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Autore: Sunshiner    25/04/2009    0 recensioni
Prima Parte: Risvegli - da giugno a ottobre 2014 Bianco. Luci. Da qualche parte proveniva della musica jazz a bassissimo volume. Voltò lentamente il viso a sinistra. Sul comodino c'era un iPod, collegato a due piccole casse. E dei fiori gialli. Vide il sole splendere dalla finestra che dava sul parco. Il parco? Il parco del Princeton. Ecco dove si trovava. Richiuse gli occhi per un momento. Come era finito al Princeton? Li riaprì, come per accertarsi che non fosse un sogno. Non lo era. Qualcuno si mosse alla sua destra. Si voltò. – O mio dio. House... – Wilson dormiva su una poltroncina accanto al letto. Si era appena svegliato e lo guardava con un'aria così stupita e spaventata allo stesso tempo, che non poteva dire se fosse felice di vederlo. Richiuse gli occhi.
Genere: Drammatico, Suspence, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cadde il silenzio.

Poi Wilson si alzò e uscì dalla stanza senza voltarsi.

House restò a guardarlo sparire nel mondo difficile e insidioso che stava ai due lati della porta a vetri, la sua personalissima, attuale finestra sulla vita reale.

Questo pensavano. Che avesse voluto farla finita. Così tutto quello che da allora era successo nasceva dal senso di colpa di Jimmy e di Cuddy. Da null'altro che il fottuto senso di colpa di due che non avevano vissuto le loro stesse vite perché pensavano che lui avesse fermato la propria. Grandioso. Ogni gesto, ogni singola parola o sguardo era figlio di una presunta responsabilità. Anche quel breve sogno vissuto nell'ufficio di Cuddy. Si guardò le mani e le portò al viso. Avevano ancora il profumo della pelle di lei, quell'aura fruttata che aveva risvegliato i suoi sensi. Sospirò tristemente, assaporando l'amaro delle emozioni che esondavano nella sua mente e gettavano un'ombra anche su questa sua nuova vita.


Wilson raggiunse la terrazza dell'ospedale e guardò Princeton brulicare di luci, nel crepuscolo che cominciava a colorare di rosso le strade.

Dannazione.

House aveva sbagliato dose. Tutto questo per reggersi in piedi a un matrimonio che non era il suo e che gli sarebbe pesato sull'anima per l'eternità. Che idiota. Non aveva parlato, come al suo solito. Non aveva protestato, non veramente. Li aveva evitati entrambi non perché geloso, ma, in prima istanza, per evitare di lasciarsi scappare il proprio sentire ferito. Solo ora Wilson comprese. House aveva finalmente deciso di tenersi dentro il proprio dolore, ancora una volta, e non solo aveva accettato la pace offertagli da Wilson, ma aveva acconsentito a sancirla con un atto di amore fraterno. Una cosa che gli aveva di sicuro spaccato quel cuore pieno di vecchie crepe. E tutti loro si erano sentiti responsabili di qualcosa che non era mai esistito. Lui, Lisa, gli altri, che si incolpavano di non aver notato, di non aver capito.

– Ehi, Wilson! Da chi scappi? –

Il tono allegro e affannato di Cameron lo ridestò dai propri pensieri tormentati. Lei si richiuse alle spalle la piccola porta e, tenendosi il pancione, gli si avvicinò.

– Cosa ha fatto? –

– Lascia perdere.–

– Wilson, dovresti vederti. A chi vuoi darla a bere? –

– E' complicato. –

L'unico che non aveva capito nulla era lui stesso, Wilson. Comprendere il silenzio sofferto di un amico, di quell'amico, era compito suo, non di altri. Lo era sempre stato.

– Sono stato un egoista. –

– Oh, Wilson... tu... tu non hai fatto niente di male. Lui ha scelto di tacere, come tu di non chiedere. Nessuno di voi due ha fatto la scelta sbagliata... –

– Però uno dei due poteva evitare all'altro quattro anni di terapia intensiva. –

– Questo non c'entra. E' che... beh, non c'era una scelta giusta. Giusta per entrambi, voglio dire. –

Wilson guardò Cameron e la vide così sinceramente preoccupata, che non riuscì a convincersi che volesse solo confortarlo.

– Forse hai ragione. –

– Tu che ne dici? –

Lei lo abbracciò stretto.

– Comunque – gli disse, sciogliendo l'abbraccio – ero venuta a cercarti per sottoporti un caso... –

– Oh. Al momento sono occupato con diversi pazienti, forse dovresti chiedere a qualcun altro del reparto. Posso fare un salto giù e vedere se il dottor O'Shea è disponibile. –

– A dire il vero... – Cameron sorrise – il caso sarebbe per il nostro paziente della 221. –

Wilson la guardò, un po' stupito, un po' preoccupato.

– Ha appena riottenuto la sua squadra e ho pensato di chiederti un consiglio prima di passargli il caso. –

Appoggiati alla balconata di mattoni rossi, esaminarono la cartella.








   
 
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