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Autore: Gagiord    30/07/2016    1 recensioni
Aoko Nakamori, la prescelta. La ragazza, ormai diciassettenne, aspettava, seppure inconsciamente, l'arrivo di qualcosa. Qualcosa che le avrebbe cambiato la vita.
Ginzo Nakamori, il padre della giovane, sapeva tutto. Tuttavia, finché il potere in lei non si fosse svegliato, non poteva dirglielo. E, comunque, non ne avrebbe avuto l'occasione: stava giorno e notte fuori, ormai, alla caccia di Kaito Kid. Ebbene, il ladro era ancora costretto a rubare, determinato a trovare Pandora, quella gemma tanto importante per l'Organizzazione che si era promesso di distruggere. Eppure, non si era mai accorto che quel tanto ambito gioiello l'aveva sempre avuto sotto i propri occhi...
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Aoko Nakamori, Gin, Ginzo Nakamori, Kaito Kuroba/Kaito Kid
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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"Aoko? Dai, sbrigati!" gridò sull'uscio della porta aperta, mentre una Keiko elettrizzata si dedicava a delle risa eccitate. "Stasera devo catturare quel maledetto Kid!"
La viaggiatrice scese le scale velocemente, spense tutte le luci e si avviò fuori casa insieme al padre e all'amica.
"Allora, tesoro, devi stare attenta a tutte le sue mosse, sa bene come scappare e travestirsi. Quell'incosciente di Jirokichi Suzuki ha esposto il Moussaieff Red al museo più grande della città, dentro una teca. Voglio proprio vedere cosa s'inventerà oggi."
"Moussaieff Red?" chiese la biondina, ignara.
L'ispettore prese le chiavi della macchina e l'aprì, avvicinandola, insieme alle due ragazze. "È il diamante più famoso al mondo" spiegò, arricciando le labbra. "Anche se - a dir la verità - non è nemmeno così grande. È rosso ed è stato usato per una pubblicità, ecco tutta la sua fama. E il riccone l'ha comprato alla bellezza di cinquecento milioni di yen. Ma da dove li prende?"
Le due amiche ridacchiarono un po' alle parole del poliziotto, evidentemente irritato. Aoko aprì uno sportello posteriore della macchina, facendo entrare la sua migliore amica, per poi adagiarsi accanto a lei.
"Mi dispiace che tu sia stata coinvolta in questa faccenda, Keiko" proseguì, ma con una cromatura presente nella voce molto più seria rispetto a quella precedente. "Ti prego di non dirlo a nessuno." Sospirò drammaticamente. "Anzi, quei pazzi daranno di matto anche per te."
La mora sorrise, baldanzosa. "E se noi non glielo dicessimo?"
Il padre sogghignò piano, un po' per l'idea - che, tra l'altro, gli andava più che bene -, un po' per l'audacia della figlia. "Non ti sarai agitata troppo per questa storia?" domandò ironicamente lui, ancora ridente, mentre dava gas, seduto davanti al volante della sua modesta Toyota Yaris grigia.
Se avesse dovuto essere sincera, avrebbe risposto "Sì". "Macché!" ribatté, invece. "Guarda, non vedo l'ora di andare a rubare qualche gioiello." Cercò di simulare uno sbuffo, ma, in realtà, voleva saltellare per l'adrenalina che si stava producendo nel suo corpo.
'Ehi, ehi!' l'ammonì Johanne in modo canzonatorio, divertita. 'Devo dare ragione al tuo babbo. Non dimenticare che posso leggerti nel pensiero!'
'Tanto non puoi dirlo a nessuno!' Voleva quasi scoppiare a ridere, per quanto intensa fosse la sua allegria. Ignorava completamente la sua origine, ma le piaceva; almeno, riusciva a tralasciare i pensieri che potevano incupirla. La entusiasmava quella situazione, sebbene lei stessa non riuscisse a capirne il motivo. Voleva provare l'euforia nel compiere qualcosa d'interdetto, vietato; si rimproverava per questo: odiava le cose illegali. Forse era l'influenza di suo padre, o magari il suo buon cuore, ma sosteneva sempre la giustizia. Nonostante ciò, quella vicenda quasi la esaltava, perché sapeva, in fondo, che i suoi non si sarebbero potuti definire veri e propri "furti": doveva solo toccare delle gemme, e poi, se fosse stata quella giusta, rubarne una. Ma, in ogni caso, era per una buona causa, e forse si sentiva giustificata. Le venne in mente il ladro che stavano andando a vedere ed i suoi show.
