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Autore: releuse    26/04/2009    6 recensioni
Ecco qui la mia risposta alla challenge di Kara Equivoci e Sentimenti ^__^ La mia follia dilaga, perdonatemi! Ken aveva deciso di stare con Kojiro e Takeshi quel sabato. Sicuramente Misugi avrebbe capito, in fondo era proprio lui a rimproverarlo di essere poco presente con gli amici e a dirgli che li doveva frequentare, che se ne sarebbe pentito un giorno ed altre storie del genere...ma allora perchè aveva reagito in quel modo? Perchè continuava a farglielo pesare? Loro si sarebbero visti di domenica, no? Eh, purtroppo il caro Kennino doveva ancora capire che non sempre... un giorno vale l'altro!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma salve a tutte! Eccomi qui a rispondere alla challege di Kara che, appena letta, mi ha subito ispirata*__* Bravissima Kara!! In verità avevo già in testa pochi sprazzi di questa ff e non riuscivo a collocarla...invece leggendo la challege  sono riuscita a mettere insieme i pezzi e dare senso a sta cosa...che non è che abbia granchè senso!! I protagonisti sono sempre Jun e Ken...eh ve li tirerò dietro finchè non mi nauseo, perdonatemiXD Ma ormai in automatico mi vengono le storie su di loro >___<  Solo che è una mezza bakata, scordatevi le paranoie alla “il cuore e il pallone” e similiXD Anche se anche qui Ken ne combina una delle sue!!

Allooooora...questa ff ha avuto un grande onore, ossia quello di aver avuto un betaggio doppio! Grazie millissime a quelle preziosissime ragazze che sono la mia oneechan Ichigo e la cara berlinene!! Mi hanno dato degli ottimi suggerimenti, grazie grazie e ancora grazie!! Siete due tesori!!

La dedico quindi a loro questa ff! E anche a Kara, naturalmente, per la sua bellissima idea!! Anche se c’è BP l’accetti la dedica, vero? >///<

Ehm...ecco, prima della lettura vi lascio ad un avviso....Ogni riferimento a cose, persone e animali...è puramente casualeXDD Vero, nene??;ppp

Ora che ho detto tutto...posso augurarvi Buona Lettura!!



UN GIORNO VALE L’ALTRO
Di Releuse


“Bene ragazzi, per sabato...”

“Quindi ti piacciono i wafer al cioccolato?” Gli aveva chiesto Misugi, con l’espressione speranzosa di chi si attende una risposta più che affermativa.

“...dato che ci sarà una riunione provinciale delle scuole private superiori...”

“Certo che mi piacciono, Jun! Lo sai che adoro i wafer!” Gli aveva risposto lui, con sicurezza. “Quelli al cioccolato, poi! Ce n’è un tipo con la glassa tutta di cioccolato, ma sono rarissimi da trovare, sigh! E costa un sacco ordinarli!”
“Eeeeh, capisco! Peccato...beh, dai, Ken, non si può avere tutto!” Aveva sospirato il principe, guardando fuori dalla finestra con finta aria sconsolata.

“...e visto che si terrà proprio in questa scuola....”

Ma lo stava prendendo in giro? Si era chiesto il portiere; gli era infatti sembrato di vedere un risolino beffardo sfuggire dalle labbra del suo ragazzo.

“...saranno sospese le lezioni! Ci vedremo direttamente lunedì!”

“EVVIVA!!!!!!!!”

Sentendo tutto quel fracasso, Wakashimazu tornò all’improvviso con i piedi per terra, guardandosi intorno: giusto, era in classe all’ora di storia giapponese! Peccato che non avesse seguito neppure un terzo della lezione, continuando a pensare al suo ragazzo e all’ultima domenica passata insieme. In quel momento notò i suoi compagni ridere ed agitarsi in un giubilo di voci festanti e si chiese che diavolo stesse succedendo.

“Hai sentito, Wakashimazu?” Gli si avvicinò Takeshi, richiamando la sua attenzione. “Sabato non si viene a scuola!”
“Dai, è fantastico! Che bella notizia!” Esclamò il portiere del Toho, comprendendo infine il perchè di tutto quel tripudio.

Una cosa, però, non gli tornava: come mai un gruppo di ragazze della classe se ne stava in un angolo con aria afflitta?

“Wakashimazu...” Lo chiamò una di loro, una ragazza dai capelli lunghi e mossi che gli si rivolse con voce pigolante. “...ma quindi non ci vedremo sabato...”
Ken si grattò la testa confuso. “Beh...credo di no...” Rispose, nascondendo la sua perplessità con un risolino accennato.

“Oh, no!” Abbassò la testa lei. “Non vedremo neanche Hyuga!” Esclamò, cercando comprensione nelle altre compagne.
“Che sfortuna!” Dissero tutte in coro, facendo un lungo sospiro.

Wakashimazu era allibito ed anche un po’ inquietato: invece di essere contente che la scuola fosse chiusa, quel gruppetto di ragazzine sembrava avere ricevuto una mazzata sulla testa. Ma che problema c’era? Si sarebbero rivisti il lunedì, non gli sembrava una cosa tanto grave. Mah, non le avrebbe mai capite lui le donne! E fortuna che non stava insieme ad una donna, sarebbe impazzito, se lo sentiva. Se le sue compagne si comportavano in quel modo, chissà cosa facevano quelle di Jun, quando lui mancava da scuola!  Non poteva dimenticare come il suo ragazzo fosse sempre circondato da stuoli di ragazzine adoranti. Misugi stesso gli diceva che quella situazione lo infastidiva parecchio: non poteva rivolgersi a nessuna delle sue compagne di classe senza che questa diventasse rossa o gli chiedesse di ripetere milioni di volte quanto aveva detto, poiché non era riuscita a seguirlo.

