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Autore: Ignis    02/08/2016    2 recensioni
Eli De Vile è un vampiro, così come lo sono tutti i membri della sua famiglia. Ha diciassette anni e le sue preoccupazioni sono piuttosto poche; non è il tipo da cacciarsi nei guai, è diligente alla Scuola Notturna ed evita di fare incontri indesiderati.
Bianca Petresi, invece, è l'umana che, piombando all'improvviso in casa De Vile, gli sconvolgerà la vita in modi che Eli non può nemmeno immaginare.
Tratto dalla storia:
«Secondo me credono che tu sia il ragazzo di Bianca».
Il vampiro rise di gusto. «Sì, certo! Che razza di rubacuori dovrebbe essere Bianca per trovarsi un ragazzo in un paesino sconosciuto nel giro di una manciata di giorni?»
Luca si mise seduto sulle zampe posteriori, continuando a guardarlo fisso. «Perché, tu sei così sicuro di poterti mettere con una ragazza nel giro di pochi giorni? Una come Bianca, con cui vai così poco d'accordo e perfino in lutto per i suoi genitori?»
«Io sono bello. Piaccio facilmente».
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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06. L'uscita

I successivi due giorni furono tranquilli, cosa che permise ad Eli di riposarsi dallo stress insopportabile che comportava il dover badare a Bianca, e in una certa misura anche di abituarsi all'idea di averla intorno. Due giorni non erano assolutamente un tempo sufficiente per far diventare quella convivenza un'abitudine, ovviamente – anzi, il vampiro era ancora fermamente convinto che non si sarebbe abituato mai – ma gli servirono per mettere da parte il malcontento e ad andare incontro alle richieste di Bianca.
La sua priorità ormai era di farsi perdonare, quindi si impegnò a comportarsi meglio che poteva. Si risparmiò le frecciatine, le spiegò ciò che non conosceva con calma e senza lasciarsi andare a reazioni esasperate. Smise addirittura di lamentarsi del sarcasmo della ragazza, che ormai si era rivelato essere l'elemento principale del suo carattere.
Per la scuola notturna il loro rapporto si era in qualche modo stabilizzato, anche se non nel modo che probabilmente Sybil si era immaginata. Se la nonna si era prospettata l'immagine di Eli e Bianca che finivano per diventare migliori amici a furia di starsene appiccicati, entrambi avevano trovato dei modi alternativi per stare vicini senza doversi per forza dare retta: durante il tragitto fino a scuola o da scuola a casa, Bianca parlava con Heidi ed Eli interveniva davvero poco; a ricreazione l'umana si metteva a chiacchierare a più non posso con Isabella, che alla fine l'aveva presa in simpatia, con qualche intervento sporadico di Chiara, mentre il vampiro passava il tempo col suo migliore amico.
La questione “Luca” non si era ancora risolta del tutto. Alla fine Bianca era riuscita a scusarsi con lui, ma quest'ultimo si era limitato ad accettare le sue scuse e non le aveva più rivolto la parola. Quando Eli gli chiese il perché di quel comportamento, Luca non lo convinse molto.
«Non voglio farle pressioni per conoscerci, se ha paura dei cani. Si avvicinerà da sola quando se la sentirà, ma per il momento non voglio forzarla».
Aveva risposto in quel modo, ma quando il venerdì Bianca si era fatta coraggio e aveva tentato di invitarlo a fare il percorso di ritorno insieme, Luca aveva troncato la sua buona volontà con un “non fa niente” per poi andarsene senza ascoltare una sola parola di più. Tanto per rincarare la dose, Bianca non aveva preso affatto bene quel rifiuto.
«Io ci ho provato, hai visto anche tu! Se Luca vuole fare la vittima non è colpa mia!» si era difesa quando era andata a riferire a Eli.
Lui non aveva potuto darle torto. In quei due giorni non aveva più sentito la mancanza di Luca, dato che lo incontrava comunque a scuola, ma nulla ormai avrebbe potuto impedire al lupo mannaro di unirsi a loro nei tragitti tra casa e scuola. Ormai stava evitando Bianca deliberatamente.

L'arrivo del sabato fu un sollievo per Eli. Al risveglio dalla propria bara si consolò all'idea di poter passare l'intera giornata a fare quello che preferiva senza essere per forza limitato dalla presenza di Bianca: dovevano stare insieme solo se uno dei due usciva di casa, dopotutto, e lui aveva tutta l'intenzione di restare dentro a rilassarsi, possibilmente davanti a un libro o nel sistemare gli appunti con la radio accesa.
I suoi progetti andarono in fumo quando fece per scendere le scale. Bianca lo intercettò proprio lì.
«Buongiorno, Eli!» lo salutò la ragazza con un sorriso decisamente più amichevole del normale.
Tanto bastò per insospettire il ragazzo. Le rivolse un'occhiata penetrante. «Buonasera, Bianca» la corresse. «Che cosa ti serve?»
Lei lo guardò interdetta, poi distolse lo sguardo, tenendo un tono vago. «Andiamo, solo perché ti saluto non significa mica che mi serva qualcosa!»
Eli annuì. «Hai ragione. Quindi che cosa ti serve?»
Dopo un paio di secondi in cui Bianca tentò di sostenere il suo sguardo, l'umana dovette desistere. «Perché non ti si può nascondere niente?» si lamentò.
«Veramente mi dicono tutti che è facilissimo nascondermi le cose, sai? Solo che tu sei davvero negata» la rassicurò Eli. «Qual è il problema?»
Si stava comportando in maniera più gentile, con lei, in modo da liberarsi presto dalla punizione. Negli ultimi due giorni era stato più angelico che mai con Bianca, ma quando al sorgere del sole la ragazza andava a riferire a Sonja di aver perdonato Eli, la donna le diceva prontamente che non era affatto così. In condizioni normali Eli avrebbe sfogato volentieri le proprie frustrazioni su quell'umana così rancorosa, ma si rendeva conto che fare così avrebbe solo peggiorato la situazione.
Nel frattempo si mise a scendere le scale, con Bianca che lo seguiva.
«Ecco, il fatto è che è sabato sera. Gli umani in generale escono il sabato sera, quindi...»
«Lo so, lo so. Non posso farci niente se ti annoi» tagliò corto Eli. «Noi due non siamo neanche così tanto amici, quindi non ti accompagno da nessuna parte se non hai in mente qualcosa di preciso da fare».
«Non fare l'antipatico! So già dove potremmo andare» protestò Bianca. «A Vallata Nuova c'è la cena di classe dei miei compagni di liceo. Vorrei andare a trovarli».
Il vampiro ragionò in fretta. L'idea non gli piaceva affatto: non era il tipo da allontanarsi troppo da casa e se lo faceva non andava a farsi i bagni di folla umana. Bianca gli aveva appena proposto di fare entrambe le cose.
«Non sono più i tuoi compagni di classe» osservò, cercando di farla desistere. «Poi potete sempre sentirvi per telefono o per Internet, se ti mancano tanto».
Scese le scale, si diresse verso la sala da pranzo. Bianca non si arrese.
«Lo sai anche tu che qui non c'è traccia di connessione Internet! Non c'è nemmeno campo per il cellulare».
«Puoi usare il telefono fisso, no?»
«Si può sapere perché non ti va l'idea che io vada a una cena di classe?»
«Che succede?» domandò Angela vedendoli entrare. Si era acconciata i capelli in una bella coda di cavallo e li guardava fisso. Del suo pasto quotidiano non c'era traccia, semplicemente perché non ne aveva bisogno: entro breve avrebbe incontrato il suo ragazzo e si sarebbe nutrita da lui.
Mentre Bianca si irrigidiva, non ancora abituata a trattare con Angela, Eli non si scompose e si prese la sua bottiglia di sangue dal bancone, per poi andare a sedersi al solito posto.
«Niente, una festa di umani a Vallata Nuova. Lei ci vuole andare, io invece no».
Katrina, seduta al proprio posto a tavola, fece un sorriso di scherno. «Guastafeste come al solito! Che male ti fa andarci?»
«Già, che male ti fa andarci? Spiegami» rincarò l'umana, sorridente.
In realtà Katrina stava parlando più per scocciare Eli che per sostenere Bianca, ma in quella situazione per lui non faceva molta differenza. Sospirò.
«Dovrei andare in mezzo agli umani come se nulla fosse? Si faranno un sacco di domande su di me, non mi sembra una buona idea. In più papà non mi lascia andare lontano da casa da solo per stare in mezzo agli umani, lo sai».
Bianca soffocò una risata di scherno, guardandolo divertita.
«Questo perché due anni fa sei rimasto fuori troppo a lungo e sei quasi saltato alla gola di un tizio. Ormai hai imparato la lezione e puoi cavartela da solo» disse Katrina, mentre si versava altro sangue nel bicchiere. «Un cervello ce l'hai! Se ti fanno domande strane e devi rispondere per forza, una scusa la trovi di sicuro. Secondo me l'unico problema che avete è il modo per arrivarci, alla festa».
