, toccherebbe controllare il cervello.-
 Voce sprezzante e piena d’astio. Tutto come al solito.
 -Quello in genere si fa ai pazienti stupidi che rischiano la vita in incidenti stradali- Lisa alzò gli occhi e fulminò quelli di Julian che alzò un sopracciglio scettico.
 -Pensavo vi insegnassero il rispetto per il paziente, le tue parole non sono gradite.-
 -A me non è gradita la tua presenza quindi direi che siamo pari.-
 Scese un silenzio glaciale mentre Lisa controllava la tabella con le diete per i pazienti. In realtà sapeva perfettamente ciò che Julian avrebbe potuto mangiare. Leggere più volte la lista prima di entrare in quella stanza era stato un altro tentativo di perdere tempo. Ormai la sapeva a memoria.
 Solo latte o tè con fette biscottate.
 Dieta leggera dopo un intervento chirurgico di quella portata.
 -Latte o tè?-
 -Tè. Sono intollerante al lattosio, un’infermiera che sa fare il suo mestiere lo saprebbe.-
 La donna alzò gli occhi al cielo spazientita. Mancanza di sonno uguale nevrosi isterica.
 -La mattina dopo l’intervento i tuoi parametri vitali erano stabili. Non hai ricevuto la colazione, era troppo presto dopo l’intervento. A pranzo i medici ti hanno concesso il tè con le fette biscottate, a cena siamo passati al brodo vegetale. Durante la notte ti hanno somministrato una dose di morfina perché riferivi dolori lancinanti in sede di ferita chirurgica. Hai cercato di alzarti per andare in bagno ma l’infermiera di turno ti ha bloccato, obbligandoti ad utilizzare la padella anche se ci ha messo un’ora a convincerti. Ieri mattina sempre tè con fette biscottate. Poi un prelievo di sangue, una TC al cranio, e ti hanno messo il gesso definitivo alla gamba. E’ solo una frattura composta di perone e tibia. Uno stupido fortunato.-
 Julian la guardava dritto negli occhi, senza perdersi una parola.
 -Dai risultati degli esami del sangue i valori risultavano nella norma e la TC non ha dimostrato la presenza di altre emorragie. A pranzo di nuovo brodo vegetale. Nel pomeriggio di ieri ancora questioni con l’infermiera per usare la padella e a cena ti hanno promosso a pesce al vapore e verdure bollite. Un’altra dose di morfina nella notte. Stamattina di nuovo la stessa colazione di ieri e il mio bel fondoschiena è qui per assicurarsi che tu mangi in modo da rimetterti il prima possibile e te ne vada da questo reparto.-
 -Il tuo bel fondoschiena?- chiese Julian divertito.
 -Sì, proprio così- rispose Lisa versando il tè nella ciotola di plastica. –Che dici? Possiamo stabilire che so fare il mio lavoro e che non sapevo della tua intolleranza solo perché tu non l’hai detto a nessuno? Presumo fosse il tuo piano malefico per farmi sentire un’incompetente.-
Il paziente non rispose continuando a lanciare lampi dagli occhi.
 -Lo prenderò per un sì. In effetti dovrei sentirmi quasi lusingata. Hai pianifica il nostro incontro di oggi nei minimi particolari. Mi dispiace di aver mandato a monte il tuo tentativo di denigrarmi- il tono di Lisa era calmo e divertito. Sistemò il servitore- il tavolo da posizionare sul letto per aiutare il paziente allettato a mangiare- e posò la colazione di Julian proprio davanti a lui.
 -Bene, dato che non hai le braccia rotte puoi mangiare da solo. Ci si vede più tardi.-
 Lisa stava per uscire quando i piedi le si bloccarono proprio davanti al carello. Theo era entrato nella stanza con una cartella in mano. Il giro visite dei medici era già cominciato, ci aveva messo davvero troppo tempo per servire la colazione in reparto. Non le era mai capitato. Tutta colpa di Julian.
 La vide subito ma si rivolse al paziente evitando di guardarla.
 -Buongiorno, signor Blackwood. Come si sente stamattina?- la voce di Theo era calma ma Lisa si accorse subito di quella sfumatura infastidita. La sua presenza lo irritava a tal punto? Piuttosto giustificato, lei lo aveva mollato di punto in bianco e in modo anche brutale.
