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Autore: musicislife17    11/08/2016    1 recensioni
In una New York confusa ed elettrizzante come sempre, le vite di tre ragazze cresciute insieme si mescolano e si confondono: Jackie, una giornalista in gamba, ambiziosa e indomabile, in lotta con il proprio caporedattore e con i suoi sentimenti; Autumn, innamorata della musica e dei musicisti, in fuga costante dalla paura di vivere, alla ricerca di tutto e di niente; Annie, innocente per definizione, attratta allo stesso tempo dall’acqua santa, uno studente diligente e amorevole, e dal diavolo, un tatuatore senza tatuaggi, con cui deve fare i conti per la prima volta nella sua vita.
Storie di amore e di amicizia si susseguono nella anormale quotidianità di una famiglia senza precedenti, mentre il passato dei protagonisti sfuma in un presente avvincente e in un futuro indeterminabile. E in mezzo a loro musica, arte, lavoro, sogni e desideri, paure e gelosie, in un crescendo infinito...
-ANCHE SU WATTPAD-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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L’aeroporto di Bangkok respirava di vita e sudore. La gente si accalcava nei corridoi per raggiungere la propria destinazione. Si guardò intorno e si sentì elettrizzata. Ormai era diventata una abitué  degli aeroporti, si sentiva molto più a suo agio lì che in qualsiasi altro posto. Non amava la folla, ma amava il movimento e nessun luogo più di di un aeroporto o di una stazione o di una qualsiasi altra meta di passaggio per un viaggiatore racchiudeva in sé l’essenza stessa dell’esistenza dell’uomo: andare avanti, sempre, non fermarsi mai di fronte a nulla. 
E con qualche rara eccezione anche tornare indietro, all’origine di tutto. Proprio come in quel momento stava facendo lei, con trepidante attesa e quieta felicità. Trasportava con sé solo due oggetti: una valigia imponente, trascinata alle proprie spalle con non poco sforzo, e uno zaino sulle spalle, sgualcito, usurato. Vissuto.

Il tragitto che la portava al proprio gate  era pieno di altri viaggiatori, tutti orientati verso la stessa direzione. Avanti, avanti sempre. Eccetto lei che tornava indietro.

Raggiunti i tornelli dei controlli, infinito sembrava il tempo che richiedevano tutte le procedure del caso. Sempre più forte invece si agitava in sé la necessità di continuare il viaggio, di ritrovarsi subito sul suo sedile d’aereo, posto F34, lato finestrino in modo da osservare l’infinita distesa oceanica che di lì a poco avrebbero traversato. Un blu infinito che la rasserenava, la cullava nella tranquillità di un viaggio lungo per tornare indietro.

Si guardava intorno nel frattempo, cogliendo piccoli accenni di vite estranee, piccoli confronti con esistenze che avrebbe incontrato quei pochi secondi e poi mai più. E vide quei momenti di vita che la lasciavano sempre dolcemente colpita: due guardie aeroportuali che litigavano sottovoce di fronte a sé; una coppia di amici alla sua destra che ridevano ad alta voce, attirandosi le ire dei passeggeri intorno, e si scambiavano un cinque giocosi; una bambina asiatica alla sua sinistra, che piangeva aggrappandosi ai vestiti del padre spazientito, il viso deformato dal pianto e le codine ai lati della sua testa che oscillavano di qua e di là.

Sorrise fra sé, godendosi quel momento di trascendentale serenità, mentre alla sua mente affiorava un solo pensiero.
Torno a casa...

 

Superati i controlli di routine e raggiunta l’area di attesa prima dell’arrivo del volo, la ragazza si sedette sulla prima sedia libera che trovò. Tirò un sospiro di sollievo, avvicinando a sé la valigia che aveva dovuto trasportare per tutto l’aeroporto da sola. Diede un’occhiata allo schermo che segnalava i voli in partenza e quelli in arrivo. Fece un piccolo calcolo a mente. Altre due ore prima della partenza, perfetto.

