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Autore: nikita82roma    30/07/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Era stata una giornata lunga. Più lunga di quanto pensasse, forse perché quello, a Castle, sembrava un giorno cominciato almeno 48 ore prima, forse perché le giornate senza di lei duravano di più e in pratica quella non era la prima che erano distanti, non in senso strettamente fisico.
Aveva aspettato fino all’ultimo secondo che lei uscisse da quella camera, perché sapeva che era sveglia, era troppo rigida per dormire ed aveva sentito il suo sguardo addosso mentre si vestiva e Dio quanto amava sentirlo. Però aveva fatto finta di niente, come lui del resto. Così era partito, senza il conforto di un abbraccio, senza catturare ancora il sapore delle sue labbra, il ricordo di un sorriso. Era partito senza il bagaglio più importante, i momenti di lei.
Aveva incontrato Andrew e Price in aeroporto, lo aspettavano direttamente alla lounge del T2 al JFK, declinò l’invito a bere un drink prima di partire. Erano le nove di mattina e di certo non avrebbe cominciato a bere a quell’ora!
- Andiamo Castle! Sei tu il festeggiato in questi giorni e sembra che ti portiamo ad un funerale! - Price gli diede una pacca sulla spalla in un atteggiamento così inusuale per come lo aveva sempre conosciuto in ufficio. Lui rispose solo con un mezzo sorriso poco convincente
Andrew prima di imbarcarsi lo prese da parte
- Problemi Rick? O solo malumore per l’alzataccia?
- Problemi. - rispose lui evasivo.
- Non puoi però presentarti così… - Castle lo interruppe subito.
- Andrew so come fare il mio lavoro. Con tutto il rispetto ho fatto incontri con stati d’animo che tu nemmeno immagini, con mia figlia piccola malata, con la mia prima moglie che mi aveva tradito e lasciato solo con una bambina… Non mi dire quello che devo fare, lasciami essere incazzato adesso, poi oggi pomeriggio per i media ti regalerò i miei migliori sorrisi e tutta la mia gioia di incontrare sconosciuti e scrivere dediche vuote. 
Andò a sedersi su una poltrona aspettando il loro imbarco. Si rese conto che era stato ingiusto. Gli era sempre piaciuto incontrare i fan e i sorrisi che gli regalava erano sinceri, così come le dediche che scriveva. Da quando poi Kate gli aveva confidato quanto erano stati importanti i suoi libri dopo la morte della madre, aveva preso ancora più seriamente quella parte del suo lavoro, convinto che un sorriso ed un autografo, un momento in cui due sguardi si incontrano, per qualcuno può fare veramente la differenza ed aiutarlo a trovare la sua piccola porzione di felicità.

Il volo sarebbe stato breve, poco più di un’ora. Mise la borsa con il computer nella cappelliera, diede la giacca alla hostess e si tenne solo a portata di mano un taccuino e la penna. Da tempo non usava un taccuino, era uno di quelli che teneva i primi tempi quando seguiva Kate per “prendere appunti” ma ben presto smise di seguirla per quello ed anche di usare il taccuino.
- Sempre al lavoro scrittore? - gli chiese Andrew seduto vicino a lui, mentre Price si trovava nella fila davanti.
- No sto provando a buttare giù due righe per il discorso di domani.
- Beh non dovrei dirtelo però… preparane due di discorsi. - Castle si lo guardò interdetto. - il Grand Master Award lo consegneranno a te e al tuo amico Connelly. 
- Sul serio? - Chiese Rick con finalmente un lampo di vita nello sguardo.
- Sì scrittore. Gran bel colpo vero?
- Wow! - Castle riuscì a dire solo quello, era visibilmente sorpreso e compiaciuto. Quel premio lo avevano assegnato a mostri sacri. La prima, in assoluto a riceverlo fu Aghata Christie e tutti i migliori fino a Ken Follett o Stephen King lo avevano ricevuto. Era un onore immenso per lui.

