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Autore: Toms98    08/08/2016    1 recensioni
Raramente, se si è veramente fortunati, la vita dà una possibilità di riscatto. È questo che rappresenta per Aristocle e la sua variegata ciurma, alla ricerca di una seconda possibilità e del leggendario Scudo di Achille, il viaggio sulla Lytrusis. Ma non tutte le divinità dell'Olimpo vogliono che rimangano vivi a lungo...
La storia partecipa al contest organizzato sul forum da onlyfanfiction 'Fantasy Styles-Mille sfumature dell'immaginario' (link: http://www.freeforumzone.com/d/11260328/Fantasy-Styles-Mille-sfumature-dell-immaginario/discussione.aspx/1 )
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 – Odoiporìa

Il tramonto era ormai giunto quando arrivarono precisamente alle Colonne. Lì Aristocle diede ordini di procedere, anche se al buio, nel mare considerato da tutti il più pericoloso, addirittura proibito. Aveva appena finito di concordare la rotta con Dilosfene quando si avvicinò a lui la giovane sacerdotessa. << Posso farti una domanda? >> chiese lei, mentre lui scendeva dal piano rialzato. << Certamente! >> rispose lui. Lo sguardo di Teofania era veramente difficile da reggere, come se potesse leggerti dritto nell’anima. Come se questo non bastasse a turbare Aristocle, la domanda sembrava confermare i suoi poteri telepatici: << Tu non mi volevi qui, vero? >>
Spiazzato dalla domanda, l’uomo masticò dei ma e dei però, permettendo alla ragazza di continuare l’attacco: << Sai sembrava quasi che stessi parlando con qualcuno. Chi era? >>
<< Cosa ti dovrebbe interessare?! >> disse lui con una nota di irritazione.
<< Dovrebbe, siccome è questo il motivo per cui sono qui! >> rispose lei con lo stesso tono. Lui si lasciò sfuggire una risata isterica e poi si sedette su un barile. << Io sono nato quindici anni prima della guerra di Troia, così ho evitato di partire, ma una volta compiuti diciotto anni ho deciso di far parte della guarnigione a difesa di Atene. Lo stesso giorno in cui divenni ufficialmente soldato, chiesi ad una ragazza che conoscevo sin da quando eravamo entrambi piccoli di sposarmi. Che fossimo innamorati l’uno dell’altro era evidente, ma non avevo mai avuto coraggio di dichiararmi. Si chiamava Metrodora ed era, beh, bellissima. >> fece in bel respiro per evitare di piangere prima di continuare << Non meno di un anno fa lei inizia a stare male, io impazzisco e chiamo un medico. Quello viene da me sorridendo e dicendo che mia moglie soffrirà a lungo, ma che fra sei mesi avremo un bambino. Io svengo, e quando mi riprendo, lei è lì con me. Arriva il giorno del parto, ma lei sembra non essere in forma. Sta per partorirà una femminuccia, io ho già scelto come chiamarla, ma le levatrici mi dicono che ci sono dei problemi. Quando entro, dopo sei ore di travaglio, mia moglie e mia figlia sono morte, c’è sangue dappertutto. Dopo la loro sorte iniziai ad ubriacarmi, ad essere violento, a non fare più nulla. Sono stato cacciato dal mio ruolo e fui messo a fare il funzionario del porto. Puoi arrivò Atena e poi tu. Vuoi sapere perché sei qui? Il nome che scelsi per mia figlia era Teofania. >> Dopo aver detto ciò si alzò e se ne andò dicendo: << Non l’ho fatto per te, ma per me! >>