 -Meno da schifo rispetto a ieri, ma comunque un rottame.-
 Lisa cominciò a spingere il carrello verso l’uscita.
 -E’ normale, le servirà ancora qualche giorno per rimettersi del tutto. Dato che non sembra aver riportato deficit cerebrali la sua convalescenza dovrebbe procedere tranquillamente.-
Lisa era quasi alla porta. Aveva tutta l’intenzione di andare via da lì il prima possibile. Ma non voleva dare a nessuno dei due l’impressione di una fuga in atto, anche se di quello si trattava.
 -Infermiera Light?-
 Si bloccò sul posto. Non poteva ignorare Theo, era pur sempre un suo collega in reparto.
 -Mi dica dottor Dawson.-
 -Gli esami del signor Blackwood sono tutti nella norma, ora rimuoverò i drenaggi. Direi che sarà possibile mobilizzarlo. Un giro in sedia a rotelle lo aiuterà, vorrei che se ne occupasse lei di persona. Non più di mezz’ora però.-
 Lisa alzò gli occhi al cielo stando attenta a non farsi vedere.
 Il suo ex ragazzo voleva punirla. Forse non con l’intenzione, mobilizzare il paziente era un compito da infermiere e di certo lui non sapeva l’odio che aleggiava nella stanza quando lei e Blackwood erano da soli. Però quella restava una tortura gratuita. Non avrebbe neanche potuto delegarla a Chris.
 Si voltò, cercando di sorridere, verso i due uomini, che scoprì, la stavano guardando curiosi.
 Senza che se fossero resi conto, si erano alleati per renderle la vita impossibile.
 -Certo, sarà fatto. Subito dopo il giro delle terapie verrò da lei, signor Blackwood.-
 Julian annuì.
 -Quando avrà finito con il paziente, avrei bisogno di parlarle.-
 -Potrei conoscere l’argomento?-
 Non davanti a Blackwood, sperò davvero che Theo non avesse intenzione di fare riferimento al loro rapporto proprio davanti a quell’uomo sadico e vendicativo.
 -L’argomento lo conosce. Credo che la sua reazione ad un determinato evento sia stata esagerata.-
 Lisa evitò di guardare Julian. Cominciò a pregare che Theo non rivelasse altro, era stato ancora criptico.
 -Sarò impegnata tutta la mattina e non ho voglia di parlare.-
 Era arrivato il momento di scappare. Spinse il carrello fuori dalla stanza e si diresse velocemente verso l’infermeria.
 Julian fissava il medico di fronte a lui mentre scuoteva la testa indispettito. Il paziente era incuriosito da ciò che era appena accaduto. La bisbetica infermiera si era rivolta al suo collega con troppa enfasi. Qualcosa non quadrava.
 -Tutto bene, dottore?- meglio indagare di più.
 -Cosa?- Theo si voltò verso il suo paziente. –Ah, sì. Lei è la mia ragazza, abbiamo litigato due giorni fa.-
 Julian ne sapeva qualcosa dei litigi con quella ragazzina. Povero medico, tanto intelligente e pure tanto idiota da mettersi con una malata di mente come quella.
 -Niente di grave, spero?-
 -No, mi è solo capitata un’emergenza la sera del nostro anniversario. Quando si tratta di queste cose, Lisa diventa una bambina capricciosa.-
 -Lo immagino- rispose Julian cercando di sopprimere il sorriso divertito che stava facendo capolino sulle sue labbra.
 
 Il giro terapie era giunto al termine. Lisa era in infermeria con Chris e la nuova infermiera sostituta di Lyala, finalmente entrata in maternità. Era giovane almeno quanto loro ma non parlava tanto. Faceva il suo lavoro a testa bassa e senza chiacchiere. Lisa non ricordava neanche il suo nome ma non aveva tempo per chiederglielo di nuovo.
 Il suo incubo peggiore la stava aspettando e non voleva che il suo lavoro risentisse della presenza di quell’uomo in reparto. Sarebbe stata efficiente come al solito.
 Così si ritrovò ancora una volta nella stanza di Julian. Vi era entrata spingendo la sedia a rotelle e senza dire una parola.
-Come conti di farmi sedere su quell’aggeggio?- chiese Julian con aria di sospetto.
 -Come faccio con tutti i miei pazienti- Lisa si avvicinò al letto pronta a scostare il lenzuolo ma Julian l’afferrò per un polso bloccandola.
