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Autore: quirke    08/08/2016    1 recensioni
Leggiadri, come i fiori di ciliegio, il vento che accarezza le gote rossastre e le fioriture primaverili.
Gli addii, una mano intrepida, cauta.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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q nymphets

 

VII- Tristan&Kaori

 

Kaori inspirò profondamente, strinse la borsa e la incastrò profondamente contro le sue costole fragili.
Scese le scale rapidamente, quasi saltellando. I capelli scuri volteggiavano a ritmo della sua figura, rigando veementemente l'aria leggermente grezza ed inspida. Se l'alba si proiettava dolcemente contro il suo viso docile e le riscaldava le goti di calura per risvegliarla, una volta uscita, questo calore si dissolveva in una brezza un po' più frigida.
Sospirò contro il tessuto della sciarpa blu, si serrò dentro il parka scuro e maledì il Giappone e le sue maledette divise. La gonna nera oscillava con furore, le guance si imporporavano con impeto.
Qualche occhiata furba si scanagliava contro la sua figura attraente, altri sguardi languidi strisciavano contro le sue gambe lunghe ed avvolte da una leggera calza nera.
Esaltazione e desiderio rimbombavano tra le pareti della stazione intorno al suo passaggio.
E li ignorò, cerco di frugare dentro alla sua innocenza ed evitare così quella lussuria fuori posto, invadente. Indiscreti e sfacciati, li malediva tutti quanti quei stupidi maiali in costume e cravatta che fungevano da pilastri contribuenti e vantaggiosi, quando non erano altro che parassiti della società.
Rallentò l'andatura, sistemò la gonna, e passò il ticket. Sorpassò la barra di sicurezza, e si proiettò fuori, attendendo pazientemente il suo treno.
Si addossò a un distributore automatico, osservando il fogliame danzare, scolorire il paesaggio lontano dove sorgevano immensi grattacieli della capitale. Allungò lo sguardo, più in fondo, e si scontrò contro le curve sinuose delle montagne fiere, dove bozze di boschi gonfi e sazi pullulavano la pelle della catena montuosa.
Riusciva perfino a distinguere il suo parco preferito, da quell'altura. 
In quel breve lasso di tempo si calmò profondamente, respirò con premura e si rincuorò con l'intimo abbinato che aveva addosso.
Sotto gli immensi strati di vestiti superflui e fastidiosi per degli occhi più lussuriosi, la pelle candida era ricoperta da un lieve strato di lentiggini che scendevano dal petto fino all'ombellico, disegnando mappe di città inesplorate e meravigliose. Il bacino magro sosteneva uno slip in nylon, color carne. Si confondeva con i glutei, amalgamondosi con le sue curve, ricoprendone teneramente i contorni.
Il seno prosperoso era afflitto da un push up che ne privava la libertà, color rosa antico. L'unico ornamento erano due centimetri di pizzo bianco supplementare, nelle due estremità del tessuto. Le bretelle affogavano nell'epidermide, strozzandone il bagliore.
Erano i suoi preferiti. Tristan li apprezzava, magari anche di più.
Ne ricordava gli occhi luminosi tracciarne i contorni, scalfire con foga e premura l'incolumità.
Un groppo in gola. Il vento soffiò cautamente, invitando le ciocche di capelli a un dolce valzer.
Strinse l'uniforme scolastica tra i pugni, ne serrò il tessuto con furia.
Tristan affogava il desiderio nelle clavicole, le mordeva a suo piacimento e poi districava i loro problemi con tenui baci, dalla clavicola in su, poi accarezzava la pelle del collo con la lingua, mordicchiava il lobo dell'orecchio.
Ne soffiava all'interno il contenuto del suo forte desiderio, "voglio spogliarti".
I suoi occhi affogarono nella sua stessa stupida malinconia.
E poi, Tristan, le mordeva atrociamente il collo, spalmava il suo corpo contro il suo, più tremolante, e con una mano agile iniziava inabissarsi dentro le sue interiora, riscoprire le città selvaggie ed umide.
Scavare, alla ricerca di tresori nascosti, con esaltazione. Riemergere, intenso, riafforare.
Ora, Kaori naufragava, sprofondava nei ricordi eterni di un diciassettenne impetuoso e inestinguibile, duraturo nelle sue memorie.
Faticava a distinguere se stessa dalle porzioni di nuova pelle che aveva creato solo per compiacerlo.
La metamorfosi funzionava a rilento, degradando i futili piaceri a fatica, quasi nauseante.
