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Autore: Niam_my_life    31/07/2016    1 recensioni
E se Don e Charlie non fossero fratelli di sangue?
Se Charlie fosse stato adottato?
Un'incredibile passione stravolge i due fratelli, una passione che Don, però, non riesce a controllare, rischiando di rovinare ogni cosa.
Questa storia si ispira alla canzone 'I'd come for you' dei Nickelback
I personaggi sono tratti da NUMB3RS, la mia serie tv preferita.
Per chi non la conosce troverà una spiegazione di quello che succede all'interno di questa serie nell' angolo autrice
|| Don/Charlie con accenni Don/Liz||
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Con un gesto veloce della mano scaraventò tutto per terra. Fogli, fascicoli, fotografie, libri. Ogni cosa 
Fece un gran baccano, ma poco gli importava in quel momento.
Si accasciò sulla sedia davanti alla finestra che dava sul cortile dell'università e guardava le auto correre sotto la pioggia.
Si sentiva tanto come la pioggia in quel momento, era triste ma, allo stesso tempo, era anche arrabbiato. Come una tempesta.
Strinse forte i denti mentre delle lacrime scorrevano lente lungo la sua guancia.
Chiuse gli occhi. Come aveva potuto immaginare anche per un solo istante che Don provasse qualcosa per lui?
Non gli serviva un 'ti amo', gli sarebbe bastato anche un solo 'mi piaci' o 'mi interessi'. 
Ma, dopotutto, sapeva come era fatto suo fratello. 
Non lasciava trasparire emozioni o, almeno, provava a non mostrare sentimenti. Era fatto così, si era costruito una corazza negli anni troppo forte per essere distrutta.
Eppure ci aveva sperato, eccome se ci aveva sperato.
Abbassò lo sguardo e vide una loro foto sul pavimento. La raccolse e se la abbracciò, facendo finta che fosse lui anche per un solo secondo.
La cosa che non sapeva era che, Don, in quel momento, era disteso sul letto, guardando fuori dalla finestra proprio come lui mentre teneva tra le mani quel piccolo orsacchiotto azzurro del fratello, dimenticato nel garage da anni, cercando disperatamente di sentire il suo profumo.
Charlie continuò a guardare la pioggia scendere, picchiare sul vetro del suo studio per tutta la notte, fino ad addormentarsi.

"Charlie? Charlie sei sveglio?" 
Mugolò alzando la testa dalla sua scrivania. Si guardò attorno e gli ci volle un po' per capire che non era a casa sua, ma nel suo studio all'università. Gli venne in mente ciò che era accaduto il giorno prima, dopo aver parlato con Don era scappato di corsa nella scuola e ci era rimasto tutta la notte.
Si stiracchiò e girò il viso notando Amita, di fianco a lui, con una mano sulla sua spalla e dei libri nell'altra.
"Ma hai dormito qui?"
Il matematico annuì e si passò le mani sulla faccia. Doveva come minimo avere due occhiaie enormi.
"Si..io ho litigato con..non è importante, come mai qui a quest'ora?"
"Beh veramente sono le dieci..sai Charlie, le lezioni sono iniziate da due ore" la ragazza si fece scappare una piccola risata, mentre Charlie sbattè nuovamente con la testa sulla scrivania.
"Sono un disastro" mormorò con la testa sommersa tra i ricci.
"Si può sapere che succede?" Amita incaricò le sopracciglia e si mise una mano sul fianco, aspettando che Charlie le spiegasse il motivo di quel suo malumore.
Lo conosceva da tanti anni, sapeva quando c'era qualcosa che non andava.
"Non importa davvero..Amita grazie ma sto bene, sono solo un po' stanco"
La ragazza decise di non forzarlo troppo.
"Va bene ma se hai bisogno di qualsiasi cosa sai dove trovarmi" si avvicinò alla porta e, prima di uscire, si girò verso di lui e disse
"Ah e volevo ringraziarti per avermi consolata ieri..sai ero molto affezionata al mio pappagallino e non riuscivo a credere fosse morto"
Il professore alzò lo sguardo verso di lei accennando un debole sorriso "oh ma figurati, è stato un piacere" 
Non appena Amita se ne fu andata, Charlie si alzò, si sistemò un po' il vestito e prese alcuni libri, pronto per andare nella sua classe.

