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Autore: Sarah M Gloomy    02/08/2016    0 recensioni
Amabel è una normale sedicenne, ironica, non eccessivamente propensa allo studio e, a suo dire, una bugiarda patologica. Tutto nella norma, insomma, fino all'incontro con Ridley e un bambino misterioso, che le faranno comprendere quanto nella sua vita normalità e pazzia siano termini interscambiabili. E che lei, in fin dei conti, non è proprio una normale ragazza.
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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         Scatto a destra, prima che la sua catena mi colpisca. Io le sego, quelle catene! Una a una. Per il salto e lo sbilanciamento faccio una capriola, rialzandomi prima che un’altra frustata faccia una frittata di esorcista. Per essere stato vecchio e decrepito in vita, si muove troppo velocemente e con troppa enfasi.
Scivolo di lato prima di un nuovo attacco. I capelli mi si muovono perché la catena c’è andata dannatamente vicina.
Lie si tiene in disparte, lontano dal fulcro del combattimento. «Uno spirito interessante.»
La tentazione è quella di allearmi con chi sta cercando di ferirmi per andare a prendere a pugni Lie. Niente di quello che mi sta succedendo è interessante. Si muove troppo velocemente rispetto alla mia precedente esperienza. È quasi se … «Fosse a metà tra uno spirito di primo e uno di secondo livello.»
L’intuizione è arrivata anche a me, seppure non penso di aver pensato di poterla definire interessante. Per la verità, questo mi sembra complicare di più la questione.
   «Ha il tempo di uno spirito di primo livello appena forgiato. È appena nato.» Ha circa settant’anni più di me! Proprio un giovincello. «E allo stesso tempo prova il rancore di uno di secondo.»
Mi muovo e evito un nuovo attacco. Sfioro la parete alle mie spalle e sono fortunata di essere rapida, oltre che piccola, il che mi fa sgusciare come una saponetta tra le catene. Alzo d’istinto la mano sinistra e pronuncio l’invocazione prima di sapere esattamente cosa sto facendo. «Primo esorcismo: catene della purificazione.»
Le catene blu si attorcigliano intorno allo spirito, come serpenti. Non le sento calde, ma gelide e so il perché. L’ho fatto d’istinto perché così il mio cuore diceva essere giusto, ma le catene mi servono solo per contenere i colpi. Di fatto, con quelle posso fare un’altalena per gli spiriti di quel livello.
   «Oddio.»
Io e Lie ci giriamo, scorgendo il poliziotto oltre la luce del lampione. Sono o non sono nella merda? Sono certa che mi veda, inutile pensare che non veda le catene e, ora come ora, so che può vedere anche lo spirito perché qualcosa deve esserci dentro al bozzolo che ho creato. Volto le spalle all’uomo.
Un problema alla volta. E visto che la giornata non vuole volgere al termine, quello è un ottimo moto per arrivare al domani. Faccio passare la mano destra tra le catene, alzandola speculare alla sinistra. «Secondo esorcismo: ascensione.»
Come nel momento in cui lo spirito ha lasciato il corpo, sento un boato e i miei piedi si sollevano di qualche centimetro da terra, lasciandomi galleggiare nel vuoto. Sono avvinghiata in quel dedalo di catene che io stessa ho creato, mentre lo spirito si dibatte, pericolosamente vicino al corpo da cui è uscito. Con le punta cerco di ritornare a terra, ma più lo spirito si dibatte, più il terreno scappa. Borbotto piano, a mo’ di maledizione. «Sono un mediatore di Dio … sono l’arma del trapasso.»
Lo spirito si agita, ruggendo la sua contrarietà. Lo so, dannazione. Te ne stavi camminando con la tua borsetta ed eccoti lì, a questionare con un’esorcista se è giusto o meno essere esorcizzati. Riesco a toccare con i piedi per terra. La sua forza, ora, sembra essere controllabile. I suoi occhi, unica cosa che vedo tra le catene, mi fissano acquosi. Sto ansimando e, per quanto fino a un secondo prima lo avrei trapassato da parte a parte con le catene, sono dispiaciuta per lui. Abbasso la testa, fissando il corpo senza vita. «Lo troveranno. Te lo prometto.»
Chiude gli occhi, prima che la luce dell’esorcismo lasci la strada elettricamente carica. Sono stanca. Due esorcismi nel giro di una manciata di minuti. È come se avessi corso per venti chilometri con la Lowry che mi diceva di non rallentare.
