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Autore: Xion92    10/08/2016    4 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 63 - Poteri permanenti


Nel primo pomeriggio la situazione al Caffè Mew Mew era un po’ tesa: all’ora di pranzo, nonostante la bontà delle pietanze che aveva cucinato Keiichiro, Angel aveva mangiato con molto nervosismo, e una volta aveva anche immerso il cucchiaio nella zuppa di miso con così forza da aver schizzato col brodo quasi bollente il braccio scoperto di Ryou che era seduto proprio di fianco a lei. Il ragazzo aveva evitato di tirarle contro delle imprecazioni solo perché uno sguardo di Keiichiro l’aveva costretto a calmarsi.
Finito il pranzo, mentre il più grande lavava i piatti che Angel aveva aiutato a sparecchiare, Ryou si era ritirato nello studio e la ragazza si era messa a fare avanti e indietro per il salone, facendo dei giri precisi intorno ai tavolini e dando dei colpetti regolari agli schienali delle sedie. E intanto ripeteva ad alta voce:
“vediamo quello che mi ricordo… allora, Giappone si scrive unendo i kanji di sole e radice… poi, fuochi d’artificio coi kanji di fiore e fuoco. Acqua di mare invece con quello di mare e acqua, ovviamente, e poi c’era quello…”
“Non puoi mai stare zitta?!” sbraitò Ryou, spalancando la porta dello studio e parandosi di fronte a lei con le mani sui fianchi. “Come faccio a concentrarmi nel lavoro, con te qua fuori che non fai che parlare come una lagna?”
Angel, per nulla impressionata e ben felice di potersi distrarre un po’, sporse appena la testa oltre la spalla del suo capo, poi gli rivolse un ghigno cattivo. “Visto che eri chiuso nello studio e non nel bagno, non avrei da scandalizzarmi se mi dicessi che tipo di lavoro stavi combinando là dentro, no?”
Vide divertita il ragazzo assumere un bel colorito rossastro in viso. “Sai che non sono un tipo raffinato, ma il tuo squallore è un insulto alla buona creanza, anche alla più bassa”, le ringhiò, facendo un passo indietro. “Comunque, stavo dando una controllata ai potenziamenti che Zakuro e Bu-ling hanno ottenuto, e ho controllato il loro DNA per verificare se fosse cambiato qualcosa. Non è cambiato nulla, e quindi deduco che siano le vostre – le loro… –  armi a venire modificate, e non la loro struttura del DNA, che rimane sempre uguale. Però c’è una cosa che mi ha dato da pensare…”
Angel allora, che aveva finito di ridere, rimase ad ascoltarlo con interesse, curiosa di sapere cosa ci fosse che lo preoccupasse.
“Anche se non eri compresa nelle mie ricerche, visto che ormai il tuo potenziamento è andato, ho controllato la struttura del tuo DNA per sicurezza, e ho scoperto una cosa: che è un po’ diverso rispetto a quello delle altre.”
A quelle parole, Angel assunse un’espressione perplessa, e Ryou, che se lo aspettava, tirò un gran respiro.
“Non so se riuscirai a seguirmi, ma ci provo: le altre ragazze hanno in origine il loro DNA umano, standard, come quello di tutte le persone normali. Dal momento che noi abbiamo immesso il DNA animale nel loro, ne è stata modificata una parte. Così adesso loro hanno il DNA umano mescolato con quello animale che gli conferisce i poteri, e quindi diciamo che una parte di quello umano è stato sostituito. Però non è scomparso del tutto, ma è rimasto latente. Se mai Flan sarà sconfitto – come è successo con Profondo Blu – la parte animale del loro DNA sparirà, e tornerà ad essere sostituita dall’intero DNA umano che avevano prima. La parte animale riemergerà solo se dovessero presentarsi altri nemici.”
A quelle parole difficili, Angel dovette rimuginarle nella testa per un paio di minuti, ma, man mano che le interiorizzava e ne comprendeva il significato, Ryou vide con sconcerto che sul suo viso si stava dipingendo un’espressione che non avrebbe esitato a definire di terrore. La ragazza alzò infine gli occhi verso di lui.
“E… e quindi, boss?”