‘Accidenti a quelle oche sbavanti!’, si ripeteva Ken. Che lo lasciassero in pace il suo ragazzo! Quando seguiva le partite della Musashi e le sentiva gridare e fare apprezzamenti, spesso non troppo leggeri, sul SUO Jun, le avrebbe volentieri prese una ad una e tirato il collo, come si fa con le galline!

“Hey, Ken! se continui così la spezzi quella matita!” Esclamò Kojiro, apparso all’improvviso, osservandolo dubbioso.
“Come?” Ken si guardò le mani, notando solo in quel momento che teneva una matita alle due estremità, stringendola con forza. Subito la poggiò sul banco, facendo finta di nulla.
Il capitano del Toho, seduto al contrario su una sedia, con le mani poggiate sullo schienale, soffocò una risata. “Certo che doveva essere qualcosa di molto irritante quello a cui stavi pensando...avevi una faccia! Wakabayashi?” Domandò la tigre, grattandosi il mento.
Ken avrebbe voluto sprofondare. “Beh...qualcosa del genere!” Esclamò, facendo spallucce ed assumendo un’aria innocente, imitando la tecnica di Misugi che, in determinate situazioni, si rivelava piuttosto utile.

Certo però che era davvero un dilemma...odiava di più Wakabayashi o lo stormo di ragazzine adoranti che circondavano Jun? Beh, sarebbe stato meglio sbarazzarsi di tutti quanti, rifletté il ragazzo, così si estirpava il problema dalla radice...

“Beh, se la scuola sabato è chiusa” Cominciò il capitano “che ne diresti di passare una giornata insieme, io, te e Takeshi? Possiamo andare a correre, allenarci e poi magari pranzare o cenare a casa!” Esclamò Hyuga, cercando conferma nell’amico.
“Uh? Sabato?” Chiese distratto il portiere.

Ken stava cercando di riflettere: di solito vedeva Jun la domenica, però ora avrebbe avuto il sabato libero e Jun il pomeriggio  non aveva mai scuola, quindi...
“Oppure hai altro da fare, sabato?”

I pensieri di Ken andarono in black out di fronte a quella domanda a dir poco allusiva di Kojiro, rincarata da uno sguardo malizioso. Che diavolo stava insinuando il capitano?

“Certo che non ho impegni sabato!” Rispose irritato il portiere, con il cuore che gli balzava in gola agitato. “Che diavolo dici?”
“Ehi, stavo scherzando, non arrabbiarti!” Gli disse il capitano, tornando serio. “Che ne so, magari avevi da fare con Misugi, non ti si può mai chiamare da nessuna parte, hai sempre impegni con lui!” Sbuffò Kojiro, cercando di calmare il nervoso che lo assaliva non appena c’era di mezzo il principe del calcio.

Era la verità e Ken lo sapeva. Da quando stavano insieme la maggior parte del tempo libero lo passava con Jun, soprattutto i week end o i giorni di festa e questa cosa cominciava a stare stretta al suo capitano, nonché migliore amico. Anche Takeshi sicuramente la pensava allo stesso modo, ma essendo di indole pacifica non glielo faceva pesare quanto Hyuga, per il quale ogni occasione era buona per inveire contro Jun. La tigre del Toho si sentiva tradita e messa da parte, gli sembrava che qualcosa si fosse rotto fra lui e Ken da quando questi frequentava Misugi. Ma cosa diavolo avevano in comune, continuava a chiedersi, uno come Ken, cresciuto in una famiglia stoica e tradizionalista, con un figlio di papà come Misugi? Quello lì aveva sempre avuto tutto, viveva in una famiglia ricca, non aveva mai sofferto la fame, era figlio unico ed aveva entrambi i genitori. Inoltre si dimostrava sempre calmo e placido, come se nulla lo sfiorasse e questo lo mandava ancora più in bestia. Che ne poteva sapere lui di dolore e sofferenza?

Aveva sempre avuto tutto ed ora voleva ‘soffiargli’ anche il suo migliore amico, no, questo non lo sopportava proprio!

“Vabbè dai, lasciamo perdere!” Esclamò Kojiro, scacciando quei pensieri dalla testa. “ Allora domani ci si organizza!”
“O-ok!” Rispose Wakashimazu, sorridendo complice.

Dentro di sé, però, era dispiaciuto. Dispiaciuto perchè sapeva bene quello che provava Kojiro, o meglio, lo immaginava, ma non se la sentiva proprio di dirgli come stessero realmente le cose, anche perchè non sapeva cosa sarebbe stato peggio per il capitano: rimanere convinto che Misugi lo stesse sostituendo come migliore amico o venire a conoscenza che stavano insieme? Sinceramente, per Ken, era peggio la seconda, quindi preferiva tacere, mantenendo in cuor suo la verità. Kojiro sarebbe stato sempre il suo migliore amico, questo lo sapeva, nessuno avrebbe mai potuto sostituirlo. Lo ammirava troppo e per lui era sempre un esempio da seguire, nonché una spalla sempre presente, glielo aveva dimostrato in vari modi. Per questo non poteva dirgli che stava con Misugi e sempre per lo stesso motivo aveva accettato subito il suo invito, facendosi cogliere impreparato, perchè quella allusione lo aveva spaventato.

Perchè se solo ci avesse pensato a mente lucida, probabilmente avrebbe scelto di stare con Misugi quel sabato, ma la frittata ormai era fatta, non poteva dare buca dopo avergli detto di sì. Sicuramente Misugi avrebbe capito, in fondo era proprio lui a rimproverarlo di essere poco presente con gli amici e a dirgli che li doveva frequentare, che se ne sarebbe pentito un giorno ed altre storie del genere.