Mentre Eli si versava da bere, Bianca non aveva ancora accennato a voler mangiare qualcosa. Guardò Katrina implorante. «Non potresti accompagnarci tu? Qui avete giusto due macchine e una è tua!»
La vampira scosse la testa con decisione. «Niente da fare! Oggi devo andare a prendere due della crew e caricare l'attrezzatura». Poi sorrise melliflua. «Non sperare di poter chiedere a papà! Il sabato sera lui e mamma preferiscono andare in qualche posto romantico da soli».
La ragazza avvampò così violentemente che Eli ebbe l'impressione di sentire il calore del sangue fluirle tutto al viso anche a distanza. «N-non volevo chiederlo a lui...» borbottò imbarazzata.
«Posso portarvi io» s'intromise Angela, che aveva seguito tutta la conversazione.
Eli le scoccò un'occhiata scettica. La maggiore delle sue sorelle poteva sembrare la più matura, ma in pratica giocava a fare la mantenuta di un ragazzone ricco e stupido, estorcendogli favori, regali e sangue in cambio di una verginità che il poveretto non aveva ancora ottenuto. Sicuramente quel tizio non avrebbe avuto niente da obiettare nel dare uno strappo a qualcun altro, ma Eli avrebbe preferito raggiungere Vallata Nuova a piedi piuttosto che assistere allo spettacolo di quell'umano che si lasciava fregare dalle moine di Angela.
«Non mi pare una buona idea» mormorò Eli a mezza voce. Bastava però guardare l'espressione felice di Bianca per capire di non avere più voce in capitolo.
«Grazie, Angela, mi faresti davvero un regalo!» esclamò tutta contenta.
La vampira rispose con un sorriso radioso che costrinse il fratello minore a distogliere lo sguardo e che fece scoppiare a ridere Katrina. «Di nulla! A me e a Diego fa piacere renderci utili».

Non più di una mezz'ora più tardi, Bianca scese le scale per raggiungere i due vampiri e uscire di casa. Si era messa dei jeans puliti e una bella maglietta con decori stilizzati, si era truccata e aveva anche sistemato i capelli, che una volta tanto le ricadevano pettinati e ordinati sulle spalle.
«Che hai da fissarmi in quel modo?» fu la prima cosa che chiese ad Eli quando li raggiunse.
Eli si strinse nelle spalle. «Niente, niente».
«Pensava alla varietà del tuo guardaroba» rispose invece Angela in tono acido. «Dei tuoi vestiti si saranno salvati quattro stracci in croce. Perché non ti sei lasciata comprare qualcosa da Sybil?»
Chiaramente in imbarazzo, la giovane non trovò nemmeno niente da rispondere: riuscì solo ad abbassare lo sguardo, contrita.
Con un gesto insofferente della mano Angela le diede le spalle e aprì finalmente il portone, facendo uscire entrambi. «Ho capito, ci penserò io. Salite in macchina e non fiatate».
Una volta fuori notarono subito la presenza di un SUV enorme fuori dal cancello, nero con decorazioni cromate sui parafanghi e attorno ai fari.
Appoggiato al cofano c'era un ragazzone alto e ben piazzato, con la pelle scura delle braccia ricoperta di tatuaggi tribali e i corti capelli neri inondati di gel; nonostante il freddo indossava una semplice maglietta a maniche corte e dei jeans leggeri. Parve sorpreso di vederli.
«Angela, non mi avevi detto di avere un'altra sorella! Questa non è Heidi, no?»
Eli prese Bianca per il polso e accelerò il passo, puntando dritto dritto verso il sedile posteriore della macchina. La ragazza, colta alla sprovvista, puntò i piedi per farlo rallentare.
«Dove mi trascini? Aspetta, devo almeno presentarmi!»
«Entra e basta, ti assicuro che non gli importa!»
«Tu che ne sai? Ci credo che a scuola ti sopportano solo tre persone in tutta la classe!» ribatté la ragazza, cercando di liberarsi.
Nel frattempo erano arrivati allo sportello. Eli aprì ed entrò, facendo cenno a Bianca di entrare.
«Senti, Eli, non posso entrare in macchina senza...» cominciò lei, prima di bloccarsi. Stava fissando Angela a occhi sgranati, la quale invece di salutare Diego a parole aveva pensato bene di avvinghiarsi a lui come una piovra e dargli un bacio appassionato.
«Muoviti!» la esortò il ragazzo da dentro l'automobile.
Bianca si riscosse solo dopo qualche secondo e finalmente entrò in macchina, rossa come un peperone. Era chiaro che non le era capitato molto spesso di vedere due persone baciarsi in quel modo dal vivo.
«Ci metteranno poco. Il tempo di salutarsi e per Angela di bere un po'» la rassicurò sbrigativo.
«Hai detto bere?» ripeté Bianca atona. «Nel senso che lo morderà?»
«È così che fanno i vampiri» rispose Eli. «Non preoccuparti, per uccidere uno come quello dovrebbero nutrirsi in tre contemporaneamente... e poi se sta con Angela da più di sei mesi significa che gli fa piacere».
Bianca annuì con ampi gesti del capo, stringendo le labbra con fare scettico. «Come no. Gli fa piacere, sicuro». Si voltò verso il finestrino dal lato della casa per un attimo, poi guardò subito dall'altra parte. «Devono proprio farlo fuori, davanti a tutti?»
«Chi vuoi che li guardi a quest'ora?» ribatté prontamente il vampiro.
«Hai capito quello che voglio dire!»
«Era per questo che non volevo andare in macchina con loro» sospirò Eli, spazientito. «Intanto abbiamo il nostro passaggio. Sarà meglio che valga la pena di andare a questa cena».
«Perché, avevi di meglio da fare?» chiese lei. «Tipo andare con Isabella a qualche rito propiziatorio o con Luca a ululare alla luna?»
«Sei simpatica come un raggio di sole negli occhi. No, volevo sistemare i miei appunti di scuola e leggere un libro».
«Ah, questo sì che è un programma divertente per il sabato sera».
Per l'ennesima volta, Eli dovette stringere i denti per evitare di rispondere male. Calò il silenzio, rotto solo da qualche battuta spinta che Angela e Diego si stavano scambiando fuori dalla macchina. Una volta finito di fare i loro comodi, entrambi si sistemarono ai posti davanti e finalmente l'auto si accese con un rombo cupo.
«È da un pezzo che non ci si vede, Eli! Come va?» domandò l'uomo mentre metteva in moto.
Eli aveva pochi motivi per non trattare male Diego: un paio di essi erano i suoi occhioni scuri e il suo accento del sud; un altro ancora era ciò che Angela avrebbe potuto fargli se lo avesse trattato male. Ciò non toglieva che quello fosse uno degli umani che sopportava meno.
«Non mi lamento» rispose asciutto.
«Finalmente ti sei trovato una ragazza! Lo dicevo io, ad Angela, che la tua era solo una fase».
Il vampiro fulminò con lo sguardo la sorella, che ovviamente lo stava ignorando. «Non è la mia ragazza» scandì.
«Timido come al solito, eh? Non ti devi mica vergognare».
«Non mi vergogno, ma non è la mia ragazza».
«Sul serio, andiamo solo a scuola insieme» s'intromise Bianca.
«Sicuro, sicuro» rispose Diego distrattamente. «Eli, il segreto è mostrarti sempre forte e sicuro di te. Tu sei il maschio alfa, chiaro il concetto? Quindi non devi nascondere di avere una ragazza, anche se magari non è una strafiga come Angela, altrimenti lei si accorge di non essere bella come crede e gli altri sfruttano la cosa per prenderti per il culo. Afferrato?»
«Che uomo!» trillò Angela deliziata.
Eli quasi si preoccupò che Bianca si fosse offesa per quell'ondata di maschilismo buttata fuori in così pochi secondi, ma voltandosi notò che la ragazza si stava solo sforzando il più possibile per evitare di ridere. Sentendosi rassicurato, sorrise.
«Seguirò il tuo consiglio. Grazie».
«Figurati! Fai bene a chiedere all'esperto!» rispose Diego con una risata leggera.
Il tragitto non durò più di una quindicina di minuti, ma fu un inferno per Eli e Bianca, che si sforzarono di ignorare il più possibile le battute squallide di Diego ogni volta che non erano impegnati a soffocare le risate. Tra loro non si scambiarono neanche una parola: Eli non aveva voglia di dire niente che potesse incoraggiare il film mentale che quel tipo si era fatto su loro due, mentre Bianca sembrava presa maggiormente dal paesaggio fuori dal finestrino.
Quando si fermarono, fu a breve distanza dal centro di Vallata Nuova. Le uniche persone che si vedevano erano un vecchietto nel cortile di casa sua e una che portava a spasso il cane: per il resto sembrava tutto deserto.
«Bene, siamo arrivati. Scendete» ordinò Angela in tono sbrigativo.