“E niente, con loro è così. Ma con te è diverso. Tu hai solo e soltanto il DNA mescolato con quello animale, e basta. Non ne hai uno interamente umano precedente. Anche perché non puoi averlo, tu col DNA modificato ci sei già nata. Quindi, non so come dirtelo…”
Esitò un attimo, poi tirò fuori la conclusione, tutta d’un fiato. “Se Flan sarà sconfitto, i poteri non ti andranno via, al contrario delle altre Mew Mew. Rimarranno con te per tutta la vita, e spariranno solo quando morirai.”
A quel punto le cose non andarono esattamente come Ryou aveva previsto: infatti Angel, che lo aveva fissato con apprensione e occhi spalancati, fece un lunghissimo sospiro di sollievo e rilassò le membra irrigidite.
“E dillo subito, boss, no? Vuoi farmi prendere i colpi?” chiese allegra alla fine.
Ryou non voleva credere alle proprie orecchie. “Come dici?”
“Insomma, sembra che lo fai apposta a volermi procurare un infarto”, cercò di spiegarsi lei. “Mi fai intendere che potrei perdere un giorno i miei poteri con un sacco di giri di parole, e solo alla fine mi dici che mi rimarranno? Che ti cambiava dirmelo all’inizio?”
Ryou, a quelle parole, si strofinò gli occhi col pollice e l’indice. “Dunque fammi capire, tu avresti paura che i tuoi poteri ti possano sparire, e invece sei contenta se ti rimarranno per sempre?”
Angel non capì il senso di quella domanda. “Che c’è di strano?”
“Ah, non lo so, del tipo che Ichigo mi ha rotto le scatole per un anno intero per i suoi poteri. Non poteva sopportare di averli, non faceva che desiderare che le andassero via. Quando Profondo Blu è stato sconfitto non le pareva il vero di essere tornata una ragazza normale”, spiegò ironico Ryou.
Angel ci ragionò un attimo, poi alzò le spalle. “Beh, ma lei ha ricevuto i suoi quando era già grande. Magari non ci era abituata, non sapeva controllarli, non le piaceva combattere, che ne so. Lei era sempre stata una persona comune e poi è diventata una Mew Mew. Io sono sempre stata una Mew Mew, se i poteri dovessero andarmi via non sarei più io.”
Ryou socchiuse gli occhi. “Mi sembra sensato. D’altronde, come potevo aspettarmi che reagissi in modo diverso? Non sei certo come Ichigo.”
“State parlando di me?” si sentì chiedere una voce femminile poco distante.
Angel si voltò e vide felice che la sua leader era entrata, e lei non se ne era accorta perché aveva usato l’ingresso posteriore.
“Leader! Voglio dire, Ichigo! No, veramente no”, esclamò sollevata Angel, dedicando tutta l’attenzione a lei e lasciando perdere il discorso con Ryou, che se ne tornò nello studio con un sospiro di sollievo. “Hai portato i testi?” chiese, vedendo che la nuova arrivata aveva in mano un libro dalla copertina colorata.
“Sì, guarda.” Ichigo sollevò il libro e glielo mostrò. “Questo lo usavo alle elementari, e mi è servito molto. Possiamo sederci, Akasaka-san?” gridò per farsi sentire dalla cucina.
Keiichiro sporse la testa. “Benvenuta, Ichigo-san”, la salutò con un sorriso. “Sì, prendete posto, tanto fino all’ora di apertura qui non gira nessuno.”
“Cominciamo?” chiese allora incoraggiante Ichigo a Angel, che annuì determinata.
Allora le due ragazze si sedettero vicine a un tavolo, e Ichigo mostrò all’altra una delle prime pagine del libro, con una lista di kanji molto semplici.
“Queste sono le basi, che conosci anche tu. Proviamo ad unire questi facili ad alcuni che non conosci, e vediamo se con le letture te la cavi.”
Nell’ora seguente le cose non andarono come Ichigo aveva immaginato: lei, nella sua mente, l’aveva fatta troppo facile. Si era illusa che bastasse procurare ad Angel un testo su cui lavorare e farle fare degli esercizietti divertenti, come lei aveva fatto alle elementari. Ma invece la situazione si stava rivelando ben più complicata: Angel, che era ormai grande, non riusciva ad afferrare con facilità tutti quei concetti.
C’erano molti kanji che si assomigliavano tra loro: Ichigo chiedeva ad Angel di provare a scrivere il kanji di occhio, e lei inevitabilmente lo semplificava riducendolo a quello di sole, oppure allungava le linee dei tratti facendolo diventare quello di orecchio.