'E se anche lui rubasse per una buona causa?' si chiese. Poi, però, scosse la testa con veemenza, come se quell'ipotesi fosse da scartare sin dal principio. No, era impossibile, si disse. Lo faceva solo per deridere suo padre e per fare i suoi stupidi spettacolini, e lei ne era perfettamente consapevole. Si divertiva a beffeggiare i poliziotti, cercando di attirare l'attenzione del pubblico su di lui. Uno spaccone in cerca di fama - così lo definiva lei.
'Sta' attenta alle parole che usi per Kid, ragazzina!'
La piccola viaggiatrice represse un risolino: aveva dimenticato della cotta della donna che tanto si divertiva a parlare nella sua mente. 'Certo, piccioncina.' Be', ora erano 1-1.


 

"Eccoci al Tokyo Museum" esordì Ginzo.
Erano davanti alla porta principale, in procinto di entrare. Il furto - a dir dell'ispettore - doveva avvenire alle 23:00 in punto; quindi mancavano tre quarti d'ora all'apparizione del fantomatico ladro.
Il poliziotto aprì la porta, ritrovando dinanzi a sé due ragazze - che identificò come la nipote del signor Suzuki e la sua amica -, cinque ragazzini delle elementari e, naturalmente, l'organizzatore dell'esposizione. Vagò con gli occhi per trovare anche la sua squadra, e trovò una decina di agenti messi in riga, appoggiati ad una parete del museo.
"Salve" salutarono all'unisono le due ragazze, mentre l'uomo andò a confabulare qualcosa con il signor Suzuki - probabilmente relativa al furto.
Si avvicinarono lentamente, fianco a fianco, all'ereditiera e alla sua amica, che, in quel momento, davano le spalle alle altre due, sperando di poter dialogare.
"Uhm... Ciao" disse Keiko, quasi intimorita.
Le due ragazze si girarono: la mora sembrò sorpresa, ma poi sfociò in un raggiante sorriso; la biondina, invece, dapprima assottigliò lo sguardo, esaminando le altre ragazze dinanzi a lei; dopo qualche istante, però, rise anche lei.
"Ehi" rispose la karateka, briosa.
"Tu sei la figlia dell'ispettore Nakamori!" esclamò la ragazza accanto a lei, puntando un dito contro Aoko.
'Sei diventata famosa, tesoro' sogghignò la ladra.
La viaggiatrice simulò una risatina nervosa, confermando: "Sì, sono io".
"Sonoko Suzuki." La giovane era alta circa quanto la futura ladra, ma era decisamente più sinuosa. Aveva due grandi occhi azzurri, mentre dei capelli biondo cenere le ricadevano lisci, tagliati in un carré scalato.
"Ran Mouri" si presentò; era di qualche centimetro più bassa rispetto all'amica, con le forme riposte nei punti giusti. Gli occhi di un blu intenso - tendente al viola - luccicavano come gioielli; lunghi capelli castani le circondavano il grazioso volto ridente.
"Io sono Keiko Momoi, l'amica di Aoko." Ricambiò allegramente il sorriso.
Era ovvio che provassero la stessa simpatia le une per le altre, perché, subito dopo le presentazioni, girarono per il museo, parlando e ridendo come se si conoscessero da una vita. Mentre, però, si erano soffermate ad osservare estasiate l'oggetto principale della mostra - un anello con un bellissimo diamante rosso incastonato -, riposto in una teca enorme, Aoko si pose una domanda.
"Ma..." esitò, ma dopo aver attirato l'attenzione delle altre tre ragazze, continuò: "Nell'annuncio c'è scritto l'orario preciso?"
Ran, che in quel momento aveva già le labbra leggermente incurvate, sorrise fulgente. "No. È stato il mio fratellino a risolvere l'enigma" decretò, con una sfumatura di orgoglio nella voce.