"Ed è questo che la teoria dei giochi ci insegna" la campanella suonò e i ragazzi si alzarono dai loro banchi.
Charlie scarabocchiò qualcosa alla lavagna poco prima di urlare
"Prossimo venerdì lavoreremo sulla teoria del caos ragazzi!" Ma ormai erano tutti usciti e dubitò del fatto che qualcuno potesse averlo sentito.
Sbuffò, appoggiandosi allo schienale della sedia e sentì qualcuno bussare alla porta
"Posso entrare? Non disturbo?"
Charlie girò il viso e trovò quello sorridente di Megan Reeves, agente collega di suo fratello, ormai diventata sua amica a forza di collaborare.
"Ehi Meg, entra pure" le sorrise, o almeno si sforzò di farlo.
"Come mai qui?"
"Beh ecco ci servirebbe il tuo aiuto per un caso" Megan iniziò a camminare per la stanza, guardando tutti i disegni geometrici appesi nell'aula, mentre teneva le mani nelle tasche dei jeans.
Charlie si morse il labbro e si passò una mano sul mento, sfregandosi quella poca barba che aveva. Aiutarli con un caso avrebbe significato rivedere suo fratello e non sapeva se sarebbe riuscito a sopportarlo.
"Uh..riguardo a..a cosa?" Provò a rimanere concentrato, e cercò di risultare il più calmo possibile davanti a Megan, anche se ci riuscì ben poco.
"Ci sono state numerose rapine, precisamente in 16 banche di Los Angeles, ci aiuterebbe molto se ti riuscissi a scoprire dove colpiranno la prossima volta" l'agente si girò con un sorriso, che svanì lentamente non appena vide il professore torturarsi le mani agitato.
"Tutto okay?"
"Come? Oh si certo, tutto okay" fece un sorriso, forse un po' troppo tirato, e fu certo che Megan se ne accorse
"Non me la racconti giusta, ma farò finta di crederti" e Charlie la ringraziò mentalmente per non avergli fatto altre domande o non avrebbe saputo come uscire dalla situazione dato che la donna di fronte a lui aveva studiato psicologia.
"Allora ci aiuterai?" 
"Oh si, si certo" 
Megan gli sorrise e se ne andò fuori dalla porta dicendo 
"Tanto prima o poi lo scopro che cosa ti passa per la testa"
E il professore si fece sfuggire una risata, Megan, dopotutto, era sempre stata brava a tirare sù il morale alle persone.

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"Quindi, analizzando i dati che abbiamo e applicando questa teoria, riusciremo a capire dove colpiranno la prossima volta"
Si allungò sulle punte, in modo da poter scrivere gli ultimi procedimenti dei suoi calcoli sulla lavagna di quello studio dell'FBI.
"La banca statale di Los Angeles"
Charlie si girò e, per la prima volta, incrociò lo sguardo di suo fratello.
"Già.." abbassò il viso e posò il pennarello. Aveva cercato di non guardarlo dal momento in cui era entrato in quella stanza troppo conosciuta. Eppure in quel momento aveva bisogno di un contatto qualsiasi con lui. 
"Potremmo appostarci lì e aspettare che arrivino, in questo modo saranno accerchiati" suggerì David
"Bisogna tenere conto del fatto che ci potrebbero essere altri uomini fuori dall'edificio, non escludo la possibilità che almeno tre o quattro uomini armati potrebbero essere nascosti nel caso in cui la rapina abbia dei problemi" 
"Charlie ha ragione, dobbiamo essere ben organizzati" Don si alzò in piedi e andò vicino alla lavagna, Charlie riuscì a sentire il suo profumo "Colby, tu verrai con me, mentre David e Megan entreranno nell'edificio per prendere i due uomini, io e te faremo di guardia fuori, pronti a fare fuoco nel caso qualcuno cerchi di fare irruzione" si avvicinò ancora di pochi centimetri al fratello più piccolo, aveva bisogno di un contatto con cui, anche a costo di farlo sembrare accidentale.
"Secondo le loro tempistiche il colpo dovrebbe avvenire domani, quindi mi raccomando, ben preparati, detto questo potete tornare alle vostre scrivanie" gli agenti obbedirono e tornarono ai loro posti, mentre Don sospirò e si girò verso suo fratello.
"Grazie per..averci aiutato" e, prima che se ne andasse, Charlie gli afferrò un braccio. Don sentì un brivido lungo tutta la schiena.
"Don, stai attento" il fratello maggiore fece un piccolo sorriso verso di lui, per poi allontanarsi, lasciandolo solo, ancora una volta.