Il volo trascorse tranquillo, ma non riuscì più a scrivere una parola, quella notizia lo aveva realmente rallegrato tanto, più di quanto si immaginasse. L’unica cosa che gli dispiaceva era che la sua famiglia non fosse lì, con lui, per condividere la sua gioia. Kate. Soprattutto Kate. Era merito suo, anche se non lo sapeva, e non perché alla fine, anche se per le insistenze del sindaco, gli aveva permesso di seguirla ed ispirarlo. No, per tutto il resto. Quando per lui seguirla non sarebbe stato più necessario per scrivere e lei lo sapeva, ma glielo permetteva comunque e non solo nel lavoro, ma nella vita, per questo era merito suo.
Appena arrivato in hotel, Castle andò nella sua suite e come prima cosa mandò un messaggio a Kate. Avrebbe voluto chiamarla, ma non sapeva cosa dirle e, a dire il vero, non sapeva nemmeno se lei avrebbe voluto parlargli.
Il messaggio che le aveva mandato risultò freddo e quando lo rilesse se ne rese conto e gli dispiacque. Non voleva essere così formale, ma la scarna risposta di lei lo fece tremare. Quelle due lettere erano poco più di una notifica di lettura, se le fece bastare, non poteva fare altrimenti. Non era vero, e lo sapeva. Poteva chiamarla, poteva anche solo mandarle un altro messaggio per chiederle come stava: non lo fece e non solo perché stava ancora pensando a cosa fare quando Andrew bussò alla sua stanza, ma perché, forse per la prima volta, si sentiva inibito e si chiedeva se quell’insicurezza di fondo dipendesse solo da lei o anche da se stesso.
Il suo agente lo condusse nella SPA dell’hotel. Un massaggio rilassante era quello che gli ci voleva, secondo lui, ma in realtà Castle non si rilassò affatto, semplicemente perché non riusciva a riconoscere in quei tocchi sulla sua pelle gli unici che voleva sentire. Non erano quelle le mani che voleva che lo accarezzassero, che gli sfiorassero spalle e collo, che percorressero la sua schiena. Era un pensiero stupido, lo sapeva, non doveva paragonare le due cose, ma non poteva farne a meno. Tutto gli portava alla mente lei e quei 40 minuti che sembravano non finire mai, furono un’agonia ed Andrew se ne accorse quando si rincontrarono nella jacuzzi: aveva il volto ancora più contratto, segnato da una smorfia di dolore. Non aveva voglia di parlarne e lui non gli chiese nulla.
- Mi hanno detto che alla libreria sono già arrivate le tue prime fan - il suo agente provò a portare il discorso su qualcosa che potesse fare bene al suo ego.
- Sul serio? Ma sarò lì non prima di due ore!
- Beh vorranno essere sicure di rientrare tra quelle che potranno farsi autografare il loro libro. Ricordati, firmerai solo le copie di Driving Heat!
- Sì, sì ho capito. - Non gli piaceva quella cosa, lui avrebbe firmato anche un pezzo di carta per far contento qualcuno, ma capiva la logica del marketing, della Black Pawn e della libreria che lo ospitava. 
- Ah Richard, poi per stasera dopo la libreria ho organizzato una cena con Price, così possiamo discutere di alcune cose riguardo i tuoi libri futuri e dopocena abbiamo appuntamento per un drink con il direttore marketing dell’hotel, siamo loro ospiti, lo sai no?
- Certo, certo, ok.
Andrew sapeva che Castle in quel periodo voleva essere lasciato il più possibile libero, così aveva deciso di approfittare di quelle giornate per riempire la sua agenda usando ogni minuto a disposizione.
Rick uscì dalla SPA in accappatoio, andò nell’adiacente salone di bellezza per farsi sistemare i capelli e poi in camera a cambiarsi. Decise di optare per un abbigliamento informale, jeans, camicia bianca e giacca nera, il massimo della semplicità, ma stava bene e il bianco faceva risaltare la sua abbronzatura di fine estate. Aveva lasciato volutamente la barba un po' più lunga, di un paio di giorni, e i capelli non troppo ordinati. Prese un paio di penne che doveva usare per contratto e le mise nel taschino interno, indossò gli occhiali da sole più per nascondere le occhiaie che erano ancora ben marcate sul volto che per un vezzo, il suo sorriso di circostanza ed uscì dalla stanza.