 Lisa sobbalzò. La mano di Julian era calda e la sua presa ferrea. Ignorò il piccolo brivido che le percorse la schiena.
 -Qualcosa non va?- si divincolò dalla presa e guardò male il paziente.
 -La domanda non si riferiva al come vero e proprio, ma come conti di fare senza vedere le mie poderose parti intime. Sono nudo qui sotto.-
 -E io sono un’infermiera. Non sei il primo paziente nudo che vedo. Ti metterò i pantaloni che Peter ti ha portato- indicò l’indumento che se ne stava sulla poltrona- E ti farò sedere su quella dannata sedia a rotelle.-
 Lisa sapeva di cosa parlava, ne aveva viste a centinaia di parti intime di pazienti. Però, dovette ammettere che l’idea di Blackwood nudo le creava non poco imbarazzo.
 -Non ho intenzione di farmi vedere nudo, in queste condizioni pietose, da una che dovrà lavorare con me! Inventati qualcosa.-
 La ragazza alzò gli occhi al cielo spazientita.
 Senza aspettare neanche un attimo, tirò via il lenzuolo da sotto i piedi di Julian e lo fece risalire fino a scoprire tutte le gambe ma tenendo celati i gioielli di famiglia.
 -Tieni fermo il lenzuolo mentre ti infilo i pantaloni, quando arriverò su potrai finire di coprirti da solo. Mi volterò se sarà necessario a far finire questo supplizio il prima possibile.-
 Si volse e prese i pantaloni adagiati sulla poltrona. Erano larghi e sportivi, di un nero intenso quanto i capelli di Julian.
 Prese il piede del paziente libero dall’apparecchio gessato, e lo infilò nei pantaloni. Lo stesso fece con il piede gessato e cominciò a risalire lentamente lungo le gambe.
 Fece attenzione su quella con il gesso ma per quella sana il trattamento risultò leggermente diverso. Lisa dovette ammettere che Julian aveva delle belle gambe. Lunghe e toniche, i muscoli della gamba che poteva vedere erano tirati e la sua pelle era stranamente calda e liscia, con pochi peli.
 Arrivò al confine dettato dal lenzuolo e si fermò. Finalmente ebbe il coraggio di guardare il volto di Julian.
 -Lo fai sempre?- chiese lui con occhi strani.
 -Cosa? Vestire i pazienti che ne hanno bisogno?-
 -No, accarezzare le gambe dei pazienti in modo così provocante.-
 A quel punto le guance di Lisa presero fuoco mentre si rendeva conto che non aveva tenuto l’elastico dei pantaloni largo ma aveva permesso che il dorso di una delle due mani restasse in contatto con la pelle di Julian per tutta la risalita verso il bacino.
 Scosse il capo imbarazzata, anche se tentò in tutti i modi di non darlo a vedere.
 -E’ così che si fa- rispose con decisione.
 -Ah, se lo dici tu.-
 -Ce la fai a tirarli su da solo, adesso?- voleva levare la mano da lì il prima possibile. La pelle di Julian cominciava a scottare come lava incandescente.
 -Sì, anche se avrei preferito che continuassi tu- il suo sguardo era strafottente ma nascondeva qualcosa di affascinante. Lisa aveva la netta impressione che si stesse prendendo gioco di lei.
 Si allontanò dal letto e si voltò verso la sedia a rotelle. Aspettò qualche secondo e poi si girò notando che Julian si stava sistemando la maglietta verso il basso. Giusto in tempo per vedere un lembo di pelle del ventre, tra i pantaloni e la maglia. Lisa scosse ancora la testa sperando che lui non si fosse accorto del fatto che si fosse imbambolata a guardare il punto in cui quel lembo di pelle era scomparso.
 Dovette prendere un respiro.
 La mancanza di sesso si stava facendo sentire troppo prepotente. Era davvero disperata se il suo corpo reagiva in quel modo alla vista del corpo di un bifolco come Julian Blackwood.
 -Ora devi fare come ti dico, altrimenti rischi di farti male.-
 Julian annuì mantenendo lo sguardo fermo su di lei.
 Lisa prese la gamba ingessata del paziente e insieme a quella sana le giro verso il bordo del letto.
 -Aiutati con le mani.-
 L’uomo puntò le mani sul letto e roteò l’intero busto mentre Lisa pensava alle gambe. La procedura avvenne lentamente per evitare rischi.