Constatato che mancava ancora molto prima di alzarsi di lì, alzò le braccia su di sé e si stiracchiò pigramente, apprezzando i piccoli schiocchi che sentì provenire dalla sua schiena. Si lasciò andare rilassata sullo schienale della sedia ed emise un piccolo sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi per un attimo. Intorno a sé avvertiva tutto quel brulichio di rumori e voci tipico degli aeroporti. Un misto di lingue si univano come in una biblica torre di Babele e la circondavano a trecentosessanta gradi. Solo in fondo ai pensieri avvertiva un lieve promemoria da parte del suo cervello che le sussurrava di mangiare, dato che a quanto pare aveva fame.

Più tardi, si disse tranquilla, c'è ancora tempo.

In quel momento sentì nella tasca dei jeans vibrare il cellulare. Lo estrasse e se lo portò all’orecchio.

-Pronto?- rispose senza neppure controllare chi fosse a chiamare.

-Alla buon’ora. Avresti dovuto chiamare un’ora fa. Sei ancora viva o dovremmo avviare delle indagini laggiù, ovunque ti trovi?-

Il suo volto si aprì in un sorriso al sentire quella voce familiare. Era diretta ed ironica, proprio come la ricordava lei. Sintomi di una persona che non si faceva facilmente mettere i piedi in testa.

-Viva e vegeta, per tua sfortuna. Ero invischiata nei soliti controlli- rispose divertita, aspettando una risposta a tono.

E infatti…

-Oh certo, tu ti dimentichi di chiamare e io qui devo quasi incatenare Annie al divano per impedirle di saltare sul primo taxi e venirti a cercare. Mi sembra perfetto, già. In fondo è solo un giorno intero che canta a squarciagola per tutta la casa facendoci accarezzare l’idea del suicidio in massa-

La ragazza ridacchiò divertita. Quanto le era mancata la sua famiglia…

-Ma non mi dire, un giorno intero? Per causa mia? Mi sento in dovere di chiederti scusa allora-

-E hai dannatamente ragione. Hai idea di cosa voglia dire sentirla rantolare come una campana scordata? I vicini sono venuti a lamentarsi già tre volte. Non escludo l’idea che possano chiamare la polizia. O magari la chiamo io stessa-

-Coraggio, di qui a dieci ore sarà tutto finito-

-Dieci ore! Scherziamo? Non garantisco di non finirla prima!-

La ragazza si mise a ridere allora, come non faceva da molto tempo. Solo quella persona dall’altra parte era in grado di divertirla così tanto. Sentirla lamentarsi di tutto e tutti era esilarante, e soprattutto succedeva su base quotidiana. Ma se c’era una cosa ancora più divertente di quella, non avrebbe dovuto fare altro che punzecchiarla con le stesse armi.

-Su di morale, Jacqueline, non sarà poi così male-

La ragazza all’altro capo del telefono sbuffò indignata.

-Soprassedendo sulla seconda parte, perché sul serio, Autumn, mi sto già preparando all’ergastolo che mi verrà dato dopo aver ucciso Annie, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? Lo sai che lo detesto!-

-Scusa, la prossima volta ti chiamerò Bob-

-Chiamami anche Miss Piggy, se ti piace di più, ma non con quell’obbrobrioso nome che ho la sfortuna di portare. Mi fa venire i brividi, per tutti i santi numi-

-Ti sento suscettibile, non sarà lo stress per caso?- la punzecchiò ancora Autumn.

Dall’altra parte sentì un sibilo come di vipera e riuscì quasi ad avvertire l’aura minacciosa che l’altra ragazza stava certamente emanando.

-Ti giuro, Autumn, gli omicidi potrebbero salire a due quando metterai di nuovo piede qui-

In quella Autumn scoppiò di nuovo a ridere, forse per il tono serio dell’altra, o forse solo perché sentiva il bisogno dopo così tanto tempo di lasciarsi andare un po’ ad una spensieratezza che le era congeniale solo di rado. Non le sfuggì tra l’altro la risatina che proveniva anche dall’altra parte del telefono.