Bianca aprì subito lo sportello, ma Eli esitò. «Qui non vedo nessun ristorante».
«Lo trovate girato l'angolo! Bianca sa dov'è. Vero?» La vampira voltò gli occhi luminosi in direzione dell'umana, che si affrettò ad annuire in risposta. «Appunto. Divertitevi, io ripasso a prendervi tra otto ore».
Fu il turno di Bianca di sorprendersi: scese dalla macchina, imitata da Eli, ma non chiuse ancora lo sportello. «Otto? Entro le due se ne saranno andati via tutti di sicuro! Cosa dovremmo fare fino alle quattro del mattino?!»
Angela le rivolse un sorriso radioso e si passò le dita della mano sotto il mento, lasciando intendere che non le importava niente. Guardò Eli. «Non mordere nessuno o la nonna si arrabbierà con me».
Per tutta risposta il fratello chiuse la portiera con veemenza, suscitando una protesta sentita da parte di Diego. Subito dopo il motore rombò e l'auto si allontanò rapida, lasciando i due completamente soli.
La ragazza sospirò. «Forse non è stata una buona idea».
«Ormai siamo qui. Andiamo a questa cena e facciamola finita. Che ore sono?»
«Le nove e mezza... dovremmo fare in tempo ad andare» mormorò lei guardando lo schermo del proprio cellulare. «Le mie amiche dicono che per ora è solo arrivato l'antipasto. Andiamo!»
Cominciarono a incamminarsi.
«Per te non è un problema cenare con noi?» chiese Bianca dopo un po'.
«Ci pensi soltanto ora, cretina?» sbottò lui. «Quando provo a mangiare qualcosa che non è sangue, nella mia bocca il cibo si trasforma in cenere. Dirò che ho già mangiato e che non ho fame né sete, ma qualcuno potrebbe farsi delle domande».
«Tu però hai accettato lo stesso!» protestò lei, imbarazzata. «Potevi dirmelo! Sto con voi solo da pochi giorni, non riesco mica a ricordarmi tutti i bisogni dei vampiri!»
«Perché non è un grosso problema» replicò Eli tranquillo. «Posso sempre accompagnarti fino alla cena e poi andarmene per fatti miei. Da queste parti abita Chiara, quindi posso invitarla a passeggiare insieme o qualcosa del genere».
Ci fu un lungo silenzio durante il quale Eli aspettò da Bianca una risposta che non arrivava. Guardandola di sottecchi, si rese conto che sembrava ancora molto dispiaciuta: forse stava cominciando a incolparsi per quella situazione.
Per quanto al vampiro desse fastidio fare il cavaliere appositamente per tirare su di morale qualcuno, per lui era sempre importante comportarsi bene con quella ragazza, se voleva farsi perdonare. Perciò si schiarì un po' la gola e spostò lo sguardo sulla strada davanti a loro.
«Come hai detto tu, è sabato sera e uscire ogni tanto con gli umani può solo farti bene. Se proprio siamo costretti a non allontanarci, mi sembra giusto evitare di metterti i bastoni tra le ruote e lasciarti divertire, o no?»
Bianca sorrise leggermente, guardandolo. «Grazie. Lo apprezzo».
Una volta tanto sembrava che Eli avesse fatto la scelta giusta. Sentendosi incoraggiato, continuò: «Da quant'è che non li vedevi?»
«Da quando i miei sono morti. Quella sera ero uscita con le mie amiche». All'improvviso la ragazza si voltò dall'altra parte. «Non ho molta voglia di scendere nei dettagli. Però questa cena di classe l'avevamo organizzata già da un paio di settimane! Avevamo messo insieme i soldi per prenotare la stanza del ristorante e comprare tutto il cibo. Insieme a noi ci sono anche quelli della D, quindi dovremmo essere una cinquantina in tutto. Spero solo che non sentano il bisogno di compatirmi o altro: questa sera voglio soltanto farmi due risate e dimenticare i problemi».
Eli arricciò un angolo delle labbra in un sorriso. «Con me tra i piedi non sarà facile dimenticare i tuoi problemi» scherzò.
Inaspettatamente, Bianca si voltò verso di lui, guardandolo con sorpresa. «Ma no, Eli! Tu non sei un problema!» protestò. Dovette rendersi conto di aver parlato con un certo trasporto, perché arrossì violentemente e distolse di nuovo lo sguardo. «Insomma, Eli... avrai anche la personalità di un settantenne bisbetico, e se tu potessi usare gli specchi saresti pure il Narciso più Narciso che abbia mai conosciuto, ma non ti detesto mica! Ecco, voglio dire...»
Stava cominciando a impappinarsi. Il vampiro pensò bene di intervenire. «Lo prenderò come un complimento. Ma allora come mai non mi hai ancora perdonato?»
Bianca sospirò. «L'ho fatto, te l'assicuro! Però Sonja continua a dire che non è vero e non so perché».
«Mia madre ha il potere di percepire la verità nella voce delle persone. Non riusciresti mai a mentirle neanche volendo... quindi se lei dice che non mi hai perdonato, vuol dire che in realtà non l'hai fatto e non te ne rendi conto» spiegò Eli. «Forse una parte di te vuole continuare a punirmi. Ti risulta?»
Bianca non rispose; scelse invece di indicare un punto davanti a sé. «Siamo arrivati! Il posto è quello».
Si erano infilati in una strada parallela a quella principale del centro di Vallata Nuova. Il ristorante era aperto e illuminato, con davanti un ampio parcheggio. Fuori dal locale non c'era nessuno, segno che dovevano essere già tutti dentro. Mentre avanzavano Eli pensò ancora al modo in cui Bianca aveva eluso la sua domanda e si ripromise di parlargliene più tardi; dal canto suo, l'umana cominciava a mostrarsi nervosa.
«Non so se è stata una buona idea».
«Lo scopriremo subito. Andiamo, dai».
Eli le portò un braccio dietro la schiena per spingerla avanti, le sopracciglia aggrottate per il fastidio. Si era vestita meglio del solito e si era sistemata bene per la serata, ma evidentemente non era solo il suo aspetto esteriore a cambiare quando Bianca aveva a che fare con i suoi compagni di scuola. Aveva l'aria nervosa di chi sta per incontrare dei lontani parenti a cui teme di non piacere.
Vicino all'ingresso del ristorante c'era il bancone del bar, dietro al quale c'era un cameriere che chiese subito loro se fossero degli invitati alla cena di classe prima di indicare una porta al lato della prima sala. Finalmente Bianca accelerò il passo e si portò avanti per attraversare sia quella che il breve corridoio che conduceva alla sala privata.
Non era una sala molto grande, ma era stata sistemata bene. Era illuminata da diversi lampadari a muro, le finestre davano sulla piazza e su una strada lì accanto; l'arredamento rispecchiava lo stile vagamente rustico del ristorante, ma in un angolo era stato montata una specie di console da DJ improvvisata. Vicino ai muri era stata messa una lunga tavolata che curvava in un angolo per seguire la forma della stanza, mentre il resto era stato lasciato libero – probabilmente per ballare dopo cena. Quell'ultimo spazio era pieno almeno per una metà di ragazzi e ragazze dell'età di Bianca che parlottavano tra loro, segno che non era ancora arrivata l'ora di sedersi.
Fu allora che il vampiro cominciò a chiedersi se non ci fosse il rischio di venire buttato fuori. Dato che suo padre gli aveva vietato di allontanarsi da Bianca mentre erano fuori casa, non aveva potuto evitare di andare, ma allo stesso tempo era probabile che quei ragazzi non avrebbero accolto volentieri tra loro uno sconosciuto. Restò comunque silenzioso e attento mentre i presenti cominciavano a voltarsi e a notare la loro presenza.
La maggior parte di loro alla vista di Bianca restò sbalordita. Poi spuntarono i sorrisi, uno dopo l'altro, e l'umana fu presa d'assalto dagli abbracci e dai baci dei suoi compagni di classe – soprattutto le ragazze. Erano tutti in abiti semi-formali e probabilmente non si aspettavano che la loro compagna si sarebbe fatta viva, dopo un lutto così vicino. Chi non si era avvicinato subito a lei aveva semplicemente notato la presenza di Eli e si teneva in disparte per osservarlo bene.
«Bianca, sei sparita nel nulla! Dov'eri finita? Non ti ho più vista dopo il funerale!» protestò una ragazza mentre le baciava le guance e le rivolgeva un'occhiata di rimprovero. Per la linea, l'abbigliamento e quel modo particolare di inarcare il sopracciglio, al vampiro ricordò molto sua madre Sonja.
«Dove abito adesso non c'è wi-fi...» mormorò Bianca in risposta con un certo imbarazzo, voltando lo sguardo qua e là senza sapere dove posarlo. «Voi come state? Se non fosse stato per Manu non avrei saputo più niente della cena».
«Ah, infatti aveva detto che ti aveva invitata, ma non gli hai risposto! Pensavamo che non saresti più venuta» spiegò un'altra ragazza vestita completamente in abiti di jeans.
