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Autore: _ Arya _    08/08/2016    5 recensioni
Killian Jones, 29 anni, vive a Londra con suo fratello Liam ed è co-proprietario di un pub. Un incidente ha rovinato la sua vita portandogli via la fidanzata, la loro bambina non ancora nata e una mano. È seducente e di bell'aspetto, ma dietro la sua maschera da duro nasconde un'anima profondamente ferita, che cura impegnandosi a limitarsi ad avere soli relazioni occasionali.
Emma Swan, 18 anni, vive coi suoi genitori e suo figlio Henry. Ufficialmente lavora alla boutique di moda della sua amica Regina, ma in realtà segue una cacciatrice di taglie per imparare il mestiere. Ha avuto un'infanzia difficile segnata da malattie e prese in giro: quando la sua vita è migliorata ci ha pensato il suo primo ragazzo a ributtarla nel baratro. Pur soffrendo ancora di depressione, è una ragazza forte e indipendente e non mostra mai le sue debolezze.
Quando Liam convincerà il fratello a provare ad unirsi ad un gruppo di supporto, i destini dei due ragazzi si incroceranno: saranno troppo diversi o riusciranno ad unirsi e rimettere insieme i pezzi delle loro anime?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Liam Jones, Neal Cassidy, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sorpresa! (ok magari non me ne frega niente xD) Ma siccome non sono riuscita a finire l'altro capitolo e avevo questo pronto... quindi ho deciso di postarlo.
 

Once upon a time, there was an incredibly strong little girl










 

8 anni prima
Emma piangeva inconsolabile tra le braccia della sua mamma, stufa di quella vita che, nonostante la sua giovanissima età, avrebbe preferito non vivere.
Non era colpa sua se la maestra l'aveva mandata dal preside e aveva chiamato i suoi genitori: Max non aveva smesso di prenderla in giro dal giorno in cui era arrivata, mesi prima, nella nuova scuola. Cosa doveva fare? Doveva lasciarsi trattare in quel modo per sempre e stringere i denti? Questa volta non era riuscita a resistere e aveva sferrato un pugno a quel bambino arrogante e prepotente. Solo che era stata più forte di quanto avrebbe mai immaginato di poter essere, quindi gli aveva spaccato il labbro e fatto uscire il sangue dal naso.
-Tesoro avanti, non piangere...- sussurrò la donna, stringendo a sé la piccola.
-Ma mi odiano tutti! Nessuno vuole giocare e parlare con me... Max è sempre cattivo! Non è colpa mia se sembro più piccola degli altri! E poi io non voglio stare sempre male, non voglio che le maestre mi mettano voti alti se non me lo merito... non è colpa mia!- gridò, dando un calcio ad un sasso non appena furono fuori dai cancelli della scuola.
La bambina era molto intelligente e sapeva di essere fortunata. Sapeva che, quando era nata, i medici le avevano dato due anni di vita, tre al massimo. Invece adesso ne aveva 10 e sia i suoi genitori che i dottori le parlavano di come avrebbero risolto il problema una volta per tutte.