“Ogni volta che mi vede, Kojiro mi incenerirebbe con lo sguardo, credimi!” Sbuffava esasperato il suo ragazzo, quando prendevano l’argomento.

Eh, pazienza. In fin dei conti si sarebbero visti domenica, la cosa non era poi così tragica!
****



“COME SAREBBE CHE STAI CON KOJIRO SABATO!"

No, questa non se l’aspettava proprio!

“Bè, ecco...non abbiamo scuola, te l’ho spiegato...passiamo una giornata insieme...lo sai, non accetto mai i suoi inviti...me lo dici sempre anche tu...” Cercò di giustificarsi Ken, spiazzato dalla reazione che il suo ragazzo aveva avuto al cellulare.
“E ti ha invitato sabato!” La voce seccata del principe del calcio.
“Bè, sì, sabato...”
“Sabato...” Ripeté Misugi.
“Già...sabato!”Ribadì Wakashimazu, cominciando ad innervosirsi. “Senti, se ti da fastidio non vado!” Sbuffò il portiere, non comprendendo affatto il suo ragazzo. “Ma non venirmi più a dire che trascuro gli amici per te!”
“Ma figurati! Non ho detto nulla, vai pure!” Il principe del calcio si stava calmando, o, almeno, era quello che si percepiva dalla sua voce, anche se Ken non ne era totalmente convinto. “Stai con Kojiro, sabato!”

Eccola lì, la sottile allusione! Gli era sembrato strano gettasse subito la spugna.

“Senti!” Ken sbuffò seccato. “Non ‘sto con Kojiro’! C’è anche Takeshi, per tua informazione!”
“Sì, me lo hai detto!”
“Eh allora? Qual è il problema? Ci vediamo domenica, no?” La voce di Wakashimazu cominciava ad incrinarsi verso un suono dispiaciuto.

Quando Jun faceva così, lui non lo capiva proprio, non sapeva cosa dire per farlo contento, qualunque cosa dicesse sembrava non andare bene, ma mica poteva entrare nella sua testa!

“Hai ragione, Ken...scusami...” Disse all’improvviso il principe in tono sommesso, rendendosi conto di stare esagerando.
“Ehi, non scusarti!” Lo rassicurò Wakashimazu, rilassando a sua volta la voce. “Vedrai che domenica passeremo una bella giornata insieme...io...non vedo l’ora di vederti!” Glielo sussurrò dolcemente, poggiando una mano fra la cornetta e le labbra, per paura che qualcuno in casa lo sentisse.
“Anche io...” Rispose Jun, accennando un sorriso che Ken non vedeva, ma che poteva percepire dalla cadenza delle sue parole.

Alla fine della telefonata Ken non si sentiva per nulla tranquillo. Continuava a chiedersi perchè mai Jun avesse reagito a quel modo, che fosse geloso di Hyuga? Mah, non gli era mai sembrato, anzi, lo incitava anche ad uscire più spesso con lui, ma allora perchè? Improvvisamente gli vennero in mente le parole di sua madre, mentre chiacchierava in salotto con una sua amica: “Mia cara! Gli uomini sono tutti uguali! Ti danno sempre per scontata, per questo se ne approfittano! Tanto sanno che noi siamo sempre lì, a disposizione, in ogni secondo! O almeno questo è ciò che gli piace credere! Non appena li ignori o ti allontani, però, entrano in panico e vedi come tornano ai tuoi piedi! Basta privarli di un po’ d’attenzione e loro... zack, d’improvviso si ricordano che esisti!”

Oddio, si disse Ken, certo che le donne sono terribili quando parlano degli uomini...però, forse un fondo di verità in quelle parole c’era! Fino a quel momento lui aveva dedicato tutte le domeniche e le feste a Jun, a parte qualche ricorrenza per la quale doveva stare in famiglia. Ecco perchè il principe del calcio la faceva facile a parlare di “stare di più con gli amici”, “a non trascurarli” e tutte quelle belle frasi, tanto sapeva bene che non avrebbe rinunciato a stare con lui! E nel momento in cui l’aveva fatto... il principe si era irritato! Probabilmente non se lo aspettava!

A quelle constatazioni, Ken si sedette sul letto sghignazzando. Doveva essere sicuramente così, si ripeteva divertito: alla fine anche Jun era uguale a “tutti gli uomini”, come diceva sua madre. Eh, che ci poteva fare, lui comunque il suo ragazzo lo adorava! La domenica si sarebbe fatto perdonare, ne era sicuro.

Certo non poteva sapere la reazione che aveva avuto Jun non appena avevano chiuso la telefonata.

“Dannato, dannatissimo Wakashimazu! Cretino, scemo, stupidissimo, idiota!” Continuava a ripetere il principe, girando a vuoto per la sua stanza con le braccia conserte. “Ma chi me lo ha fatto fare di mettermi con una persona del genere?”

Si fermò, guardandosi intorno e stringendo i pugni. Ma possibile che quel ragazzo lo facesse esasperare tanto? No... non era da lui avere certe razioni! Di solito affrontava ogni situazione con la massima calma e lucidità, senza mai perdere le staffe. Invece, da quando stava con Wakashimazu...si sentiva un’altra persona! Certo, da una parte questo era un bene, perchè stare con Ken lo faceva sentire più libero, si comportava in maniera più spontanea, ma dall’altra non poteva negare che il portiere riuscisse anche a tirare fuori il peggio di lui!