«Parla per te!» la rimbeccò l'amica accanto. «Io ero sicura che non ci avresti tirato il bidone. Le feste non te le perdi mai!»
Tra un chiacchiericcio e l'altro Eli perse del tutto la voglia di starli a sentire. Alla fine un paio di ragazzi gli si avvicinarono.
«Hai sbagliato stanza? Perché questa l'avevamo prenotata noi per stasera» disse quello più vicino, che per l'occasione aveva scelto di indossare una bella giacca nera con cravatta lilla e camicia bianca. Eli si prese un momento per osservarlo di sotto in su prima di rispondere.
«Sono il coinquilino di Bianca, mi ha chiesto lei di accompagnarla. Disturbo?»
«Per niente!» il tipo accanto, un pel di carota con gli occhi azzurri come Katrina, gli sorrise e gli porse la mano. «Io sono Giacomo. Hai detto di essere il coinquilino? Ma state insieme? Come ti chiami?»
«No, Bianca è venuta a vivere con la mia famiglia. Tra i nostri genitori c'era una bella amicizia» mentì Eli sbrigativo per liquidare le domande. «Mi chiamo Eli».
«Ilaria?» fece quello, strizzando gli occhi.
«No, no, Ilai. E, elle, i. Eli» scandì il vampiro, che ebbe la netta sensazione di stare parlando con un idiota. Sentiva quasi il bisogno fisico di chiedergli davvero se era così di natura o faceva lo stupido nel tentativo di sembrare più divertente, ma concluse che prendere in giro i presenti e farsi buttare fuori non fosse una grande idea.
In quel preciso istante Bianca lo raggiunse e gli appoggiò la mano nell'incavo del gomito sinistro. Dopo un momento di sconcerto, il ragazzo notò che stava guardando i suoi compagni.
«Vi dispiace se si unisce a noi? È qui solo per accompagnarmi, ha già mangiato per conto suo».
Passarono qualche minuto a rassicurare tutti che Eli non aveva intenzione di toccare cibo e a far esaurire a tutti le domande. Alla fine della discussione continuarono a chiacchierare per un po', trasportando la discussione fino a tavola.
Furono tre ore di inferno per Eli, che poté consolarsi solo del fatto che almeno Bianca si stesse divertendo molto – se neanche lei fosse riuscita a divertirsi avrebbe solo significato che quell'intera uscita era stata una perdita di tempo. Si erano seduti piuttosto distanti l'uno dall'altra, in modo che ciascuno potesse godersi la serata senza dover sopportare l'altro. Nel giro di poco tempo gli fu chiesto a che liceo andasse («Vado a una scuola serale, mio padre è il preside e mi fa frequentare lì»), da quanto conosceva Bianca («Da quando si è trasferita da noi, più o meno... i nostri genitori non ci hanno mai fatto incontrare prima, se non quando eravamo piccolissimi.»), se portava le lenti a contatto («No, è il mio colore naturale.») o la parrucca («Davvero, ci vuole poco per tenere bene i capelli!»), se era davvero davvero sicuro di non avere fame («Ho già mangiato a casa e mia nonna mi prepara sempre una montagna di cibo...») e, per finire, se davvero viveva a Montenebbia.
«Ho sentito che ci sono i branchi di lupi nei boschi lassù» osservò la ragazza che si era seduta accanto a lui, tale Cinzia. «E mio nonno mi ha sempre detto che là ci si nascondevano anche certe streghe».
Vagamente divertito, Eli le sorrise, guardandola con curiosità. «Tu credi a questo genere di storie?»
Lei s'imbarazzò e arrossì. «Ma no, lo so che sono tutte stupidaggini!»
«Io ho un amico di Montenebbia e dice che a volte vede i lupi girare per strada la notte. Dice che è per questo che in certe notti i suoi nonni non vogliono che esca fuori casa. Tu ne sai niente?» s'intromise il ragazzo seduto davanti a lui, che si chiamava Marcello – o era Marco? - e aveva un difetto di pronuncia della “s” che faceva desiderare a Eli di tappargli la bocca con il tovagliolo.
Nel sentire quelle parole, Eli pensò subito a Luca e per miracolo riuscì a non ridere. «Qualche volta li sento ululare. Casa mia è vicina al bosco e quello è uno dei loro territori di caccia. Così ho sentito, almeno».
Almeno in parte era vero. I lupi mannari si spostavano sempre entro poche decine di chilometri di distanza da Montenebbia da secoli, ma in realtà era possibile vederli o incapparvi anche in paesi vicini. In genere la gente li prendeva per cani, oppure li vedeva solo di sfuggita; era difficile che si mostrassero apertamente agli umani come se nulla fosse.
«Sul serio? Io non riuscirei a mettere il naso fuori casa!» esclamò Cinzia, guardandolo sconcertata. «Come fate a vivere lì?»
«È un quartiere tranquillo e a mio padre piaceva» rispose lui vago. Si astenne dal menzionare che la sua famiglia ci abitava da un paio di secoli.
«Io non riuscirei affatto a vivere in un posto isolato come quello, e poi mio nonno dice che là sono tutti superstiziosi e praticano la magia nera» commentò Marcello. «Bianca non ce la vedo proprio a viverci. Lei prima viveva a Vallata Vecchia, che sarà grande almeno il triplo».
«Grazie tante, Ma', quello è un buco! Ci vuole poco per essere più grande di Montenebbia!» commentò la ragazza seduta accanto a Cinzia, che aveva colto parte della conversazione.
I cinque ragazzi più vicini ad Eli ridacchiarono divertiti. Lui si sforzò di sorridere con garbo, ma si sentì un po' offeso dal loro modo di parlare. Si rendeva conto da solo che Montenebbia si poteva considerare più un gruppo di case che un vero e proprio paesino di collina, inoltre sapeva anche troppo bene quanto Bianca soffrisse sia la mancanza di una vita sociale decente, sia la mancanza di connessione wi-fi. Sentirselo dire in quel modo da quel gruppetto di umani con le labbra sporche di pizza, però, lo fece irritare più di quanto lui stesso non avrebbe potuto prevedere.
«Comunque, Eli, secondo me tu non ce la racconti giusta. Gli occhi ti brillano come se avessi delle luci sul fondo delle retine o qualcosa del genere. Guarda che se porti le lenti a contatto colorate non c'è mica niente di male a dirlo!» osservò Cinzia, sporgendosi appena verso di lui in un gesto che le permetteva di guardarlo meglio in viso, ma le permetteva anche di poter sfiorare il suo braccio in maniera innocente.
«Non sono lenti a contatto» ripeté paziente.
«Sicuro? Perché a me sembra davvero che...»
I loro discorsi furono interrotti dall'arrivo della cameriera e dalle ordinazioni per i dessert. Eli ne approfittò per guardare in direzione di Bianca per vedere come andavano le cose.
Bianca sorrideva leggermente, ma aveva le spalle rigide; probabilmente si sentiva a disagio per qualche motivo. Ciò che stupì di più il vampiro, però, fu il numero di sguardi che si ritrovò a incrociare: almeno cinque o sei dei compagni di classe di Bianca si erano voltati verso di lui per guardarlo, salvo poi distogliere subito lo sguardo.
Stavano parlando di lui. Eli non aveva sentito neanche un frammento dei loro discorsi, ma era chiaro che non si trattava di una coincidenza.
«Almeno il dessert prendilo, dai» lo incoraggiò Cinzia con un altro sorriso.
«Sono a posto, sul serio».
Fortunatamente nessuno insistette oltre, ma Eli si sentiva davvero fuori posto. Se possibile, se ne sarebbe andato volentieri prima.
Mentre aspettavano il dolce, il brusio dei convitati s'intensificò. Alla fine il discorso raggiunse le orecchie di Eli direttamente da Marcello/Marco.
«Bianca dice che dovete andare via prima perché i tuoi non vi lasciano stare fuori fino a tardi. Non potete fare un'eccezione? Sono appena le undici passate!»
Ovviamente era una bugia, visto che suo padre si accontentava che Eli non stesse fuori fino all'alba – giusto per evitare che suo figlio s'incenerisse. Il ragazzo riuscì comunque a intuire da solo cosa stesse succedendo e rispose di conseguenza.
«Mi dispiace, ma mio padre fa davvero paura quando si tratta di regole. Mi vedete, no? Questa è una semplice cena di classe di liceali, eppure ha voluto che venissi anche io con Bianca per farle da cane da guardia. Per la prossima volta cercherò di convincerlo ad essere più elastico».
Lo disse con il suo solito tono di voce un po' duro, quindi nessuno si sentì incoraggiato a ribattere. Qualche studente si alzò in piedi con Bianca per salutarla con un paio di baci sulla guancia, ed Eli si ritrovò a salutare allo stesso modo anche Cinzia, che sembrava più dispiaciuta del normale nel vederlo andare via.