Arrivato alla libreria insieme ad Andrew vide subito la fila di persone ad attenderlo. Salutò con la mano la folla mentre il suo agente lo conduceva in un’altra sala. Rick si affacciò dentro e vide che c’erano una decina di ragazzi e ragazze, tutti seduti con il suo libro in mano, una tshirt che riproduceva la copertina di Driving Heat ed un badge al collo.
- Chi sono? - Chiese all’agente
- Il tuo fan club.
- Ok, perché sono lì?
- Perché sono i sorteggiati di quest’oggi! È il massimo per ora che sono riuscito ad organizzare in così poco tempo, ma dobbiamo rivedere tutta la gestione del tuo sito e del tuo fan club. I fan sono merchandising, il merchandising è soldi. Dobbiamo sfruttare meglio questa potenzialità, essere più social, capisci no?
- Basta che di tutto questo te ne occupi tu!
- Ehy Castle! Recupera un po’ di brio se no il mio lavoro è inutile!
- Non ti preoccupare Andrew, ora entro in scena, sono sempre il figlio di Martha Rodgers!
Così Castle sollevò gli occhiali da sole sulla testa, sfoggiò il suo sorriso più ammaliante ed entrò nella stanza dai ragazzi emozionati di poter passare qualche minuto con il loro scrittore preferito in tranquillità. Rispose alle loro domande con molta gentilezza e loro furono altrettanto gentili, interessati ai suoi progetti futuri o chiedendogli spiegazioni su alcuni passaggi del libro. Gli piacevano quei lettori così attenti. Autografò il loro libri e le cartoline promozionali del libro, si prestò per le foto ed infine li salutò tutti uno ad uno.
Finito con loro andò nella sala principale dove gli altri erano già in fila e cominciò il suo pomeriggio. Salutò e sorrise a tutti, firmò ogni copia del libro che gli veniva messa davanti chiedendo il nome della persona a cui doveva dedicarlo, qualcuno lo colpì particolarmente e si lanciò a scrivere qualche riga in più, secondo quella che era l’ispirazione del momento, immaginandosi una storia dietro quel volto. Si prestò a scattare dei selfie con qualche fan più audace che lo abbracciò e lo baciò, sulla guancia, ovviamente, ebbe modo di scherzare con qualche bambino che era rimasto in fila trascinato da qualche sciagurato genitore o fratello più grande. Fu gentile, con tutti e solare più di quanto si aspettava di essere. Alla fine quel pomeriggio fece bene al suo spirito, fu contento di vedere gente felice perché aveva potuto condividere un momento con lui e questo gli ricordò, in fondo, che era un uomo fortunato, nonostante tutto, anche se avrebbe fatto volentieri a meno di un po’ di quella fama per una vita più tranquilla e più normale. Ma la sua vita era quella e spettava a lui far combaciare tutti gli ingranaggi e i pezzi di quel puzzle confuso.
L’ultimo in fila era un uomo che avrà avuto più o meno la sua età, visibilmente imbarazzato quando aprendo il libro per fare la dedica Castle gli chiese quale fosse il suo nome. 
- Susan - disse l’uomo - è per mia moglie, sa, è una sua fan…
Rick gli rivolse un sorriso e scrisse una lunga dedica che riempì quasi tutto il frontespizio, dove le diceva che doveva sicuramente essere una donna speciale per avere un marito che faceva una fila così lunga per regalarle un suo autografo.
L’uomo lesse la dedica mentre lui scriveva, sorridendo soddisfatto e contento, salutò Castle con una vigorosa stretta di mano ed un grazie sentito.
- Hai fatto felice una coppia oggi! - Gli disse Andrew mentre Rick si alzava e dalla sedia sgranchendosi le ossa rimaste troppo tempo nella stessa posizione. 
- Almeno qualche coppia felice al mondo c’è… - Tutta la sua malinconia gli ripiombò addosso come un elastico tenuto teso per tutto il pomeriggio che veniva rilasciato e ora faceva anche più male.
- Andiamo dai, se no facciamo tardi per la cena con Price.