“Non lo sopporto!” Sbuffò spazientito il principe, gettandosi a peso morto sul letto. Poi guardò l’orologio sulla scrivania, leggendone l’ora. “E pensare che domani Yayoi mi porta quella roba...che me ne faccio, ora?” Sospirò, accovacciandosi su di un lato, allungando la mano per spegnere l’abat-jour.

Chiuse poi occhi, nel tentativo di addormentarsi, pensando che era davvero dispiaciuto. E anche un pochino deluso.
**********



Quella mattina il sonno di Ken Wakashimazu venne disturbato da qualcosa di insolito. Si girava e rigirava nel letto, coprendosi la testa col cuscino nel tentativo di prendere nuovamente sonno,  cercando di convincersi di stare sognando; già, probabilmente era sempre nel dormiveglia.

“La primavera non è ancora arrivata...allora, perché?” Mugolava fra sé il ragazzo. Fu solo quando si svegliò completamente, sempre più infastidito, che si rese conto di non stare sognando. Alzandosi dal letto decisamente furibondo, si avvicinò alla finestra con fare minaccioso.

Ora ne era davvero sicuro: un cinguettio assordante proveniva dal davanzale della sua finestra! Anzi, non uno, ben due cinguettii si mescolavano, rimbombando nella sua stanza e nelle sue orecchie! Quella coppia di volatili non voleva smettere nemmeno un secondo, starnazzava come una coppietta di innamorati! Spazientito, Wakashimazu aprì di scatto la finestra, spaventando gli uccelli che prontamente volarono via.

“Alla buon ora, non ne potevo più!” Si lamentò il portiere, digrignando i denti. “Ma quelle bestiacce non dovrebbero essere emigrate nei paesi caldi? Siamo ancora in pieno inverno qui in Giappone!” Esclamò a voce alta, tirandosi indietro i capelli, ancora esasperato da quel brusco risveglio. Ormai, però, nonostante fossero solo le otto, era in piedi e il sole che irrorava la sua stanza cacciò via i suoi progetti di rimettersi a dormire.

“Pazienza” Sospirò Ken “Vorrà dire che faccio colazione con calma, mi preparo e poi raggiungo Kojiro!”

Il famoso sabato era ormai arrivato.

Coprendosi la bocca per nascondere uno sbadiglio, il portiere uscì dalla sua camera per dirigersi prima di tutto in bagno: una bella rinfrescata al viso gli avrebbe di sicuro fatto bene. Poggiata la mano sulla maniglia della toilette, si rese conto che era chiusa dall’interno. In un primo momento non capì, i suoi genitori di solito usavano quello che avevano al piano di sotto, possibile che...

“Keeen, ho quasi finito! Aspeeeetta!”

No, era proprio come temeva! Che diavolo ci faceva suo fratello Yu in piedi a quell’ora? Di solito quello scansafatiche ronfava tutta la mattina! Era  stata la Terza Guerra Mondiale a scrostarlo dal letto?

“Yu? Che diavolo ci fai in piedi a quest’ora?” Il portiere non riuscì a non chiederglielo, era troppo scioccato. All’improvviso la porta del bagno si aprì e Ken strabuzzò gli occhi nel vederlo tutto imbellettato: camicia all’ultima moda, jeans aderenti, capelli a punta pieni zeppi di gel. Ma ad inquietare il portiere fu il sorriso a trentadue denti di suo fratello e le parole che prontamente gli uscirono dalla bocca. “Vado all’Università, no?” Come se fosse la cosa più normale del mondo, sorpassandolo e canticchiando fra sé una canzoncina.

*Ma quanti chili di profumo si è rovesciato addosso?* Si domandò il ragazzo, nauseato dalla scia che il fratello aveva lasciato al suo passaggio, prima di assimilare del tutto le parole di Yu. *Università?* Ken sbatté le palpebre sorpreso. Da quando in qua suo fratello si alzava presto per andare all’università? Diceva sempre che era una noia!E poi...si era conciato più del solito, che avesse appuntamento con qualche ragazza importante? Ken scosse la testa scettico; suo fratello ne cambiava una a settimana, non era possibile che avesse interesse per qualcuna nello in particolare! Facendo spallucce decise che era meglio andare a darsi una sciacquata al viso, forse, pensò per un attimo, stava ancora dormendo in piedi.

“...’giorno!” Esclamò Ken, entrando in cucina e vedendo sua madre che armeggiava con i fornelli.
“Buongiorno tesoruccio!!” Rispose squillante la donna, voltandosi verso di lui con un sorriso immenso e radioso, con grande sorpresa del figlio che la guardava allibito. Di solito la madre la mattina presto era sempre assonnata e vagava per la cucina come un cadavere, mentre quel giorno sprizzava energia da tutti i pori. “Tesoro, siediti, che la mamma ti stava preparando la colazione!” Trillò la signora.

“Ma che...” Ken schiuse le labbra nel tentativo di dire qualcosa, ma si frenò, mordendosi la lingua. Che diavolo stava succedendo quella mattina? Possibile che fosse ancora nel mondo dei sogni? Poi, d’improvviso, mentre beveva il suo caffellatte, Ken percepì un profumo particolare avvolgere l’aria della cucina. “Cos’è questo odore, mamma?” Chiese a voce bassa, temendo sinceramente la risposta.
“Ma una torta, è ovvio!!” Esordì lei, tutta felice.
*Oddio*, ripeté fra sé Wakashimazu, balzando dalla sedia, rischiando di cadere in terra. Cominciò a sudare freddo...che cosa stava preparando sua madre? Una torta? Ma se l’ultima volta erano stati tutti male perchè aveva sbagliato ingredienti e la volta prima l’aveva anche carbonizzata! Per non dimenticare quando aveva imbrattato mezza cucina nel tentativo di frullare le uova! No, sua madre era negata per i dolci, allora perchè diavolo si era messa a farli? Stava per esporre le sue perplessità, quando entrò in cucina suo padre, dando il buongiorno.