Il cerotto bianco sulle ginocchia sbucciate e spigolose, s'incastrava confusa nei suoi angoli troppo accesi. Quando, tutto a un tratto, decideva di fiondarsi ed affogarsi dentro il suo corpo, nei bagni pubblici di qualsiasi edificio.
Disegnava la sua amarezza, con baci e tenerezza, sulla sua schiena , quasi all'estasi.
Ma ora, che cenere nel vento. Lo stesso vento che ora respirava con nausea, sfiorava con ingratitudine, ignorando e trascurando l'effimera prestazione del suo treno, che si precitipitava a lasciare la sua fermata, stridando contro il suo sentiero e rimbombando nella sua testa.
Nemmeno oggi, non ci riusciva.
Scese con calma ed apatia, abbandonando la stazione e i suoi assillanti piani, dirigendosi da qualche parte, senza alcuna meta precisa. Vagava, avanzava senza veramente osservare ciò che le stava davanti, gironzolava per i quartieri più remoti della città, nel pensiero solo i docili tratti di Tristan.
Dimenticò il freddo che le attanagliava le ossa, trascurò il parka aperto e si sostò solo una volta arrivata su di un ponte, scese con lo sguardo verso la distesa d'acqua limpida. Distinse varie ninfee, ne osservò la bellezza, poi spostò lo sguardo verso dei pesciolini, sguazzavano liberamente.
E abbandonò anche quest'ultimi, riprendendo a camminare senza tregua. 
S'imbatté contro enormi grattacieli, si scontrò contro balconcini trascurati e rigati dalla muffa, invase stradine trasandate e dimenticò perfino un signale stradale che la invitava a fermarsi, e quella volta rischiò di essere travolta da un'automobile. Ma fortunatamente, quest'ultima riuscì a bloccarsi in tempo.
Kaori non si premurò nemmeno di scusarsi, camminò ancora.
Affondò una mano dentro la tasca del parka, quando il cielo tuonò minacciosamente, preannunziando una vicina pioggerellina.
Estrasse l'ennesimo ticket, lo passò rapidamente ed entrò finalmente nel Shinjuku Gyoen National Park.
Era deserto a quell'ora.
Le guance scarne furono assorbite dentro la sua bocca, ne assaporò il calore e ne mordicchiò l'interno. Marciò con leggerezza, quasi danzava, o quasi rischiava di cadere, inciampare e confondersi con il sentiero tracciato accuratamente.
Attraversò un ruscello, il suo naso fu rigato da una spavalda gocciolina d'acqua.
Frugò dentro il fogliame con lo sguardo, il luogo profumava di primavera. Il fogliame roseo emergeva dal terreno, espandendosi verso il cielo, e tutte le altre direzioni. Le radici sprofondavano nel terreno, per poi riemergere voluminosi e solidi.
Si nascose sotto una piccola tettoia in legno.
Iniziò a piovere, ne osservò il torpore appoggiandosi contro una colonna. E poi s'intensificò, divenne più fitta.
Ne fu travolta, cosparsa di lievi barlumi di sonnolenza improvvisa che la spinsero a guardarsi intorno. Percepì il contorno di una panchina dietro di lei, e con pigrizia ci si diresse.
Quanta fortuna, nonostante tutto. Non era bagnata.
Appoggiò lo zaino alla sua sinistra, avvicinò le gambe al ventre e le incrociò, osservò poi l'umidità travolgere il giardino pubblico. Un dolce strato di nebbiolina sembrò intensificarsi, e coperta, Kaori iniziò a percepire l'afa contornarle il corpo. Addolcì la sciarpa intorno al suo collo.
Si grattò le palpebre premurosamente, e codeste si baciarono con malavoglia, spesso e volentieri. La testa s'inclinò leggermente, le mani s'abbandonarono sul ventre, sfiorando le caviglie intrecciate. Le scarpe da basket bianche erano sudicie, quasi si dispiaceva di sporcare la panchina.
Non seppe se si fosse realmente addormentata o meno, quanto si fosse appisolata perché a rivedere il cielo, le nubi grigiastre erano sempre le stesse e la pioggia della stessa quantità e consistenza delle lacrime che le avevano tradito il coraggio e si erano riversate all'esterno. Perlomeno potevano confondersi con la tristezza del cielo.
Si risvegliò da quel assopimento soltanto a causa di un affannoso respiro pesante lì intorno. Una figura vaccillante e magrolina vibrava davanti ai suoi occhi, dandole le spalle. Della stessa maniera, si era poggiata contro la colonna, aggrappandosi con le dita alle ciocche voluminose e bionde, inclinando leggermente le scapole.
Doveva aver corso. Ed inoltre, era fradicio.
Kaori spostò lo sguardo lentamente, scivolando dalle dita districate tra i capelli, alle spalle, poi giù lungo la schiena, ed infine la mano sinistra. Teneva una piccola busta in plastica trasparente, all'interno l'acqua tremolava a ogni tenue tentennamento muscolare, scombussolando tre meravigliosi pesciolini. Nero, rosso e arancione. Erano così sottili, ed incantevoli.