Dilosfene stava nel frattempo osservando con sospetto ogni cosa intorno a lui. Quando si avvicinò al parapetto, Muramasa scese con un balzo dall’albero maestro poco dietro, facendolo sobbalzare e quasi cadere dalla nave. << Ehi, tranquillo, voglio solo chiederti se possiamo evitare quella tempesta! >> disse il giapponese indicando delle nubi temporalesche poco lontano da loro. << TEMPESTA! >> gridò il re, prima di mettersi a correre da una parte all’altra della nave ripetendo a tutti di non avere panico e che si sarebbero salvati. Filottete lo guardò e con nonchalance spostò la nave di una trentina di gradi verso sinistra, impostando una rotta per evitare le nubi. Quando il cipriota si fu calmato, iniziò a parlare di tutti i problemi possibili che potevano incontrare nel loro viaggio: << Questo è un avvertimento, Poseidone è contro di noi e ci vuole morti. Dobbiamo subito tornare indietro e fuggire a casa nostra. >>
Filottete e Muramasa si scambiatori uno sguardo di intesa, poi Filottete incominciò: << Dilosfene, se pensi veramente così, posso lasciarti su un scialuppa e tornerai a casa con quella. Certo, solo questa nave può solcare i Mari Ignoti, quindi non so se riuscirai a tornare a casa… >>
Dilosfene deglutì a fatica , poi si mise a balbettare: << Fo-forse è meglio se-se io rimango qui, ma do-dovete ammettere che… no-non è si-sicuro. >>
<< Non è che hai paura, Dilosfene? >> chiese sorridendo il reduce. Subito il re gonfiò il petto e assunse una posa maestosa, poi si schiarì la voce e disse in tono potente: << Per chi mi hai preso, per un codardo? Io sono il re di Cipro, ho combattuto una guerra ardua per prendere ciò che mi spetta e non ho avuto paura neanche un secondo di umiliare i miei avversari e uccidere i loro cavalli. >>
Muramasa si avvicinò di soppiatto alle sue spalle, poi avvicinò la bocca all’orecchio del uomo e gridò: << Scappate, è un mostro! >>. Subito il “coraggioso” re si gettò dietro un barile e rimase lì fermo per almeno dieci secondi, mentre i due burloni ridevano del loro scherzo. Compreso quanto era successo, il re di Cipro uscì fuori dal suo nascondiglio. << Lo credete divertente? Solo perché ci tengo alla mia vita? Avere paura non è un male! >> disse, ma neanche lui ci credeva fino in fondo.
<< Mi domando come uno come te abbia potuto uccidere un uomo. >> disse Muramasa, continuando a schernirlo. << Beh… >> disse lui, mettendo le mani dietro la schiena e ondeggiando, appoggiando prima la punta poi il tacco << Per la verità io non ho mai ucciso nessuno, anzi non ho mai combattuto. >>
Quelle parole, dette a bassa voce e con lo sguardo fisso a terra attirarono l’attenzione di tutti, compresa Teofania, che gli chiese: << E la guerra per il trono? >>
<< Gli altri principi si stavano combattendo con tutte le loro forze, mentre io ero chiuso in casa mia pregando gli dei che nessuno mi attaccasse. >> raccontò Dilosfene << Io non avevo neanche il coraggio di tagliare la gola ad una capra, figuriamoci di uccidere un uomo! Però, mi arrivò questa lettera. Il popolo era infuriato per la distruzione che i pretendenti stavano portando, quindi chiedevano a me, il cipriota più intelligente, di trovare una soluzione per fare in modo che la guerra si calmasse. Pagai quindi una decina di guardie e mi incontrai con gli altri principi per valutare l’opzione di un regno con a capo tutti noi contemporaneamente. Rifiutarono, così mi trovai costretto ad attuare il piano di riserva. Dissi che avremmo deciso il destino del trono con un gioco che simulava una battaglia. Veniva dall’India, si chiamava scacchi, e organizzai una specie di torneo. Essendo l’unico a conoscere quel gioco e a saperci giocare, sconfissi tutti e il popolo mise a morte gli altri pretendenti. Pensate, non ebbi neanche il coraggio di portargli io stesso il veleno. Fino a qui tutto bene, più o meno, ma poi accadde l’immaginabile. Un principe, figlio di uno dei pretendenti, mi accusò pubblicamente di essere un codardo e mi sfidò per il trono. Si chiamava Pigmaglione e mi disse che o avrei intrapreso un’impresa eroica o avrei dovuto sfidarlo a duello. Non volevo abbandonare il trono, perché volevo tenere il mio onore. Quindi, seppur controvoglia, sono arrivato ad Atene e da lì qua sopra con voi. Mi spiace, ma sì, sono un codardo! >>