E, anche se ogni tanto riusciva a scrivere un ideogramma correttamente, Ichigo si rese presto conto che Angel non era in grado di memorizzare correttamente un kanji che possedesse più di cinque o sei tratti. Se ci provava, era sicuro che ne saltava qualcuno facendo assumere al carattere un significato completamente diverso, oppure non dandogliene affatto.
Passando alla pronuncia, la situazione non migliorò: Ichigo aveva spiegato ad Angel che i kanji singoli si leggono in un certo modo, ma, accoppiati ad altri, la lettura diventa diversa. Niente da fare, Angel vedeva due kanji insieme e li leggeva come fossero stati separati. Oppure, a un certo punto, sembrava invertire la tendenza e leggeva i kanji singoli con la lettura da usare se sono in coppia.
Insomma, Ichigo fu ben felice quando il rumore della porta sul retro che si apriva segnò che era arrivato qualcuno della squadra. Voleva dire che l’ora di studio era terminata.
Chiuse il libro e i quaderni con un gesto di soddisfazione e si alzò dalla sedia per vedere chi fosse: Retasu. Normale, era sempre una dei primi ad arrivare.
“Ichigo-san. Angel-san. Buongiorno”, salutò Retasu educatamente, ma felice nel vederle. Poi girò un po’ attorno lo sguardo. “Dov’è Shirogane-san?”
“Nello studio”, rispose semplicemente Angel, in un borbottio. Poi sembrò ricordarsi che esistono le buone maniere. “Giusto, buongiorno, Retasu.”
Retasu le sorrise e chiese: “oggi era il tuo primo giorno di scuola, Angel-san. Com’è andata?”
“Ehm…” fece lei, e si morsicò un labbro, evitando di rispondere.
Allora Ichigo rispose al posto suo: “non è andata per niente bene. Intanto Angel non sa leggere i kanji, quindi ho deciso di prendermi un’ora dopo pranzo per aiutarla ad impararli. Ma per lei non è facile, vero?”
“Già…” annuì Angel, mortificata.
“Oh, avanti, Angel-san”, cercò di tirarla su Retasu. “Questo era solo il tuo primo giorno, no? Vedrai che fra poco riuscirai a leggerli bene e anche a scriverli. Ce l’abbiamo fatta tutti.”
Ichigo e Angel annuirono, anche se la seconda aveva un’espressione non del tutto convinta.

I giorni di scuola passarono nella loro solita routine e inesorabile susseguirsi di ore di lezioni, finché si arrivò alla fine della seconda settimana.
I professori andavano avanti a spiegare e a interrogare, e Ichigo, con qualche difficoltà, era riuscita a imparare il meccanismo delle equazioni, a interiorizzare le spiegazioni sul Genji Monogatari e a apprendere in modo schematico il funzionamento della biologia dei funghi.
Angel, invece, non aveva imparato niente. Dopo due settimane complete di scuola era rimasta esattamente ai livelli del primo giorno. Solo il suo approccio allo studio era un po’ cambiato, anche se le cose non erano migliorate per questo: se il primo giorno aveva accolto il tutto con un’aperta delusione, a partire dal secondo giorno si era messa d’impegno per colmare lo stacco che la divideva dai suoi compagni. E Ichigo la vedeva sforzarsi, fare tutto quanto in suo potere per riuscire a prendere appunti, a capire le spiegazioni, a rispondere giusto alle domande. Eppure non c’era verso. Quando era il momento di prendere appunti, Angel riusciva a stare dietro al professore solo per le prime righe, poi cominciava a distrarsi, a fare disegnini e scribacchi sul quaderno, perdendo completamente il filo del discorso; con le equazioni, nonostante sembrasse aver compreso i passaggi singoli per la risoluzione, non riusciva a metterli insieme per risolverle; con la biologia era la cosa peggiore, nonostante la ragazza traboccasse di amore per la natura: anzi, si poteva dire che lì nemmeno ci provava, semplicemente perché per lei quelli non erano funghi. O almeno, non erano cose che lei riconosceva come tali. Le distinzioni terminologiche e di funzionamento biologico per lei non avevano alcun significato, e quindi non era riuscita a farsi entrare in testa nemmeno un termine.