Prudentemente, sorrise loro.
Non fiatò, Kaori rimase immobile a fissare i pesciolini sguazzare allegramente nel loro piccolo microcosmo.
E continuava ancora a piovere, la nebbiolina abbondava e la brezza si era raggelata, costringendo le labbra di Kaori a traballare di tanto in tanto. Le mordicchiava, rabbrividiva.
"Sono davvero carini, no?"
Kaori sussultò, infossando i denti dentro la carne del labbro inferiore. Alzò rigorosamente lo sguardo, scontrandosi contro un altro scuro, ma addolcito. Non doveva essere biondo di natura.
"Li ho vinti giocando, é la giornata d'apertura dei licei" aggrottò leggermente le soppraciglia folte.
Kaori trasalì lievemente, di già?
"In effetti, sto cominciando a dispiacermi per loro" riprese scherzosamente. Allungò nuovamente una mano nei suoi capelli, sprofondandosi in un momentaneo imbarazzo che si dissolse in una roca risata. Si accarezzò la nuca, impavido.
"Scusami il disturbo, non sapevo dove altro nascondermi per evitare un brutto raffreddore!" Le pupille dilatate scomparvero dietro un enorme sorriso gratificante, "Tomomi, é un enorme piacere poterti incontrare e riuscire a condividere questo breve lasso di tempo"
Kaori si limitò ad annuire, azzitendosi ancora.
"Perlomeno lo spero con tutto il cuore, non mi piacerebbe dover ritornare a casa di tarda sera. Inoltre, intendo proseguire con le mie vittorie, non mi accontento di tre pesciolini che molto presto riporterò a sguazzare in un qualsiasi stagno. Non é tra le mie mani il loro posto. Ma chiamami Tomo"
Kaori distinse un paio di orecchini perforargli i lobi. La camicia della divisa da scuola era sbottonata, alleggerendo il colletto, e la cravatta era allentata, pendente intorno al suo collo.
Aveva addosso una giacca a vento arancione, che lo rendeva ancora più piccolo. Ai piedi, un paio di Dr Martens shoes nere.
"Non sembri avere una bella cera" borbottèo Tomomi, d'un tratto.
Si leccò le labbra, incastrò i pesciolini dentro una tasca interna del giubbetto mentre da un'altra ne estrasse un pacchetto di sigarette Morris. Appiattì vagamente i capelli, ne allungò poi le ciocche all'indietro, intensificando l'asprezza che i tratti del suo viso emanavano, al contrario dei suoi occhi.
Appoggiò il mozzicone sulle labbra carnose e secche, le inumidì nuovamente. 
Kaori, silenziosa.
Tomomi abbassò lo sguardo, ricoprì la sigaretta e la accese agilmente.
"Per nulla" ripeté poco dopo, sorridendo.
Avanzò.
Kaori deglutì.
Tomomi avanzò nuovamente, verso di lei, in avanti, oscillando un pochino.
Una pozzanghera si dilatava a vista d'occhio davanti a lei, doveva aver piovuto molto. Si era dovuta veramente addormentare allora.
E Tomomi s'inginocchiò, incastrò il mozzicone tra le labbra rosee, le goti rossastre.
Protese il braccio scarno, estendendo la mano in avanti, distendendo le dita ossute oltre il suo spazio vitale, sfiorando la sua fronte rugiadosa. Kaori avvampò.
"Sei davvero calda" mugugnò Tomomi, prestando ben attenzione a non far cadere la sigaretta accesa.
Avanzò ancora, affondando entrambi le mani contro le sue guance e verificandone la temperatura.
"Ne sono certo!" bofonchiò.
Kaori si strinse, congiunse le mani, impugnò il tessuto del suo parka, morse intensamente le sue labbra, compresse inconsciamente la sua intimità che sentiva troppo esposta, solo la sua stupida gonna.
Il fogliame danzava tra le melodie della frescura più veemente, la pioggia rigava il sentiero ed incideva il tetuccio sopra la sua testa. Ne sentiva i lamenti.
Ma strinse le palpebre, fino a bruciare, incenerire ed erodersi, corrodersi e cicatrizzarsi. Divvampò
Scoppiò a piangere, lacrime sconnesse ruzzolarono fuori, sradicandosi dalla pelle comme germogli, annaffiandosi di dolore e di un desiderio opprimente di poter ritornare indietro. Singhiozzava rumorosamente.
Tomomi non s'azzardò nemmeno a rimuovere le sue mani, credeva che una volta toltole l'unico appiglio che le teneva il viso, potesse crogiolarsi e frantumarsi davanti a lui.
"Credo proprio che tu abbia la febbre"
Sorpreso, confuso e spaventato, spalancò gli occhi, sconcertato. L'aveva colto alla sprovvista, effettivamente.
Nei suoi più remoti pensieri, Kaori frugava tra i suoi ricordi, alla disperata ricerca, tentava di ritrovare il corpo di Tristan.