Muramasa si avvicinò e si inchinò ai piedi dell’uomo: << Scusa se ho osato scherzare di te e spero di non aver ferito il tuo onore, ma se l’ho fatto dimmi come devo pagare >>
<< Tirati su, non merito questi servigi, anche perché non ho onore da ferire >> disse lui aiutandolo ad alzarsi, ma il giapponese lo spostò e si alzò da solo, per poi dirgli: << Non c’è nulla di più coraggioso di un uomo che ammette le sue paure e le affronta a viso aperto. >>
Filottete era l’unico che non stava osservando quella situazione, troppo impegnato a guardare il cielo con aria dubbiosa. << Vuoi affrontare le tue paure? Mi sembra il momento adatto! >> disse lui. Aristocle si voltò verso di lui, e trasse subito le sue stesse conclusioni. << Bonaccia. >> disse << Siamo bloccati qui fino a quando vorrà Eolo. >>
Tutto l’equipaggio sprofondò nella tristezza. Sarebbero potuti morire in mare senza fare niente. Neanche il tempo di proporre una soluzione che la loro tranquillità fu rotta da un lancinante grido di aiuto proveniente dal mare. Tutti corsero a prua, dove videro una figura femminile intrappolata sotto il pelo dell’acqua da un tentacolo che svaniva nelle profondità del mare. << Dobbiamo salvarla! >> disse Muramasa, pronto a sfilare la sua spada e a gettarsi in mare. << Vengo anche io! >> disse Aristocle. I due si gettarono in acqua e nuotarono i pochi metri che li separavano dalla bellissima fanciulla. Non appena però furono vicini a lei, furono afferrati dalle braccia della giovane. Non appena uscirono dall’acqua rivelarono un aspetto squamoso, così come il resto del corpo, mano a mano che il mostro usciva dell’acqua. Ora si vedeva bene il suo vero aspetto, ovvero una parte superiore squamosa che ricordava una donna demoniaca, una parte inferiore di pesce. Filottete attaccò subito il mostro con le sue frecce,  mentre Dilosfene fuggì sottocoperta, lasciando la spada sul ponte. Non appena il primo colpo rimbalzò sulla pelle indistruttibile del demone, questi saltò sulla nave, mostrando tutta la sua grandezza, con una coda lunga più di un uomo, e scagliando i due sventurati “salvatori” fino a poppa. << Stupido mortale, pensi veramente di uccidere Sirena, l’essere più letale che questo mare abbia mai visto? >> Disse lei con una voce dolcissima, in estremo contrasto con il suo aspetto.
<< Piacere, Sirena. >> disse Filottete puntando ancora il suo dardo avvelenato.
<< Stupido, punti ancora la tua arma contro di me? >>
<< Sì, finché non mi dirai perché vuoi ucciderci. >>
<< Mi è stato ordinato così dalla mia regina, Persefone. Non vuole che voi arrivate alla sua isola. >>
<< Poteva scomodarsi di persona la tua padrona! >> disse Muramasa, sfilando la lunga arma che lui aveva accennato chiamarsi katana. Aristocle lo seguì dietro, puntando la sua più corta - ma non meno utile - arma contro di lei. Lei stava per attaccarli, quando Teofania impugnò la lama di Dilosfene e si schierò a fianco dei due, stupendo anche il mostro.
<< Vai via, è troppo pericoloso! >> disse Aristocle, senza togliere lo sguardo da Sirena.