Ma nel frattempo, la sua vita era triste. Ogni anno cambiava scuola, perché non voleva essere diversa e studiare a casa, ma puntualmente veniva derisa e messa da parte. I bambini erano cattivi. “Nanetta”, la chiamavano. “Cocca della maestra”, “mostro”, “vampiro” e tanti altri nomignoli che era stufa di ascoltare. Se era nata con l'anemia aplastica, che colpa ne aveva lei? Cosa poteva farci se si ammalava facilmente? Cosa poteva farci se le usciva il sangue dal naso senza preavviso? E cosa poteva farci, se all'ora di educazione fisica non poteva fare altro che segnare i punti perché uno sforzo minimo, per lei avrebbe potuto essere fatale? Doveva addirittura portare lo zaino con le rotelle, perché non le pesasse sulle spalle. Non era mai stata ad una gita, neanche quando un anno prima la sua classe era stata a Dover e lei aveva tanto voluto andare. Gli unici viaggi che i suoi genitori le avevano fatto fare erano quelli in America, quando la portavano da un ospedale all'altro. Da un paio d'anni, invece, si erano stabiliti definitivamente a Londra, la città di sua madre. Avevano trovato un ottimo medico che si stava prendendo cura di lei nel migliore dei modi, e da quel che sentiva quando loro pensavano che dormisse, era stato trovato un donatore di midollo, qualunque cosa significasse. Aveva fatto delle ricerche, ma non ci aveva capito molto.
-Infatti non ce l'abbiamo con te, tesoro... capisco quel pugno. Sei una bambina forte!
-Non sono forte...- singhiozzò -Non posso fare niente! E sono la più bassa della classe... sono alta quanto i bambini di 8 anni!
-Amore...- borbottò la donna, cercando di trattenere le lacrime -Tu sei perfetta, ma se questo conta così tanto per te... ho delle buone notizie. Avremmo voluto dirtelo domani, con calma, ma... abbiamo il donatore. Abbiamo aspettato una settimana a dirtelo perché dovevamo essere certi di aver formalizzato tutto...
-Mi devono operare? Io non voglio...- sussurrò, guardando sua madre con un velo di paura che le offuscava gli occhi. Odiava quando veniva punta per le trasfusioni, e un'operazione doveva essere 100 volte più spaventosa.
-Non sentirai niente!- cercò di sorridere l'altra -Ti faranno dormire. Tesoro, devi solo essere forte per un'ultima volta... dopo tutte le cure sarai completamente guarita. Crescerai come tutti gli altri bambini, e dovrai smetterla di dare pugni altrimenti potresti rischiare di rompere qualche naso!
Emma scoppiò a ridere e Mary Margaret rise con lei, felice come non era mai stata dalla nascita di Emma. Finalmente la sua piccola avrebbe avuto la vita che meritava, e neanche per un secondo dubitava della riuscita del trattamento. Era infermiera, quindi di bambini malati ne aveva conosciuti tanti, ma nessuno forte come sua figlia. Se era fiera del fatto che avesse preso a pugni un bambino? Assolutamente sì! Non gliel'avrebbe detto per non darle un messaggio sbagliato, ma ne era totalmente contenta.
-Mamma, perderò i capelli?
-E... Emma... non è detto- borbottò impreparata, e la sua gioia morì in gola.
-No... se succede, va bene. Però voglio una parrucca rossa. Mi piacciono i capelli rossi... lunghi e coi boccoli. Quando sarò grande mi tingerò i capelli di rosso, con la parrucca posso vedere se mi stanno bene.
La donna non poté far altro che stringere di nuovo, con forza, la sua splendida figlia. Si sarebbe aspettata altri pianti, altra disperazione, e invece? Invece, a soli 10 anni, era riuscita a trovare qualcosa di divertente in tutta quella situazione. Era fiera di Emma, era davvero la gioia della sua vita.


