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Autore: reginamills    02/08/2016    5 recensioni
{Sequel di Take Me Away} | Outlaw Queen AU. Robin Locksley aveva tutto: una bellissima casa, una moglie che amava con tutto sé stesso e che lo ricambiava, un bambino in arrivo e perfino un fedele amico: si tratta di Wilson, il Golden Retriever che lui e Regina avevano adottato. Ma ecco qui: un battito di ciglia e tutto ciò che ama di più sembra scomparire davanti ai suoi occhi. E, come se non bastasse, il passato sembra ripresentarsi...
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ma salve! Se state leggendo questa introduzione significa che siete sopravvissuti allo shock del primo capitolo e, cosa più importante, avete scelto di continuare a leggere questa ennesima follia. Significa anche, comunque, che non mi avete assalito coi forconi sotto casa, visto che la sto scrivendo ;)
Scherzi a parte, ancora grazie mille per ogni recensione che ho ricevuto, grazie per i complimenti e grazie anche solo perchè state ancora leggendo.
Non vi faccio più perdere tempo: a voi il vostro nuovo capitolo!
 

 

“E’ colpa mia, papà. E’ solo colpa mia se la mamma è morta.” sussurrò, mentre le sue lacrime bagnavano furiosamente il petto di Robin. Si sentì morire, si sentì mancare le parole ed il respiro, quindi la strinse ancora più forte. Tentò l’impossibile per non scoppiare a sua volta in un pianto interminabile perché sapeva, oh, se sapeva quanto difficile sarebbe stato per lui fingere per l’ottavo anno consecutivo che quel giorno andasse festeggiato con felicità, gioia, serenità. Da una parte, forse, era grato che la sua bambina non si aspettasse questo da lui, che, nonostante la sua giovanissima età avesse capito in parte quanto difficile dovesse essere per lui. Almeno non avrebbe dovuto più fingere.
Stronzate, Locksley. Lo farai comunque. Glielo devi. Devi farle dimenticare anche solo per qualche secondo quella giornata di merda. Devi farle credere che, nonostante tutto, quel giorno sia stato magico perché ti ha portato lei, la cosa più bella della tua vita, la tua bambina. La voce nella sua testa, che negli ultimi anni aveva assunto spaventosamente un tono molto simile a quello di Regina, aveva ragione. Glielo doveva.
Era troppo piccola per soffrire così tanto. Meritava di festeggiare il suo compleanno come tutti gli altri bambini, di essere felice, di giocare spensierata e di pensare che il giorno del suo compleanno fosse un giorno da aspettare con ansia tutto l’anno perché valeva la pena di essere festeggiato.
Robin strinse forte le palpebre, poi baciò i capelli di sua figlia:
“Non dirlo mai più, Renee, mi hai capito?” il tono era fermo e deciso, ma non c’era traccia di severità. Non era un rimprovero, nonostante sperasse che suonasse come tale. “Se la mamma fosse qui, non è questo che vorrebbe sentirsi dire da te. Lei, io, la nonna, nessuno ha mai pensato questo di te.” mentiva, mentiva spudoratamente ma lei, giurò, sua figlia non l’avrebbe mai saputo. Perché lo aveva pensato, seppur per una manciata di ore, e non passava giorno senza che se ne vergognasse. “Dopodomani sarà un giorno molto speciale, per te e tutti quelli che ti vogliono bene. Organizzeremo una festa meravigliosa, con tutti i tuoi compagni di classe e—”
“No.” disse fermamente, sollevando il viso dal petto del padre per guardarlo negli occhi. Dio, quegli occhi. Erano blu come il mare ma, attorno alle pupille, c’erano dei raggi di un marrone così intenso da fargli venire i brividi. Questo era il miracolo di cui parlava sempre Regina, ogni volta che guardava sua figlia negli occhi lo capiva. “Non voglio una festa, papà.”
“Perché no, tesoro, possiamo far venire qui tutti i tuoi amici o, se preferisci, possiamo andare da un’altra parte.” le accarezzò dolcemente il viso.
“Io non ho amici, papà. Nessuno di loro verrebbe alla mia festa e, comunque, io non glielo chiederei mai.” si strinse nelle spalle e a Robin fece una tenerezza immensa. “A scuola me ne sto sempre in disparte e a me va bene così. Non ho bisogno di amici, per ora.” gli si strinse il cuore a quelle parole. Sembrava davvero dimostrare più anni di quanti ne avesse in realtà. Era così speciale che gli faceva tremare lo stomaco ogni volta.
“Almeno lascia che io e la nonna ti prepariamo una torta. Cioccolato e fragole.” 
Vide un enorme sorriso curvarle le labbra e fu come tornare di nuovo a respirare. Dio, quant’era bella quando sorrideva. Proprio come sua madre.
“Promettimi che riuscirai a trovare le fragole” disse, con un luccichio di speranza negli occhi che fece sorridere anche lui.
“Promesso.”

