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Autore: reggina    05/08/2016    1 recensioni
Ci sono famiglie che a volte si separano, come succede nei film. Altre che, invece, restano unite nella fatica, nella stanchezza, nello sconforto; che non si arrendono alla paura che la parola cancro porta sempre con sé.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nora, Vale
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non era stato facile trovare un equilibrio nuovo, né nel suo corpo cambiato, né nella vita di tutti i giorni. Tornare a casa non era stato un punto d'arrivo ma un punto d'inizio, una nuova sfida, un'altra roccia da scalare.

Nei primi giorni, Vale non aveva reagito, rifiutandosi di guardare e di toccare il lato amputato: si era sentito solo ed incollerito, alla ricerca di un colpevole che avrebbe potuto e dovuto evitare quella catastrofe. Aveva visto tutto nero e, allo stremo, non aveva più voglia di niente.

Non aveva, però, potuto immunizzarsi dai sentimenti e dalla vita vera. Con la riabilitazione e la fisioterapia, ma soprattutto con la vicinanza solida e stabile dei suoi genitori, aveva capito che affrontare, con grinta, una malattia non significava dover sorridere costantemente.

I momenti di tristezza erano stati tanti, ed innumerevoli erano stati anche i giorni in cui tutto sembrava irrimediabile: Vale però, fortificato, aveva accettato di vedere la propria sofferenza, di calarsi con coraggio nel magma di quei sentimenti che prima rifuggiva.

In quell'equilibrio fragile iniziava ad abituarsi e a reinvestire nel futuro, riscoprendosi a valutare desideri rimasti in sospeso.


A distanza di mesi, nell'estate colorata, allegra e multiforme, soltanto una cosa era capace di scatenare in lui una rabbia incontrollata: il quadro visivo di ombrelloni, sabbia dorata e pelle scaldata dal sole sul quale si aprivano le tende di cotone grezzo di casa sua.

Non era più andato al mare. Lì non avrebbe retto davvero.

Rientrando dal lavoro, quel pomeriggio, Nora aveva appiccicato addosso quella mescolanza di salato e umido, del caldo del sole fuso con il forte e fiero dell'acqua, che aveva lasciato una scia profumata di rimpianto.

Vale aveva vacillato un momento, poi per non rischiare di mettersi a pensare e rimuginare col rischio di starci male, aveva afferrato le sue canadesi pieghevoli e si era rimesso a riordinare camera sua.


Sua madre era immensamente orgogliosa di lui: della caparbietà con cui era passato dalla sedia a rotelle alle parallele e, adesso, alle stampelle. Lei e Marco avevano vissuto, in parallelo, una loro personale elaborazione di quella situazione così scioccante, avendo polso quando bisognava far uscire Vale dalla sua solitudine e pigrizia, ammorbidendosi quando lui aveva soltanto bisogno di essere ascoltato, in quegli stadi di adattamento vissuti uno dentro all'altro.

Nora si era addirittura abituata a quella zoppia ancora accentuata, ma non allo sguardo ferito e corrucciato e ai denti stretti di quando il dolore, di solito simile ad un crampo, era così atroce e straziante che nemmeno gli analgesici riuscivano a calmarlo.

"Che cosa stai facendo?"

Vale non aveva risposto e, mentre lei si liberava della borsa Piquadro, con i fascicolo da revisionare a casa, lui aveva continuato a smistare boxer da bagno, bermuda e pantaloncini da surf pronti a finire nei cassonetti gialli.

"Domani farò un repulisti anche in garage: la surfboard che non mi serve più e le canne da pesca; ormai sono secoli che nemmeno papà le usa più!"

Aveva cercato di non far tremare la voce ma sua madre sapeva leggerne ogni sfumatura, ogni esitazione, ogni variazione di tonalità.

Lo aveva fatto sedere accanto a lei, sul lettino con la trapunta leggera e vivace: Vale avrebbe dovuto trovare la forza in sé stesso ma, qualche volta, anche negli occhi degli altri.

"Non devi rinunciare ai tuoi sogni, tesoro. Ci saranno degli imprevisti, è vero, ma questo non ti impedirà di gioire della vita o di capire l'importanza dei dettagli, la bellezza di uno sguardo al mare!"

"Io li ho dovuti cambiare i miei sogni, mamma. Non so se riuscirò a fare questo o quello, se riuscirò a studiare, se riuscirò ad avere una famiglia. La gente non è pronta a guardarmi."


Era una verità inconfutabile, che faceva male. Era la madre per strada che non gli staccava gli occhi di dosso, mentre i bambini facevano domande semplici e toccanti; era la paura della diversità; erano le barriere mentali del mondo esterno a renderlo davvero disabile.

Nora gli aveva asciugato le lacrime che, adesso, gli bruciavano le gote mentre Vale aveva vuotato tutto quello che aveva dentro.

"Mi manca il calore della sabbia sotto i piedi. C'è una parte della mia mente dove nascondo tutti i pensieri brutti, dove butto via tutto quello a cui non voglio pensare ma, a volte, tutto torna a galla!"

Nora lo aveva tenuto stretto ancora a lungo, cullandolo come un bimbo in cerca di rassicurazioni, aspettando che la tempesta passasse. Quando i singhiozzi si erano fatti meno rumorosi, quasi addolciti, aveva preso tra le mani ghiacciate il viso stravolto di Vale.

"Adesso vestiti. Ti porto a prendere un gelato!"

   
 
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