Come se tutto ciò non bastasse, per non farsi mancare nulla il professor Tanaka l’aveva presa di mira, e non c’era giornata in cui lui era presente che non fosse sarcastico con lei o non la umiliasse in qualche modo. Angel non aveva idea del perché, quando c’era da fare una domanda o da interrogare qualcuno, era lei la vittima preferita. Probabilmente i primi giorni non faceva neanche del tutto apposta a chiamare sempre lei, questo pensava. Il problema principale era che il suo nome, che era l’unico della classe scritto in katakana, spiccava sull’elenco del registro come se fosse sottolineato con l’evidenziatore, ed era sempre lì che lo sguardo del professore cadeva quando era il momento di chiamare qualcuno. Dopo i primi giorni, complice anche l’inettitudine della ragazza, l’incapacità di affrontare anche le letture più semplici, la sfacciataggine involontaria insita in lei, la sua scarsa disciplina, dovevano aver contribuito molto a farla inserire nella lista nera personale del professore.
Oltre alle umiliazioni che riservava a lei e solo lei con le sue domande difficili, le sue richieste di spiegazioni a un brano che era evidente che Angel non era riuscita a comprendere, ogni volta che concludeva la lezione il professor Tanaka si congedava dagli studenti con un discorsetto dei suoi, in cui, riferendosi alla nuova arrivata in modo neanche tanto sottointeso, li metteva in guardia da certi elementi estranei che, intrufolandosi di soppiatto in una società di giapponesi per bene, ne minava la sicurezza e l’armonia dall’interno rischiando di portare al collasso l’intero sistema.
Questi discorsi del professore, che sugli studenti aveva una grande influenza, fecero effetto, e, dopo i primi giorni di curiosità, gli altri ragazzi della classe iniziarono a guardare Angel in modo sospettoso e diffidente, evitando di parlarle o anche solo di passarci di fianco, intimoriti dalla sua stravaganza, dal suo essere così diversa caratterialmente da loro, e dalla sua mentalità che non le permetteva di imparare. Qualche volta, alcune ragazze leggermente più aperte avevano provato a intavolare una discussione con lei, ma avevano rinunciato immediatamente quando si erano rese conto che Angel non conosceva nulla né si interessava di moda, di shopping, di divi del cinema, di hits musicali, insomma di tutti quegli interessi così scontati fra le ragazze della loro età.
Le uniche tre persone che nella classe stavano insieme a lei erano Ichigo, Moe e Miwa, per gli altri la nuova arrivata era come trasparente, salvo quelle volte in cui veniva interrogata e in cui i suoi compagni ne approfittavano per farsi una sana risata sotto banco.

In quei giorni tutti uguali e mortalmente noiosi, soltanto una volta ci fu qualcosa di interessante e diverso, e cioè durante un’ora in cui il professore era assente per malattia.
“Angel, c’è ora buca!” annunciò Ichigo eccitata, controllando la bacheca appesa fuori dall’aula. “Che coincidenza! Aoyama-kun ha gli allenamenti di kendo proprio ora! Vieni, andiamo a vederlo!”
E l’afferrò per il braccio trascinandola verso la palestra, senza neanche darle il tempo di chiedere cosa fosse il kendo.
Ma, una volta arrivate, scoprirono con disappunto che la massa di gente che assisteva agli incontri era ormai diventata troppo fitta per poter sperare di riuscire a vedere qualcosa.
Angel si alzò sulle punte dei piedi, tendendo il collo verso l’alto.
“È inutile, Angel, non si vede niente da quaggiù”, commentò Ichigo, sconsolata.
Angel si girò a guardarla. “Te vuoi andare là davanti?” le chiese, come se il problema non esistesse.
“Già, ma ci sono troppe persone. Ci toccherà tornare indietro…”
Subito Angel l’afferrò per il polso. “Ma no, ti faccio vedere io come si fa!” risolse con una risata.
“…che vuoi fare?” chiese Ichigo confusa, non proprio convinta dalla strana luce che si era accesa negli occhi della compagna.
“Adesso vedi!” si limitò a rispondere Angel. Strinse bene la mano dell’altra ragazza e, voltandosi verso la folla, individuò un punto dritto davanti a sé, partendo poi con energia senza girare mai la testa e dando spintoni a destra e a manca.
“Largo! Via! Via tutti! Avevamo prenotato!” gridava mentre avanzava tenendosi appresso Ichigo.