“Tesoro mio!” Lo chiamò la madre, avvicinandosi e schioccandogli un bacio sulla guancia.
“Himeko, per favore!” la richiamò il marito, allontanandola con le mani, cercando di mostrarsi scostante, ma in evidente imbarazzo.

Di fronte a tale scena, Ken si alzò di scatto dalla tavola, in silenzio. No, quello era troppo! Forse non stava ancora sognando, probabilmente era solo...nel bel mezzo di un incubo!

MA CHE DIAVOLO AVEVANO TUTTI QUELLA MATTINA?

Uscì dalla cucina sentendo un forte mal di testa che avanzava, decidendo che forse sarebbe stato meglio prepararsi e raggiungere Kojiro e Takeshi al più presto, altrimenti avrebbe rischiato il coma diabetico dall’eccessivo miele di quella stramba mattinata. Prima di tutto, però, avrebbe mandato il buongiorno al suo ragazzo, com’era solito fare. Probabilmente Misugi era già entrato a scuola, quindi gli avrebbe risposto nell’intervallo o allora di pranzo.

Dopo una bella doccia rinfrescante, il portiere del Toho indossò la sua divisa da calcio, tanto, si disse, avrebbe dovuto allenarsi per tutta la mattina. Sorrise divertito nel pensare a Kojiro: il capitano anche nei giorni di festa non poteva esimersi dall’allenarsi, ogni momento libero per lui era tanto di tempo guadagnato per migliorare il proprio gioco. Afferrato pallone e guanti, Ken si diresse alla porta di casa, affacciandosi prima in cucina. “Ciao a tutti!” Disse “Esco con Kojiro e Takeshi, forse faccio tardi stasera!”

Detto ciò camminò verso l’uscita, ma un attimo prima di chiudersi la porta alle spalle, sua madre lo raggiunse, sfoggiando un sorrisetto a fior di labbra. “Salutami tanto Jun, tesoro!”

Ken per poco non cadde dallo scalino.

“...  e digli che qui può venire quando vuole, non è giusto che vai sempre tu!” Pigolò la donna, lei stravedeva per quel ragazzo tanto bravo e ben educato, altro che quei tipi loschi di Kojiro Hyuga e Takeshi Sawada!
“Mamma!” Sbuffò Ken, spazientito dalla follia che l’aveva colta quella mattina. “Non vado da Jun oggi!”
“Eh, dai... non c’è nulla di cui vergognarsi...” Gli si avvicinò la madre coprendosi le labbra con la mano, per non farsi sentire da orecchie indiscrete. “...tanto tuo padre è in cucina, non ci sente, a me puoi dirlo!” Gli sorrise lei, tutta gongolante.
“Oh, mio Dio!” Ken era sconcertato, non sapeva più cosa dire. “Vabbè, ciao mamma!” Ignorando le parole della donna , il ragazzo affrettò il passo per allontanarsi, ma sua madre richiamò di nuovo la sua attenzione dicendogli con voce soave:

“Hai visto, Ken? Anche Genzo si è trovato un’amichetta!”
“Eh?” Il portiere si guardò intorno, in effetti quella mattina non lo aveva ancora visto, di solito gli si avvicinava salutandolo festoso. All’improvviso lo vide sbucare da una siepe, peccato che il cane non lo calcolò minimamente, intento com’era a rincorrere quella che Ken riconobbe come la cagnetta dei vicini.

“Cane ruffiano!” Sbuffò Ken, lanciandogli un’occhiata perfida.


“Genzo?” Si ricordò d’un tratto l’espressione stupita di Misugi quando aveva sentito per la prima volta il nome del suo cane. “E tu ti saresti buttato sotto un camion per salvare Genzo?” Il suo ragazzo gli lanciò un’occhiata parecchio perplessa.
“Ah, ah, ah! In effetti no! Però sai che goduria dire ‘Genzo vieni qua!’, ‘Genzo dai la zampa!’, ‘Genzo và a cuccia!’” Rispose il portiere, ridendosela di gusto.

Il flashback di Wakashimazu venne interrotto quando vide i due cani fermarsi e farsi le feste a vicenda, girando l’uno intorno all’altro e leccandosi felici. Il portiere scosse la testa, no, decisamente quella non era giornata!(1)
****




“Heilà Wakashimazu!” Lo salutò Takeshi, non appena lo vide svoltare l’angolo. Intanto poco distante anche Hyuga si stava avvicinando e alzò la mano in segno di saluto.

*Per fortuna...almeno loro sembrano normali!* Sospirò Ken, non nascondendo un sospiro di sollievo.
“Uh? Che diavolo ti prende?” Gli chiese preoccupato Sawada, notando la sua espressione un po’ stravolta.
“Ah, no, no, nulla!” Rispose Ken, scuotendo una mano e cercando di tornare in sé.
“Mah, forse aveva voglia di andare a scuola, il nostro portiere...” Accennò Hyuga con tono ironico, mentre se ne stava appoggiato al muretto con le braccia incrociate. “...preferiva essere assalito dalle ragazzine!”

*Eh?* Ken non capì il suo sarcasmo, forse lo stava confondendo con Jun!

“Ne faccio volentieri a meno, grazie!” Gli rispose aspro, com’era solito fare alle battute poco gentili del suo capitano, ma, sinceramente, non ne aveva affatto afferrato il senso, quindi lasciò cadere lì il discorso, invece di discutere inutilmente.