<< So combattere anche io, non credere. >> disse lei. Mentre parlava però, il demone si scagliò contro loro, cercando di colpire proprio la ragazza. Questa però di tutta risposta fece un alto salto e le finì alle spalle, poi passò al contrattacco, provando a colpire la schiena del mostro. Purtroppo il colpo, nonostante l’estrema precisione e la velocità di esecuzione, fu nuovamente bloccato dalla coriacea corazza di squame.
Anche Aristocle e Muramasa colpirono un assalto fulmineo, ma entrambi fallirono. Solo la spada del samurai lasciò un leggero sgraffio su una di quelle placche. Continuarono così, aiutati dalle frecce di Filottete, per un’ora intera. << Ahahaha. >> rise Sirena << Quando vi dicevo che nessuna lama può uccidermi, intendevo proprio questo! >>
<< Forse nessuna lama no,… >> disse Dilosfene, uscendo da sottocoperta << …ma questo sì! >>. Detto ciò si lanciò gridando con una bottiglia in mano, poi tenendo gli occhi chiusi lanciò l’oggetto sul fianco del mostro, rompendolo e facendo spargere il liquido rosso su tutto il corpo. Questa si mise a ridere ancora di più dopo qualche secondo di silenzio, poi provò a sbeffeggiare il mortale quando questi disse a Muramasa: << Svelto, passa velocemente il filo della tua lama su tutte le scaglie del mostro. >>
L’uomo obbedì, e attraversò tutta la nave colpendo le squame della coda. << Cosa pensavate di farmi, pietà? >> disse ridendo Sirena.
<< No, mostruosità dei mari. Il liquido che ti ho lanciato è vino dei miei campi, molto buono, estremamente delicato e soprattutto di facile fiamma. Passando con la sua spada sulle tue scaglie, Muramasa ha prodotto delle scintille dovute all’attrito, che a breve, aiutate dalle fiamme di Helios, faranno bruciare la zona bagnata. >> proprio mentre diceva questo, le fiamme iniziarono ad espandersi sulla corazza di Sirena. Ma lui non aveva finito il suo monologo vincente: << Le tue squame saranno anche indistruttibili, ma sono attaccate alla debole pelle sottostante. Bruciandola, farò cadere tutte le squame che ricoprono quella zona, rendendoti vulnerabile! >>
Come neanche il miglior profeta avrebbe potuto fare, tutto quello che Dilosfene disse si rivelò veritiero e tra le grida Sirena diventò debole alle frecce di Filottete. Avrebbe scoccato, se un enorme massa d’acqua non avesse inghiottito Sirena e l’avesse riportata nel profondo mare, accompagnata dalla voce roboante di Poseidone, il quale disse: << Mortali! Per quanto so che non sia più la piccola bambina che allevai, non posso permettervi di ucciderla. Non ancora! >>
Poi la voce sparì, come il burrascoso mare attorno a loro, la mostruosa Sirena e, per fortuna dell’equipaggio, anche la bonaccia.
Compreso quest’ultimo fatto, Filottete rimise la nave sulla rotta prefissata e scese sul ponte principale per aggiungersi al capannello di persone che si stavano complimentando con Dilosfene per l’idea geniale. << Beh, in realtà è stato tutto un caso: mi ero nascosto sotto il mio letto quando ho trovato la riserva di vino che mi ero portato e sentendo i colpi che davate su quelle piastre mi è venuta l’illuminazione.  >>
Tutti esultarono con delle pacche sulle spalle al povero genio. Solo Muramasa era rimasto sulla prua con la spada sguainata.
<< Muramasa, grazie anche a te >> disse Dilosfene, avvicinandosi all’uomo visibilmente rattristato e abbattuto. << Questa spada si chiama Juuchi Fuyu. >> si limitò a rispondere lui.
<< Pensavo avessi detto si chiamasse katana. >> disse Filottete.
<< La katana è il tipo di spada, Juuchi Fuyu è il nome di questa spada in particolare. Ed è la causa della mia rovina. >> disse lui.