 L’uomo si ritrovò seduto sul bordo del letto.  
 D’un tratto Lisa gli afferrò il volto dalle mani e lo guardò con attenzione.
 -Ti gira la testa?-
 -No- però in realtà un po’ di vertigini le aveva. Non voleva mostrarsi debole davanti a lei e non voleva chiedere a se stesso come mai quelle vertigini avessero avuto inizio proprio quando lei lo aveva toccato sul volto.
 -Bene. Ora metterò le braccia sotto le tue, ti aiuterà ad alzarti. Non possiamo rischiare che tu cada e fai attenzione a non toccare il pavimento con l’arto ingessato. Me aiutarmi, mettimi le mani sulle spalle o intorno al collo, sarai più stabile e non dovrò sopportare tutto il peso da sola.-
 Julian sollevò le braccia e Lisa si chinò verso di lui. Lo afferrò per il busto e lo aiutò ad alzarsi.
 Quando se lo ritrovò in piedi tra le sue braccia, la donna non poté fare a meno di notare quanto fosse alto e quanto i muscoli della sua schiena fossero delineati.
 Deglutì a vuoto mentre Julian si metteva completamente dritto stando attendo alla gamba.
 Il viso di Lisa finì sulla spalla di Julian e il suo profumo la invase. Era in ospedale da giorni eppure la sua pelle profumava di buono e fresco.
 -Voi infermiere avete uno strano modo per provarci con i pazienti…-
 -Pensa che ce lo insegnano all’università spacciandola per una procedura che fa alzare il paziente dal letto in sicurezza.-
 Le mani di Julian si posarono sulle spalle di Lisa che avvertì ancora quel brivido lungo la schiena. Ma quanto potevano essere calde delle mani? Quelle di Julian erano fuoco puro.
 -Ora ci gireremo e ti siederai con calma sulla sedia.-
 -Non sarebbe male restare così- l’occhiolino di Julian fece perdere un battito al cuore di Lisa. Lo odiava, a morte. Doveva però ammettere che era dannatamente attraente e che le sue mani erano quanto di più eccitante ci potesse essere al mondo. Calde, decise, grandi. Erano la causa del formicolio al basso ventre che Lisa non riusciva più ad ignorare.
 -E quanto pensi che potrei reggere il tuo peso?- … “e il tuo profumo.”
 -A te per quanto piacerebbe avermi così vicino?- Julian cominciò a guardare Lisa con occhi indagatori ma talmente seducenti da amplificare il formicolio.
 Lisa costrinse Julian a girarsi e con quel movimento avvertì i loro corpi venire in contatto molto più del dovuto. Lei gli stava praticamente attaccata addosso e questo non era scritto in nessun libro di procedure infermieristiche. Il corpo di Julian era ardente ed appetibile come le sue labbra che se ne stavano lì, a pochi centimetri dal viso della donna, emanando una fragranza quasi afrodisiaca.
 -Meglio che tu ti sieda.-
 Lo costrinse ad accomodarsi sulla sedia a rotelle e finalmente la donna avvertì un senso di leggerezza. La vicinanza di quel corpo l’aveva schiacciata, come se al contatto con lui la sua pelle fosse diventata un potente magnete. Ci aveva messo tutto l’autocontrollo possibile per ricordarsi che quello era Julian Blackwood. L’odiato Julian Blackwood.
 -Ti vuoi liberare di me così facilmente, eh?-
 -Ci sto provando- rispose Lisa con un sorriso di scherno.
 -Non hai risposto alla domanda.-
 -Non ne ho intenzione.-
 -Forse perché l’idea di avermi tutto per te senza vestiti alla fine non ti fa poi tanto ribrezzo.-
 -O forse è perché…- La frase non si completò da sola come al solito, non le veniva in mente nessuna frecciatina come risposta. La verità era che il suo corpo parlava per lei e non aveva alcuna intenzione di mentire a se stessa. Julian era attraente. Troppo attraente. E totalmente inopportuno.
 -Bene, signor Blackwood- una voce che proveniva dalla soglia della porta la salvò da quella risposta che tardava ad arrivare.
 La nota negativa era che quella voce apparteneva a Theo.
 -Vedo che è riuscito ad alzarsi senza troppi problemi.-
 Lisa cominciò a chiedersi da quanto tempo Theo fosse lì. Quanto aveva visto di tutta quella procedura che non era stata esattamente professionale? Quanto aveva ascoltato delle loro frecciatine colme di doppi sensi?
