Giorno 25
Liz e Georg se ne andarono
il giorno dopo e l'abbraccio che divise la ragazza da Tom fu tremendo, erano
due stupidi! Si volevano bene, perchè continuare
quella inutile battaglia contro il destino? Lui si scusò mille volte con me per
non aver capito che ero "la tipa di Bill" e per averci provato senza
pudore, dopo la 999esima volta che il moro gli diceva di stare tranquillo, che
era perdonato e che non ero proprio la sua tipa sembrò essere in pace con se
stesso.
Rimanemmo di nuovo soli e stavolta lo eravamo davvero; ognuno di noi aveva i
suoi pensieri che lo isolavano dagli altri: Tom aveva Liz,
Bill i problemi con sua madre ed io i problemi con Bill che derivavano dai
problemi con sua madre. Ci stavamo ignorando di nuovo, non per necessità, ma
era come se il divieto di sua madre lo facesse sentire sporco, aveva fatto
qualcosa di sbagliato, era venuto a letto con me nonostante lei glielo avesse
proibito; però io Bill non eravamo fratelli, non avevamo fatto niente di male.
Avrei voluto che anche lui la pensasse così.
Io e Tom stavamo preparando il pranzo come sempre, ma stranamente eravamo in
silenzio, fu lui il primo a trovare il coraggio di parlare; fece un mezzo
sorriso.
- E così avevo ragione, stracotta di mio fratello...
Arrossii, ma sorrisi, contenta di spezzare quel muro di silenzio che ci
divideva.
- Non ne sono stata sicura fino a ieri sera...e tu stracotto di Liz?
Sospirò.
- Sai, credo di essere pronto...
Lo guardai ad occhi sgranati.
- E perchè l'hai lasciata andarsene allora?
Si strinse nelle spalle.
- Perchè non so se lo è lei!
La cosa mi fece innervosire tantissimo, la loro storia sembrava una favola e
sarebbe stata così semplice se loro non si fossero creati tutti quei problemi.
- Avresti dovuto dirglielo...
Sorrise.
- Non mi farà mica male fare per un altro po' lo scapolo...com'è che si chiama
quella tua amica? Lucy?
Gli diedi una spintarella.
- Come avete deciso di affrontare i nostri genitori?
- Veramente...non abbiamo proprio deciso...
Mi guardò, poi indicò il calendario alla parete con la testa.
- Dovreste, manca poco al loro ritorno...
Sospirai contando mentalmente le caselle dei giorni: 5, 4 considerando che
mercoledì sarebbero già stati a casa. Andai in camera dei gemelli e trovai Bill
sul letto, steso su un fianco con le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie, mi
sedetti sul letto di Tom, volevo parlargli, ma non sapevo come fare.
- Ti ho sentita, sai?
Rimasi gelata e deglutii.
- Oh…
Bene stavo assimilando le espressioni di stupore di Tom, ero
proprio sulla buona strada!
Rise e si voltò guardandomi.
- Stai bene?
Annuii con la testa.
- E tu?
Sospirò.
- Metà di me sta benissimo, l’altra metà è in fin di vita!
Rimasi in silenzio, poi mi feci coraggio, prima di uscirmene con qualche altra frase alla Tom.
- Senti Bill, abbiamo 5 giorni! Possiamo stare qui a deprimerci perché
probabilmente poi i nostri faranno di tutto per dividerci o stare insieme…
Arrossii alla velocità della luce per quello che avevo detto.
- Per ora non siamo costretti ad essere fratelli…
Mi guardò perplesso, o almeno mi sembrò, visto che continuavo a
tenere gli occhi in basso ancora imbarazzata; si alzò ed appoggiò
diligentemente il lettore mp3 sul comodino, poi venne a sedersi accanto a me
sul letto. Mi prese le gambe da sotto le ginocchia e le posò sulle sue, mentre
mi faceva passare l’altro braccio dietro la schiena; mi tirò indietro i capelli
e quando le sue dita sfiorarono i contorni del mio viso, sentii un fremito alle
labbra. Mi guardò negli occhi.
- 5 giorni? Credi di bastarmi per così poco?
Sorrisi.
- È un inizio…
Sfregò il naso contro il mio, il mio cuore stava già andando in
fibrillazione.
- Mi sembra un buon inizio…
Le sue labbra morbide sulle mie e il suo sapore che mi faceva
dimenticare il anche il mio nome, ero quasi sicura che iniziasse per A, ma era
soltanto un’ipotesi. Mi aggrappai alla sua spalla per sollevarmi e rendere
ancora più intenso quel bacio, ma lui mi spinse sul letto poggiandosi sopra di
me. Risi.
- Un ottimo inizio direi…
Quando uscimmo da quella stanza ero affamatissima, per fortuna Tom
era in grado di stare ai fornelli anche senza di me; lo trovammo al telefono e
quando lo sentii invitare Lucy da noi lo guardai in cagnesco, non so, mi
sembrava che lui fosse proprietà di Liz e quindi le
altre non avessero il diritto di metterci le mani, ma comunque lo lasciai fare
visto che probabilmente lei stava facendo lo stesso con qualcun altro.
Dopo cena fummo io e Bill i primi a dileguarci in camera nostra,
con una bottiglia di vodka sotto il braccio e un sacco di idee in mente. Spostammo
i materassi dalle reti e li mettemmo vicini per terra, in modo da conquistare
lo spazio di due piazze; mi ci sedetti sopra a gambe incrociate e lui si sdraio
davanti a me poggiandosi su un gomito, mentre leggeva l’etichetta della
bottiglia.
- Che hai preso?
Sorrise senza staccare gli occhi.
- Vodka alla liquirizia…
- Ti piace?
Mi guardò.
- Mi piace nella tua bocca…
Incrociai le braccia sul petto e lo guardai sospettosa.
- Sai, è molto da Tom cercare di farmi ubriacare per portarmi a
letto!
Scoppiò a ridere e mi spinse fino a farmi cadere sdraiata sul
materasso.
- Non essere sciocca, Andrea…
Si spostò accanto a me e mise una mano sulla pancia.
- Non ne ho bisogno!
Gli lanciai un’occhiata scettica.
- Montato…
Sbruffò ridendo.
Restammo in silenzio a guardarci, finché dalla mia camera ci
raggiunse la colonna sonora di Lucy; guardai il muro, sospirando.
- Non potrebbe trovarne una silenziosa?
Mi guardò con una strana luce negli occhi, poi mi porse la bottiglia
fissandomi, decisi che non avevo proprio voglia di concentrarmi sui rumori
provenienti dalla mia stanza, così bevvi un lungo sorso; gliela diedi di nuovo
e lui fece lo stesso, poi la andò ad appoggiare accanto al muro e spense la
luce.
Mi ritrovai sola in quel letto, immersa nel buio più totale,
finché non sentii una mano che mi faceva scivolare piano la maglietta per
scoprirmi la pancia; un paio di labbra umide di vodka mi baciarono piano appena
sotto l’ombelico. Andai a tentoni con la mano fino a raggiungere la sua testa,
i suoi capelli laccati.
- Senti ancora, Lucy?
Cercai di concentrarmi, ma effettivamente ero stata distratta da
qualcos’altro.
- Più o meno…
Ma di certo non avrei continuato a sentirla a lungo, perché mi
stava slacciando i pantaloni e la sua bocca continuava a scendere…