Bianca affiancò il vampiro quasi subito. Aveva le guance rosse e sorrideva, ma il suo sguardo era un po' ansioso. Senza dire niente, Eli andò per primo verso la porta e uscì nell'aria fredda della sera, con la ragazza che lo seguiva a ruota.
Solo quando ebbero raggiunto una ventina di metri di distanza dall'ingresso del ristorante cominciarono a parlare.
«Sei scappata via» disse Eli. Non era una domanda.
«Sì, un po' mi dispiace, ma non riuscivo a sopportare la tensione. Hanno tutti cominciato a fare domande su di te. Per loro era troppo strano che tu non mangiassi niente e che avessi un aspetto così malaticcio, poi non sono riuscita a rispondere quando mi hanno chiesto il nome dell'istituto dove vado adesso». Bianca sospirò sconfortata. «Sarebbe facile se almeno potessi dire la verità e basta ai miei amici».
«Scusa se siamo vampiri».
«No, non volevo dire... dai, Eli, scusa. Non ti volevo offendere».
Il ragazzo scosse la testa. «No, la nonna ha detto che parlare di queste cose tra umani non è semplice. Non ti costringiamo a tenerlo segreto, ma se dirai dell'esistenza dei sovrannaturali alla persona sbagliata, gli unici a rimetterci sarete tu e lei».
«E come mai?» chiese Bianca guardandolo. Non c'era sfida nel suo sguardo, ma semplice curiosità. «Se dico a qualcuno che esistono i vampiri, loro vi prendono per mostri sanguinari e parte lo sterminio. Siete voi a rimetterci».
«No, noi sappiamo difenderci bene. In giro ci sono un sacco di vampiri col potere dell'ipnosi: bastano una notte o due per risalire a tutti gli umani con cattive intenzioni per trovarli e ripulirgli il cervello. Se poi a quella persona non crede nessuno e lo prendono per pazzo, finirà per allontanarsi da tutti e non sarà mai un vero problema. Se invece non ti crede e tu cerchi di insistere, sarai tu quella presa per pazza».
«E se invece mostrassi un video dove, che ne so, tu mordi qualcuno e gli succhi il sangue? Oppure uno in cui ti trasformi in pipistrello o cammini sui muri?» domandò ancora lei.
«Io bevo da un bicchiere» la corresse lui. «E ormai nessuno crede più neanche ai video veri. Pensano quasi sempre che si tratti di effetti speciali all'avanguardia».
Bianca fece una smorfia, ma annuì. «Hai ragione».
«Esatto. Quindi spero che tu abbia avuto qualche altra ottima ragione per andartene via così presto dalla festa a cui volevi tanto andare, oltre al fatto di non poter dire cosa mangiano i De Vile a colazione».
La ragazza esitò prima di rispondere. Era tutta la sera che sembrava nervosa. «Mi prenderai in giro».
«Questo lo decido da solo. Avanti».
«È che...» sospirò. «L'ultima volta che sono andata a una festa è stato una settimana fa. Quando sono tornata a casa, l'ho trovata distrutta dalle fiamme e i miei genitori ci erano morti carbonizzati».
Lo disse con la voce un po' incrinata, mentre gli occhi le si inumidivano. Tenne lo sguardo fisso a terra e nonostante tutto cercò di darsi un contegno.
«Lo so che è stupido, ma... avevo l'impressione che se non fossimo tornati subito a casa, sarebbe potuto capitare qualcosa di brutto. Ora che siamo fuori mi sento davvero stupida».
Eli non rispose subito. Era un po' sorpreso, perché per la prima volta Bianca si stava esprimendo in un modo che sentiva di capire. Sembrava assurdo, ma erano passati solo pochi giorni da quando Bianca aveva perso sia la sua casa che tutta la sua famiglia; alcune persone si riprendevano da traumi del genere solo dopo intere settimane o addirittura mesi – altre non si riprendevano mai, eppure lei si era impegnata per riprendere in mano la propria vita solo dopo pochi giorni di lacrime e depressione. Questo, però, non significava che per lei ciò che aveva perduto contasse poco: la dimostrazione stava nel terrore che provava all'idea di poter perdere anche quel nuovo tetto che si stava sforzando di chiamare casa.
Lei accennò una risata amara. «Scusa. Sono un'idiota, vero?»
«No». Eli sollevò la mano per accarezzarle piano i capelli. Fu un contatto breve, dato giusto per farle capire che era tutto a posto. «Sei normale».
Continuarono a camminare per un po', uno accanto all'altra, in silenzio. Bianca alla fine si riprese dal suo momento di tristezza.
«Allora, che facciamo adesso?»
«Sono le undici e mezza e mia sorella passerà tra cinque ore. In un'ora faremo anche in tempo a tornare a casa a piedi».
Bianca si lamentò. «Ma sei pazzo?! È tutta salita da qui! Salita su strade di collina al buio!» gli fece notare, indicando la strada che portava fuori dal paese.
«Spero che le tue scarpe siano comode, allora. Io ci vedo benissimo al buio» replicò lui in tono noncurante.
«Non ne dubito, i tuoi occhi sembrano due lampadine» ribatté lei seccata, suo malgrado cominciando a seguirlo.
«Prima andiamo, prima potremo andare a casa a riposarci e a fare di meglio».
Trascorsero altri due minuti di silenzio, prima che Bianca riuscisse a trovare una risposta decente da dare.
«Mi era sembrato che tu ti divertissi parecchio con Cinzia, però».
«Tu dici?» fece Eli vago, sorridendo nell'oscurità.
«Sì. Tanto perché tu lo sappia, ha già un ragazzo. Si chiama Giorgio, va all'università. E poi Cinzia non prende mai nessuno sul serio! Gli basta che uno abbia un bel faccino o dei bei capelli, e non so quanti ragazzi ha cambiato dallo scorso anno... si può sapere che hai da ridere?»
Non riuscendo più a trattenersi, il ragazzo si era messo a sghignazzare, passandosi una mano tra i capelli corvini. Le sorrise mellifluo nell'oscurità quando riuscì a calmarsi, la luce fosforescente dello sguardo che le illuminava debolmente la pelle del viso. «Non so se sentirmi più lusingato perché durante la cena hai guardato me e quello che facevo, oppure perché pensi che io abbia un bel faccino e dei bei capelli. La seconda cosa ovviamente si sapeva già, ma fa piacere sentirselo dire proprio da te».
Bianca prese a biascicare qualcosa di incomprensibile e finì per restare indietro di qualche passo. Alla fine articolò: «non cambiare argomento!»
«Perché, di cosa stavamo parlando? Io me ne sono già scordato» la stuzzicò Eli, sempre sorridendo.
Un gemito animalesco e rabbioso proveniente da dietro di lui gli comunicò che Bianca era davvero inviperita. «Sei impossibile, lo sai?!» sbuffò. «Già che c'eri, mi stupisce che tu non abbia usato una delle tue incredibili tecniche vampiresche per sedurla e portartela a letto, visto che ti fissava come una cucciolotta fedele».
Eli fece di nuovo una gran fatica per evitare di ridere. Bianca, che nel frattempo stava cercando di arrancare sulla strada leggermente in salita per raggiungerlo, sembrò ancora più offesa.
«Si può sapere cos'hai da ridere? Non ho detto niente di strano!»
«Secondo me sì. Ti sembro il tipo da fare cose del genere?»
Lei non rispose immediatamente, forse rendendosi conto di ciò che aveva detto. «In effetti non hai sgarrato neanche una volta per questa punizione, nemmeno quando eravamo a scuola. Fai troppo il bravo bambino per poter fare una cosa del genere».
Il vampiro annuì compiaciuto. «Finalmente qualcosa di me l'hai capita. Beh, la punizione è un altro caso ancora, come ti ho spiegato l'altra volta, ma non avrebbe senso per me fare quello che hai detto tu... per tre motivi diversi».
Bianca intrecciò le dita delle mani dietro la schiena e continuò a guardarlo, in attesa che continuasse.
«Numero uno» cominciò Eli sollevando un dito «io non ho ancora scoperto i miei poteri da vampiro. In genere è sempre un tipo di potere mentale e molto spesso è una forma di ipnosi. Mio padre, mia nonna e le mie sorelle Angela e Katrina, per esempio, sanno ipnotizzare in modi diversi; mia madre Sonja invece riesce a leggere alcune cose della mente degli altri».
«Oh. E tu?»
«Io avrei già dovuto scoprirli uno o due anni fa, ma secondo la nonna sono tardivo. Dice che se il potere si fa aspettare, vuol dire che è potente e che quindi si sblocca solo quando sono abbastanza maturo per usarli. Quindi niente incredibile tecnica vampiresca, mi dispiace».
Bianca si strinse nelle spalle. «Dicevo per dire, non ti ho mica preso per un supereroe. C'è altro?»
«Numero due» continuò Eli, sollevando un secondo dito. «Noi vampiri non facciamo sesso».
Ci fu un lungo silenzio.
«Hai sentito quello che ho detto, umana?» domandò lui dopo un po', non avendo ricevuto risposta.