 -L’infermiera Light è stata così gentile da assistermi con le dovute cure, il suo tocco è davvero delicato e preciso. Le sue competenze sono indubbie.-
 Subito Lisa si voltò a incenerire il seccante Julian con gli occhi.
 -Andiamo- disse la donna cominciando a spingere la carrozzina.
 Passarono davanti a Theo che fissava la sua ex fidanzata un po’ confuso.
 -Comunque Lisa.-
 Ecco di nuovo la voce di quel medico che la costrinse a fermarsi.
 -Sì- di voltò verso di lui.
 -Quando rimetterà il signor Blackwood a letto magari non ci metta tutto il tempo ci hai impiegato per farlo alzare. Sono ricoverati altri pazienti in questo reparto che necessitano della sua magistrale assistenza.-
 Quella era proprio la prova che Theo era stato presente durante tutta la scena di poco prima.
 -Sì, dottor Dawson.-
 Non aveva voglia di litigare né tantomeno di parlare con lui.
 Quando furono abbastanza lontani da Theo, Lisa ritrovò la forza di parlare. L’incontro con il suo ex le aveva smosso qualcosa dentro. Si era ripresentato quando ormai l’aveva persa. Chris aveva ragione, adesso avrebbe dovuto lottare di nuovo per la donna che amava. L’interesse era tornato, proprio come quello di un bambino per il giocattolo vecchio che qualcuno voleva sottrargli da sotto il naso.
 Be’, lei non sarebbe stata la ragazza affranta, incompresa dal suo amore che si piange addosso. 
 Basta giochetti. Era arrivato il momento di affidarsi solo alla verità.
 -Vuoi una risposta alla tua domanda di prima?- chiese d’un tratto alla testa di Julian che se ne stava in silenzio sulla sedia a rotelle mentre lei lo spingeva verso la fine del corridoio.
 Non attese che lui parlasse.
 -Ho venticinque anni e un bel corpo fa effetto anche a me, ma questo non significa che la mia antipatia nei tuoi confronti possa diminuire. Sei odioso, e questo è ciò che mi impedirà anche solo di immaginare di venire a letto con te.-
 -Mi sembra una risposta ragionata. Almeno non sei una bugiarda.-
 Lisa alzò le spalle come se potessero impedirle di continuare quella conversazione. Sapeva, tuttavia, che Julian sarebbe rimasto in reparto ancora per diversi giorni e sarebbe entrata in contatto con il suo corpo altre volte. Non voleva sentirsi in imbarazzo per sempre. Dire la verità era l’unica scelta adulta che potesse prendere.
-Ciò non toglie- continuò Julian. –che vedremo cosa accadrà quando non saremo chiusi qui ma da qualche parte, da soli, a scrivere quello stupido libro.-
 Attraversarono la porta d’ingresso del reparto e Lisa si sedette su una delle sedie della sala d’aspetto per guardare Julian negli occhi.
 -Di che diamine stai parlando? Non devo scrivere il libro insieme a te.-
 Era la prima volta in tutta la mattinata che affrontavano finalmente quell’argomento.
 Julian scoppiò a ridere.
 -La sceneggiatura che hai tra le mani è una mia creatura, non lascerò che una romanziera da strapazzo modifichi tutto ciò che per me è importante senza dire la mia.-
 Lisa lo guardava confusa.
 -Peter e Luke hanno parlato ieri sera. Peter lo ha convinto a cedere a te una parte dei diritti del libro e ci sarà il tuo nome sulla copertina. Non sarai solo una ghostwriter. Il libro sarà anche tuo.-
 Gli occhi della donna diventarono increduli.
 -Non posso impedirglielo. Siamo due contro uno. La sceneggiatura, tutto il film, è stato una mia idea e l’unico modo perché io accetti di cedertene una parte è che ci sia io durante la stesura.-
 -Io non voglio i diritti del libro- disse subito Lisa.
 Julian fece un sorriso consapevole.
 -E io non voglio vedere la locandina del mio film in tutti i cinema con il mio nome stampato a caratteri cubitali- una risata divertita invase il corridoio del reparto. -Non mentirmi, Lisa. Se sei davvero una scrittrice, il tuo nome sulla copertina di un libro è quello che hai sempre sognato.-
 Lisa era consapevole di quanto Julian avesse ragione. E in tutto quel discorso riuscì persino ad avvertire i brividi lungo la schiena quando Julian pronunciò il suo nome. Si accorse di quanto stesse bene su quelle labbra.