"Il tuo fratellino?" chiese Keiko. La moretta accanto a lei alzò un sopracciglio, curiosa.
"Conan Edogawa, un moccioso saputello." Stavolta, fu Sonoko a rispondere, agitando la mano, quasi volesse scacciare una mosca fastidiosa. "È chiamato anche l'Anti-Kid." Indicò un bambino: aveva circa sette anni, indossava vistosi occhiali che coprivano i suoi occhi di un azzurro deciso, mentre dei capelli corvini gli orlavano il giovane viso, ribelli. "L'avrete visto almeno una volta, no?"
Le studentesse del liceo Ekoda virarono la traiettoria dei loro sguardi verso il soggetto di quella discussione, per poi esclamare all'unisono, soprese: "Ma certo!"
"Ehi, Conan!" lo chiamò la karateka; il ragazzino si volse, strabuzzando gli occhi alla vista della viaggiatrice: si rese conto che era praticamente uguale a sua "sorella".
"D-dimmi, Ran-neechan." Tenne fisso lo sguardo su quella che lui considerava una sosia uscita male, assottigliando lo sguardo e scrutandola.
"Vieni, saputello! Spiegaci come hai fatto a risolvere l'indovinello." L'ereditiera strizzò l'occhio alle due amiche, che, intanto, spostavano gli sguardi dal bambino alle ragazze: com'era possibile che un bambino di sette anni fosse riuscito a risolvere un indovinello di quel ladro tanto astuto? Certo, si parlava dell'Anti-Kid, il famoso bambino prodigio, ma era pur sempre uno studente delle elementari!
Il piccolo detective fece un cenno ai suoi amici, andando incontro alle giovani. Prese un foglietto dalla tasca dei suoi pantaloni - su cui c'era indubbiamente scritto qualcosa - e lo porse alla viaggiatrice, che, seppur titubante, lo afferrò. La biondina con gli occhiali - accanto a lei - sporse il capo per leggere, mentre le altre due le osservavano con un sorrisetto compiaciuto e le braccia incrociate al petto.
"La notte del 21 settembre illuminerò il cielo di rosso e d'argento" cominciò a recitare la mora, quasi sussurrando. "Ruberò il gioiello che di detriti è l'addensamento. Il bagliore è nuovo ed è fonte di tormento."
"Finora è facile" la interruppe il bambino, suscitando una reazione meravigliata ed esterrefatta nelle ragazze. "Illuminerà il cielo di rosso e d'argento: il rosso deve essere il colore della pietra, mentre l'argento si riferisce al suo deltaplano." Sospirò, indicando la grande teca in cui vi era contenuto il Moussaieff Red. "I diamanti, per natura, sono trasparenti, ma quando c'è un addensamento di detriti possono cambiare colore."
"Io l'ho detto che questo moccioso è un'enciclopedia portatile di cose inutili!" sbottò Sonoko, facendo ridacchiare la migliore amica e guadagnando un'occhiata torva dal piccolo.
"Il bagliore nuovo, invece," continuò, senza prestare attenzione alla giovane, "rappresenta l'età del gioiello, dato che è stato levigato e messo in luce solo l'anno scorso. Be', è fonte di tormento perché tutti farebbero qualunque cosa per averlo. E poi, zio Jirokichi l'ha comprato solo una settimana fa e la notizia è finita su tutti i giornali, quindi non era difficile da capire." Sul suo viso si creò un riso ingenuo, mentre le ragazze che avevano chiesto delucidazioni riguardo la rapina lo guardavano con occhi divaricati, come se avessero visto la cosa più allucinante del mondo. Effettivamente, non potevano essere biasimate.
"Dai, continua a leggere" la incalzò la karateka.
Fece come le era stato richiesto. "Tre volte riesumerà. Ma attenti, alle nove non sarà. Sembra il dieci e, come un detective, rappresenta l'intuito, ma quello non è. L'ignoranza si piegherà all'aria. È l'Acquario, ha la vibrazione del due, ma precaria. Ah, Urano, Maestro, che gran sognatore! TU, sono queste le ore." Aveva le labbra arricciate e la fronte corrugata: tutte quelle parole le ricordavano qualcosa, ma non sapeva bene cosa.
