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Autore: Julie_A    02/08/2016    0 recensioni
«Quando l’aveva vista a terra, esanime, con il volto pallido come la cera… A Gabe non era mai capitato di provare paura per qualcuno, in special modo per una mondana – anche se in realtà Crystal non era affatto una mondana, rifletté. Non aveva mai sentito il sangue raggelarsi nelle vene come quando si era posato il capo di lei, appiccicoso di sangue demoniaco, sulla gamba e aveva iniziato a scuoterla sperando che ciò bastasse a rianimarla. E la ventata di sollievo che lo aveva investito quando lei aveva aperto lentamente le palpebre e i suoi occhi lucenti come zaffiri lo avevano guardato, confusi e disorientati…»
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NOTA DELL'AUTRICE: questa ff è stata scritta basandomi solamente sulla conoscenza ottenuta dai primi capitoli della saga e informandomi sul web, quindi mi scuso agli appassionati se troveranno delle incongruenze tra ciò che ho scritto io con ciò che è stato scritto dalla Clare. Inoltre, la storia è ambientata a Los Angeles/Long Beach, ma non troverete alcun collegamento con 'The Dark Artificies' (poiché ho scritto questa ff prima di venire a conoscenza di quel sequel). Ci saranno però comparse dei personaggi di 'The Mortal Instruments'. Vi auguro buona lettura^^
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 2

IL LADRO DI DONUTS

Quel pomeriggio Crystal si trovò a gestire da sola il locale. Il venerdì era il giorno di riposo di Oliver, e Miranda si era allontanata per consegnare un ordine dall’altra parte della città.

La ragazza pensò che se Miranda non si era fatta problemi a lasciarla da sola voleva dire che già si fidava di lei. In realtà a quell’ora non c’era mai molto andirivieni di clientela, ma Crystal era comunque soddisfatta della buona impressione che aveva fatto nella sua prima settimana di lavoro.

Andò a sedersi ad uno dei tavolini all’entrata con il quotidiano tra le mani. Avrebbe letto i titoli giusto per ammazzare il tempo, in attesa che Miranda tornasse per darle il cambio.

Aveva appena sfogliato la prima pagina, quando con la coda dell’occhio le parve di vedere un’ombra scivolare oltre la porta d’ingresso aperta.

Volse lo sguardo per controllare, ma non vide nessuno. Probabilmente si trattava soltanto dell’ombra proiettata dai rami degli alberi in strada che dondolavano al vento.

Tornò a posare gli occhi sul titolo di testa, che parlava dell’ennesimo atto vandalico sulla Pacific Palisades, poche miglia lontano dall’Every Flavour Donuts. Sembrava che delle gang si stessero contendendo il dominio di quella zona.

All’improvviso udì una risata femminile provenire dalla veranda del locale e si voltò allarmata. Una ragazza alta e dalla chioma color ruggine se ne stava in piedi al centro della veranda, una mano appoggiata su una delle sedie di vimini.

Crystal non fece in tempo a chiedersi come avesse fatto ad entrare, che un ragazzo biondo balzò all’interno scavalcando la siepe che delimitava il terrazzino con un’agilità da parkourer. Atterrò sulle punte dei piedi, accovacciato e con le braccia tese. Sì rizzò in piedi veloce come un furetto, prese la rossa per i fianchi e la baciò.

Esterrefatta, Crystal pensò a che cosa dovesse fare. Quello non era di certo un comportamento da tenere in un locale, ma Crystal rifletté anche sul fatto che quei due teppisti dovevano avere più o meno la sua età e non aveva la minima idea di come avrebbero reagito vedendo che a riprenderli fosse una loro coetanea.

Si avviò verso la veranda, paonazza in volto per la rabbia, quando un rumore alle sue spalle le gelò il sangue nelle vene. Era lo scricchiolio che il soppalco produceva ogni volta che qualcuno saliva dietro al bancone.

Crystal si voltò di scatto e sorprese un ragazzo dai capelli scuri trafficare nella vetrina dei donuts. Stava agendo indisturbato, come se nessuno potesse vederlo.

«Ehi, giù le mani da lì!», gridò Crystal correndo verso il ragazzo.

Lui alzò appena la testa, con aria indifferente.

«Dimmi, sei sordo per caso?», insistette la ragazza.

Il ladro addentò una ciambella, poi volse lentamente lo sguardo verso Crystal. La fissò per un lungo momento prima di aprire bocca. «Stai… Parli con me?», domandò con nonchalance.

Crystal pensò che non aveva mai incontrato nessuno con tanta faccia tosta. Alzò le braccia in aria, spazientita. «Con chi altri, se no? Vieni subito via da lì!»