«No. Cioè sì, ma... scusa, Eli, ma non ci credo. Come cavolo è possibile?» domandò Bianca scettica. «Il sesso è l'argomento preferito di un sacco di esseri umani e i vampiri non sono tanto diversi, o sbaglio?»
«No, va bene, mi sono espresso male. Non volevo dire che non lo facciamo mai, però non abbiamo la stessa concezione di “sesso” degli esseri umani».
«In che senso?»
Eli stava perdendo tutta la voglia di parlare di quell'argomento, ma non ebbe il coraggio di tirarsi indietro. «Il fatto è che per fare sesso come gli esseri umani bisogna bere quasi il doppio della normale razione di sangue, altrimenti il corpo non... risponde».
Ci fu un altro silenzio più breve. «Vuoi dire che sei impotente?» chiese infine lei.
«No, vuol dire che il mio corpo funziona in modo diverso da quello di un umano. Che cos'avete tutti quanti con l'impotenza, poi? Anche Isa ha detto così la prima volta che gliel'ho spiegato...» borbottò il vampiro in tono irritato.
«Va bene, scusa, scusa! Quindi vuoi dire che non avrebbe avuto senso portartela a letto, perché comunque non avreste potuto combinare niente, giusto?»
«Esatto. Molto spesso per i vampiri il sesso è solo una seccatura. La maggior parte di noi trova molto più eccitante mordere il collo di qualcuno che ci piace, tant'è che molte coppie di vampiri restano platoniche».
Bianca strizzò gli occhi e scosse la testa come a voler scacciare quella frase. «Sì, ok, ho capito, non ho bisogno di altri dettagli» tagliò corto. «C'erano tre motivi, giusto? Qual è il terzo? Che non puoi invitare a uscire una ragazza la prima sera che la vedi?»
«No. Il terzo motivo è che io sono omosessuale».
Calò un altro silenzio, stavolta anche più lungo e più gelido del precedente. Eli non aggiunse altro, convinto che non ci fosse bisogno di altre spiegazioni, quindi fu Bianca la prima a rompere il silenzio tra i due.
«Vuoi dire che sei gay?»
«Sì».
«E perché non me l'hai detto prima?» domandò in tono accusatorio.
Eli le rivolse un'occhiataccia. «Non vedo perché dovrebbe interessarti sapere verso che soggetti mi sento attratto sessualmente. Tu sei eterosessuale, giusto? Anche se lo sei, non mi pare che quando ci siamo presentati tu abbia specificato che i maschi ti eccitano».
«No, ma che c'entra? È diverso».
«In che modo?» incalzò lui guardandola. Non ricevendo risposta, scosse la testa tra sé e allungò il passo. «Cosa mi tocca sopportare! Non solo devo starti sempre dietro, ma ora scopro anche che hai l'apertura mentale di una porta blindata».
Quella novità lo irritava. Si era erroneamente convinto che Bianca, essendo un'umana libera dalle tradizioni scomode dei sovrannaturali, fosse di mentalità più aperta, invece non era così. Si pentì subito di aver parlato, anche mentre la ragazza cercava di tenere il passo per rispondere.
«Avanti, Eli, non essere arrabbiato! Non ti volevo offendere, è che non me l'aspettavo! E poi parli proprio tu di chiusura mentale, quando in casa non avete neanche il wi-fi».
Lui la ignorò accuratamente. «Essere abituata ad avere l'accesso a Internet non implica che tu sia mentalmente aperta... e non esserlo non significa avere una mentalità bigotta. Se hai altre considerazioni ottuse da fare, accomodati pure».
Improvvisamente si sentì molto arrabbiato con lei. L'avrebbe volentieri abbandonata sul posto: chi glielo faceva fare, dopotutto? Non aveva neanche capito con esattezza cosa avesse spinto Sybil ad accogliere quell'intrusa in casa, fatta eccezione per quel racconto strambo sul destino.
«Eli, aspettami!» protestò Bianca, che ormai era rimasta indietro di più di due metri. «Vuoi lasciarmi qui da sola?!»
Per tutta risposta Eli allungò il passo e si chiuse nel proprio silenzio, infilandosi le mani nelle tasche. Del resto non si sarebbe potuto allontanare, anche volendo: c'era sempre il divieto di allontanarsi troppo quando erano fuori casa. Per il momento però voleva soltanto illudersi di poterle stare lontano e dimenticarsi la sua faccia. Quella avrebbe dovuto essere una delle sue preziose serate di riposo, invece si era dovuto beccare quella piattola e l'aveva dovuta accompagnare alla festa. L'universo poteva forse essere più ingiusto?
Poi, all'improvviso, sentì l'umana emettere una via di mezzo tra uno strillo spaventato e un rantolo. Si fermò e la raggiunse subito, osservandola con attenzione.
«Che succede? Che hai visto?»
Lei si stava cingendo il busto con le braccia come per farsi piccola piccola. «Ho sentito un ringhio strano che veniva da là».
Puntò il dito verso il campo che costeggiava la strada. Eli lo passò a setaccio con lo sguardo, ma non vide niente; sapeva per esperienza però che poteva essere di tutto.
«Stammi vicino. Va tutto bene».
«Se va tutto bene, perché devo starti vicino?»
Il vampiro non rispose, limitandosi a circondarle le spalle con il braccio e a stringerla a sé mentre tornava ad avanzare con passo più lento.
«Devi calmarti. Respira più profondamente e smetti di tremare» le mormorò piano.
«Certo, figurati, non mi ci vuole niente».
«Bene: se riesci ancora a usare il tuo stupido sarcasmo vuol dire che non hai troppa paura. Passerà tra qualche minuto, tu continua a camminare».
Decise che rivelarle che poteva trattarsi di uno spettro o di un lupo mannaro non sarebbe stata una buona idea, soprattutto quando sentì di nuovo un ringhio basso provenire da un punto imprecisato dietro di loro. Restò rigido nella sua posa, tenendo stretta Bianca, finché non sentì che erano entrambi al sicuro. A quel punto lasciò la presa.
«Va bene, dovrebbe essere passato. Ti consiglio di ricominciare a respirare».
Lei sospirò pesantemente. «Ma che cos'era?»
«Non lo so, ma preferisco non averlo scoperto» tagliò corto lui. «Tu stai bene? Hai male da qualche parte?»
«No, a parte la spalla». Bianca si massaggiò la spalla destra. «Voi vampiri magari non avete la forza sovrumana che immaginavo, ma avete le ossa di pietra. Pensavo volessi conficcarmi le dita nella carne».
«Alcuni vampiri hanno una forza sovrumana. Generalmente abbiamo un potere mentale e uno fisico, o comunque almeno uno dei due. Katrina per esempio è davvero forte».
Ripresero a camminare come prima, ma stavolta Eli lasciò di nuovo che Bianca lo affiancasse.
«Tu, invece? Di nuovo quella storia del tardivo?» chiese lei.
«Io so trasformarmi in nebbia».
Lo disse con un tono che voleva suonare noncurante, ma in realtà Eli ne andava piuttosto fiero. Non tutti i vampiri sapevano usare la metamorfosi e davvero pochi di quelli in grado di mutare sapevano trasformarsi in una cosa del genere – la si poteva considerare una dote più unica che rara. Anche se non aveva mai avuto occasione di usarla, ne andava abbastanza orgoglioso.
«Davvero? Ma è una figata!» esclamò la ragazza colpita. «Mi fai vedere?»
«No. Perderei tutti i vestiti e non mi va di ritrovarmi nudo in mezzo alla strada» ribatté lui con decisione.
«Andiamo, solo un pochino!»
«Ho detto di no!»

Arrivarono a casa sani e salvi, alla fine. Prima di entrare, Bianca trattenne il vampiro per la manica.
«Senti, Eli... grazie ancora per avermi portata alla festa, nonostante tutto».
Lui annuì appena senza dire niente.
«Ecco...» all'improvviso la ragazza parve a disagio. Lo guardò esitante. «Senti, per la cosa che mi hai detto...»
«Ah, giusto, grazie per avermelo ricordato». Eli la squadrò serio. «In famiglia non l'ho detto a nessuno. Ti sarei grato se non ne parlassi nemmeno tu. Per favore».
Lei parve stupita di quelle parole. Arrossì lievemente ed Eli percepì l'odore dolce del suo sangue mentre annuiva leggermente. «Certo. Nessun problema».
«Grazie». Il ragazzo però non aprì ancora il portone d'ingresso, continuando a guardarla. «Tu stavi per dirmi qualcosa?»
«No, niente, tranquillo». Bianca evitò il suo sguardo e scosse la testa. Eli non insistette e finalmente entrarono tutti e due.
A sorprenderli proprio all'entrata trovarono Isabella, che si era accomodata sui primi gradini delle scale ed era intenta a sfogliare un mazzo di carte. Quando sollevò lo sguardo, rivolse loro un gran sorriso.
«Bentornati, piccioncini! Siete andati a spassarvela, eh?»