La biondina accanto a lei, invece, sbuffò fragorosamente. Come poteva capirci qualcosa? Erano tutte frasi senza senso!
"Qua Kid ha semplificato ancora di più le cose" ridacchiò nervosamente Conan.
"Sai anche questo?" domandò, incredula, Keiko, facendo leva sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza. "Io non ci capisco nulla!"
Il mini detective si portò una mano alla nuca, grattandola, impacciato. "Basta sapere un po' di astrologia" affermò, con la tipica espressione innocente di un bambino. "Per quanto riguarda le tre volte, basta saltare tre parole dall'inizio della nuova frase e ci ritroviamo con 'alle'."
"Il numero undici!" decretò, all'improvviso, la viaggiatrice, interrompendo la spiegazione del piccolo. Gli occhi color mare le brillavano, mentre faceva oscillare l'indice della mano destra, quasi volesse dire "Giusto, giusto". "Fino a 'gran sognatore' si riferisce alle caratteristiche del numero undici in astrologia!" Intanto, il bambino aveva cominciato a fissarla con gli occhi sgranati, come se stentasse a credere alle sue orecchie, e le amiche lo imitarono. "'TU', invece, può rappresentare il numero ventitré nell'oroscopo numerologico; quindi sarebbero le undici di sera!" Si accovacciò accanto all'amica, posando le sue mani sulle esili spalle del ragazzino, che, nel frattempo, si era lasciato andare ad un sorriso soddisfatto, annuendo. "Sei un genio!" E lo pensava davvero. Senza il suggerimento di quel piccolo talento, non sarebbe mai arrivata a quelle conclusioni. Amava l'astrologia, non c'era da stupirsi che ne sapesse così tanto.
Lui simulò una risata - ancora una volta - inquieta, rigraziandola.
"C-come hai fatto?" chiesero insieme le due studentesse del Teitan, stupefatte.
La moretta si alzò, lisciando la gonna bordeaux che aveva deciso di indossare. "Oh, mi piace l'astrologia" disse semplicemente, sorridendo radiante.
Si alzò anche la sua migliore amica, scoccandole un'occhiata infastidita. "E figuriamoci." Poi, però, scoppiò a ridere insieme alle amiche.
Gli uomini di pattuglia, in tutto ciò, si erano moltiplicati, raggiungendo la ventina e affollando il museo. Vi erano, ormai, un'altra cinquantina di persone, che, tuttavia, erano costrette fuori una soglia prestabilita, e che esultavano e chiamavano il ladro gentiluomo del ventunesimo secolo.
"Ma che visione celestiale" osservò una voce fin troppo conosciuta per le loro orecchie. 
Gli occhi dell'ispettore e della figlia guizzarono in diverse direzioni, non trovando, però, nulla. La ragazza assottigliò lo sguardo, esaminando le circostanze in modo più accurato; riuscì, infatti, a scovare una figura che, tra quasi cento persone presenti in una sala, poteva passare inosservata, ma non a lei: era un poliziotto, il quale stava evidentemente parlando con qualcuno al telefono, mentre sul suo viso si faceva strada un ghigno spavaldo. Avanzò cauta verso quella sagoma tanto sospetta - dato che tutti si guardavano intorno per rintracciare la provenienza di quella voce assai smielata -, ma venne colta alla sprovvista: il finto agente aveva scagliato tre piccole granate fumogene, provocando panico tra gli agenti e giubilo tra i fan. Dopo circa un minuto di tossicchi, grida ed adulazioni, il fumo - di una cromatura tra il grigio e il rosa - scemò, lasciando intravedere una figura: Kaito Kid.
