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Autore: freddymercury    24/04/2009    4 recensioni
Federica attraversa la strada principale del paese, avvolta dal più assoluto silenzio.
Data l’ora e la calura sono in pochi a passeggiare per le strade. In effetti Federica è l’unica impavida ad avventurarsi allo scoccare del mezzogiorno per una via dove trovare anche solo uno spicchio d’ombra si rivela un’impresa degna delle dodici fatiche erculee.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Elisa, che mi ha ricordato che le stavo raccontando una storia

A Elisa, che mi ha ricordato che le stavo raccontando una storia.

E grazie ad Alektos.

 

 

 

Federica attraversa la strada principale del paese, avvolta dal più assoluto silenzio.

Data l’ora e la calura sono in pochi a passeggiare per le strade. In effetti Federica è l’unica impavida ad avventurarsi allo scoccare del mezzogiorno per una via dove trovare anche solo uno spicchio d’ombra si rivela un’impresa degna delle dodici fatiche erculee.

E Federica, provata dal caldo e vittima dell’accidia, non si accinge nemmeno all’impresa.

I suoi occhiali scuri non sono il baluardo contro il sole che sperava di avere e il vestito bianco si è rivelato meno prezioso di quanto si dice debba essere.

Ma a Federica non pesa molto dover soffrire un po’. Ha con sé la sua fida macchina fotografica e cerca lo scorcio giusto per poter immortalare il mare cristallino che illumina da una settimana i suoi occhi. La strada che percorre porta alla distesa che l’incanta e come una calamita l’attrae.

Da quando è arrivata in paese non vuol far altro che recarsi in spiaggia. Non le interessano le feste e le nuove compagnie; l’unica amicizia di cui sente il bisogno l’ha abbandonata durante l’inverno.

Ha smesso di ostinarsi a spiegare perché guardare il mare le fa sentire la vicinanza di Silvia, nonostante tutto. Ha capito che non conosce le parole atte a descrivere quel che prova, il senso di infinito che la pervade e le fa capire che il nulla in cui le sembra perduta la sua amica non esiste. Le hanno insegnato a credere che non si finisce mai di vivere, che la morte è solo l’ennesimo passo in avanti, e solo ora quegli insegnamenti acquistano significato.

Per anni Federica non ha dubitato della veridicità delle parole degli adulti, i quali avevano affrontato più sfide, percorso strade più lunghe, e che per questo riteneva i padroni della verità. Ma, di fronte al dolore che l’ha colta alla morte di Silvia, la verità è diventata mutevole, ha perso il valore dell’unicità.

Federica ha scoperto di avere una sensibilità meno profonda di quanto pensasse: ha pianto poco, e spesso dimentica di pensare all’amica perduta. Si sentiva in colpa per questo, riteneva di dover ricordare Silvia in ogni momento, e invece riusciva a vivere benissimo anche senza di lei.

Le avevano insegnato che quando si perde una persona cara il dolore ti attanaglia senza lasciarti tregua. Non provava quel dolore e si sentiva in difetto.

Un mercoledì mattina trovò nella casella di posta elettronica una e-mail attesa da molto tempo.

Erano mesi che aspettava di sapere come si era classificata in un concorso che l’avrebbe potuta portare a vivere un anno in Nuova Zelanda.

Federica e Silvia condividevano il sogno della fuga. Il loro scopo non era girare il mondo per avere qualcosa da raccontare, ma girare il mondo per trovare il proprio posto. Scherzavano spesso, ricordandosi l’un l’altra che in un mondo tanto grande c’era necessariamente posto anche per loro.

Si era piazzata bene nel concorso e le veniva offerta la possibilità di lavorare per realizzare il proprio sogno.

Prese il telefono e digitò un numero.

La voce che rispose era affannata. Federica la riconobbe all’istante e realizzò il proprio errore: aveva chiamato a casa di Silvia. Presa dall’euforia voleva condividere la bella notizia con chi avrebbe capito tutto il suo entusiasmo. Ma Silvia non c’era più. Quello fu il momento in cui lo realizzò davvero. Riattaccò la cornetta senza parlare. Si dice che ci si accorge di vivere quando si soffre, per il resto si procede per inerzia. Federica era felice, eppure si rendeva conto di essere viva.