Inizialmente le altre ragazze si voltarono infastidite a guardare chi fosse il maleducato che le spintonava in quel modo, ma, appena si resero conto di chi si trattava, si scostarono in modo quasi spontaneo, tra l’intimorito e l’inorridito.
Ichigo, che Angel continuava a tirarsi dietro, era pietrificata. “Ma Angel, non si può passare davanti in questo modo…”
Angel si bloccò e si girò di botto verso Ichigo. “Non si può?... Si può sì!” replicò. “Infatti, guarda, siamo già quasi arrivati in cima!” le fece notare, soddisfatta.
Ichigo allora si guardò in giro, e dovette ammettere che aveva ragione. Da lì si vedeva quasi tutto, erano in seconda fila. Presto la folla di ragazze si richiuse intorno a loro, bloccandole nella posizione in cui si trovavano.
“Va bene, Angel, basta. Da qui in seconda fila si vede benissimo”, cercò di placarla Ichigo.
Angel stava per annuire, quando, davanti a lei, dandole la schiena, si parò una ragazzona robusta di almeno un metro e settanta.
“Eh no, non quella alta!” brontolò Angel, frustrata, e cercò di sporgersi oltre le sue spalle, ma quella le aveva coperto tutta la visuale. Allora punzecchiò quella ragazza ingombrante sul fianco, che si voltò infastidita per vedere chi fosse quel seccatore.
“Ehi”, le disse Angel senza tanti complimenti. “Non sei né bella né invisibile, te l’ha mai detto nessuno?”
Ichigo subito, temendo il peggio, cercò di intervenire. “No, Angel, basta. Lascia perdere…”
Irritata da tanta maleducazione, la ragazza alta, in barba alle buone maniere, chiese con una voce forte e aggressiva: “e cosa vorresti da me?”
“Che ti sposti da davanti. Io e Ichigo, qui, non riusciamo a vedere niente perché ci copri la visuale. Se vai dietro non ti cambia niente”, rispose decisa Angel, ignorando la sua compagna.
La ragazza alta fece un ghignetto. “Se volevate tanto vedere, dovevate venire prima. Io è da mezz’ora che sono qui, e sto bene dove sono.”
“Angel, lascia stare, veramente”, insistette nervosissima Ichigo. Non che avesse paura per l’incolumità di Angel nel caso la questione fosse degenerata, ma piuttosto per l’altra ragazza. Sapeva bene che, nonostante Angel fosse bassa – come lei, dopotutto – se fosse arrivata alle mani con l’altra ci avrebbe messo dieci secondi netti a buttarla a terra, e avrebbe anche potuto farle seriamente male.
Cercò di scrutare nel gigantesco spiazzo riservato ai ragazzi che stavano per iniziare l’allenamento, ma non riuscì a vedere nessun viso familiare.
“Aoyama-kun! Aiuto! Dove sei?” si mise a chiamare, terrorizzata che potesse scoppiare una rissa da un momento all’altro.
“Ichigo! Che succede?” sentì rispondere agitato il suo ragazzo dopo poco, con già l’uniforme indosso, che oltre la fila, si sporse per individuarla meglio. Ma non ebbe bisogno di spiegazioni per capire cosa stava succedendo.
Fece spostare un paio di ragazze della prima fila e richiamò la sua compagna bellicosa.
“Angel, non puoi metterti a provocare solo perché le cose non vanno come vuoi”, la riprese, serio. Poi si rivolse alla ragazza che bloccava la visuale. “Per favore, potresti fare questo piacere ad Angel e Ichigo e spostarti in seconda fila? Vedi, Angel è la prima volta che assiste a un allenamento di kendo, e non riuscirebbe a vedere niente così. Tu invece vedresti bene comunque”, le chiese gentilmente.
A quelle parole pronunciate con fermezza ma anche con buon senso, la ragazza non riuscì a replicare e, un po’ risentita, facendo un passo indietro cedette il posto a Ichigo e Angel.
Le due erano enormemente felici del suo intervento.
“Grazie, Aoyama-kun! Ora vediamo bene tutto!” esclamò Ichigo con gli occhi luccicanti, giungendo le mani. Anche Angel sembrava enormemente soddisfatta della bella visuale.
“Non c’è bisogno di fare sempre i prepotenti”, aggiunse Ichigo. “Spesso basta chiedere.”