Mentre Bianca diventava rossa come un peperone, Eli ci rise sopra e sorrise tranquillo a Isa, avvicinandosi a lei. «Spassarcela? Sono andato a un buffet ricchissimo e non ho potuto prendermi neanche un assaggio».
«Non è la stessa cosa anche quando sei a scuola?» domandò l'amica ridacchiando.
«Infatti anche la scuola è una tortura... ma sono un bravo ragazzo, io».
Si scambiarono un paio di baci sulle guance, poi Eli le fece strada verso il salotto. Fece un cenno sbrigativo a Bianca. «Vuoi restare impalata lì tutta la notte?»
Lei li guardò stupita. «Vengo anch'io?»
La fattucchiera rise di nuovo, ancora più forte di prima, tanto che Eli dovette farle segno di abbassare la voce. «Non è mica un party esclusivo! Avanti, vieni!»
Andarono in salotto. Eli si accomodò su una delle poltrone vicino alla televisione, mentre Isa si accovacciò sul morbido tappeto ai suoi piedi e sparse le carte davanti a sé. Era un mazzo di tarocchi completo di arcani maggiori e arcani minori.
L'unica umana presente, dopo un lungo momento d'indecisione, si sedette su un'altra poltrona lì vicino. «Non pensavo che saresti venuta. Non ci hai detto niente ieri... e come hai fatto a entrare?» domandò curiosa.
Isa drizzò la schiena e si batté il petto con fare orgoglioso. «Io sono un pezzo grosso! Non c'è porta che possa rimanere chiusa davanti a me!»
Eli scosse la testa e rettificò: «Isa è una delle mie amiche di vecchia data. Ogni settimana viene da me e si diverte a farmi delle predizioni senza senso».
La ragazza lo fulminò con lo sguardo a quelle parole. «Ehi! Le mie predizioni sono sicure al cento percento! È solo che non si avverano sempre subito, ecco. Per alcune ci vuole un po' di tempo».
«Cioè...?» fece l'umana, ancora confusa.
«Quando mi succede qualcosa di vagamente simile a ciò che Isa ha predetto, lei dice che la divinazione è stata un successo e che ciò che aveva visto era esattamente quello» spiegò lui con semplicità. «Allora? Cos'hai per me oggi?»
Isa gli rivolse un gran sorriso mentre con le mani continuava a sparpagliare le carte sul tappeto, mescolandole tra loro. «Ti piacerà! Ho inventato un nuovo metodo».
«Nuovo metodo? Come funziona?» domandò Bianca con curiosità.
«Ecco...»
«Te lo spiego io» s'intromise Eli. «I fattucchieri in generale si tramandano gli incantesimi e le magie di generazione in generazione, quindi sono tutte tecniche già inventate che funzionano alla perfezione. Isabella però si è messa in testa che i metodi dovrebbero cambiare da persona a persona secondo come si trovano meglio, quindi inventa di continuo nuove tecniche per fare le stesse magie. Ovviamente falliscono tutti».
«Guarda che ho ragione! Tu stai zitto, non sei mica un fattucchiere!» ribatté Isa in tono arrabbiato. «Diglielo anche tu, Bianca!»
«Ha ragione. La fattucchiera è lei, non tu» dichiarò l'altra con un'alzata di spalle.
Non avendo alcuna voglia di mettersi a litigare con due ragazze, Eli si appoggiò contro lo schienale della poltrona e si mise a braccia conserte. «Va bene, ho capito. Facciamola finita!»
Isa rise di nuovo. «Va bene, musone. Sai che c'è? Stavolta farò una predizione per Bianca. Lei sembra fidarsi molto più di te».
Eli scosse la testa, scettico. «Lei è un'umana. Ha la testa piena di scienza, fatti e così via. Ci crede anche meno di quanto ci creda io».
«Non è vero! Mentre tu in questi giorni a scuola stavi da una parte a tenere il broncio, io e Bianca parlavamo. Le piacciono tantissimo cose come tarocchi, chiromanzia e oroscopi!»
Era vero. Eli aveva accettato di essere più collaborativo, negli ultimi giorni, ma non si era interessato a conoscere di più Bianca né a seguire le sue conversazioni con Chiara ed Isa. Avrebbe dovuto prevedere, però, che con una fattucchiera e una maga non si poteva parlare che di magia.
Nei successivi minuti, le due ragazze passarono il tempo a mettere a punto la predizione. Isabella passò a Bianca un sacchetto di pietre di quarzo da tenere tra le mani, poi prese una boccetta e la segnò sulla fronte con un olio profumato. Alla fine radunò tutte le carte che aveva sparpagliato in un unico mazzo e da lì estrasse cinque carte. Ne dispose tre in fila, una sotto la seconda (verso Bianca) e un'altra sopra la prima (verso sé stessa).
«Questa linea è la tua vita. Passato, presente e futuro» spiegò Isa, indicandole le tre carte sulla linea centrale da sinistra verso destra. «Questa carta sotto il presente rappresenta l'atteggiamento che la predizione ti consiglia di mantenere nel presente in vista di ciò che ti attende nel futuro. Quest'altra carta sopra al futuro, invece, rappresenta i risultati che potrai ottenere se seguirai i consigli».
Cominciò a scoprire una carta alla volta. Alla posizione del passato rivelò il quattro di coppe, illustrato semplicemente con quattro calici dorati. Eli e Bianca attesero che Isabella dicesse qualcosa, ma la fattucchiera restò zitta.
«Aspetta, non mi spieghi che significa?» domandò la ragazza quando la vide posare le dita sulla carta del presente.
«Posso dirti cosa significa la carta, se vuoi: appagamento materiale, noia e insoddisfazione. In generale significa che oggettivamente non ti manca niente e vivi bene, ma allo stesso tempo conduci una vita noiosa e non sei in grado di sbloccarti da essa. Però il passato è una cosa che non riguarda né me né Eli; non ho intenzione di dire altro. Sicuramente tu hai capito da sola di cosa parlo».
Eli si voltò verso Bianca e scrutò la sua espressione. Quest'ultima si era rabbuiata, facendosi più seria.
La carta del presente rivelò “la torre”. Vi era illustrata una torre altissima e rotonda, circondata dalle fiamme, con delle sagome di persone in controluce che precipitavano verso l'abisso sottostante.
«La torre» mormorò Isa. «La tua vita sta cambiando in maniera radicale. Molti degli aspetti che credevi di conoscere e su cui facevi affidamento si capovolgono. Stai affrontando un periodo difficile che ti sta mettendo alla prova, ma tu devi farti forza e non lasciarti sopraffare».
Bianca era impallidita visibilmente e sembrava stesse trattenendo il respiro. Eli pensò bene di dire la sua.
«Se non altro, ha imparato a restare sveglia di notte. Magari un giorno si abituerà anche a dormire in una bara».
Questo riuscì a strappare a Bianca una risata. La ragazza gli lanciò un'occhiata divertita. «Non ho intenzione di dormire in una cassa da morto prima di aver tirato le cuoia!»
Risero tutti e tre ancora un po', poi Isa insistette perché tornassero a concentrarsi sulla predizione. Rivelò la carta sotto la torre, che raffigurava un globo latteo.
«La luna. Interessante» mormorò Isabella.
«Perché? Cosa devo fare?»
«Le carte non ti danno ordini, ma consigli sull'atteggiamento da prendere» disse Isa paziente. «La luna ti consiglia di agire di nascosto e in maniera indiretta. Usa la furbizia e l'astuzia, aggira l'ostacolo invece di abbatterlo direttamente».
A quelle parole Bianca diede un gran sospiro sconfortato e si lasciò cadere contro lo schienale. Eli e Isa la guardarono stupiti.
«Che c'è?» chiese la fattucchiera.
«Niente. Solo che il consiglio che mi hai dato è quello in cui sono più negata. Non sono affatto brava a fare le cose di nascosto! Al mio vecchio liceo i professori mi beccavano sempre quando cercavo di copiare».
«Non potevi studiare e basta?» domandò Eli in tono acido.
Mentre i due cominciavano già a lanciarsi occhiate in cagnesco, Isa si affrettò a fermare entrambi.
«Andiamo, calma! Mancano solo due carte».
Alla posizione del futuro rivelò una carta con sopra disegnate otto calici in ordine. Isa aggrottò la fronte e scoprì subito anche l'altra carta, che invece era un uomo con una corona in testa e una coppa decorata in mano.
«Ti piacciono proprio le coppe, eh? Di tre arcani minori che ti sono usciti, sono tutti di quel seme» mormorò Isa tra sé.
«Significa qualcosa?» domandò Bianca.