Non aveva nessuno con cui condividere la sua gioia, qualcuno che ne capisse le vette, perché conoscesse le profondità che le generavano. Era sola nella sua felicità.

Raccontò del suo successo a chiunque volesse ascoltarla, sperando di trovare conforto alla propria inquietudine. Ne parlava fingendo un entusiasmo che non sentiva. Quando Silvia era in vita la Nuova Zelanda era tanto vicina da vederne gli altipiani, ora non ricordava come si sognava il colore del cielo.

 

L’aria è immobile e l’umidità si attacca alla pelle. Federica si porta una fastidiosa ciocca di capelli dietro l’orecchio ed estrae la macchina fotografica dalla sua custodia. Si è fermata a distanza dalla distesa marina per fare entrare nell’inquadratura tutto ciò che le piace.

La superficie dell’acqua è leggermente increspata e si possono notare diverse sfumature di colore, dal verde chiaro al blu, man mano che si sposta lo sguardo verso l’orizzonte. In spiaggia c’è una sola persona, sdraiata sotto un ombrellone blu, che a Federica piace molto. Il colore intenso che richiama quello del mare in lontananza le sembra perfetto nella sua inquadratura. La sabbia non è bianca come nelle cartoline ma è pulita, e tanto le basta.

Fa qualche scatto e si sposta per cambiare angolazione.

Adesso vuole eliminare l’ombrellone, le interessa solo il mare.

Si muove tra la poca vegetazione che cresce sulla sabbia e nota una lucertola. Superato l’iniziale spavento, le scatta una foto, sempre riuscendo ad inquadrare anche il mare. Tutto ciò che è parte del paesaggio è importante. La bassa marea ha scoperto delle brevi lingue di sabbia su cui l’acqua, colpita dai raggi del sole, assume riflessi cangianti.

Si avvicina al bagnasciuga e immortala anche questo dettaglio.

Percorre un breve tratto camminando all’indietro fotografando le orme che lascia sulla sabbia presto coperte dalle lievi onde.

Una lieve brezza ora percepibile le scompiglia i capelli costringendola a portarli ancora dietro le orecchie. Anche se lo scatto in cui sabbia, acqua e capelli si confondono le piace molto. Ridacchia riguardandolo ed alza lo sguardo.

E’ arrivata davanti all’ombrellone, dove si accorge che il ragazzo che vi era sdraiato all’ombra si è messo seduto e la fissa.

Non sa se apprezzare quell’attenzione o meno, ma, prima che possa decidere, il giovane alza il mento in un atto di saluto e Federica si trova a ricambiare il gesto.

Continuano a fissarsi finché uno dei due non parla.

- Se vuoi ti faccio una foto col mare dietro.

Federica guarda la propria macchina fotografica e poi scuote la testa:

- No, grazie. Non mi interessa essere nelle foto. - gli sorride e torna a girarsi verso il paesaggio.

- Hai sete? - il ragazzo richiama la sua attenzione con una domanda.

Si volta e lo fissa intensamente. Sta aprendo una bottiglia di acqua ghiacciata. Lo raggiunge ed annuisce:

- Sì, grazie.

Il giovane si sposta come per farle posto sull’asciugamano su cui è seduto.

Lei gli si siede accanto ed accetta la bottiglia che le porge. L’acqua è gelata tanto da provocarle un brivido. Un piccolo sorso è più che sufficiente per rinfrescarsi.

Restituisce la bottiglia con un ringraziamento.

- Ma tu ringrazi sempre? - si sente chiedere.

- E’ buona educazione ringraziare - ribatte stizzita, per poi accorgersi del sorriso che le sta rivolgendo.

- Sei del nord? - le chiede ancora.

- Perché? - il contrattacco è un po’ irruento, ma non vuole raccontarsi troppo, tanto meno ad uno sconosciuto.

Lui si stringe nelle spalle e avvicina il proprio braccio al suo:

- Sei bianca.

Federica osserva le due braccia e le spunta un sorriso: anche attraverso le lenti scure la differenza è evidente. La sua pelle è lattea, mentre quella dell’altro è scurissima, palesemente molto abbronzata.

- Ho la pelle delicata, devo stare attenta - gli risponde, continuando a sorridere.

- Sai quante ne ho viste di tipe come te?! - dice lui dopo aver bevuto.

Lei alza la testa di scatto e gli chiede:

- Bianche?

