Rose Weasley - Terraferma
Gli sguardi muti spesso parlano
più di parole urlate al vento
nell'entusiasmo del momento,
ma che al vento non resistono (volano)
mentre sopra un foglio vivono (restano)
in modo che non vada persa la nostra poesia,
la nostra immensa e assoluta energia
e la silenziosa complicità
in mezzo alle urla del mondo.
(Max Pezzali – Terraferma)
Rose Weasley, 16 anni, Grifondoro, era ossessionata.
Era ossessionata da quella cosa da quando aveva vinto un concorso di poesia alla scuola babbana che frequentava prima di andare a Hogwarts. Sua madre aveva iscritto lei e suo fratello lì, di modo che potessero imparare un po’ di geografia, storia e matematica prima di approdare alla scuola di magia, ma la materia preferita di Rose era inglese: la maestra, la signora Hall, era fissata con le poesie e ogni anno facevano un piccolo concorso in classe. Quando Rose vinse con una poesia sul suo gatto (in realtà i Weasley avevano un gufo, ma a Hermione sembrava inappropriato che la figlia scrivesse di rapaci e le aveva caldamente consigliato di ripiegare su un felino), ne fu così entusiasta che decise di dedicare una poesia a ogni persona importante della sua vita. Ne aveva scritte a non finire: per i suoi genitori, per i nonni, un paio per suo fratello, una interamente dedicata al suo gufo, una per ognuno dei suoi cugini – qualcuna in più per Roxanne e Albus - una per ogni zio, una per i gemelli Scamandro e una per il professor Paciock (un caro amico dei suoi).
Da qualche mese, però, l’ossessione di Rose celava qualcosa di ben più complicato.
Prese a seguirlo ovunque: durante le gite a Hogsmeade, quando c’era una ronda da fare, ogni volta che andava agli allenamenti di Quidditch, in biblioteca quando studiava per una verifica. Lo spiava durante le lezioni e il suo rendimento durante le ore che Grifondoro condivideva con Serpeverde calò vertiginosamente. Un paio di volte fuse il paiolo e le sue trasfigurazioni animali presero a essere meno accurate del solito.
Erano le otto di sera, il cielo era scuro e ricoperto di stelle. Rose era seduta sotto un albero a mangiare uno zuccotto di zucca e a torturare un filo d’erba mentre aspettava, leggermente in anticipo, l’arrivo della classe di Astronomia, quando una voce la fece sobbalzare.
<< Weasley >>.
Rose sollevò la testa verso l’alto e quasi le venne un colpo. Arrossì di botto, mentre il volto di un ragazzo veniva illuminato dalla fiammella che danzava in un barattolo ai piedi della sua borsa.
<< Malfoy >> mormorò.
<< Ti sei persa questo ad Aritmanzia >> le disse tendendole un taccuino in pelle di drago tutto consunto. Rose scattò in piedi e afferrò il suo quaderno. Lo strinse possessiva al petto e ringraziò Scorpius per averglielo restituito. Lui si girò per andarsene, ma lei lo richiamò, colta da un sospetto.
<< Malfoy! >> gli urlò e lui le si avvicinò di nuovo. Rose sentì le ginocchia cedere mentre gli occhi verdi di Scorpius erano puntati nei suoi.
<< N-non hai letto, vero? >> gli chiese pigolando, spostando lo sguardo azzurro sulla spalla del suo interlocutore.
<< Ho capito che era tuo solo riconoscendo la grafia >> le disse. Rose annuì, mentre si sentiva vacillare sempre più.
<< Scrivi molto bene, Weasley >> azzardò lui prima di correre via.
Rose rimase immobile, gli occhi ancora fermi nel punto dove prima c’era la spalla del ragazzo. Si riscosse e sentì le gambe nuovamente salde. Si sedette, abbassò le palpebre e si perse nel ricordo delle iridi verdi di Scorpius.
Poi aprì gli occhi e il taccuino. Sfogliò le pagine, poesia dopo poesia, fino a trovarne una completamente vuota. Sospirò contenta e tirò fuori dalla borsa una piuma auto-inchiostrante, poi iniziò a scrivere febbrilmente, tenendo sempre a mente quegli occhi verdi:
Terraferma tra le onde dell’oceano, soluzione e cura di ogni male.
Terraferma che i marinai inseguono e che le stelle mi han fatto trovare quando ero persa in alto mare.
Rose sorrise soddisfatta. Finalmente aveva qualche verso anche per Scorpius Malfoy. Ripose tutto in borsa e continuò a giocare con i fili d’erba, sempre in attesa dei suoi compagni e della professoressa. Se solo avesse alzato lo sguardo, avrebbe visto un paio di occhi verdi che la scrutavano con avidità. |
Questa one-shot fa parte della long “Grazie a Dio è venerdì”, ma non è necessario averla letta per poter comprendere la shot.
Se ti va, facci un salto (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3375014&i=1).