«No. Non in questa predizione, almeno». La fattucchiera si mise più comoda, a gambe incrociate. «Allora, l'otto di coppe indica un altro cambiamento. Stavolta però si tratta di un viaggio che intraprendi non perché non hai alternative, ma perché senti che è il momento di farlo. Lasci alle tue spalle una vita sicura per andare verso nuovi orizzonti». Indicò la carta sopra al futuro. «Questo invece è il re di coppe. Una persona dall'animo grande e compassionevole, con un'empatia che gli permette di comprendere i problemi degli altri e di aiutarli a risolvere. Diventerai una persona di cui gli altri si fideranno facilmente e i tuoi affetti saranno più forti e più intensi di quelli altrui».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale sia Eli che Isa fissarono molto a lungo Bianca. Alla fine lei si strinse nelle spalle.
«Sai, Isa? Credo che Eli abbia ragione, dopotutto. In questi discorsi del futuro non mi ci vedo affatto».
Se da una parte Eli era contento che gli si desse ragione, dall'altra si sentì un po' offeso per Isabella. Gli dava una brutta sensazione sentire qualcun altro screditare le sue predizioni. «Perché dici così?»
«Non devi preoccuparti se adesso non riesci a capire. Succede spesso che le persone non le capiscano, quando le sentono per la prima volta» aggiunse Isa.
«Però io non mi vedo come una persona così empatica come dici tu... e non penso nemmeno che potrei diventarlo» mormorò Bianca con un mezzo sorriso. Si sporse in avanti per restituire a Isa il sacchetto con i quarzi. «Non sono neanche capace di nascondere le cose a nessuno. E poi non vi sembra che la carta del futuro sia assurda? Insomma, dopo aver avuto una scossa simile alla mia vita, non mi ci vedo proprio a partire di nuovo per l'ignoto».
Anche Eli dovette ammettere a se stesso che non sembrava una cosa sensata. Non gli veniva in mente nessun motivo per cui Bianca dovesse andarsene di nuovo – non nell'immediato futuro, almeno. Dopo aver perso la casa e i genitori doveva sentirsi già molto fortunata ad aver avuto un'accoglienza in casa De Vile, ma le carte dicevano che avrebbe abbandonato quella stabilità così fortunata per andare chissà dove.
Isa non parve granché offesa. Le sorrise. «Quando si ricevono predizioni inaspettate, si tende sempre a essere un po' scettici. Sono sicura che cambierai idea. Intanto io qui ho finito! Eli, vuoi una predizione anche tu?»
Lui scosse la testa. «Sarà per un'altra volta. Vi va, piuttosto, di andare da qualche parte?»
«No. Non dopo che mi hai fatto fare quella scarpinata infinita» borbottò Bianca. «Facciamo qualcos'altro. Che ne so... guardiamo un film. Facciamoci una maratona, magari».
Eli non amava granché guardare la televisione, ma alla fine le ragazze decisero di passare il tempo a guardare i vecchi film disponibili in casa. Quando come prima pellicola riesumarono un vecchissimo “Nosferatu il vampiro”, il ragazzo decise che era ora di lasciare le femmine per conto loro e di andare da solo a fare un giro.

Una volta fuori casa guardò l'orologio, che segnava l'una. Aveva ancora qualche ora prima di essere costretto a tornare dentro, ma non aveva niente di particolare da fare, per il momento. Decise di andare nella serra in giardino e di prendersi un po' di tempo per se stesso lì.
A sorpresa, ci trovò Sybil, che aveva lasciato le luci spente. Al momento era impegnata a carezzare pigramente i petali bianchi di qualche narciso autunnale. Quando notò il nipote, gli rivolse un bel sorriso e si riportò una ciocca bionda dietro l'orecchio.
«Siediti qui accanto a me. Com'è andata la cena?»
Eli non perse nemmeno tempo a chiedersi come facesse a saperlo. Si accomodò al suo fianco ubbidiente e lei cominciò subito a carezzargli e sistemargli i capelli. La lasciò fare.
«È andata bene, credo. Non sono abituato a stare con gli umani. Per me è stato strano, ma credo che Bianca si sia divertita».
«Bene. D'ora in poi però evita di farla tornare a piedi da così lontano. Gli umani sono più fragili dei vampiri... e sul tratto di strada che avete percorso stasera c'erano dei lupi mannari. Siete stati fortunati a non incrociarli».
Di nuovo, non avrebbe saputo dire come facesse lei a saperlo. Fatto stava che quella notizia aveva un che di allarmante.
«Mi dispiace. Avevamo ancora cinque ore prima che Angela tornasse a prenderci e non sapevamo cosa fare... quindi ho pensato fosse preferibile. Non volevo certo metterla in pericolo».
«Certo che no, piccolo mio». Sybil gli carezzò ancora i capelli con delicatezza. «D'ora in poi assicurati che non succeda più, però. Sento che la sua presenza in famiglia ci porterà qualcosa di davvero buono».
Quella frase non gli piacque. Aveva già capito che la nonna aveva portato Bianca a casa loro perché riteneva fosse qualcuno con un destino legato al loro, ma detto in quel modo sembrava che fosse interessata a lei solo dal punto di vista materiale.
Passò qualche minuto durante il quale Eli continuò a farsi lisciare i capelli. Sapeva per certo che Sybil l'avrebbe preferito con i capelli corti, ma sapeva anche che sua nonna trovava uno strano conforto nel pettinarglieli con le dita quando poteva. Ormai era abituato da anni a quella routine: poteva dire che quella vampira era una delle poche persone a potergli toccare liberamente i capelli senza farlo arrabbiare.
«Oggi sono tornata a indagare alla casa dei Petresi» mormorò la nonna dopo un po'. «Ho scoperto qualcosa di nuovo e vorrei dirtelo, ma devi anche promettermi che non lo dirai a Bianca».
Eli liberò i propri capelli dalle sue mani per guardarla con sospetto. «Perché?»
«Eli». Gli occhi viola di Sybil furono attraversati da un bagliore di avvertimento che si rifletté sulle piante nell'oscurità. «Fai come ti dico.»
Il ragazzo non poté rifiutarsi. Annuì.
«Bene». Sybil prese un bel respiro. «Ho cercato tutte le informazioni scoperte sul caso. Gli umani pensano che sia stata una fuga di gas, ma c'è traccia di fiamme di origine sconosciuta. Io penso che qualcuno possa aver appiccato il fuoco... ed è molto probabile che quel fuoco fosse magico».
Sulle spalle di Eli piombò un'opprimente sensazione di gelo. Se Bianca avesse scoperto che le origini delle fiamme erano sovrannaturali, non si sarebbe più fidata di nessuno: non di Isa, non di Chiara, non di Eli o di nessun membro della loro famiglia. Avrebbe anche potuto decidere di iniziare una caccia ai sovrannaturali, se le cose andavano male.
«Io continuerò a cercare informazioni e mi impegnerò per scoprire chi è il colpevole e perché l'ha fatto. Nel frattempo, voglio che tu protegga Bianca più che puoi. Non credo che qualcuno vorrà farle del male in maniera diretta, ma è importante che siamo preparati. È bene anche che tu mantenga il segreto, o potrebbe decidere di fare qualche sciocchezza. Hai capito?»
Eli annuì. Cos'altro avrebbe potuto rispondere, dopotutto? Se non ci fosse riuscita sua nonna, allora suo padre avrebbe potuto impartirgli ordini cui gli sarebbe stato impossibile disubbidire.
«È per questo che sono stato punito? La punizione era un modo per farmi stare sempre a contatto con Bianca senza farmi sapere la verità?»
«Non esattamente. Avevo dei sospetti che sono stati confermati stasera e volevo che Bianca fosse protetta, ma l'obiettivo principale della punizione era farvi andare d'accordo. Da adesso in poi sarai libero di andare dove preferisci, ma voglio comunque che tu la tenga d'occhio più che puoi. Non c'è bisogno di un controllo ossessivo, quindi la cosa non dovrebbe avere influenze sulle tue abitudini».
Il tono con cui aveva parlato non ammetteva repliche. Il vampiro annuì di nuovo, rilassando le spalle e guardando in basso. Non sapeva proprio cos'altro dire in risposta: aveva ottenuto la libertà dalla punizione, ma aveva anche ottenuto un enorme peso sullo stomaco.
«C'è altro?» chiese piano.
Sybil gli sorrise candida. «Solo una cosa. Farai bene a imparare in fretta a scegliere meglio i tuoi amici».
I pensieri del ragazzo corsero subito a Luca. Guardò la nonna di sottecchi. «Che cosa vuoi dire?»
«Oh, penso tu capisca benissimo quello che voglio dire, giovincello». Lo sguardo furbetto e il sorriso della vampira gli parvero improvvisamente terrificanti. La guardò alzarsi in piedi e allontanarsi senza riuscire ad aggiungere altro.
«Passa una bella serata, Eli. Assicurati di rientrare prima dell'alba se non vuoi ridurti in cenere».







Con un ritardo di più di sei mesi, ecco un nuovo capitolo. Come al solito vi invito a farmi sapere i vostri pareri sulla storia, sui personaggi e sul mio stile di scrittura nelle recensioni o via messaggio privato. Al prossimo aggiornamento!
Ignis

   
 
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