- No. Che fanno foto a tutto per non dimenticare niente

La ragazza non può non scattare e guardarlo in viso. Ha i lineamenti marcati e gli occhi neri, come i capelli ondulati. La sta osservando, senza l’insolenza che si aspettava. Semplicemente con intensità, come se la stesse studiando. Questa è l’impressione che ricava dalla sua espressione. E ne è intimidita. Abbassa lo sguardo verso i propri piedi, accarezzandoli, come per ripulirli dalla sabbia.

- Io non voglio dimenticare nulla - sussurra. Lo ha detto tra sé, in realtà non voleva essere sentita da qualcun altro.

- Giuseppe.

La giovane si blocca e lo guarda con la coda dell’occhio. Poi sorride sincera e gli tende la mano girando tutto il busto verso di lui.

- Facciamo le cose per bene. Federica.

Giuseppe stringe la mano tesa e sorride a sua volta.

- Hai pranzato, Federica? Io no. Ho qui il mio panino. - dice, mentre inizia a rovistare nello zaino.

- No, non ho pranzato. Devo tornare a casa.

Giuseppe annuisce pensieroso, rigirando tra le mani il suo panino avvolto nella carta stagnola.

- Quando?

- Ora, in effetti. Vado. - la ragazza si alza e stira la gonna - Ciao.

- Ciao.

 

La spiaggia è stata trasformata in una pista da ballo con luci intermittenti e grandi casse di diffusione per la musica.

Federica credeva che avrebbe ballato sotto le stelle, come promesso dai poster pubblicitari. Ma fa buon viso a cattivo gioco, lanciandosi all’inseguimento delle sue amiche, le quali sono ormai nella mischia.

Si diverte a prendere in giro i ragazzi presenti ed il loro goffo modo di ballare, ridendone con le altre ragazze.

Le vengono presentate nuove persone di cui già sa non ricorderà il nome.

La musica è ad un volume molto alto e le fornisce un’ottima scusa per non dar retta alle avance di un tipo che le si avvicina insistente.

Un po’ per sfuggirgli, un po’ per trovare dello spazio libero, esce dal gruppo e finisce sul bagnasciuga. Ha tolto i sandali appena arrivata sulla sabbia e li ha infilati nella borsa argentata che porta a tracolla, quindi ha i piedi nudi e l’acqua glieli carezza fino alla caviglia. Non si preoccupa dei jeans e ad ogni passo si addentra sempre di più nel mare.

Trova la sensazione dell’acqua attraverso i vestiti inebriante. Sorride soddisfatta pensando a quando le dicevano che non si fa il bagno vestiti.

L’acqua le arriva alle ginocchia ed un’onda l’investe bagnandole la vita.

Nella borsa custodisce la sua preziosa macchina fotografica, questo pensiero la induce a tornare a riva.

Prende l’oggetto e scatta qualche foto al cielo scuro, puntellato da poche stelle, ed al mare mosso da onde spumose. Volge l’obbiettivo verso la folla cercando le proprie amiche, alle quali sa che farà piacere avere un ricordo visibile della serata. Mentre lo fa, nell’inquadratura finisce il dj. Le sembra di riconoscere qualcuno che ha già incontrato, allora zoomma per vederlo da vicino.

E’ Giuseppe.

Sorride entusiasta e corre alla consolle per salutarlo.

Un paio di ragazze cercano di attirare le sua attenzione e Federica ne ride chiedendosi se anche lei agli altri appare così esilarante mentre cerca di farsi notare da un bel giovane.

Giuseppe indossa una t-shirt celeste, che dona molto alla sua abbronzatura, e un paio di pantaloni neri. E’ scalzo e porta tra i capelli una fascetta elastica che glieli tira indietro. Scambia alcune battute con le ragazze e sorride loro cortese. Lo fa anche con Federica, quando la nota, ma aggiunge anche una  strizzatina dell’occhio.

La ragazza si ritrova a ridere ancora. Gli si avvicina iniziando a ballargli accanto. Gioca con lui come se ci stesse flirtando, lanciandogli occhiate maliziose e sorrisi.

Giuseppe continuando a sorriderle la lascia fare e asseconda i suoi movimenti.

Le altre due si dileguano in fretta.

- Hai i pantaloni bagnati - le urla in un orecchio - Stai bagnando anche me - e ride.

