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Autore: Acalante    12/08/2016    0 recensioni
Arthur ha una bella casa, un lavoro rispettabile e una bambina di cui occuparsi, ma lo stress inizia a farsi sentire e, quando la babysitter decide di mollarlo su due piedi, si vede costretto a cercare subito qualcuno che lo aiuti nella gestione della casa. Un annuncio a volte può cambiarti la vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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NdA
Avviso i lettori che sto per andare ufficialmente in vacanza. Questo è l'ultimo capitolo prima della meritata pausa. Ci rivedremo i primi di Settembre per il prossimo aggiornamento. Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Buona lettura.






CAPITOLO III





« Si accomodi, signor Smith, con la ipsilon. » Quindi si mise a osservare meglio l'angelo che gli era stato inviato. 

Era alto, notò, e snello. I capelli di un cupo color carbone erano corti e ricci, tanto da sembrare quasi ingarbugliati. Ciò che più attirava l'attenzione, però, erano quegli incredibili occhi turchesi, talmente profondi che avrebbe potuto annegarvici. Arthur si ritrovò tossicchiare, imbarazzato. Che cosa mi è preso? Quel ragazzo stava cercando un lavoro, e sicuramente non gli avrebbe fatto piacere essere osservato minuziosamente da un poliziotto che non si reggeva più in piedi.

Stanchezza!

Ecco la spiegazione di quel comportamento che non gli apparteneva. Smetti di fissarlo, s'impose, staccando a fatica lo sguardo da quel viso bellissimo e preoccupato. La cosa principale, ora, era verificare se fosse la persona giusta per prendersi cura di Morgana.

« Bene, John. Posso chiamarla John, vero? »

Il moro annui silenziosamente, mentre si sentiva invadere da un'ondata di timore. Strinse convulsamente le mani, in un gesto che denotava tutto il suo nervosismo, e gli rivolse un sorriso amichevole. Era sempre stato un ragazzo onesto e sincero, ma sapeva che questa volta non avrebbe potuto raccontare la verità. Non tutta, almeno.

« Mi parli un po' di lei. » Aveva pronunciato quelle parole con voce stanca, mentre soffocava uno sbadiglio con il palmo della mano. Merlin non rispose subito. Non aveva mai mentito su cose così importanti, e ora non sapeva come gestire la situazione. Fu l'istinto di sopravvivenza a dargli il coraggio di alzare lo sguardo su Arthur e iniziare la recita.

« Ho frequentato le scuole superiori nel Berkshire » esordì. « Ad Eton. » Lo consolò il fatto che si trattasse della verità. La notizia aveva colpito Arthur.

 « Notevole. » 

Prima che potesse fargli altre domande, Merlin prosegui con il suo racconto. « Parlo francese, spagnolo e anche un po' di tedesco. »

« Splendido! Non conosco nessuno che parli quattro lingue! »

Sì chiese se non avesse esagerato. Si trattava della verità, ma forse Arthur Pendragon lo avrebbe giudicato troppo snob, o inadatto per sua figlia. Qualificato indubbiamente, ma non certo per fare da babysitter. « Ha affermato di aver lavorato all'ospedale dei bambini di Salisbury. » Merlin si mosse impercettibilmente sul divano. « Sì. » In fondo non si trattava di una bugia. Era solo un volontario, ma aveva trascorso molto tempo a contatto con i piccoli pazienti affetti da tumori. « Negli ultimi tre anni, ho lavorato nel reparto malati terminali. »

« Capisco. »

« Il mio lavoro consisteva nel creare intorno ai bambini un'atmosfera accogliente e serena. Li facevo cantare, giocare, disegnare. A volte mi divertivo più io di loro. » Era vero. Le sei ore settimanali trascorse in quel reparto lo avevano arricchito molto, ma avevano anche rischiato di distruggerlo. Ogni volta che uno dei suoi giovani ammalati se ne andava, gli sembrava che morisse anche qualcosa di lui.

« Dev'essere difficile avere a che fare con dei bambini, quando sai che non sopravvivranno. » Merlin annuì. Gli faceva piacere che capisse. Alzò lo sguardo su di lui è notò una luce triste nel suo sguardo. Forse sta pensando a sua figlia. Ma non si trattava solo di quello. C'era tenerezza nella sua espressione, e Merlin capì che Arthur Pendragon non era un poliziotto rude e menefreghista, ma un uomo che si preoccupava per gli altri.