 

EMMA POV

Non riuscivo a credere di stare di nuovo andando all'incontro del gruppo di ascolto: era la prima volta che lo facevo per due settimane di fila. E perché? Semplicemente per scoprire se un uomo di cui non mi importava un fico secco avrebbe mantenuto la sua promessa. Ovviamente Regina mi aveva tormentata con quella storia, ma molto meno rispetto a come avrebbe fatto prima della discussione che avevamo avuto la settimana precedente. Non ce l'avevo con lei, e come le avevo detto la amavo esattamente com'era, senza peli sulla lingua: non per questo, però, non avevo apprezzato lo sforzo. Quelli a cui non avevo detto nulla erano i miei genitori, non volevo si preoccupassero o si facessero idee sbagliate. Già avevano trovato strano che dopo la cena a casa non mi fossi più vista con Neal, e non volevo si mettessero ad indagare. Comunque, non avevo neanche avuto il tempo materiale per parlare con lui: il caso a cui avevo lavorato con Zelena mi aveva preso giornate intere, tanto che mi ero sentita in colpa nei confronti di Henry, che per tre giorni di fila avevo visto solo la mattina e la sera tardi. Per i miei genitori, invece, stavo semplicemente aiutando Regina con la lunga lista di ordini che aveva ricevuto.
Cercai di non pensarci e salii le scale guardandomi intorno: Covent Garden era sempre stata una delle mie zone preferite, animata e illuminata da mille colori. Nonostante le strade fossero decisamente affollate, mi infondeva uno strano senso di gioia e di pace. Anche col braccio fasciato fui contenta di poter fare una passeggiata e decisi che avrei fatto un salto al Mercato una volta finito col gruppo. Mi piaceva studiare gli stand alla ricerca di qualcosa di interessante o particolare.
Entrai nel bar col sorriso ancora stampato in faccia, e persa com'ero nel mio mondo non mi accorsi neanche che Killian Jones stesse arrivando proprio dietro di me.
-Ciao Emma!
-Cazzo!- imprecai, facendo un salto sul posto per lo spavento -Mi hai fatto prendere un colpo! Sei impazzito?!
-Scusa tesoro- fece con un sorriso compiaciuto, per poi soffermarsi sul tutore al mio braccio -Stai bene? Mi dispiace, non mi ero reso conto...
-Sto benissimo. Beh, a parte l'essere stata vicina ad avere un infarto.- aggiunsi fulminandolo con lo sguardo.
-Scusa. Ma il tuo braccio...?
-E' solo una spalla lussata. Starò alla grande già domani.
Quando mi voltai, non riuscii a trattenere un piccolo sorriso: aveva mantenuto la promessa. Ma perché mi importava tanto? Dopotutto non era altro che un rompipalle presuntuoso e pieno di sé. E dio, neanche lo conoscevo! Non potevo permettermi di comportarmi da stupida adolescente con una cotta, non era da me. E poi non avevo nessuna cotta per lui, anzi.
Per non pensarci portai l'attenzione alle sedie, notando immediatamente che tra i molti posti vuoti erano compresi anche quelli di Susan, Mary e Luke. Mi dispiacque molto, avevo davvero sperato di chiedergli di venire con me a fare un giro al mercato.
-Emma, ciao! Cosa ti è successo?- mi domandò Lucy, la mia coetanea che di solito veniva sempre con la sua amica.
-Ciao! Non è niente, sul serio...- le assicurai, chiedendomi come mai Kate non fosse lì: era strano vederle separate.
-Come te lo sei fatto?- si intromise Killian, alzando un sopracciglio.
-Beh, diciamo che... il mio lavoro non è roba per bambini o per tipi come te.
-Oh, e il tuo lavoro sarebbe?
-Non sono affari tuoi.- sorrisi vittoriosa: provocarlo era piuttosto divertente, a essere sincera. Uno come lui aveva davvero bisogno di una bella lezione. Ero certa fosse abituato ad ottenere tutto quello che voleva, ma doveva capire che con me era diverso. Il suo bel faccino, il sorriso smagliante e i grandi occhi azzurri non sarebbero bastati a sedurmi.
Quello sembrò non avere intenzione di ribattere per il momento, ma mi squadrò divertito. Decisi comunque di considerarla una piccola vittoria personale.
Essendo solo in sette, le conversazioni questa volta furono molto più leggera, e la trovai una cosa positiva. Voleva dire che tutti si sentivano abbastanza bene, stavolta.
Mi dispiacque solo il fatto che, ancora una volta, non scoprii come mai anche Jones fosse lì. Anche se stava accontentando il fratello doveva avere un motivo di fondo, ma non sembrava intenzionato a parlarne. Non potevo neanche provare a chiederglielo, o avrebbe fatto lo stesso con me ed io non avevo la minima intenzione di aprir bocca.