Quando si svegliò nel cuore della notte, il suo angelo non era lì, nel letto, accanto a lui. Vide la luce accesa in cucina e non poté far a meno di sorridere: ah, il settimo mese di gravidanza e le voglie sempre più frequenti. 
La sentì frugare nel frigorifero e cercò di trattenere una risata. Si infilò la vestaglia e si alzò dal letto per raggiungerla, solo per trovarla seduta al tavolo a mangiare la torta che Angela le aveva preparato due giorni prima. Sorrise:
“Adesso ti alzi anche di notte?” le si avvicinò, mettendosi a sedere accanto a lei.
“Mi dispiace, ma tua figlia ha bisogno di fragole.” aveva le dita completamente coperte di cioccolato, mentre si tagliava un’altra fetta di torta, togliendo la fragola dal bordo e portandosela tra le labbra. Robin la osservò, trovandola incredibilmente sexy e dolce allo stesso tempo. Quel mix lo faceva impazzire, non importava quanto ci fosse abituato ormai. Per lui, Regina Mills era sempre una sorpresa, qualcosa di nuovo da scoprire ed adorare.
Dio, la amava.
Lo trovò lì a guardarla, gli occhi blu fissi nei suoi e, all’improvviso, mollò la fetta nel piatto.
“Sono grassa, Robin?”
Lo sorprese talmente tanto che pensò di strozzarsi con la sua stessa saliva: “Cosa?” rise.
“A forza di mangiare dolci sto diventando una balena, non è vero? Ti prego, devi dirmelo.”
“Regina—”
“No, smettila di fingere. Il modo in cui mi guardi suggerisce che tra un paio di mesi non mi sfiorerai neppure più per sbaglio.”
“Vuoi smetterla di dire stupidaggini?” disse, serio. “Regina, sei bellissima. Ti voglio adesso come ti volevo sette mesi fa, ti vorrò tra due mesi allo stesso modo. Desidero il tuo corpo costantemente, amore mio, non hai idea di quanto. Ho voglia di te, qui, ora, su questo tavolo. Voglio portarti nel nostro letto e fare l’amore con te fino all’alba, poi svegliarmi accanto a te e farlo di nuovo. Ho sempre voglia di te.” le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente, facendo appena sfiorare le loro labbra. Quelle di Regina sapevano di cioccolato e fragole e non poté far a meno di sorriderne. “E tu?” sorrise, alzando un sopracciglio con aria di sfida, mentre prendeva una fragola dalla torta. La mise accanto alle sue labbra e osservò il modo in cui i suoi occhi si illuminarono immediatamente. Stava per morderla ma lui la fermò:
“Ah-ah! Scegli. Me o la fragola.”
“Stai scherzando?” rise
Scosse la testa: “Quale vuoi per prima?”
“Non tentare troppo la fortuna, Locksley. Potresti rimanerci male.” prese la fragola tra le dita e fece roteare la punta tra le sue labbra, poi guardò Robin dritto negli occhi e la morse, dopodiché gliela passò, facendo in modo che ne avesse un morso anche lui. Era completamente rapito da ogni gesto che quella donna faceva e, in quel momento, la desiderò più di ogni altra cosa.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Regina premette le sue labbra contro quelle di Robin, sentendo il sapore della fragola quando la sua lingua avvolse quella di lui.
“E così mia moglie preferisce una fragola a me, eh?” disse fingendosi arrabbiato mentre, lentamente, si sbottonava la camicia. La vide mordersi il labbro e sorrise, uno di quei sorrisetti di chi è perfettamente consapevole di aver vinto su tutti i fronti.
“Forse.” inarcò un sopracciglio, ridacchiando. “Perché, tu cosa mi offri?”
Senza esitare, Robin le prese il viso fra le mani e la baciò con foga, con passione, fino a lasciarla senza fiato. Era così innamorato di quell’angelo, lo faceva impazzire anche quando era lui a tentare di provocarla.
“Non hai idea di quanto ti desidero, amore mio.” le sussurrò a fior di labbra, e lei ci mise più di qualche secondo per staccare gli occhi dalla bocca di Robin, così pericolosamente vicina alla sua.
“Allora portami a letto.” sussurrò, seria più che mai. Lo desiderava anche lei, quelle tre settimane passate senza sentire il suo corpo contro quello di Robin erano state una tortura. Lo desiderava più che mai, lì, in quel momento. 
“Sei sicura che…” lo vide mordersi il labbro con incertezza e sorrise:
“Non succederà niente, Robin. Io e il bambino siamo più forti che mai, ora. Puoi toccarmi, baciarmi e fare l’amore con me tutta la notte.” posò un’altra volta le labbra sulle sue e lesse tutta la sua voglia di lei in quegli occhi leggermente abbassati, volti ad osservare ogni movimento del suo viso.
Lentamente, con estrema delicatezza, attento a non farle male in alcun modo, la sollevò, come ricordava di aver fatto durante la loro prima notte da sposati. La sentì ridere mentre nascondeva il viso contro il suo collo, solleticandogli dolcemente la pelle con quelle labbra morbide che già gli mancavano. 
“Non sono pesante?” sorrise, lasciandogli un bacio sull’incavo della sua spalla.
“Oh sì, infatti pensavo di lasciarti cadere proprio qui, che cosa ne dici?” Robin rise e per un minuscolo istante, Regina sentì le sue mani lasciarla lentamente per poi riprenderla in fretta, facendola sobbalzare e ridere allo stesso tempo: “Non farlo mai più.” gli disse, seria, poi lo baciò sulle labbra, “Portami a letto.”