I tre amici passarono una bella e piacevole mattinata, cominciando con una bella corsa nell’apposita pista vicino al mare e terminandola poi con una sfida di calcio l’uno contro l’altro, sulla spiaggia, mentre l’acqua del mare ogni tanto li raggiungeva, bagnandoli fino alle caviglie. Era fredda, è vero, ma a loro non importava.

“Sono stanchissimo!” Takeshi si lasciò cadere a peso morto sulla sabbia, respirando a pieni polmoni.
“A chi lo dici!” Lo seguì Ken, seduto a gambe incrociate. “Capitano, prendi troppo sul serio anche le sfide fra di noi” Disse, guardando di sbieco Kojiro e canzonandolo un po’: la tigre, infatti, aveva tirato subito fuori gli artigli mentre giocavano sulla spiaggia, infiammandosi sempre di più.
“Tzé, che rammolliti!” Rispose il capitano, stizzito. “Una sfida è pur sempre una sfida!”

Sawada e Wakashimazu si lanciarono uno sguardo di comprensione, facendo spallucce; non c’era da stupirsi, ormai lo conoscevano bene il loro capitano!

Bip bip bip bip

“Cellulare?” Chiese Takeshi, controllando il suo, ma era quello di Wakashimazu a segnalare l’arrivo di un messaggio. Prontamente Ken afferrò il suo telefono ed aprì lo sportellino: Jun gli aveva risposto.

*Sì tutto bene, passa una buona giornata!*

Ken rimase a fissare lo schermo per diversi secondi, seriamente confuso. Perchè Jun gli aveva risposto in maniera tanto fredda e scostante? Apparentemente poteva sembrare un messaggio normale, ma lui conosceva il modo di scrivere di Misugi. Certo, non era il tipo da smancerie telefoniche, però solitamente ci aggiungeva qualche battuta, gli chiedeva cosa stava facendo, insomma si sprecava a scrivere più di mezza riga! In fondo lui gli aveva scritto un messaggio carino quella mattina, si era impegnato!

 “Tutto bene, Ken?” Gli chiese Kojiro, notando la mano sinistra del portiere afferrare nervosamente la sabbia.
“Sì..” Sbuffò Wakashimazu, alzandosi in piedi. “Scusatemi un secondo...”Disse, gettando poi la sabbia su di un lato, alterato.

Non appena fu distante abbastanza da non venire sentito dai suoi amici, Ken chiamò Misugi. Era l’ora di pranzo, doveva per forza rispondergli.

“Pronto?” La voce di Jun, dall’altra parte.
“Pronto!” La risposta secca di Ken, nel percepire il tono rigido del suo ragazzo.
“Tutto bene?” Gli chiese il principe, con voce molto ironica.
“Sì, abbastanza!” Rispose Wakashimazu, sempre più alterato.  “Tu, invece, tutto bene?” Gli chiese a sua volta.
“Sembra di sì...” Ancora più vago.

Ecco, quando faceva così non lo sopportava!

“Senti, Jun...” Ma non riuscì a finire, perchè Misugi lo interruppe.
“Qualcuno ti ha regalato qualcosa?”
Quella domanda spiazzò decisamente il portiere del Toho. “Come? Che diavolo dici? Non è mica il mio compleanno!” Cominciava pure a perdere il filo del discorso. Dove diavolo voleva andare a parare Misugi?
“Ah, dicevo così per dire...dai, scherzavo!” Esclamò Jun, soffocando una risata.

Ma lo prendeva anche in giro, ora? Prima gli rispondeva acido al messaggio, poi al telefono gli parlava come se fosse un estraneo e ora si metteva pure a scherzare? Cominciò a pensare che se ce l’avesse avuto davanti un bel colpo di karaté non glielo avrebbe tolto nessuno... forse così sarebbe rinsavito!

“Dai, dimmi, che state combinando?” Finalmente il tono di Misugi si fece più dolce e Wakashimazu si rilassò, raccontandogli un po’ come lui e i suoi amici avevano passato la mattinata.
“...poi stasera ceneremo da Kojiro...” Gli disse infine.
“Mh, dai, bene!” Rispose Jun, sospirando un poco.

Poi si salutarono, tranquilli, come se nulla fosse.
“Ciao Jun, a più tardi...”
“Ciao Wakashimazu...”

E chiusero la chiamata. Ken fece un lungo respiro... l’aveva chiamato ‘Wakashimazu’ e non Ken. Il principe non se ne accorgeva, ma il portiere aveva imparato che quando lui lo chiamava per cognome c’era qualcosa che non andava. Ma perchè non gli parlava chiaramente, invece di tormentarlo in quel modo? Possibile che fosse tanto geloso di Kojiro da reagire così? Gli sembrava quasi impossibile!

“Al diavolo!” Disse, chiudendo il cellulare e tornando dai suoi amici. Stava passando una bella giornata, perchè diavolo doveva rovinargliela con tutti quei misteri? No, a volte non lo capiva proprio e rinunciava anche a farlo!

Raggiunti i compagni sfoggiò un’espressione annoiata “Bah, le solite raccomandazioni di mia madre!” Disse, anticipando una loro qualsiasi domanda, poi si sedette sulla spiaggia, alzando gli occhi verso il sole come per ricaricarsi le energie. Dentro di sé era davvero, davvero arrabbiato. Decise che per quel giorno non l’avrebbe più richiamato, Misugi doveva imparare a dirgli ciò che non gli andava, invece di fare il misterioso barricandosi dietro quell’impenetrabile mutismo. Lui non era un chiaroveggente e se avesse potuto l’avrebbe smontata ben volentieri la testa del principe per capire quale meccanismo perverso la facesse funzionare!