Quando uscirono dalla libreria c’era ancora un gruppetto di ragazzi che aspettava Rick per scattare un’altra foto insieme e salutarlo. Non si tirò indietro nemmeno questa volta, nonostante Andrew andasse di fretta. Poi il suo sguardo fu attirato da una ragazza, appoggiata al muro fuori dall’entrata dalla parte opposta del gruppo che aveva appena salutato. Aveva una copia del suo libro stretta al petto, ma non sembrava particolarmente felice. Aveva alzato lo sguardo quando era uscito e sembrava per andargli incontro, poi appena vide il suo agente incalzarlo ad andare si era subito ritratta timidamente e accartocciata su se stessa contro il muro, con le braccia incrociate sul petto a custodire il libro e la testa bassa.
- Aspetta Andrew… aspetta… - Castle si smarcò dal suo agente e andò dalla ragazza. Non sapeva perché, ma doveva capire cos’era quella tristezza che aveva visto in fondo al suo sguardo.
- Ehy ciao! Ti devo aver fatto una dedica orribile! - Le disse Rick con voce gentile. Lei alzò lo sguardo verso di lui. Era esile e minuta, con i capelli biondo cenere e gli occhi azzurri, di un azzurro triste, quasi spento, che brillò un po’ nel sentire la sua voce.
- Io veramente non ho fatto in tempo… - Disse lei sottovoce
- Ah, e dov’è il problema? - Rick prese la penna dalla tasca della sua giacca e si fece dare il libro sotto lo sguardo inferocito di Andrew - Come ti chiami? 
- Kelly… 
- Ok… Come mai così triste? Solo per un autografo?
- Rick? Andiamo? - L’agente si stava spazientendo
- Ti raggiungo dopo con un taxi. - lo liquidò velocemente Castle mentre pensava a cosa scrivere di bello per far migliorare l’umore di quella ragazzina. Lei lo aveva incuriosito, gli capitava spesso che delle persone attirassero la sua curiosità e immaginasse le loro storie e stava pensando a quale poteva essere la sua. Aprì il libro e sembrava molto letto, più vissuto di quanto dovesse essere, era uscito da meno di un anno in fondo. Quindi o lo aveva prestato a molti amici oppure lo aveva letto molto. Da come lo teneva pensò che era difficile che lo avesse prestato a qualcuno, sembrava un oggetto importante, sicuramente più del libro in se per se. Andrew nel frattempo se n’era andato borbottando qualcosa, doveva ancora imparare a fare i conti con questo lato di Richard Castle che invece che firmare il libro lo chiuse e lo diede alla ragazza senza scrivere alcunché. 
- Kelly, ti va un caffè? Facciamo due chiacchiere, mi racconti perché questo libro è così importante e perché sei triste, e poi così saprò esattamente cosa scriverti.
- Cosa ma…
- Ehy non vorrei dare un’impressione sbagliata, non ho altre intenzioni, giuro! 
-No io non pensavo questo… è che lei è una persona importante ed io…
- Tu sei una persona con una storia e a me le storie piacciono. Allora, che ne dici? 

Al di là della strada c’era una caffetteria, Castle entrò suscitando un po' di stupore, a New York era molto più semplice passare inosservati. Sorrise ai camerieri, ordinò due tazze di caffè e raggiunse Kelly al tavolo. Lei teneva sempre quel libro vicino a se. Rick zuccherò il suo caffè, aspettò che lei fece lo stesso, poi alzò la tazza mimando un brindisi, bevve un sorso e si appoggiò sul tavolo.
- Allora Kelly, qual è la tua storia? - Le chiese curioso e desideroso di tuffarsi nella vita di qualcun altro
- Oggi è il primo anniversario della morte di mio fratello. - cominciò la ragazza con la voce spezzata - Lo scorso anno quando il libro è uscito, mi chiamarono dalla libreria dicendomi che Eric poteva venire a ritirare la sua copia. Era un suo grande fan, aveva tutti i suoi libri. Sono andata io a prenderlo e poi andavo tutti i pomeriggi a leggerglielo al cimitero. Così lo sentivo più vicino e poi finito questo gli rileggevo gli altri e leggendoli mi sono appassionata anche io ai suoi libri. Mi ha aiutato. Nel dolore quello era un momento bello da passare ancora con lui e condividere qualcosa che prima non avevano mai fatto.
Castle faticò a trattenere la commozione. Prese il libro dal tavolo lo aprì e scrisse una frase di getto. Poi lo richiuse. E lo diede alla ragazza. Le asciugò una lacrima che le rigava il viso con una dolce carezza. Non poté evitare di pensare a Kate, se anche lei era così a 20 anni, lacerata dal suo dolore con uno dei suoi libri.
- Ad una persona a me molto, molto cara è successo qualcosa di molto simile senza che io lo sapessi, per anni. Anche lei soffriva per una perdita estremamente importante e anche lei mi ha detto che i miei libri l’hanno aiutata. Questo è il regalo più bello per chi fa il mio lavoro. Vale più di ogni premio e di ogni riconoscimento. Ed io ti ringrazio per avermi aspettato fuori.
Chiacchierarono per qualche altro minuto, le chiese quale era il libro preferito di suo fratello e lei gli disse che adorava tutti quelli di Heat perchè secondo lei si era innamorato della detective, non solo di quella immaginaria ma di quella vera a cui lui si era ispirato. La cosa lo fece sorridere, evidentemente la ragazza era interessata solo ai suoi libri e non al gossip su di lui.
- È molto facile innamorarsi di lei. - le rispose Castle
La salutò poi affettuosamente ed uscì dalla caffetteria fermando un taxi, mentre Kelly dalla vetrata lo guardava andare via e curiosa aprì il libro per leggere cosa le avesse scritto.