La giovane ride con lui e lo abbraccia stretto.

- Te ne vuoi lamentare? - gli urla di rimando.

- Certo. Non dovrei?

- No che non dovresti! - lei si allontana fingendosi indignata, - Dovresti apprezzare le attenzioni di una bella ragazza del nord!

Lui inarca un sopracciglio per poi guardarla dubbioso:

- Modesta.

- Obbiettiva. - ribatte lei riprendendo a ridere.

Giuseppe torna a dedicarsi al suo lavoro.

- Ehi! Dovresti aggiungere qualcosa del tipo “eh già, sei bellissima”.

- Se te lo dici da sola, che te lo dico a fare io? - le dice senza guardarla.

Federica incrocia le braccia davanti al petto e lo guarda torva, ma sempre nascondendo un sorrisino divertito.

- Vedo che hai gli occhi. - riprende lui.

- Cosa? Tutti hanno gli occhi!

- Ieri non hai tolto gli occhiali ed io non li ho visti.

- Ma che centra? Hai detto una cosa sciocca. - lo pungola.

- Allora… vedo che hai le ciglia folte. - le risponde mentre continua a pigiare i pulsanti della consolle.

- Ma se non mi guardi. -  Si sta divertendo con questo sconosciuto.

Giuseppe si volta completamente verso di lei. Avvicina il proprio viso al suo tanto che le punte dei loro nasi si toccano.

- Preferisci essere guardata così? - le dice sottovoce.

Lei non capisce quello che lui le sta dicendo, ma lo sguardo penetrante che le riserva l’imbarazza tanto da farla allontanare e distogliere il proprio.

Non si diverte più, ora. Lo trova invadente. Cerca velocemente una scusa per allontanarsi però lui è più veloce nel chiederle:

- Cosa fotografi stasera?

Federica si volge di nuovo a guardarlo.

- Le mie amiche, se le trovo, il cielo…

- Il mare - la interrompe.

- Sì, anche.

- Su al nord non avete acqua?

In breve la ragazza si ritrova a rivalutare i nuovi propositi.

- Certo che fai proprio domande stupide tu!

- A cui tu non rispondi. E’ evidente che non sono alla altezza delle tue risposte. - afferma lui con un ghigno.

- Abbiamo l’acqua. - concede con un’alzata di spalle, ma senza guardarlo.

- Però non è salata. - continua lui.

- Non è solo questo. - Federica si indigna sul serio questa volta - E’ che sembra… dà un senso… il mare è ovunque, avvolge tutto, unisce tutto! - balbetta un po’, ma alla fine trova le parole per esprimersi.

Il suo sguardo è rivolto verso la scura distesa d’acqua, perso, come a cercare di vedere cosa ci sia oltre.

- Io faccio domande stupide, ma tu dici cose banali.

L’urlo di Giuseppe sembra perforarle il cervello.

Cose banali? Per lei sono scoperte fondamentali, che le danno un senso di pace, e questo orribile sconosciuto si permette di giudicare il suo modo di pensare.

Rimane immobile per interminabili attimi, poi, senza dire una parola o guardarlo, si allontana.

Cammina lentamente affondando i piedi nella sabbia, non si dirige verso un punto preciso, semplicemente si allontana dal rumore.

La brezza le scompiglia i capelli, le accarezza le braccia facendola rabbrividire. Istintivamente si stringe nelle spalle per resistere alla sensazione che il freddo le stia invadendo l’anima. Si illude che il pizzicore agli angoli degli occhi sia dovuto al vento, così come le lacrime che ormai le rigano le guance inducendola a rabbrividire ancora.

Si siede sulla sabbia rannicchiandosi in modo da chiudere le braccia nude tra l’addome e le cosce, per cercare di trovare sollievo contro il freddo. Poggia la fronte sulle ginocchia e sospira prendendo a piangere senza più remore.

 

- Hai smesso?

La domanda la coglie alla sprovvista, ma ancora di più la stupisce sentire quella voce.

Non alza la testa per affrontare il suo sguardo, consapevole che la luce, seppur poca, tradirebbe le lacrime che ha pianto.

- Cosa vuoi? - intuisce subito che la voce arrochita tradisce il suo pianto quanto farebbe la luce della luna e delle stelle.

- Non hai smesso.

Giuseppe si siede accanto a Federica e volge la testa verso di lei, mentre la ragazza cerca goffamente di darsi un contegno.