"MALEDETTO KID" gridò, infuriato, l'ispettore Nakamori, con le braccia alzate e le labbra traboccanti d'imprecazioni. Tutta l'ansia di quella mattina era svanita tutt'a un tratto, essendo rimpiazzata da disprezzo ed irritazione. Ciononostante, quando il gas si dissolse, il suo sguardo cercò quello della figlia, auspicando che lei stesse attenta alle "lezioni di ladrocinio". E, per suo compiacimento - o dispiacere, non lo sapeva nemmeno lui -, la rinvenne ferma, con le braccia conserte al petto, intenta a studiare ogni minimo movimento del suo rivale; l'ultimo mago del secolo si trovava sulla teca di vetro - ormai vuota -, con le braccia spalancate, come se volesse trasportare tutti i presenti in un caloroso abbraccio, e un sorrisetto sfrontato. Aoko - doveva ammetterlo -, benché potesse risultare ridicolo con il suo enorme cilindro e il suo costume interamente bianco, salvo la camicia del colore dei suoi occhi ed una sfavillante cravatta arancione, lo trovava bello. Inoltre, non sembrava nemmeno troppo vecchio, nonostante i vent'anni passati a compiere furti.
'E se ci fossero stati più Kid?'
Scrollò il capo, cercando di concentrarsi sulle sue mosse, anziché sulla sua bellezza o presunta età.
"Ladies and gentlemen! Che lo sh..."
"KID! Non abbiamo tempo per le tue frasi fatte!" esclamò il direttore della Task Force di Kaito Kid, infervorato.
"Oh, ispettore! Mi rincresce sapere che lei ha una così bassa considerazione delle mie doti di attore" rise, infastidendo il suo nemico ancor di più.
Kaito, sotto le spoglie del suo alter ego, si sentiva decisamente osservato: era a disagio. Gli erano sempre piaciute le attenzioni della polizia e dei suoi fan, ma ora sentiva uno sguardo algido esaminarlo, studiarlo, privandolo della sua Poker Face. E non era quello del piccolo detective, che, comunque, stava scrutando ogni suo gesto, con le sue scarpe estremamente particolari già messe in azione. Vagò con lo sguardo, quindi, in tutta la sala, provando a risultare il più normale possibile al suo pubblico e alla polizia. Gli venne quasi un colpo al cuore, quando scorse lei: lo osservava, con gli occhi ridotti a due fessure, mentre stava in piedi, rigida, accanto alla sua compagna di classe e le amiche del suo amico-rivale. Fece di tutto per non darlo a vedere, e si compiacque, notando di esserci riuscito: il suo ispettore stava lanciando chissà quante imprecazioni contro di lui, mentre i suoi agenti cercavano di prenderlo, e lui - inconsciamente, quasi fosse un'abitudine - svaniva da un punto della sala all'altro, facendoli spazientire.
"Vi piacciono le stelle?" domandò il mago. La folla scoppiò in urla di lusinghe e blandizie, dando conferma al giovane ladro che, al suono di quelle grida, sogghignò sfacciatamente.
Il piccolo detective e la viaggiatrice alzarono un sopracciglio, curiosi di vedere la sua nuova - ed unica - performance.
"Ebbene, ne vedrete proprio ora!"
'A quanto pare non sei l'unica che ama le stelline, piccola' ridacchiò la ladra, schernendo la sua ospite.
'Più tardi facciamo i conti, Johanne.'
Non riusciva a capire cosa volesse fare quel ragazzo che tanto si vantava delle sue doti da prestigiatore. Come potevano vedere una stella all'interno di un edificio? Ebbe la risposta in quello stesso istante: il ladro si dileguò dietro una grande nuvola di scintille scoppiettanti - simili ai giochi pirotecnici che si fanno tradizionalmente a Capodanno. Poi vide, con suo immenso stupore, questa polverina luccicante muoversi, collocandosi in vari posti per formare una scritta precisa: KAITO KID.
'Il solito egocentrico.'
Come se non bastasse, al di sotto della scritta fluttuante in aria, si creò il suo "marchio di fabbrica": l'immagine stilizzata del suo viso, visto di profilo, e ghignante, che sempre andava ad ornare i suoi annunci e le sue lettere. Rimase meravigliata da quel gioco di luci, ponderando sul come fosse possibile una cosa del genere.