____________________________________

Il cuore si batteva forte. Amava il suo lavoro, forse tanto quanto amava il baseball, sapeva i rischi che correva, ma, in fin dei conti, qualcuno doveva farlo quel lavoro. Perché non lui?
Era in auto, aveva ricaricato la pistola e si era equipaggiato di tutto l'occorrente. Ora dovevano solo aspettare.
Sapeva che Charlie aveva fatto un buon lavoro, quindi non osò dubitare un secondo di quello che aveva detto suo fratello e aveva fatto preparare il suo team come meglio poteva.
"David, ci sono novità?" Parlò attraverso il microfono
"Ho avvistato due uomini, stanno entrando nella banca, uno dei due ha una pistola"
"Corrispondono ai due sospettati?" 
"Non li vedo bene in faccia, portano un cappello, e degli occhiali da sole, ma riesco a vedere la cicatrice sul collo di uno dei due"
"Bene, preparatevi ad agire"
Fece un respiro profondo e spostò lo sguardo sul sedile fianco a lui.
Gli venne in mente l'immagine del fratello addormentato, con il viso appoggiato al vetro del finestrino. Sorrise al pensiero. Di solito quando Charlie li aiutava voleva essere presente e attivo come loro, ma, non essendo abituato ai loro ritmi, spesso finiva col addormentarsi e Don lo caricava in macchina e lo portava a casa sua.
Sentì uno sparo provenire da fuori, il quale lo fece svegliare dallo stato di trance in cui era, e si fiondò fuori dal veicolo, correndo verso i rapinatori. 
David e Megan erano riusciti a prenderne uno, provocando un inferno di proiettili attorno a loro.
Anche Colby stava correndo fuori dall'auto e, nascondendosi dietro a una colonna, guardava verso Don pronto ad agire al suo segnale.
"Colby, ora io mi espongo e sparo, tu coprimi" l'agente annuì ed iniziò a fare fuoco, mentre Don si avvicinava sempre di più ai tre uomini.
Charlie aveva avuto ragione, anche quella volta. Infatti tre uomini armati erano apparsi non appena avevano visto i colleghi in difficoltà, iniziando a far fuoco su chiunque, compresi i civili.
Don si appostò dietro a una bancarella e prese un respiro profondo poco prima di iniziare a fare fuoco.
Vide uno degli uomini cadere segno che lo aveva colpito.
Con la stessa tattica precedente si avvicinò ancora di più e riuscì a farne fuori un altro.
"Ah!" Sentì un improvviso bruciore all'avambraccio e si accorse che dovevano averlo colpito.
Del sangue color cremisi iniziò ad uscire e Don portò la testa indietro stringendo i denti, in una smorfia di dolore. 
Bruciava, sentiva la pelle in fiamme come se qualcuno gli avesse dato fuoco.
Non era la prima volta che prendeva una pallottola, ma non era mai un piacere prenderne altre.
Prese un fazzoletto dalla tasca, stringendosi la ferita nel modo più pratico possibile, usando i denti per aiutarsi.
Intanto Megan e David erano riusciti a fare fuoco da dietro e avevano colpito il terzo uomo, ferendolo solamente. 
Uscì allo scoperto, così come fece Colby.
Finalmente erano riusciti a prendere quegli stronzi, tutto grazie all'aiuto di Charlie.
In quel momento si rese effettivamente conto di quando suo fratello minore fosse diventato fondamentale nella sua vita.
"Don sei ferito" David notò il sangue uscire dal braccio del capo, sporcando il fazzoletto e non solo.
"Si, ma sto bene, non è niente davvero" 
"Meglio andare in ospedale" Don annuì e si guardò attorno. Erano morte cinque persone.
Quell'immagine gli strinse il cuore, quella era la parte peggiore del suo lavoro. Vittime innocenti. Sospirò e quasi gli venne da piangere.
Era stato abituato ad essere forte e così avrebbe continuato a fare. Non poteva dimostrarsi debole davanti al suo team, era fuori discussione.
Alzò lo sguardo verso il cielo cercando di far tornare indietro le lacrime, per poi seguire i suoi colleghi.
Era stato spesso considerato freddo e distaccato, molti si stupivano del suo cuore di pietra, e solo pochi sapevano davvero quanto fragile in realtà fosse. 
E il primo a saperlo era Charlie, colui che aveva sempre creduto in lui. Quello che, nonostante fosse piccolo, lo aveva sempre aiutato. E Don gli aveva spezzato il cuore, spezzando a sua volta il proprio.

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"Charlie Don è ferito" "non preoccuparti sta bene" "Don è ferito" "Sta bene"
Quelle parole continuavano a rimbombargli nella testa. Don era ferito. Il suo Don era stato ferito.
Non appena aveva ricevuto la notizia il suo cuore aveva perso un battito. Aveva mollato tutto ed era corso in ospedale.
Continuava a pensare al fatto che stesse bene. Si lui stava bene. Era ferito ma stava bene, perché se gli fosse successo qualcosa o se fosse morto lui..oddio non ci voleva nemmeno pensare.
Aveva voglia di correre da lui, abbracciarlo, dirgli che lo perdonava, ma doveva sentirlo, stringerlo per sapere che stava sul serio bene come Megan gli aveva detto al telefono.
"Dov'è?" Megan si girò di scatto e vide Charlie col respiro affannato, la fronte sudata e due occhi impauriti e spaesati.
"Charlie non serviva che venissi subito, la pallottola gli ha solo sfiorato il braccio, non si è conficcata dentro"
"Megan, voglio sapere dov'è!" Strinse i pugni cercando di rendersi forte, in quel momento voleva so vedere Don.
"Ambulatorio, stanza 157" 
Stanza 157. Stanza 157. Era tutto ciò che si ripeteva mentre correva lungo i corridoi dell'ospedale.
Finalmente arrivò, sorrise, voleva vederlo.
Così aprì la porta ma la scena che si ritrovò davanti non lo aiutò. 
Liz, uno degli agenti che lavorava con Don, era seduta di fianco a lui e lo stava baciando sulla guancia, troppo, terribilmente troppo vicino alle labbra.
Gli occhi gli si appannarono di lacrime. 
Se ne andò, fregandosene di Don che si era alzato ed era uscito dalla stanza per chiamarlo. 
Suo fratello non aveva bisogno di lui, glielo aveva dimostrato la sera prima e continuava a farlo. 
E se Don non aveva bisogno di Charlie, anche Charlie avrebbe imparato a non aver bisogno di Don.

  
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