Il pomeriggio volò via in fretta senza che i tre ragazzi se ne rendessero conto. Alla fine, verso le 18, si trovarono tutti insieme a casa di Hyuga.

“Che piacere, ragazzi, quanto tempo!” Li salutò la signora Hyuga, accogliendoli gentilmente “Era da molto che non venivate qui tutti insieme!”
“Eh, sai, mamma...” Kojiro poggiò delle bibite sul tavolo “il nostro portiere è un uomo molto impegnato!” Esclamò sarcastico il capitano del Toho.
“Kojiro, non essere scortese!” Lo riprese sua madre.

Per fortuna che lo fece lei, poiché Ken stava per scattare in piedi pronto a rispondere a quella frecciata del capitano; la sua pazienza, quel giorno, si stava davvero esaurendo.

“Allora, signora, come va il lavoro?” Intervenne Takeshi con un bel sorriso, cambiando prontamente discorso, non appena vide Ken e Kojiro scambiarsi un’occhiataccia astiosa.
“Ah, bene, Sawada. Oggi mi hanno dato il pomeriggio libero, così ho potuto prepararvi una bella cena!” Rispose la signora, cordiale.
“Ma non si deve disturbare!”Esclamò Ken, anche se, in effetti, avevano mangiato solo un panino a pranzo, lì in spiaggia.
“Ma quale disturbo, è un piacere!” La donna gli rivolse un sorriso disteso.

Anche Ken l’aveva notato. Da quando la signora Hyuga era stata assunta come assistente geriatrico in una struttura per anziani abbastanza rinomata, la loro situazione era cambiata radicalmente. Nella loro famiglia c’era un clima più sereno e anche il capitano sembrava trarne beneficio, ora poteva concentrare tutte le sue preoccupazioni solamente sul calcio, anche se, nonostante tutto, rimaneva sempre il solito tipo testardo e anche prepotente! Inoltre, grazie alla borsa di studio del Toho , Kojiro non pesava più sulla famiglia e questo permetteva alla madre di dedicare le risorse economiche ai figli più piccoli.

“Fratelloooone!”

Improvvisamente tre voci squillanti riempirono l’aria, Takeru, Naoko e Masaru irruppero energici in cucina, saltando letteralmente al collo del loro fratello maggiore.

“No, hei, mi strangolate, fermi!” Kojiro cercava di liberarsi da quell’assalto, ma non ci riuscì, anzi, finì per cadere per terra ed avere completamente addosso i tre fratellini. “Dai, così mi fate il solletico!” Protestava il capitano del Toho.

Ken li osservava sorridendo, quella era proprio una bella scena: la tigre del Giappone sconfitta dai suoi stessi fratellini! Chissà cosa avrebbe detto il mister Kira se l’avesse visto!



“Grazie per la cena signora, era tutto buonissimo!” Takeshi si lasciò andare sulla sedia facendo un bel respiro, si sentiva proprio pieno.
“Sì, è vero, tutto squisito, signora!” Aggiunse Ken, davvero soddisfatto. Diede poi un’occhiata furtiva all’orologio, notando che si erano fatte già le nove. Non aveva più sentito Jun dopo la telefonata nel pomeriggio, nemmeno con un messaggio; certo, non poteva lamentarsi, neppure lui gli aveva scritto, anche se più volte era stata forte la tentazione di farlo, bloccata però da un ostinato moto d’orgoglio che lo aveva pervaso dopo che si erano sentiti. Per distrarsi dalle sensazioni fastidiose ed anche un po’ dolorose che gli causava il pensare al suo ragazzo, Wakashimazu si mise a giocare con i piccoli Hyuga insieme a Sawada, mentre Kojiro aiutava la madre a sistemare la cucina. Certo, però, non poteva sapere che i bambini potessero essere tanto svegli, lui non aveva fratelli minori, perciò, quando Takeru gli fece quella domanda, per giunta con molta innocenza, il portiere rischiò di rimanere strozzato dall’acqua che stava bevendo.

“Ken, ma tu ce l’hai la fidanzata?”

Una tosse convulsa rischiò di fare perdere al Toho il suo miglior portiere. “Come, scusa?” Domandò a stento Ken, cercando di tornare in sé.
“Takeru!” Lo richiamò il fratello maggiore, lanciandogli un’occhiata minacciosa “Chi diavolo te le insegna queste cose, eh?”

Il piccolo Hyuga si nascose dietro la schiena di Wakashimazu “Ma, io...”
“Non è successo nulla, Kojiro!” Lo riprese il portiere, facendogli cenno con la mano di calmarsi. “Comunque no, Takeru, non ce l’ho la ragazza!” Ken accompagnò  la frase con un sorriso gentile, nel tentativo di nascondere l’imbarazzo per quella domanda che, da chiunque provenisse, lo faceva saltare sempre sul chi va là.
“Ah...” L’espressione di Takeru si fece delusa. D’improvviso Naoko intervenne, saltellando davanti a loro “Quindi non hai ricevuto il cioccolato?”
“Eh?” Ken afferrò distrattamente l’esclamazione della sorellina di Kojiro.
“Ma sì!” La bambina si mise un dito sul mento cercando di ricordare. “La maestra ci ha detto che oggi le ragazze regalano al loro fidanzato il cioccolato!”

