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Autore: Maggylina    26/04/2009    0 recensioni
Era così bello. La vita da un altro punto di vista.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo

 

Mi ricordo che iniziò a piovere. Me lo spiegarono dopo, ovviamente, cosa volesse dire, io ero appena nato. Mi ricordo che era una sensazione bellissima, l’acqua fresca che ti bagnava tutto, che ti nutriva, che ti dava un nuovo impeto di vita. E dopo, quando era spuntato il sole, mi ricordo che per la prima volta avevo esclamato:”che bello!”. Era caldo, luminoso, la combinazione perfetta con quella pioggia che tanto mi faceva star bene. Mi ricordo la mia felicità, la mia incantata sorpresa davanti a quei miracoli. E niente, né le chiacchiere pettegole del mio vicino di prato, né il ghiaccio paralizzante della notte, mi potevano negare il mio infinito piacere verso il sole e la pioggia, verso la vita.

E così crebbi, sempre più alto, sempre più robusto. Ogni notte mi addormentavo, e ogni mattino potevo osservare dei cambiamenti su di me. Quando veniva tanto freddo, quello che chiamavano inverno, i miei rami si protendevano al cielo, senza veste, senza foglie. Poi, pian piano, ricominciavano a coprirsi, e io guardavo compiaciuto le gemme spuntare, verdi contro il secco marrone della corteccia, si schiudevano, e arrivava il colore, il profumo, l’intensa primavera: nulla amavo di più di quel felice ricongiungimento alla vita, quando anche il sole diventava splendente e più caldo. Dopo ancora, era l’epoca del cielo color nontiscordardimé. Il calore si rivelava ancor più croccante, quasi feroce; ma io, per allora, m’ero già coperto di tantissime foglie verdi, che mi trasmettevano la voglia di essere. Ma loro erano ansiose del dopo, del futuro e a un certo punto si stufavano del verde brillante, decidevano di cambiare: le vedevo scurirsi, diventare un po’ gialle, un po’ rosse. Anche i miei amici, vedevo subivano il cambiamento delle loro foglie; e così, il bosco diventava tutto un perenne tramonto terreno, un luogo acceso dal nostro colore. Anche quell’evento, prima o poi, finiva:le foglie si lasciavano andare, l’una dopo l’altra, i rami si denudavano, il sole perdeva un po’ della sua grinta, e tutto tornava come all’inizio. Dopo uno di questi giri , ero sempre un po’ più alto, un po’ più robusto. Mi ricordo che era bello.

Ormai di questi giri, ne avevo fatti molti, ma provavo ancora lo stesso gusto di quando ero solo un germoglio per l’alternarsi della pioggia e del sole, per il fresco e il caldo, per i colori e i profumi.

Poi, bruscamente, tutto s’interruppe.

Sentimmo da lontano un fosco brusio, come uno sciame d’api, ma molto più forte. Gli uccelli, da lassù, scapparono:presero tutti il volo, e per qualche istante il cielo si oscurò di frenetiche ombre.

Non era un tuono. I tuoni venivano quando si preparava la pioggia, invece ora il sole splendeva felice, senza ombra di nuvola.

Mi ricordo che qualcuno alzò qualche ramo, vide cosa arrivava:un mostro sconosciuto, che ronzava sempre più forte.

Mi ricordo che qualcuno era incuriosito, altri erano impauriti.

 Mi ricordo che d’improvviso previdi, nell’aria, un cambiamento definitivo.

Si avvicinò, il mostro, a me per primo.

Lo guardai, attento.

E poi, ricordo il dolore.

Fu bruciante, oppressivo, immane.

Mi ricordo di aver fulmineamente paragonato quel dolore… alla morte.

Non ci avevo mai pensato, alla morte. Ma d’un tratto capii che era quella.

Faceva troppo, troppo male per essere parte della vita.

E fu così che sono finito.

  
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