Il volto del ragazzo cambiò. Crystal vide stupore e incertezza nei suoi occhi verdi come l’erba in primavera.

«Allora?», continuò lei sempre più nervosa.

«Io…tu…», balbettò il ragazzo. «Tu riesci a vedermi?»

Crystal levò gli occhi al cielo. «Oh, Dio, un'altra vittima della Crocodile. Sei già il terzo questa settimana.»

«Non sono un drogato», replicò secco il ragazzo. «Come ti chiami?»

Crystal impuntò le mani sui fianchi. «Cosa vorresti fare, flirtare con me per farti passare il fatto che ti ho appena sorpreso a rubare dalla vetrina?»

Lui fece un sorriso sghembo, mostrando denti così luminosi da non poter essere naturali.

Nel frattempo, il tizio biondo che Crystal aveva visto in veranda si era avvicinato ai due, attirato dal trambusto.

«Che cosa succede, Gabe?», intervenne alle spalle di Crystal. «Ti stai divertendo con la mondana

La ragazza fece un balzo per lo spavento, poi si voltò furente verso il biondo. «Come mi hai chiamata, scusa?»

Lui parve rimanere sorpreso. Forse non era abituato alle ragazze come Crystal, che non avevano paura di niente, nemmeno di rispondere in quel modo ad un ragazzo tanto bello.

Gabe lanciò al compagno uno sguardo confuso. «Ecco, appunto», disse. «Cosa credi che sia?»

«Non è abbastanza bella per essere una fata…», constatò l’altro con aria seria, «…però…»

«Siete pessimi ladri quanto pessimi adulatori», replicò Crystal.

«Non era un complimento, sciocca mondana», rispose il biondo.

«La vuoi piantare di chiamarmi in quel modo?»

«Che cosa facciamo, Cole?», intervenne Gabe. «Sembra che lei non sappia nulla.»

Il biondo, che rispondeva al nome di Cole, scrollò le spalle. «Non ne ho idea. Forse sta solo fingendo. Hai controllato il Rivelatore?»

Gabe annuì. «Nessuna traccia di attività demoniaca. Questa qui è una mondana

Crystal, che aveva assistito a quella patetica scenetta in silenzio, sbuffò. «Sentite, siete completamente pazzi. Vi conviene darmi delle spiegazioni sensate prima che io decida di chiamare la polizia», obiettò. «Perché sei entrato scavalcando la siepe?», chiese rivolta a Cole. «E tu perché sei salito dietro al bancone come se io non avessi potuto vederti?», aggiunse parlando a Gabe.

«Perché, tecnicamente, tu non dovresti riuscire a vederci», obiettò il moro.

Crystal fece una risatina amareggiata. «Ancora con questa storia?»

«Gabe, questa non può essere una mondana. Nessun mondano può avere la Vista e lei ce l’ha», dedusse il biondo.

«Questo lo so», replicò infastidito. «Dovremmo portarla da Victoria. Forse lei saprà dircelo.»

«Io non vengo da nessuna parte!», esclamò Crystal. Stava quasi urlando. «E chi è quella tipa laggiù? Perché ci sta fissando?»

«Oh, lei è Julie», disse il biondo. «E’ rimasta a fare da palo. Sai, le precauzioni contro i demoni non sono mai troppe. Ultimamente agiscono indisturbati anche in pieno giorno.»

«Taci, Cole», lo zittì Gabe. «Non devi parlare di questo con lei. Non sappiamo ancora che cosa sia.»

«Chiediamo un parere a Julie», propose Cole. «Lei è una mezza fata, no? Forse ne capisce più di noi.»

«Già, buona idea», disse l’altro prima di fare un cenno alla ragazza con la mano.

Appena colse il segnale, la ragazza diede un’occhiata fugace alla veranda, poi entrò all’interno del locale.

Crystal non poté non notare l’eleganza con cui ella si muoveva, sinuosa e bellissima in un paio di jeans scuri ed una giacca di pelle nera. I lunghi capelli ramati le danzavano sulle spalle in morbidi boccoli composti.

«Che cosa c’è?», domandò lei con fare annoiato.

Ora che era ad un metro da lei, Crystal vedeva la perfezione del viso della ragazza. La pelle diafana e liscia come quella di una statua greca, gli occhi verdi impreziositi da pagliuzze ambrate, le labbra piene e rosse. Portava un septum al naso, un semplice cerchietto argentato abbellito da minuscoli diamanti.

«La ragazza non è una mondana», decretò Cole con un tono da sentenza giudiziaria.