Dopo circa trenta secondi, si guardò attorno: il pubblico stava ancora esultando per il magnifico show, suo padre lo stava insultando, con ogni probabilità, anche in aramaico, e i suoi poliziotti osservavano ancora l'area, frastornati. Notò anche che il fratellino della sua nuova amica, Conan, non era più presente in sala. Conoscendolo come l'Anti-Kid, Aoko suppose che, magari, stava saettando con l'abilità che solo un ragazzino potrebbe avere, provando a catturare il suo rivale. Volse la testa verso le altre tre ragazze: le due biondine tripudiavano, lanciando urletti; la mora, invece, cercava di calmare la sua migliore amica con un riso comprensivo stampato sul viso.
Avanzò verso il padre, il quale stava dando ordini ai suoi agenti per trovare una qualsiasi prova per smascherare il ladro e il suo trucco.
"Cosa avrei dovuto imparare?" chiese all'ispettore, sarcastica. "Non so fare trucchi di magia, non ci riuscirò mai!" Tutta quell'euforia e baldanza che prima albergava il suo corpo e il suo animo era completamente svanita. Si sentiva un nulla posta accanto a quel prodigioso ladro, che altro non faceva che regalare eccezionali esecuzioni ai suoi ammiratori. Cosa poteva fare, viceversa, lei, per impressionare i suoi, di fan? Pensava di non avere alcuna dote! Non era nemmeno sicura di non farsi mettere dietro le sbarre alla sua prima rapina. Come poteva fare spettacoli paragonabili a quelli del mago al chiaro di Luna?
Ginzo si avvicinò al suo orecchio, criptando il labiale delle sue parole con una mano. "Ne riparliamo a casa" sussurrò, convinto. "Ho già in mente una cosa." Si allontanò nuovamente, parlottando con il signor Suzuki.
La piccola viaggiatrice sbuffò, confusa, tornando dalle sue amiche che, nel frattempo, chiacchieravano contente. 



 

La sala era illuminata da una luce calda e soffusa, che si andava a posare sul viso gremito di rughe e prostrato dal tempo dell'uomo accomodato su una pregiata e raffinata poltrona.
L'uomo dinanzi a lui, visibilmente più giovane, si calò in un piccolo inchino. Rialzatosi, porse una busta al più anziano.
"Qui vi sono le novità, signore."
Il suddetto rise piano. "La metà di queste me le hanno consegnate ieri." La sua voce era profonda, penetrante, ma - per via della vecchiaia - era piuttosto gracchiante. Tese - a sua volta - degli oggetti: due buste sigillate. "Questa è per gli inconcludenti." Indicò l'involucro con un bollo rosso scarlatto. "Quest'altra è per loro." Gli offrì - stavolta - quello con un suggello verde petrolio. "Voglio altre novità su di lei" ordinò, con voce aspra e severa.
Il più giovane annuì solennemente, facendo una nuova riverenza, asserendo: "Certo, signore".



Ehi, ehi! Ci ho messo poco anche stavolta, sebbene il capitolo sia un po' cortino.
Allora, abbiamo questo fantomatico furto del gelataio (<3), con l'indovinello (c'ho messo UN'ORA a ricordare cosa avevo letto su una rivista dal dentista e a partorire quelle maledette frasi), e... *rullo di tamburi* CONAN!! Come poteva perdersi un furto del ladro più amato del Giappone (e non solo)? Comunque, per chi è interessato, spiego meglio l'indovinello: la prima parte l'ha spiegata per bene Shin-chan, ma la parte dell'orario è un tantino più complessa (seppure lui dica il contrario, ma va be'). E' il decimo numero (dato che manca il dieci) e rappresenta l'intelligenza, la perspicacia, ma - naturalmente - non il numero dieci. L'elemento di questo numero è l'aria, e si dice che questa persona possa spazzare via l'ignoranza. Come segno zodiacale è l'Acquario, e rappresenta la maggiore vibrazione del due, anche se raramente tende a comportarsi come il numero stesso, per questo "precaria". Il pianeta è Urano, e l'undici è un numero Maestro, e viene rappresentato come, sì, una persona intelligente, ma anche come sognatore. Invece, la T, nell'oroscopo numerologico, rappresenta il due, mentre la U il tre. Ok, mi starete prendendo per pazza.
E poi abbiamo la scena misteriosa! Chi sarà mai? :P
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e, come sempre, vi invito a lasciare una recensione! xD

Baci
Shizuha

 

  
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