A Kelly
Una persona speciale un giorno mi disse che anche nei giorni più tristi c’è sempre spazio per un po' di gioia. Spero che i miei libri per te lo siano sempre. 
Rick

Arrivò in hotel e Andrew aveva lasciato detto alla reception di raggiungerlo immediatamente al ristorante. Lui e Price stavano già cenando ed avevano ordinato anche per lui.
- Rick, ma che ti è preso? 
- Ero alla ricerca di una storia. Se non sei curioso e non ti interessi alla gente e alle storie che nascondono, non potrai mai scrivere niente di interessante.
- Una buona scusa per dire che sei curioso! - intervenne Price
- Ok Rick ma abbiamo degli appuntamenti!
- Ehy Andrew, tu puoi curare la mia immagine come vuoi, ma se i miei libri non hanno contenuti è inutile ed io i contenuti li trovo così, curiosando nelle vite delle persone. Tu fai il tuo lavoro io il mio, semplice no? - Non voleva più essere il burattino di Paula ma non lo sarebbe diventato nemmeno di Andrew. Quei giorni sarebbero stati utili per conoscersi e capire meglio i rispettivi modi di lavorare. 
Mangiarono velocemente parlando di quello che sarebbero stati i suoi progetti futuri e quel nuovo libro in cantiere che Andrew definì una gran mossa pubblicitaria e poi andarono nel club dell’hotel dove avevano appuntamento con il direttore marketing che era un suo fan e quello che doveva essere solo un drink si trasformò in una conversazione infinita nella quale Andrew riuscì anche a strappare la promessa di una futura collaborazione con la catena alberghiera.

Rientrò in camera con qualche drink di troppo in corpo e tanto sonno sugli occhi. Voleva solo dormire. Mentre si stava spogliando per mettersi a letto il bip del cellulare attirò la sua attenzione. Era Kate. Era un messaggio di 2 ore prima “Va tutto bene? Ci manchi”. Nel club non doveva esserci campo e lui non aveva pensato nè di chiamarla nè di mandarle un messaggio. Si maledì mentalmente ma non solo e non gli veniva in mente nessuna frase che potesse giustificare il suo comportamento. Sentiva il mix di drink e stanchezza essere letale per le sue capacità di scrittura, ma si sforzò. Sperò che la mattina dopo, quando lo avrebbe letto, non fosse troppo arrabbiata per la risposta che non era arrivata quando sarebbe dovuta arrivare.
Mi manchi Kate. Mi manca tutto di te. Sempre.

Aprì la valigia cercando la maglietta che aveva preso per dormire, la spiegò distrattamente ma mentre la stava indossando fermò il suo respiro. Non era la sua maglietta, cioè, non era quella che aveva messo lui nella valigia. Era la maglia con la quale aveva dormito Kate la notte precedente.
Riprese a respirare, inspirando a fondo il tessuto e se la tolse prima di averla completamente indossata, non voleva che il suo profumo sparisse da quella maglia che sapeva di lei.
Lei aveva fatto un passo verso di lui, senza dirgli nulla, lasciando che lo scoprisse da solo. Avrebbe voluto uscire, prendere il primo aereo e andare da lei, abbracciarla e respirare il suo profumo direttamente dalla fonte, dalla sua pelle. Dormì a torso nudo, come piaceva a lei, perché così poteva sentire la sua pelle quando si appoggiava sul suo torace. Le era sempre piaciuto, ma lui lo faceva troppo di rado per i suoi gusti. Prese la maglia e la strinse forte, mettendola alla sua destra nel letto, vicino al cuscino per poterla respirare, immaginando che lei fosse lì. Immaginandolo solamente.

   
 
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