   «Dalila, è alle tue spalle.»
Lo so, Lie. Lo so. Un minuto e mi giro. «Non hai un minuto. Sta estraendo la pistola.»
Farà come con Ridley? È per questo che lui non ha mai ricordato cosa è successo? Un colpo alle spalle. Preciso. E farà così anche con me. Ecco perché ho visto la paura tra i suoi occhi, quando ho nominato Maiden Street. Ecco perché voleva accompagnarmi a casa. Perché capisco le cose solo quando è chiaro che non posso più modificarle?
   «Dalila.»
Ho alzato un piede, distrattamente. Lo appoggio poco lontano, come se non stessi facendo altro che soppesare il terreno. La voce della Lowry mi riecheggia quanto sollevo leggermente il tallone. «Wright, più alte le gambe. E non rallentare quando vedi il traguardo!»
Non rallenterò neppure se trovassi una schiera di spiriti di secondo livello. Guardo distrattamente il vecchio, esanime. Mi capirà se non chiamo subito i soccorsi. E poi, d’istinto, scatto. Parto di corsa, senza guardami alle spalle, con il cellulare che sbatacchia nella tasca e le chiavi tintinnano nell’altra. Non mi volto per vedere chi mi segue o chi ho lasciato alle spalle. Sguscio in una via trafficata, sfilo sotto al braccio teso di una donna di mezza età, sniffo qualche odore non ben apprezzato. E non rallento, neppure quando le bende alle gambe iniziano a spurgare quello che credo essere sangue e pus. Mi guardo alle spalle, vedendo le persone che camminano e guardano i negozi. Mi concedo due secondi per osservare se il poliziotto mi segue. Troppo, però, visto che sto correndo alla cieca. Troppo. Urto pesantemente qualcuno. Gli finisco praticamente nel petto, sento i muscoli dei pettorali e degli addominali che mi respingono tipo muraglia. Rimbalzo e chiudo gli occhi, allungando la mano per attutire il colpo. Il mio polso viene stretto da una mano troppo grande e calda. Alzo lo sguardo, scorgendo il palestrato biondo che mi tiene sospesa dal finire a terra. Alto, biondo, con gli occhi nocciola, completamente sbarbato. Deve essere il fratello meno carino e più pericoloso di Chase. Ci fissiamo per una manciata di secondi, il tempo di sentire un pizzicore al polso e a vedere lui abbandonare la presa. Cado sul sedere, ma sono preparata e mi alzo a molla.
Vorrei aprire la bocca per chiedergli scusa. Mi terrorizza. Non solo il suo sguardo, che mi passa da parte a parte, ma anche tutto il resto. Ho un’inspiegabile paura: per me, per Lie, per Ridley. Stranamente ho panico anche per lui, lo sconosciuto che mi fissa.
Sono ferma da troppo tempo. Guardo alle mie spalle, distratta nuovamente dal ragazzo che si allontana.
Nessuno mi segue. I miei occhi percorrono la strada ma nessuno mi segue. Non lui. Perché quella strana sensazione, allora? Tutto mi sta sfuggendo dalle mani. Ringhio a me stessa. «Avanti, Bel. Inizia a correre.»
Riprendo la corsa, certa che le gambe si rivolteranno e dovrò tornare a casa strisciando. Infilo la mano in tasca per prendere le chiavi, infilandole nella serratura con mano tremante.
Ridley.
Apro la porta della mia stanza, ansimando. Sono quasi sicura che il ragazzo mi accolga, sorridente o irritante che sia per quel giorno. Non so perché, ma dopo lo scontro con il ragazzo muscoloso mi sembra che vederlo stare bene sia tutto quello che mi è concesso chiedere.
Non c’è.
Mi infilo nella stanza dei miei, poi in quella di Ed, e in ognuna prima di aprire la porta ho la speranza che lui mi richiami, chiedendomi perché sono così tanto preoccupata. Anche se è un fantasma, non può rimanere fuori a lungo. Non avrebbe senso. Chiunque stia indagando su ciò che gli è successo tornerà a una qualche casa. Il ragazzo che ho urtato, quel poliziotto … che diavolo sta succedendo?
Con un’ultima speranza vado in bagno. «Ridley?»
   «Non credo che tornerà.»
Fisso Lie alle mie spalle. Scuote la testa. «Dalila, è probabile che lui sia andato oltre.»
   
 
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