L’allenamento di kendo era suddiviso in due parti: quello dei ragazzi dei primi due anni e quello dei più esperti del terzo anno. A loro volta erano entrambi divisi in altre due parti, quella delle forme e quella del combattimento vero e proprio. Quando erano i ragazzi più piccoli a esercitarsi, i capitani li guidavano nell’esecuzione delle forme e davano loro delle dritte nei combattimenti.
Ichigo osservò con molta attenzione ed emozione il suo ragazzo che dirigeva con abilità consolidata il gruppo dei più piccoli disposti a schiera di fronte a lui, gridando il nome della forma che dovevano assumere, che richiamava vicino un ragazzino quando era sfiduciato o sbagliava troppo per dargli dei consigli e incoraggiarlo.
Questa prima parte più noiosetta trascorse in fretta e, quando il campo fu sgomberato per lasciare posto ai ragazzi più grandi, Ichigo osservò col cuore palpitante il suo fidanzato che, in gruppo insieme ad un’altra decina, eseguiva, sotto la guida del maestro adulto, le varie forme con la spada e dava dei colpi a dei nemici immaginari, in perfetta sincronia con i suoi compagni. Eppure, ad Ichigo lui sembrava sempre il più bello. Non era un combattimento vero e proprio, quindi non portava il man, quella specie di casco che serve a proteggere la testa, e lei riusciva a scorgere il suo sguardo fisso e concentrato, i suoi movimenti ben coordinati e professionali, la spada che colpiva con precisione il punto che l’istruttore indicava.
Tirò un gran respiro al pensare a tutto il tempo che era passato. Lei conosceva quel ragazzo fin dai primi mesi del primo anno scolastico e, facendo due conti, erano passati due anni e mezzo circa da quando l’aveva visto per la prima volta. Quanto era cresciuto dalla prima volta che l’aveva incontrato, pensò Ichigo. Tra l’età che avanzava, gli allenamenti e i combattimenti, i trascorsi fortemente emotivi che aveva passato, Masaya ora sembrava ben di più un uomo che un ragazzo di quattordici anni e mezzo. Era assai probabile che entro un altro paio d’anni avrebbe assunto un aspetto completamente adulto. Era ormai un anno che stavano insieme, e tutto quello che avevano passato non aveva fatto altro che rafforzare e cementare la loro unione man mano che si andava avanti.
“Più passa il tempo e più lo amo…” mormorò Ichigo, sentendosi le guance andare a fuoco.
“Hai detto qualcosa?” sentì chiedere curiosa Angel di fianco a sé.
“Io?” rispose subito Ichigo, ridestandosi. “No no, niente.”
Allora Angel distolse gli occhi da lei e riprese a guardare gli atleti. “Guarda, adesso inizia la parte migliore. Ci sono i combattimenti!” esclamò.
“I combattimenti!” esclamò eccitata Ichigo, al vedere che Masaya si era posizionato di fronte a un altro ragazzo avversario. “Forza, Aoyama-kun, che sei tu il migliore!” cominciò a gridare. “Dai, Angel, fa’ il tifo anche tu.”
Allora l’altra, prendendo esempio, cominciò a incitare alla sua maniera: “Forza, Masaya, spaccagli il... ouch!”
Ichigo infatti le aveva assestato una gomitata sul fianco. “Senza essere volgare”, la rimproverò.
Allora Angel, con qualche sforzo, diede una limata al suo modo di tifare e fece sentire il suo supporto al ragazzo, facendo in modo però di urlare abbastanza forte da riuscire a coprire le urla delle altre ragazze.
Non fu un incontro facile, soprattutto perché i ragazzi del terzo anno erano tutti a livelli molto alti. Masaya, in particolare, dovette affrontare un avversario che gli diede parecchio filo da torcere. Ma alla fine riuscì a vincere col vantaggio di un punto.
“Evviva! Evviva!” gridò Ichigo, gettando le braccia al collo di Angel, rischiando di strangolarla. “Il mio Aoyama-kun è il migliore di tutti! Giusto, Angel?”
“Sicuro!” annuì Angel, emozionata anche lei dal bell’incontro. “Però sono stati tutti bravi, mi sono piaciuti tutti i partecipanti. E come combattevano bene!”