 

 

 

 


 

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come adoro questi 3, sono i miei preferiti, davvero, li adoro
allora, se non sbaglio, kaori é la mia ottava ninfetta, la mia meravigliosa principessa che sembra timida e sembra soffrire e chiudersi troppo in sé stessa, senza mai accennare parola, che strazio! e, al contrario, tomomi, parla anche un po' troppo, no? sotto la pioggia, e quel torpore, quell'atmosfera lì, avrei pregato anche per un minuto di silenzio!! siamo nella capitale, in effetti, e qualche secondo di silenzio farebbe bene
poi c'é tristan, che compare solo nei ricordi di kaori, chi può essere? e come mai non c'é lì accanto a lei? come mai lo ricorda così passionalmente? e perché dice di tentare di ritrovare il suo corpo????
ehehe viva i dubbi!!
sembra lecito domandarvi del motivo per il quale abbia scelto nove ninfette, e credo che sia giunto il momento di rivelarvi il mio piccolo segreto.
Il numero nove, che si pronuncia “ku”, ha la stessa pronuncia del termine giapponese che indica l’agonia o la tortura. Cosettina che riconcilio con orgoglio a questo loro periodo adolescenziale.
"Il numero nove è il numero della generazione e della reincarnazione. Numero dispari è dinamico e attivo nella sua natura e nei suoi effetti. Indica il periodo della gestazione, nove mesi per la nascita di una nuova vita. 
Il numero nove seguendo all'Otto, che indica uno stato limite, è il superamento nella creazione. Il nove ha come proprietà la permanenza. Infatti il numero nove torna sempre al suo stato antecedente e non si trasforma mai veramente, conservando uno stato fisso e immutabile. (lo vedremo più tardi questo aspetto!)
Questa caratteristica lo accomuna al numero Uno, diventando una sua manifestazione, nella sua funzione di unicità (per questo é una raccolta, nove personaggi in un'unica storia!). Il simbolo grafico del numero Nove è il cerchio, come per il numero Uno. (ho associato il cerchio a un ciclo, e questo aspetto di ripetizione, di ritorno allo stato iniziale lo rivedremo più in là!) Anche secondo Pitagora il 9 è un numero che si riproduce continuamente, in ogni moltiplicazione, e simboleggia pertanto la materia che si scompone e si ricompone continuamente (ciò che sono gli adolescenti, esseri tanto insicuri e malleabili). Il nove serve da dissolvente per tutti i numeri, senza che mai si associ a qualcuno, né per somma né per moltiplicazione. Il 9 è l'ultimo numero delle cifre essenziali che rappresentano il cammino evolutivo dell'uomo. E' dunque il simbolo della realizzazione (speriamo proprio)."

Inoltre, erché aver scelto ninfette, qualcosa che rinvio personalmente alla primavera?
I fiori di ciliegio sono presenti esteticamente nel racconto, ma anche fin dall'inizio, con junko e koyo. In effetti, se avete ben notate quest'ultimo la chiama piccolo germoglio, il significato del nome di junko!!!
"Il vero senso della tradizione hanami non consiste nel guardare lo spettacolo offerto dalla bellezza dei fiori sull’albero ma nell’osservare con una punta di tristezza e commozione come cadono dall’albero, trasportati dalla brezza primaverile nel breve viaggio che li separa dalla terra ancora fredda. Un modo dolce e allo stesso tempo malinconico per ricordare che ogni vita è destinata a finire."
Dai, che non sono poi così triste io!

ps: per la scena del parco sono stata inspirata da "il giardino delle parole", adoro adoro

 

 

  
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