Tutti si guardarono stupiti. << In che senso? >> chiese Teofania.
<< Nella mia patria, solo io e un altro fabbro, Masamune, primeggiamo nell’arte della fabbricazione della katana. Un giorno, per sfida, costruimmo quelle che dovevano essere le spade migliori di tutte, in grado di tagliare tutto quello che si può tagliare e scheggiare tutto quello che non si può. Io costruì l’arma più affilata di tutte, infondendo il sangue dei miei nemici in essa. Quello che ottenni fu una spada potentissima. Provammo la spada immergendosi in un fiume. La mia tagliava tutto quello che incontrava, mentre quella di Masamune risparmiava le innocenti foglie e i pesci. Mentre mi vantano per la mia vittoria, un monaco passò di lì e disse che la mia spada era più tagliente, ma aveva un cuore malvagio. >>. Detto ciò cominciò a arrotolare la manica del suo vestito, mostrando un braccio con profonde cicatrici orizzontali.
<< Muramasa, cosa fa quella lama? >> chiese preoccupato Aristocle.
<< Vedi, ha un debito di sangue da quando è stata creata. >> disse lui << Deve essere sempre bagnata del flusso rosso della vita prima di essere riposta. Quando riesco a ferire o uccidere qualcuno, uso il suo sangue, ma in caso non abbia nessuno… sono costretto a questo. >> quindi passò velocemente la lama sul suo braccio, producendo uno sbrago sanguinante. Dalla ferita grondava sangue, che fece scendere lungo il braccio fino al gomito e da lì, goccia a goccia, sulla lama. Quando ci fu una buona porzione di filo color rosso sangue, rimise la spada nel fodero e si avvicinò ai suoi amici, tenendosi il braccio.
Subito corsero a medicarlo Teofania e Aristocle, mentre Dilosfene affermava: << Sei un uomo di grande onore, Muramasa. Te ne devo atto. >>
Mentre i tre uomini greci tornavano alle loro mansioni, Teofania rimase a fasciare la ferita del samurai. << Devi essere veramente forte d’animo se non hai paura di quella lama. >> osservò lei.
<< Ho più paura del mio passato, oramai. >> ribatté lui << Ora però parliamo di te. >>
<< Cosa vuoi sapere da una sacerdotessa? >> disse lei.
<< Come fa a saper maneggiare una spada una del tuo rango. >> rispose lui secco.
Lei deglutì prima di dire: << È una lunga storia. >>
<< Raccontala! >>
<< Neanche sotto tortura! >> disse lei, poi legò la benda e si allontanò da lui.
L’avrebbe inseguita, senonché Filottete cominciò ad urlare la presenza di un gorgo. Dilosfene fece un bel respiro e chiese: << Possiamo evitarlo? >>
<< No, è troppo grande! >> rispose il reduce. Aristocle osservò la situazione con estrema attenzione. Normalmente sarebbe fuggito, ma qualcosa gli diceva che era vicino alla meta. Si avvicinò alle carte di Dilosfene e chiese se erano sulla strada giusta e ricevette la seguente risposta: << Sì, ma quello è un problema. >>
A quelle parole una scintilla scattò nella testa dell’uomo, che comprese al volo quanto doveva fare. << Presto, Filottete, punta dritto al centro. >>
<< Sei impazzito?! >> gridò il vecchio.
<< Atena mi ha detto che se mai avessi trovato dei problemi, il modo migliore per risolverli era buttarsi dentro. Non pensavo fosse così letterale! >>
Filottete obbedì, mentre Dilosfene raccolse le sue mappe, le buttò in un barile e ci si infilò dentro. << Non lo sto facendo per paura, è solo per rimanere asciutto. >> mentì palesemente chiudendo il barile. Aristocle non si interessò e incitò i suoi uomini: << Per Atena! >>
Dettò ciò furono inghiottiti dalle acque e sparirono.
   
 
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