- Perché piangi?

- Non di certo per te. - gli risponde sprezzante.

- E vorrei vedere! Perché mai dovresti piangere per me?

L’espressione sinceramente sorpresa del ragazzo la sorprende. Lui davvero crede di non aver indotto quella reazione.

- Secondo te perché piango? - gli chiede perplessa.

- Perché ti senti sola. - Giuseppe pronuncia queste parole con freddezza, sembra non rendersi conto dell’effetto che potrebbero avere.

- Non mi sento sola. Ho tanti amici. Sono qui con le mie amiche. - ribatte con veemenza la giovane.

- Però stai sempre da sola. La tua migliore amica non è venuta?

Il sorriso beffardo che gli piega le labbra resiste poco di fronte all’espressione, di pietra, di Federica.

- Sono stato indelicato? - chiede in un sussurro.

E Federica non sa cosa rispondere. Perché non è vero che chi manca era la sua migliore amica. Era una persona speciale, con cui condivideva il suo maggior sogno, ma non si può dire che fosse la sua migliore amica.

- Un po’. - risponde per non lasciare spazio ad un silenzio che diventa pesante.

La ragazza si aspetta delle scuse, che non arrivano.

 

Giuseppe si alza e si allontana nella direzione opposta a quella da cui entrambi sono venuti.

Federica si guarda intorno notando che ormai non è rimasto più nessuno, se non qualche coppietta, allora si alza e raggiunge di corsa Giuseppe.

- Vuoi venire con me?

- Non credo sia il caso resti da sola. - gli risponde con il fiato corto.

Il ragazzo sorride, Federica può vederlo anche se la luna è alle loro spalle.

- Dove stiamo andando? - chiede per non restare in silenzio.

- Io a dormire, tu con me. - dice lui continuando a sorridere.

Lei preferisce non chiedere altro e si limita a camminare.

Le sue amiche sono andate via senza preoccuparsi di ritrovarla e questo la rattrista molto. Sa di non essere stata di gran compagnia negli ultimi giorni, ed anche mesi a voler essere onesti, ma non si aspettava tanto disinteresse. Ha sbagliato ad accettare di partecipare al viaggio, ormai ne è certa.

- Eccoci arrivati. - Giuseppe sembra entusiasta mentre indica una tenda montata in spiaggia.

- Cosa?

- Siamo arrivati al mio letto. Ho detto che io stavo andando a dormire, no? Io dormo lì.

- In spiaggia?

- Evidentemente. - continua a sorridere, sinceramente.

- Perché? - chiede Federica. E’ davvero stupita da questa scoperta.

- Tu perché fotografi il mare?

La domanda la spiazza, si ritrova a pensare che gli ha già spiegato cosa pensa del mare e lui l’ha definito banale. Ma risponde semplicemente:

- Perché mi piace. - ed è certa che sia la risposta giusta, glielo assicura un vuoto che sente allo stomaco.

- Già. A me piace dormire in spiaggia. Non cerco un modo particolare per dirlo, e non ho il bisogno di spiegarlo, lo faccio e basta. - il suo sorriso così sincero la induce a ricambiarlo - E poi, vuoi mettere portare qui una ragazza e poterle offrire di fare l’amore sotto le stelle, con questo scenario? - e ride dell’espressione sgomenta che Federica ha assunto.

- Io non voglio fare l’amore sotto le stelle! - si indigna lei.

- Entriamo in tenda, allora. - le dice mentre si avvia.

- Ma cosa credi? Che ti abbia seguito per questo? Credi di piacermi?

Dopo aver aperto la tenda si gira a guardarla: è turbata.

-Io non credo niente di tutto questo, io penso che tu abbia bisogno di un po’ di compagnia. Ed io non ho, a dire il vero, molto sonno.

 

Federica non sa dire da quanto tempo siano seduti davanti alla piccola tenda ed ha smesso di contare i granelli di sabbia che sono saldamente attaccati alla sua pelle, tra le dita dei piedi, ma il vento la fa rabbrividire e desiderare di essere al chiuso, anche se nella tenda. Il cielo scurissimo con le sue poche stelle non si riflette sulla superficie del mare molto increspata.

- Giuseppe, cosa vuoi fare tu da grande? - Chiede all’improvviso, senza voltarsi a guardare il suo interlocutore.