Nonostante quanto avessi detto a mia madre e a Regina, non ero certa del perché non volessi raccontare la mia storia a quelle persone. Mi fidavo di loro, in qualche modo erano diventate come una famiglia, eppure non me la sentivo. Forse era semplicemente perché ultimamente stavo alla grande e non volevo rischiare di aprire vecchie ferite. Volevo soltanto guardare avanti.
Alla fine, passammo a parlare anche del Carnevale: sarebbe stato la settimana successiva, e decidemmo che festeggiarlo insieme, anche se qualche giorno prima, sarebbe stato divertente. Avevamo in mente una cosa abbastanza tranquilla, ma musica, cibo e maschere non sarebbero mancate – in più, saremmo stati liberi di portare chi volevamo. Ovviamente avrei dovuto chiederglielo, ma ero piuttosto certa che Regina e Neal non avrebbero avuto problemi a venire. Sarebbe stata anche un'occasione per rivedere il ragazzo in circostanze un po' più tranquille e soprattutto in mezzo ad altra gente. Era passata quasi una settimana dagli sms scambiati con Regina a quel proposito, ma ancora non me la sentivo di andare da lui ed essere diretta riguardo i miei sentimenti.
-Killian, sarai dei nostri?- domandò Lucy ad un certo punto.
-Probabilmente lo considera noioso- risposi io per lui -O sbaglio?
-In realtà sbagli, dolcezza. Però credo di dover lavorare al venerdì sera, ma... questa sera sono libero, posso offrirti qualcosa?
-No.
-Allora sono dei vostri! Non mi arrendo così facilmente, tesoro. Ci sarà da bere, però? Intendo alcol, insomma... beh, non so quanti anni tu abbia, certo...- aggiunse incerto, ma capii immediatamente a che gioco stesse giocando.
-Bel tentativo Jones, ma non ti dirò la mia età, sai benissimo che non sono minorenne.
L'uomo sembrò colpito, il che mi lasciò piuttosto soddisfatta: prima o poi, avrebbe capito che con me non poteva funzionare.
-Un giorno scoprirò chi sei, Emma...
-Swan. Emma Swan. Ma fattelo bastare, perché non ho intenzione di dirti nient'altro.
-Oooh ragazzi, siete così teneri!- intervenne la giovane, con un sorrisone stampato in faccia.
-Già- concordò Sean -Scommetto che finirete insieme!
-E' quello che dico anch'io!- fece Killian -Ora fa la preziosa, ma cederà al mio fascino... fortuna anche mia, insomma, non è uno splendido bocconcino?
-Ragazzi!- esclamai invece io, scandalizzata da quell'affermazione e dalle parole dell'idiota -Non potete essere seri. Non potrei mai finire con questo qua. Conosco gli uomini come lui, e posso assicurarvi che non rientrano nei miei gusti, mi dispiace. Non so neanche perché è qui, a parte che per cercare ragazze da sedurre... beh Jones, noi non siamo qui perché non abbiamo nient'altro da fare. Siamo persone reali, con problemi reali. Quindi se continui a venire solo per provarci, lascia perdere, non sono interessata. E ora mi dispiace, ma devo andare. Ci vediamo Venerdì!
Non appena uscii di lì, mi maledissi per essere venuta: forse ero stata un po' troppo dura col semi-sconosciuto, ma avevo previsto ancor prima di uscire di casa che andare si sarebbe rivelato un grosso errore. Perché ero stata tanto stupida? Cosa mi ero aspettata? Killian Jones sembrava davvero essere come me l'ero immaginato la prima volta: un uomo viscido e superficiale. Il suo “splendido bocconcino” gliel'avrei dato io, direttamente sulle gengive o sui denti.
Avevo davvero bisogno di darmi una calmata e rilassarmi, quindi decisi di entrare al Mercato nonostante fossi sola; avrei potuto comprare dei dolci per me ed Henry, quindi mi diressi dritta verso gli stand del cibo. Forse non sarei stata eletta madre dell'anno, riempire il mio bambino di poco più di un anno e mezzo di cibo spazzatura non era il massimo, ma almeno l'avrei fatto felice. Volevo viziarlo un po' per farmi perdonare l'assenza di quei giorni. Essere madre era una delle poche cose che in quegli ultimi anni mi stavano riuscendo bene, e anche col nuovo lavoro volevo continuare ad esserlo. Henry meritava questo e molto di più per avermi riportato alla vita quando avevo creduto che tutto fosse ormai inutile. Regalargli dolcetti era poco, ma pur sempre un inizio.
Riempii quindi una bustina di cioccolatini di vario genere e di praline, mentre in un'altra misi qualche marshmellow e degli orsetti di gomma: tutti i suoi preferiti, in poche parole. Quando feci per tirare fuori il portafoglio, però, ovviamente non poté andare tutto liscio e lo feci cadere per terra. Sbuffai infastidita, quel tutore era una vera seccatura! Forse avrei semplicemente dovuto toglierlo, un po' di dolore potevo anche sopportarlo – sicuramente più dei problemi che mi stava causando.