Ichigo le lanciò un’occhiata accusatoria, come se stesse guardando una traditrice, e si volse di nuovo verso i ragazzi.
“Yu-huuu! Aoyama-kun! Siamo qua!” chiamò.
Masaya le fece un cenno di saluto, e raggiunse le due ragazze appena si fu sistemato.
“Aoyama-kun, tu sei sempre il migliore!” si complimentò Ichigo. “Non poteva mica batterti, quello.”
“È vero, Masaya, sei stato molto bravo. Del resto, per come mi hai allenata, non potevo aspettarmi qualcosa di diverso. Ma come mai sei così abile? Sei portato, o ti sei allenato molto anche tu?” volle sapere Angel, colpita dalla bravura del ragazzo.
“Beh, è da quando ho incominciato che mi alleno sempre, di continuo, senza quasi giorni di riposo, però sai, credo che sia anche qualcosa di innato”, si spiegò lui. Poi la sua voce assunse un tono un po’ vergognoso. “Forse il fatto di essere stato creato da un dio che usa una spada come arma può aver influito.”
Angel assunse un’aria meravigliata. “È vero, caspita. Non ci avevo pensato. Ecco perché sei così bravo a combattere, sia qui che contro i mostri…”
“Senti, Angel”, aggiunse Masaya, tenendosi stretta Ichigo che continuava ad abbracciarlo. “Sono riuscito a girarmi verso di voi un paio di volte mentre combattevo, e ho visto come ci guardavi. Ti brillavano gli occhi. Ti piace questo modo di combattere?”
“Oh, sì!” annuì Angel, entusiasta. “Non è proprio simile al mio, visto che io non ho una spada quando combatto. Ma chi se ne importa: una lotta è una lotta!”
“Allora, non ti piacerebbe… provare?” chiese Masaya.
Angel spalancò gli occhi. “Io, fare kendo?”
“Ma sì!” esclamò Masaya, staccandosi Ichigo di dosso, perché in quella palestra si moriva di caldo. “Ti potrei addestrare io, come ho fatto a luglio. Ti piacerà, vedrai, e ti servirà anche a sfogarti, visto che combattiamo abbastanza poco contro i mostri”, le spiegò il ragazzo con enfasi.
“Aoyama-kun ha ragione, Angel, perché non provi?” ci si mise anche Ichigo.
Angel rimase un po’ a riflettere su quella proposta, e gli altri due ragazzi videro dalla sua espressione che non la considerava un’idea così cattiva. Ma improvvisamente divenne seria.
“No, meglio di no.”
“Ma come?” chiese Masaya, deluso. “Devi solo provare, sono sicuro che saresti anche bravissima. E poi ti piacerebbe.”
“Questo è il punto. Ho paura che possa piacermi”, borbottò Angel.
“Ma come? Non ti capisco”, rispose Masaya, confuso, e anche Ichigo era perplessa.
“Se cominciassi a fare una cosa che mi piace, poi come farei quando torno a casa? Là non potrei certo continuare a fare kendo. Sapete in che mondo vivo”, rispose Angel, oscurandosi.
“Ascolta, Angel”, cercò di farla ragionare il ragazzo. “È vero che adesso il tuo mondo è messo come è messo, ma quando tornerai a casa lo farai perché Flan non ci sarà più. Quindi la vita potrà ripartire, e Tokyo col tempo potrà tornare almeno in parte come una volta. O no?”
Angel scosse la testa, e spiegò in tono agitato: “no. Ma non è la tecnologia il problema. Sono sicura che io e mia nonna non vivremmo più in tenda ma in una casa, e la vita nostra potrebbe avvicinarsi alla vostra. Ma le persone da noi non sono come quelle che sono qui. Quel mondo ha cambiato la mentalità della gente, anche dopo tanti anni di pace sono sicura che non sarebbero più in grado di avere spirito di gruppo e solidarietà come da voi. Non sarebbero certo in grado di pensare di poter praticare uno sport in compagnia di altre persone, né di poter sviluppare di nuovo una società intricata come questa. Ecco perché non voglio. Non potrà mai più esserci kendo nella Tokyo da cui provengo, né altri sport o giochi collettivi. Quindi non voglio iniziare una cosa a cui poi dovrò rinunciare. Ci starei solo male. E dovrò lasciare anche troppo qui, quando me ne andrò, senza dover aggiungere una cosa in più.”