« Per questo ha deciso di lasciare il suo lavoro? » 

Merlin, che non si aspettava quella domanda, trasalì. Eppure avrebbe dovuto essere in grado di prevederla! Si diede dello sciocco e si ripromise di prestare più attenzione alle cose che gli raccontava. Purtroppo, la sera precedente, tutto era successo talmente in fretta che non aveva avuto il tempo di studiare i dettagli. L'unica cosa che sapeva era che doveva andarsene. Lontano. Lontano dai genitori che avevano programmato il suo futuro, e soprattutto lontano da Evelyn. Quella mattina, si era limitato a mettere alcuni indumenti in una valigia, e a prendere l'autobus che lo avrebbe condotto a casa Pendragon. Annuì silenziosamente, mentre lui scrollava il capo, comprensivo.

« Lei sa che mi occupo da solo della bambina, vero? »

« Sì. »

« Gwen e Lance, i genitori di Morgana, sono morti da appena un anno. » Lo disse in tono tranquillo, ma a Merlin non sfuggì il dolore contenuto in quelle parole. « Erano suoi amici? » chiese quasi timidamente, temendo di impicciarsi in affari che non lo riguardavano. « Erano i miei migliori amici. » rispose l'altro con fermezza, non senza una punta di tristezza nella voce.

Merlin iniziò a porsi molte domande, di carattere anche molto personale. Quanti anni avevano? Cosa era successo? Perché proprio su di lui era ricaduta la responsabilità di una bambina così piccola? Rimase in silenzio, naturalmente, e si mise a osservare l'uomo che sperava sarebbe diventato il suo datore di lavoro. Arthur aveva abbassato le palpebre, ed era evidente che si fosse perso in qualche ricordo del passato. Poi, all'improvviso, l'espressione del suo viso cambiò. Riaprì gli occhi, gli sorrise amichevolmente e si protese verso di lui, appoggiando i gomiti sulle proprie ginocchia. 

« Lasci che le dica, John Smyth, che lei mi sembra davvero la persona adatta a prendersi cura della mia principessa. » S'interruppe per qualche secondo, come per riordinare le idee. « Ma prima di assumerla è necessario che io controlli le sue referenze. » Merlin tremò. « Ho un disperato bisogno di una babysitter, e lei sembra perfetto per questo incarico. Purtroppo, di questi tempi, non è sempre facile intuire con chi si ha a che fare. Spero che capisca che devo controllare... »

« La capisco benissimo » si affrettò a rassicurarlo. « La mia amica Sophie, che è caposala all'ospedale di Salisbury, le fornirà tutte le informazioni necessarie. » Lui parve tranquillizzarsi. Merlin, invece, aveva un nodo in gola, e il cuore gli batteva all'impazzata. Non avrebbe mai funzionato, mai! Cosa diavolo gli era venuto in mente di presentarsi come John Smyth? Aveva usato lo stesso cognome di Sophie, e la cosa non sarebbe certo sfuggita al poliziotto. Arthur avrebbe chiamato l'ospedale e parlato con Sophie, e lei avrebbe detto di non conoscerlo. Stupido, stupido, stupido! 

« Sophie è la persona giusta per raccontarle della mia esperienza con i bambini. » Quelle parole gli uscirono di bocca quasi senza rendersene conto. « Lasci che le dia il suo numero di telefono. » Allungò la mano verso lo zainetto che aveva portato con sé, e vi frugò dentro alla ricerca di carta e penna. Ci mise più del dovuto, ma aveva disperatamente bisogno di tempo per pensare alla mossa successiva. E se gli avesse confessato la verità? No. Arthur era un poliziotto, un uomo di legge. Non avrebbe mai accettato di ospitare in casa propria un fuggiasco. Anche se era maggiorenne e aveva lasciato un messaggio assai esplicito ai genitori. Questo, però, non cambiava le cose. Appoggiò la penna e il blocchetto degli appunti sulle ginocchia e s'impose di mantenere la calma. Solo così avrebbe ottenuto il lavoro. Scrisse il numero della caposala e lo consegnò ad Arthur.

« La mia amica si chiama Sophie Smyth ». Lui osservò il biglietto con curiosità « Smyth, con la ipsilon, vedo. Siete parenti? » Merlin scosse il capo con aria disinvolta. « So che è difficile da credere, ma si tratta di una semplice coincidenza ». La risatina sciocca che gli sfuggi, dopo quella bugia, lo fece sentire malissimo. Prima o poi, Arthur avrebbe scoperto la sua vera identità, e allora tutte quelle menzogne gli si sarebbero ritorte contro.

  
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