Prima di potermi anche solo chinare a raccogliere l'oggetto, tuttavia, vidi qualcuno afferrarlo e porgermelo subito.
-Graz... tu! Cosa ci fai qui?! Cosa vuoi da me?! Vuoi tentare di rimorchiarmi per una scopata? Bene, facciamolo, così poi mi lascerai in pace!- non potevo crederci, mi aveva seguita! Nonostante fossi stata chiara! Era uno stalker!
-Calmati, Swan... sembri esaurita. Un semplice “grazie” può bastare- sorrise lasciandomi il portafoglio, che gli tirai di mano senza la minima grazia. Perché insisteva tanto nel perseguitarmi? Non aveva davvero nessun'altra a cui fare il filo? Mi veniva piuttosto difficile crederlo, perché per quanto lo disprezzassi, non potevo negare che fosse molto bello. E a molte, la bellezza bastava.
-Grazie. E ora sparisci, per favore.- feci per poi ignorarlo, e pagai l'uomo dello stand dei dolci. Giunsi alla conclusione che quello non fosse decisamente il mio giorno fortunato: prima mi facevo male inseguendo un uomo, poi un altro si trasformava nel mio stalker personale. Cos'altro poteva andare storto?
-Hai bisogno di una mano?- domandò, quando afferrai goffamente la busta di plastica con quella infortunata, dato che l'altra era già occupata dalla mia borsa.
-No. Ho solo bisogno che tu mi lasci in pace. Ma questo te l'ho già detto, o sbaglio?
-Emma, puoi spiegarmi cosa diavolo ti ho fatto? Ti comporti come se mi conoscessi, ma non è così. Se te la sei presa per la battuta di prima, ti chiedo scusa... ma non puoi giudicarmi senza prima conoscermi. Non sono l'uomo che dipingi!
-Non sono interessata. Non ho voglia di conoscerti, ok? Forse sei diverso da come ti dipingo, te lo concedo, ma non sei una persona che può piacermi. Sei fastidioso, irritante e te la credi troppo. Quindi cambia obiettivo, sono certa che Londra è piena di donne a cui può piacere un tipo come te. Io però non sono una di loro. E, se tu mi conoscessi, mi capiresti e mi lasceresti stare. Non ce la faccio più, voglio solo tornare a casa!
Sentii gli occhi bruciare, e se solo mi fossi lasciata andare ancora un po', sarei scoppiata direttamente in lacrime. Se per esaurimento o per altro non sapevo dirlo nemmeno io, ma quella faccenda mi stava sfinendo. Lui mi stava sfinendo. Volevo soltanto tornare a casa senza intoppi.
-Io... mi... mi dispiace. Mi dispiace se ho fatto qualcosa che ti ha... infastidita... non l'ho fatto apposta, Emma- borbottò con sguardo perso e confuso, per la prima volta: sembrò addirittura sincero.
Decisi quindi di limitarmi ad annuire e prendere un grosso respiro per calmarmi. Dopotutto mi rendevo conto che il mio stato d'animo non era soltanto colpa sua, quasi mi dispiacque aver esagerato in quel modo. Quella battuta, alla fine, era stata solo una battuta... ma lui non poteva capire. Non poteva sapere che quel tono e quelle parole avrebbero potuto infastidirmi così, anche se le aveva usate per scherzare.
-Ok. Va bene, sei scusato. Ci si vede...- dissi infine, e mi voltai per andar via senza dargli il tempo di aggiungere altro.
Se non mi piaceva, la colpa era più mia che sua, ma ora che stavo meglio preferivo tenermi lontana da un uomo del genere. Un uomo che mi ricordava ciò che mi ero lasciata alle spalle. Un uomo che mi ricordava perché non riuscissi ancora a buttare tranquillanti e antidepressivi nel water e dirgli addio una volta per tutte.
In più, su una cosa avevo ragione: doveva essersi unito al gruppo solo come hobby, e non poteva realmente capire me e gli altri. Sapevo di essere complicata, forse perfino troppo complicata per essere amata – o anche solo per piacere – quindi, dopotutto, gli stavo facendo un favore. Avrebbe fatto meglio a scordarsi di me e andare a rimorchiare da qualche altra parte. Ero piuttosto certa che a quel punto non si sarebbe più presentato, né alla festa né agli incontri successivi, quindi sarebbe tornato il solito clima rilassante e pacifico a cui ero abituata. Forse era meglio così. Non avevo bisogno di cambiamenti.
Sospirai, e prima di scendere in metro tirai fuori una pastiglia dalla borsa per mandarla giù con un sorso d'acqua. Prima o poi sarei riuscita a farne a meno... ma quel giorno non era ancora arrivato.