Ichigo guardò preoccupata l’altra ragazza, poi si girò verso Masaya, e vide che, al discorso fatto da Angel, aveva strizzato gli occhi in un’espressione contratta.
“Hai ragione, Angel, non ci avevo pensato, scusami”, rispose infine, ostentando calma, ma si sentiva che la sua voce era impregnata di sofferenza. “Però puoi sempre venire a vedere gli incontri, se ti va”, aggiunse poi assumendo un tono incoraggiante.
“Sicuro!” annuì Angel.

A parte gli incontri in palestra a cui Ichigo, Angel e, talvolta Moe e Miwa assistevano, non c’erano altri momenti vivi in quella scuola.
Le giornate si susseguivano tediose, tutte uguali, con professori freddi e distaccati dagli alunni che non sembravano, o non volevano, capire perché Angel non riuscisse ad afferrare le loro discipline. Per loro era molto semplice: facevano la spiegazione, se qualcuno restava indietro si arrangiava; interrogavano, se la vittima non sapeva rispondere era un tre e via.
Il sabato della seconda settimana, dopo aver riaccompagnato Angel al Caffè e dopo che Ichigo le ebbe detto di tenersi pronta perché dopo pranzo sarebbe tornata per la solita lezione, Masaya decise che era passato abbastanza tempo per fare un resoconto della situazione.
“Come sta andando?” volle sapere.
“Male!” fu la risposta irritata di Ichigo. “Ti posso assicurare che non c’era differenza tra ieri e il primo giorno, e non ci sarà nemmeno oggi. Faccio una gran fatica con lei, magari alla fine dell’ora sembra aver imparato qualcosa, ma il giorno dopo è come se avesse resettato. Non si ricorda mai nulla di quello che studiamo. Ci prova, si vede, ma non ce la fa. Penso che sia inutile, Aoyama-kun. Forse dopo le dirò che oggi era l’ultima lezione. Almeno ci abbiamo provato, tutte e due. Purtroppo i miracoli non li posso fare…”
“Raccontami come si comporta a scuola”, chiese ancora il giovane.
Allora la ragazza gli parlò in breve di tutte le difficoltà che Angel incontrava, con le materie, coi professori e coi compagni.
Masaya annuì, e rimase pensieroso e in silenzio per un pezzo di tragitto. Poi si fermò e chiese alla sua ragazza:
“Ichigo, per caso hai dietro una copia del programma che seguite in classe?”
“Penso di sì, ce l’hanno consegnato il primo giorno e ancora non l’ho tolto dalla cartella. Non l’ho nemmeno guardato, a dire il vero”, rispose lei, vergognosa.
Aprì la cartella e, dopo aver frugato un po’, tirò fuori un foglio di carta tutto spiegazzato.
Masaya gli diede un’aggiustatina e si mise a leggerlo, studiandolo con attenzione per un paio di minuti. Ichigo intanto aspettava, con aria interrogativa.
“Va bene, Ichigo”, diede il suo responso il ragazzo quando ebbe finito. “Oggi stai pure a casa e riposati. Ad Angel penso io. Non le insegnerò i kanji però, farò un’altra cosa con lei.”
“Vuoi stare tu con lei?” chiese Ichigo, meravigliata. “Ma sei sicuro? Cosa vuoi farle fare?”
“Vedrai”, rispose lui semplicemente, poi piegò il programma e glielo restituì. “Mi sono confrontato con lei parecchie volte in passato, penso di aver capito qual è il limite che la blocca e come farglielo superare. Ho aspettato due settimane sperando che riuscisse a cavarsela da sola, ma si vece che non ci riesce e ha bisogno di aiuto. Speriamo che la mia strategia funzioni…”

 

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Aah, scrivere questi capitoli scolastici mi riporta ai miei anni di medie e superiori, coi professori stronzi, i compagni di più, le materie pallose e i 4 alle interrogazioni. Quanto mi mancano <3 (ma anche no!)

Intanto linko due disegni nuovi che ho fatto.
Primo: Masaya con un po' di espressioni a caso. Appare più grande, è l'aspetto che dovrebbe avere in questa serie.
Secondo
: la prima copertina che ho disegnato, da aggiustare e colorare al computer.

Al prossimo capitolo, e grazie di nuovo a tutti quelli che seguono la storia!

   
 
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