 -Lisa… Diversamente non se ne esce. Mi spiace.-
 -Va bene. Scriveremo questo cavolo di libro insieme ma cerca di tenere le mani a posto, e smettila di trattarmi come una mocciosa di dieci anni.-
 -Farò del mio meglio- disse Julian porgendole la mano per suggellare il loro accordo.
 -E’ questo che mi preoccupa- Lisa strinse la sua mano.
 -Sempre che non sia tu a dover tenere le mani al loro posto, piccola Lisa.-
 Un altro brivido lungo la schiena. Di nuovo quella pelle bollente a contatto con la sua e quella voce suadente che le inondava il cervello.
 -Allora, cosa c’è tra te e il dottorino biondo?- Julian lo chiese a bruciapelo, stringendo di più la sua mano. –Stando a lui, sei la sua ragazza?-
 -Ex.-
 Lisa tolse la mano, quella pelle bruciava troppo e la sua stretta improvvisa l’aveva destabilizzata.
 -Lo hai lasciato e lui non lo sa?-
 -L’ho lasciato e lui non lo accetta.-
 -Cos’è? Non era abbastanza per te? Un bel dottorino biondo e intelligente… Tutte le donne se lo porterebbero a letto in un attimo.-
 Lisa abbassò lo sguardo sorridendo amareggiata.
 -Ero io a non essere abbastanza per lui. Probabilmente non lo sarò mai.-
 Non riusciva neanche a capire perché non troncasse quella conversazione sul nascere.
 Julian spalancò gli occhi cercando qualcosa di adeguato da dire ma venne bloccato da un saluto gioioso.
 -Buongiorno, miei drammaturghi!-
 La voce di Peter salvò Julian dal guaio in cui si era andato a cacciare. Aveva intravisto Theo, prima, sull’uscio della sua stanza, e voleva mettere alla prova la piccola Light. Per questo l’aveva provocata. Era certo che il loro litigio fosse una stupidaggine ma non ne era più tanto sicuro dopo le parole che Lisa aveva pronunciato.
 L’infermiera si alzò in piedi, tenendo gli occhi bassi.
 -Manderò il mio collega per riportarti in camera.-
 Julian la guardò mentre si dirigeva all’interno del reparto.
 -Che le hai fatto?- chiese subito Peter fissando il suo amico.
 -Questa volta io non c’entro. E’ una cosa che riguarda solo lei e il suo fidanzato, o ex. Non ho capito bene.-
 Peter si sedette accanto al suo amico. 
 -Sei il solito caprone.-
 -Che intendi dire?-
 -Voglio dire che hai il brutto vizio di parlare senza conoscere i fatti.-
 Julian attese che le spiegazioni del suo amico continuassero.
 -Il suo ex la trascurava, da quanto ho potuto capire. Lei lo ama ed è stata costretta a lasciarlo per non doversi sentire sempre la seconda scelta. Quello che le hai detto è stato crudele.-
 -Hai sentito tutto?-
 -Più o meno.-
 Julian abbassò lo sguardo. Forse aveva davvero parlato troppo.
 -Dovremmo lavorare con lei, Julian, per diverso tempo. Non dico che debba per forza andarti a genio tuttavia cerca almeno di non farla fuggire prima che abbia finito il suo lavoro. Abbiamo bisogno di quel libro e ho la sensazione che lei sia davvero la migliore che potesse capitarci.-
 L’amico annuì in modo impercettibile.
 Avevano lavorato come dannati per ultimare quella sceneggiatura, non poteva mandare tutto all’aria solo a causa del suo caratteraccio.
 Avrebbe fatto uno sforzo, e nonostante l’attrazione fisica che provava verso quella ragazza, si sarebbe comportato bene. Era finito il tempo dei giochetti, doveva restare fuori dalla vita di Lisa. Il loro rapporto sarebbe stato solo di natura professionale.
 Sì, tutto si sarebbe risolto in quel modo. Anche se quel dottorino restava uno stupido per ciò a cui aveva rinunciato. Aveva la netta impressione che Lisa potesse dare ad una persona tutta se stessa, e il dottorino non lo aveva minimamente capito. 
   
 
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