 

***


KILLIAN POV

Che Emma avesse problemi con me era ormai chiaro, ma di certo non lo era il motivo. Mi avevano dato fastidio le parole che aveva usato nei miei confronti all'incontro, eppure non ero riuscito ad arrabbiarmi. In quella ragazza misteriosa c'era qualcosa di dannatamente sbagliato, qualcosa di spezzato. Si mostrava forte e determinata, ma ciò serviva solo a coprire quella paura che cercava in tutti i modi di nascondere. E ora, più che mai ne ero convinto. Per mandarmi via era quasi scoppiata in lacrime, fatto che mi aveva destabilizzato non poco. Davvero facevo un effetto del genere? Davo l'impressione di essere così spregevole e prepotente, da farle sentire il bisogno di piangere?
Avrei voluto gridarle in faccia che si sbagliava, che io non avrei mai fatto del male né a lei né a nessun'altra ragazza. Non avevo mai fatto del male a nessuno, io. Eppure, quello stesso motivo mi aveva costretto a fermarmi e fare un passo indietro.
Non volevo si spaventasse ancora. Non volevo somigliare a mio padre, di cui ricordavo poco – ma abbastanza da sapere di non voler essere come lui.
E poi, pur volendo, a quella reazione non sarei riuscito a rispondere in nessun altro modo. Forse solo abbracciandola, ma ovviamente non avrebbe gradito.
Ci sarei andato, a quella festa. Sarei andato e avrei tentato un approccio diverso, perché flirtare non serviva a niente. A quel punto, flirtare con lei non era neanche la mia massima priorità.
Perché una biondina appena conosciuta, per quanto bella, doveva avere su di me un effetto simile? Se i miei amici l'avessero saputo mi avrebbero preso in giro a vita, io non ero più il tipo che si fissava con una donna. Volevo l'avventura: ogni sera fuori, una ragazza diversa nel mio letto. Una volta sola mi era capitato di portare a casa la stessa per due volte di fila, ma solo perché era molto brava a letto. Tuttavia la terza volta avevo evitato: il numero 3 non mi piaceva. Il numero 3 mi dava l'impressione di segnare l'inizio di qualcosa di stabile e non era affatto ciò che desideravo. Con nessuna. Mai più.
Però punzecchiare Emma rimaneva divertente, e se l'avessi conquistata avrebbe potuto essere una buona amica di bevute. Certo, ad una notte con lei non avrei mai potuto dire di no, alla fine... se a letto aveva quel temperamento, non avrebbe potuto che essere un'esperienza molto piacevole.
Segretamente speravo che alla festa di Carnevale si sarebbe presentata con qualcosa di più sexy, o che perlomeno lasciasse intravedere qualche centimetro in più della sua pelle.


 