Sentì il suo cuore contrarsi ripetutamente a quel ricordo, a quel piccolo ricordo di quando il paradiso e gli angeli erano il pane quotidiano. Sorrise alla sua bambina e le accarezzò i morbidi boccoli neri:
“Ti ho preso una cosa.” disse, guardando attentamente il modo in cui gli occhi della sua piccola si illuminarono all’improvviso. Allungò una mano dietro alla sua schiena, per raggiungere la busta di carta marrone che aveva lasciato sul comodino di sua figlia. “Volevo dartelo domani, ma…”
“Oh, papà…” rise, felice come non mai. Fu come assistere al momento in cui le nuvole liberano il sole, lasciando che i suoi raggi risplendano in tutta la loro bellezza. Era questo ciò che vedeva negli occhi di sua figlia, come se, per un po’ di tempo, potesse davvero dimenticare la tristezza. “Che cos’è?” prese la busta dalle mani del padre e ne tirò fuori un pacchetto, incartato con cura in una morbida carta gialla ed un fiocchetto arancione. 
“Aprilo.” le sorrise e Renee obbedì: in fretta e furia tolse il fiocco, poi strappò la carta, proprio come usava fare da piccola durante la mattina di natale. Quando si ritrovò in mano un diario, rilegato in pelle marrone, con le pagine leggermente e volutamente ingiallite, Robin osservò in modo in cui le sue piccole labbra si schiudevano per formare una “o” piuttosto sorpresa. 
“E’…”
“Quello che avevi visto nel mio ufficio. Visto il modo in cui ti piaceva ho chiesto alla ragazza che lo aveva dove comprarlo, e finalmente l’ho trovato.” sorrise, passandole una mano tra i morbidi capelli corvini. Il viso di Renee sembrava brillare di luce propria. Mai nella sua vita aveva visto una bambina così felice di un regalo così semplice e apparentemente sciocco per una piccola di quasi otto anni.
“E’ bellissimo!” esclamò, mentre il suo piccolo pollice accarezzava la pelle marrone che rivestiva il diario, come se stesse cercando di conoscerne ogni dettaglio con il semplice senso del tatto. 
“E… se lo apri…” Robin, con un sorriso quasi commosso, le presentò la prima pagina dove, incollata, c’era una foto di Regina. La sua Regina. Il suo angelo meraviglioso. Era così bella in quella foto, ricordava di averla scattata mentre era distratta, seduta sul dondolo sotto il portico di casa loro. Abbracciava il pancione come se stesse tenendo il suo tutto, mentre si lasciava distrarre da un dettaglio che Robin non era mai riuscito a ricordare. Era una foto così bella che l’aveva stretta a sé ogni notte da quando l’aveva persa, ogni notte fino a quel giorno. Ora sarebbe stata di sua figlia. Del loro Piccolo Miracolo.
Per Robin, quello era il regalo più grande che potesse fare a Renee, ma non pretendeva certo che lei potesse capirlo, così piccola e innocente, completamente ignara di quanto dolore potesse fargli separarsene, ma allo stesso tempo di quanto potesse renderlo felice il fatto di regalarla alla persona più importante della sua vita. 
“Era così bella.” sussurrò la piccola, fissando la foto come se fosse un miraggio. Era vero, era senz’altro la meraviglia più bella su cui Robin avesse mai posato gli occhi. Fece appena in tempo a ricacciare indietro le lacrime che subito ne vide una bagnare la fotografia che Renee stringeva forte tra le sue piccole dita. 
Per un istante, un terribile istante, temette di essere arrivato troppo tardi per fermare il suo pianto, poi si rese conto della verità: era una lacrima di sua figlia. La sua bellissima bambina stava piangendo per colpa sua, e non sapeva quanto ciò gli recasse dolore.
“Mi manca così tanto papà” singhiozzò, tirando su col naso. Robin lottò con ogni sua forza per non seguirla e piangere con lei fino all’ultima sua lacrima.
“Manca anche a me, tesoro.” sussurrò, poi lasciò che Renee avvolgesse le sue braccia sottili attorno al suo collo e che lo stringesse forte, come non mai. 
“Grazie, papà. E’ il regalo più bello del mondo.” sussurrò, mentre pian piano le lacrime lasciavano spazio ad un sorriso.
“Sono contento che ti piaccia, amore mio.”
 

fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va :)

   
 
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