- Essere grande. - Risponde lui con semplicità.

- E come si fa a diventare grandi?

- Ah! Questo non lo ancora. Magari imparando a farsi meno pare mentali e vivere tutto con meno preoccupazioni ma responsabilmente.

La ragazza ride:

- E come si fa a farsi meno pare mentali?

- Diventando grandi.

Lei ride ancora mentre sulle labbra di Giuseppe alberga un sorriso complice.

- Tu cosa vuoi fare da grande? - le chiede a tradimento.

La domanda è accolta da un breve silenzio:

- Non lo so più. Fino a qualche mese fa ero certa di voler partire, andare. Ora sono tanto confusa. - Non vuole spiegargli altro, si augura che tanto gli basti.

- Hai paura?

- No.

- E allora cosa è cambiato?

- Non voglio sognare da sola.

Le parole sono sgorgate dalle sue labbra con una velocità che lei non avrebbe mai creduto, come se fossero vere. Si aspetta qualche risposta. Le va bene anche una battuta sprezzante, purché le sue ultime parole non abbiano tutto quello spazio, tra mare e cielo.

- Fa freddo. - Decide di interrompere il silenzio in qualunque modo, va bene anche riempirlo di sciocchezze.

- Perché no? Se i sogni sono tuoi allora puoi sognarli da sola.

- Ma io questo lo sognavo con Silvia! Ora è come se lei si fosse portata via anche il mio sogno, oltre che la sua vita. Come se tutto ciò che io le avevo raccontato, i miei progetti, fossero finiti con lei che ne era la cassaforte. - Si è girata verso di lui con occhi di nuovo scintillanti.

- Qualcosa l’ha lasciata però.

Lo sguardo dubbioso di Federica è un invito a proseguire.

- La paura. Quella te l’ha lasciata.

- Quella l’ho trovata quando lei mi ha lasciata. - Mormora contro le proprie ginocchia mentre le stringe al petto per proteggersi un po’dal vento.

- E non riesci a liberartene? Non riesci a riprendere il tuo sogno?

Federica scuote repentinamente il capo.

- Dovresti riprenderti il tuo sogno perché è tuo. - E aggiunge, fissando lo sguardo stupito della giovane - Dammi la macchina fotografica.

 

- Ciao Fede! Come è andata la nottata? - Le chiede Anita al suo rientro, al mattino.

- Oh… - inizia l’interpellata - bene. E’ stata una bella nottata.

L’amica sorride maliziosa:

- Certo che il dj è proprio bello… ti è andata di lusso, Federì.

- Mah! - Federica sospira - Già, è un bel tipo lui.

Si avvia verso la camera da letto ma la voce di Anita la richiama:

- Mi dai la macchina fotografica? Ci hai fatto delle foto ieri? Le voglio vedere.

Federica armeggia con la sua borsetta:

- Sì, ve ne ho fatte. - La macchina non salta fuori, eppure la borsa è piccola - Ma… oh, l’ho perduta…

 

Federica scambia qualche parola con un suo collega e accende il pc.

Più passano i giorni, le settimane, e più la Nuova Zelanda le piace: con la gente con cui lavora si trova bene, la lingua è stata un problema solo all’inizio, il suo lavoro di ricerca procede bene. Tutto è meglio di come lo avesse immaginato. Le torna spesso in mente quanto sua madre le ha detto all’aeroporto, al momento di salutarsi “Tesoro, se hai paura, non ti trovi bene e vuoi tornare prima, fallo pure, non preoccuparti” ed ogni volta sorride rendendosi conto che lei vuole restare, che, per quanto la sua casa le manchi, ora sta affrontando una nuova avventura che le riesce bene anche se nessuno le indica la strada.

Nella casella di posta elettronica ci sono alcuni messaggi, un paio dalle amiche e uno da un indirizzo sconosciuto. Apre subito l’e-mail di cui non riconosce il mittente. C’è solo una foto. La foto di una ragazza sulla spiaggia in una notte con poche stelle che sta sfumando nell’aurora.

 

 

 

“L’universo ci aiuta sempre a lottare per i nostri sogni, per quanto sciocchi possano sembrare. Perché sono i nostri, e soltanto noi sappiamo quanto ci costa sognarli.

                                    

                                     Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto.

 Paulo Coelho

  
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