8 anni prima

Era il quinto giorno di chemioterapia per Emma, e per fortuna l'ultimo. Aveva cercato di essere forte il primo giorno, ma dopo il trattamento era stata devastata e non aveva avuto neanche la forza di mangiare. Avevo dormito per ore, svegliandosi soltanto alla sera e ancora stanca. In più, la camera sterile non le piaceva: nonostante i suoi genitori facessero a turno per stare con lei. L'aveva sfiorata anche il pensiero che, forse, la morte sarebbe stata più dolce e meno dolorosa. Voleva piangere, ma non ne aveva neanche la forza. Era stanca, ma dopo il primo giorno era diventato faticoso anche dormire, ma non poteva prendere medicinali per il sonno. La maggior parte del tempo non era neanche abbastanza lucida da riuscire ad ascoltare sua madre che le leggeva i libri. Mangiava, ma aveva la forza di mandare giù soltanto minestre o budini: era un incubo.
Eppure, un piccolo barlume di speranza non l'aveva mai abbandonata. In fondo, pensava, cosa sono cinque giorni di sofferenza e qualche mese di recupero, davanti alla possibilità di una vita lunga e sana? In più, i capelli non le erano caduti. Le era stato detto che a volte purtroppo poteva succedere nel giro di pochi giorni e lei era a rischio, viste le sue condizioni, ma non era successo. I capelli biondissimi erano rimasti lucenti e forti: forse era l'unica cosa che le piaceva di lei. I capelli erano la sola cosa che non le davano l'aspetto di una bambina molto più piccola; anzi, se si pettinava in un certo modo, fissandoli con un mollettone, si sentiva un po' più alta.
Stretta, per quanto poteva, alla mano della madre, osservò l'infermiera che le toglieva la flebo per l'ultima volta.
-Sei stata bravissima, Emma.- le sussurrò dolcemente, al che rispose con un flebile sorriso vuoto? Era stata brava? Forse. Non si era mai lamentata, era vero... ma era abbastanza certa che se ne avesse avuto le forze lo avrebbe fatto. Ma questo, non c'era bisogno di dirlo a voce alta.
-Ti portiamo in camera, tesoro. Domani puoi riposarti in pace e dopodomani faremo il trapianto. Va bene?
-Ok.- che altro poteva dire? Non voleva deludere i suoi, che con tanta forza e costanza si erano presi cura di lei. Era anche per loro che cercava di essere forte.
Si alzò quindi in piedi, rifiutando l'offerta di essere portata in braccio, e seguì semplicemente la madre, mano nella mano, fino alla sua stanza, dove si mise subito a letto.
-E' finita, Emma. La parte peggiore è finita...- sussurrò Mary Margaret, rimboccandole le coperte.
-Davvero? Avete detto che dovrò rimanere in ospedale per almeno tre mesi.
-Lo so. Ma in questa stanza starai solo 15 giorni e... e non sarai sempre stanca. Portai guardare la tv, disegnare, scrivere, anche studiare se ti va. E io e papà staremo con te a chiacchierare e giocare... e fare quello che vuoi!- sorrise raggiante, infondendole forza come solo lei sapeva fare.
-Ma dopo potrò conoscere qualcuno?
-Certo! Ci sono altri bambini, qui, potrai fare amicizia.
Avrebbe potuto? Forse, essendo come lei, non l'avrebbero trattata male e sarebbero stati simpatici. Forse sarebbe riuscita ad avere qualche amica, per la prima volta nella vita. E giocare. O chissà...
-E il sangue per la trasfusione me lo darete voi.
-Sì... papà è AB positivo come te.- sorrise la donna, nascondendo un velo di malinconia. Non era giusto che la sua bambina, così piccola, conoscesse concretamente il significato di trasfusioni, operazioni, chemioterapia e tutto il resto. Aveva però notato che era molto intelligente, però. Ricordava ogni cosa che i medici le dicevano e quando stava abbastanza bene poneva domande, era curiosa.
Avrebbe superato anche questa prova e lei, tra qualche anno, si sarebbe solamente dovuta preoccupare degli orari della figlia e delle sue prime cotte. Ne era certa. Tutto questo, non sarebbe stato altro che un lontano ricordo.










 
Angolo dell'autrice;
Ciao! Come ho detto all'inizio, non avevo intenzione di postare prima di finire l'altra storia... ma non essendo riuscita a concludere il capitolo, volevo comunque postare qualcosina. Avevo il capitolo pronto (in realtà ne ho una decina, anche se sono un po' da sistemare) e quindi ho detto, perché no...
Questo capitolo è dedicato principalmente ad Emma e alla parte forse più difficile del suo passato. Nell'introduzione della storia credo di aver accennato che ha avuto un'infanzia poco felice, ma ora si scopre il perché... Non era semplicemente una bambina che prende i raffreddori più facilmente degli altri, ma fino a 10 anni ha sofferto di una brutta malattia. (Avevano parlato dell'anemia aplastica in Grey's Anatomy e ho cercato di informarmi bene per non scrivere cavolate) Fin da piccola però era una ragazzina forte ed è riuscita ad arrivare all'intervento stanca ma determinata...
E poi c'è il secondo incontro (scontro). La Emma di oggi è molto testarda e non riesce proprio a dare a Killian il beneficio del dubbio, anche se se la cerca anche lui con le sue battutine xD Non può sapere perché la mettano così a disagio, certo, ma non la aiuta a essere carina con lui... Però ne è sinceramente affascinato e ha capito che in lei c'è qualcosa che non va... e a costo di sembrare uno stalker tenta in tutti i modi di avvicinarsi. Diciamo che chiedendole scusa ha fatto un grosso passo avanti e lei lo apprezza, anche se non lo dimostra molto. Però crede di averlo allontanato una volta per tutte, facendogli capire che non è interessata. Ovviamente ha fatto l'esatto contrario ed ora è sempre più determinato, nonostante non riesca a capire perché gli importi tanto di lei.
Alla prossima.... che sarà tra 2 settimane più o meno (o 3 xD insomma, ho l'ultimo capitolo della scorsa, l'epilogo... e poi posso iniziare).
A presto, grazie mille per le vostre opinioni! :*
   
 
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