-Sul serio adesso, come stai?- si sentì rivolgere la domanda quando entrambe le ragazze si furono calmate.

-Bene, direi-

-Ne sei sicura?-

-Certo… magari non ancora al cento per cento, ma va meglio adesso. Credimi, Jackie-

Autumn era sincera, ma dall’altra parte sentiva che Jackie non era del tutto convinta. Sospettava che le ci sarebbe voluto di più perché lei le credesse, dopotutto erano passati quasi quattro anni.

-Jackie, sto bene. Fidati di me. Ho solo bisogno di un po’ di tempo per tornare alla normalità, ma questa volta so che andrà tutto per il meglio-

-Se lo dici tu…- sospirò Jackie.

Autumn sorrise all’apprensione dell’altra, cosciente che non avrebbe mai sentito pronunciare la parola “preoccupazione” dalla sua bocca, ma sapendo anche che era proprio questo quello che provava. E gliene era grata.

-Piuttosto, sono curiosa di conoscere finalmente questo tuo fantomatico fidanzato. Non riuscivo a credere alle mie orecchie quando Annie mi ha raccontato che hai trovato un poveraccio che ti sopporti-

-Ma dai, ti ha spifferato tutto?- sbuffò Jackie, ma dalla sua voce traspariva un sorriso.

-Già, mi ha anche anticipato qualcosa su questo tipo. Milo, giusto?-

-Esatto. È in gamba, Autumn, te lo assicuro. So che andrete molto d’accordo. Non vedo l’ora di presentarvi-

Autumn sorrise all’eccitazione di Jackie. Già dalla voce capiva che il ragazzo in questione doveva essere davvero speciale per lei.

-Ci credo che è in gamba. Per essere riuscito a rimanere con te per sei mesi senza pensare di lasciarti è ammirevole-

-Molto divertente, Autumn. Guarda, muoio dal ridere-

Autumn ridacchiò alla risposta sarcastica e diede un'occhiata all’orario. Senza accorgersene era trascorsa quasi mezz’ora. Le persone del suo volo cominciavano ad avvicinarsi al gate prossime all’imbarco.

-Jackie, devo andare adesso. Manca poco all’imbarco-

-D’accordo. Verremo tutti e tre all’aeroporto. Anche Ray non vede l’ora di riabbracciarti-

-E tu? Tu sei contenta del mio ritorno?-

Jackie rimase un attimo in silenzio, quindi sbuffò divertita.

-In fondo, molto molto in fondo, diciamo di sì-

Autumn sorrise. Non sarebbe mai riuscita a far cadere Jackie in castagna.

-Anche io sono contenta di tornare. In fondo-

Ma poi forse neanche così tanto in fondo.

N.d.A.
Poche parole al termine di questo prologo. Innanzitutto ringrazio il gentile lettore che è arrivato sin qui, l'emozione di veder letti i propri scritti è indescrivibile. Grazie sia a chi proseguirà, forse un pochino incuriosito dall'inizio vero e proprio del racconto, sia a chi non vede il perché proseguire, ma che ha comunque speso un paio di minuti per leggere il prologo.

Vorrei solo commentare brevemente il grande passo che ho compiuto pubblicando qui la mia prima storia. È di un’importanza che non si può esprimere a parole, dato che di rado (mai) ho sottoposto all’attenzione di qualcuno i miei tentativi letterari. La trama di Three Lives è nata all’improvviso e si delinea giorno dopo giorno nella mia mente. È una trama semplice e tuttavia complessa, insidiosa. Sto ancora cercando di domarla e definirla sotto ogni aspetto, perciò, se potete, portate un po’ di pazienza per il mio primo vero approccio alla scrittura.

 

Questo capitolo era ovviamente di introduzione, dal prossimo si comincia.

 

Grazie ancora all’impavido lettore giunto anche in fondo alla lunga nota della logorroica autrice e a presto,

musicislife17
   
 
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