«Però. Che occhio», lo schernì lei. «Se ci vede senza che abbiamo attivato la runa della visibilità è per forza una di noi.»

I due ragazzi si guardarono negli occhi, poi entrambi si tirarono su le maniche delle giacche nere.

Crystal rimase terrificata nel vedere che le braccia di Cole e Gabe erano piene di strani tatuaggi, alcuni scuri e altri più chiari. Alcuni sembravano quasi delle cicatrici.

«La mia non è attiva», disse Gabe indicandosi uno tra le decine di segni sull’avambraccio destro.

«Neanche la mia», rispose Cole guardandosi il gomito sinistro.

«Allora o è una Nephilim o è una Nascosta. C’è poco su cui riflettere», obiettò la rossa.

«Ma di che diavolo state parlando?», urlò Crystal in preda al panico.

Era convinta che quei tre stessero cercando di farla uscire di senno.

«Io so chi siete voi», continuò. «Fate parte di una di quelle stupide bande che stanno facendo casino sulla Pacific Palisades, non è vero? Per cos’è, per la droga? Si spiegherebbe perché nessuno di voi ha ancora detto una frase che abbia un senso.»

«Solo perché tu non ne vedi il senso non vuol dire che non ci sia, mondana», la prese in contropiede Cole.

«Non chiamarla così», fece Julie in tono quasi materno. «Non lo è.»

Crystal ne ebbe abbastanza di quei tre psicopatici. «Io chiamo la polizia», sentenziò mostrando sicurezza. In realtà era terrorizzata.

Cole scoppiò a ridere. La sua risata suonò quasi malvagia. «Certo. E cosa dirai? Chi ti crederà, se nessuno può vederci a parte te?»

«Ma che accidenti stai…» S’interruppe quando udì dei passi alle sue spalle.

«Eccomi, Crys». Era la voce di Miranda. «Con chi stavi parlando?»

La ragazza si girò, il volto esangue. «Oh, ciao. Io…»

«Ehi, ti senti bene? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma.»

Crystal guardò dietro la sua spalla, cercando le sagome di Gabe, Cole e Julie, ma non vide nessuno. Allora compì mezzo giro e fu allora che li vide, in piedi nella veranda. Cole stava sogghignando e le faceva il saluto militare, mentre Gabe e Julie erano impegnati a parlare fra di loro.

«Crystal?»

Lei si volse nuovamente verso Miranda. Sospirò. «È tutto okay. Credo di aver avuto un calo di pressione.»



Crystal richiuse la porta d’ingresso con una gomitata. Le gambe le tremavano. Il suo cervello non riusciva ancora ad elaborare ciò che era successo al locale. Sebbene ci avesse riflettuto per tutto il tragitto fino al suo appartamento, non era arrivata a nessuna spiegazione logica. Chi erano quegli strani individui tatuati che aveva visto? E soprattutto che cosa volevano da lei?

Si gettò sul letto e calciò via le scarpe nervosamente. Stava cominciando a pensare di essersi immaginata tutto.

Loro le avevano detto che nessuno poteva vederli, che nemmeno lei avrebbe dovuto. Però lei ci riusciva. Eccome.

Crystal li aveva definiti degli psicopatici fino a che Miranda non era entrata nel locale e le aveva chiesto con chi stesse parlando. Era stato in quel momento che lei aveva capito che la sua collega non riusciva davvero a vedere i tre teppisti vestiti di nero, mentre lei sì.

Parole sconosciute le risuonavano nella testa. Rune. Rivelatore. Nascosta. Demoni. Fate.

Mondana.

Cole e Gabe l’avevano chiamata così più volte. Ma che cosa significava davvero quella parola?

Si rigirò nel letto e affondò la testa nel morbido cuscino di piuma d’oca. Quei tre fantasmi erano troppo strani, troppo seri e perfino troppo perfetti per essere dei semplici componenti di una banda criminale. Parlavano con scioltezza usando quei termini inusuali come se fossero stati delle parole in codice. Non puzzavano d’alcol, né parevano dei rozzi. La ragazza poi, Julie, era di una bellezza quasi esagerata. Crystal la immaginava più sfilare lungo una passerella vestita da Armani, piuttosto che ritirare mazzette tra i vicoli.

Chiuse gli occhi, cercando pace. Ma presto, quand’era sul punto di addormentarsi, davanti alle palpebre abbassate iniziò a vedere strani segni luminosi simili a geroglifici.



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PERSONAGGIO DEL GIORNO:
Gabriel 'Gabe' Moorefield

Gabe Moorefield
  
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