Ken aggrottò la fronte. “Ma che dici, Naoko? Oggi non è mica...” Un pensiero fulmineo gli passò per la testa, facendogli salire un pericoloso senso di terrore verso il cervello, ammutolendolo. Il portiere ruotò lentamente il viso verso il calendario che faceva bella mostra di sé sulla parete della cucina.

“Bah, queste fesserie!” Sbuffò Kojiro, infastidito, mentre si sedeva nuovamente. “Per fortuna quest’anno ce la siamo scampata! Non ne potevo più di avere l’armadietto invaso da tutta quella cioccolata!”

Ken cominciò a ricordare...*ecco perchè le ragazze avevano quella faccia l’altro giorno...* Lui di solito la riceveva la cioccolata dalle sue compagne di classe...

“Ma dai, capitano!” Takeshi scoppiò a ridere “...è che tu le spaventi le donne, per questo nessuna ti si avvicina, preferendo regalarti la cioccolata di nascosto!”

...anche suo fratello Yu, ecco perchè si era alzato così presto...lui riceveva ogni anno valanghe di cioccolato dalle ragazze...e gli piaceva pure vantarsene! Ecco perchè quella mattina era andato all’Università!

“Ma che diavolo dici, Takeshi! Ma quale spaventare!” Hyuga incrociò le braccia chiudendo gli occhi e corrugando la fronte “Io ho altro a cui pensare, altro che le donne! C’è da vincere il campionato!”

...e sua madre! Come aveva potuto scordarsi che l’anno prima quel mezzo incendio dovuto alla torta era stato causato proprio in quel giorno? E tutta quella dolcezza con lui e con il padre, poi...

“Beh, Kojiro, sarebbe ora che oltre al calcio tu pensassi anche a trovarti una brava ragazza!” Lo prese in giro la signora.

...ecco perché era così convinta che andasse da Misugi...sua madre era certa che lui ci andasse...era logico dovesse andarci, no?

“Mamma!” La tigre spalancò gli occhi, sconcertato dalle parole della donna.

*Dannazione* Ripeté Ken dentro di sé * Anche Genzo si era dedicato all’amichetta quella mattina...e pure quei dannati pennuti sembravano saperlo!*

Ken non li ascoltava più. Ora... cominciava a capire perchè Jun se l’era presa in quel modo. Ecco perchè gli aveva detto “Come sarebbe che stai con Kojiro, sabato!”, ecco perchè c’era delusione nella sua voce. Aveva anche cercato di farglielo capire, quando gli aveva chiesto, con velata ironia, se qualcuno gli avesse regalato qualcosa.  

Il portiere  inevitabilmente perse la parola, assumendo uno sguardo vuoto ed incosciente.  

*Beh...* Pensò d’un tratto, nel tentativo di scacciare il senso di colpa che cominciava a farsi largo nel suo stomaco. *Poteva anche dirmelo, ricordarmelo, se ci teneva tanto!* Ma subito si rese conto che quelle scuse non convincevano nemmeno lui e che non poteva assolutamente incolpare Misugi.
 
Che razza di fidanzato era se si dimenticava del loro primo... San Valentino?

Sì, non c’erano dubbi: la data che vedeva sul calendario era il 14 febbraio! Wakashimazu fu colto da un momento di panico e confusione: aveva combinato un bel casino! Si sentiva terribilmente in colpa, aveva cominciato a darsi più e più volte dell’idiota, gli doleva lo stomaco nel pensare al dispiacere che aveva dato a Jun.

E ora come fare? Alzò gli occhi verso l’orologio: le nove e trenta.

No, non c’era un minuto da perdere! Inutile rimanere a colpevolizzarsi in quel modo, non sarebbe servito a nulla, l’unica cosa che poteva fare era rimediare al più presto e se c’era anche solo una soluzione doveva trovarla subito! Cercò di mettere in moto il cervello in pochi secondi e all’improvviso un’idea sembrò affacciarsi nella sua testa: era l’unico modo, forse un po’ infantile, ma lo era! Si guardò prima di tutto intorno: i bambini ridevano e giocavano, Kojiro, Takeshi e la signora continuavano la discussione sull’atteggiamento di Kojiro con le donne...era il momento giusto! Con movimento impercettibile e mantenendo lo sguardo fisso e fintamente attento sui suoi amici, afferrò il cellulare nella tasca dei pantaloni. Cercò di fare mente locale: prima quel tasto, poi due volte sull’altro, freccia a destra...ancora un’altro e, via!

Drin drin drin drin drin! Il suo cellulare cominciò a suonare.

“Oh, scusatemi!” Esclamò Ken, afferrando il telefono “È mia madre, scusate un attimo!” Sorrise nervosamente, sentendosi davvero uno stupido, prima di allontanarsi nel corridoio.

 “Pronto, mamma?” Finse Wakashimazu “Ah, come? No...Ok, ho capito, va bene! A fra poco, ciao!” Ken balzò in cucina sfoggiando un’espressione dispiaciuta e un po’ imbarazzata. “Ragazzi scusate, devo scappare!”

“Ma è successo qualcosa?” Gli chiese preoccupato Kojiro, non riuscendo ad interpretare bene la sua faccia.
“Eh, no, cioè, mio padre non si sente bene, mia madre è da sola in casa; quello scansafatiche di Yu non è ancora rientrato e non riesce a reperirlo, quindi vado io...scusatemi!”
“Oh, mi dispiace...” Disse Takeshi “... se vuoi compagn...”

Non lo fece finire di parlare. In pochi secondi si infilò il giubbotto, fece un inchino alla signora, ringraziandola della gentilezza, diede una pacca sulla spalla ad entrambi i suoi due amici e uscì in fretta dall’appartamento. Cominciò subito a correre,  sempre più veloce, impaziente, in direzione della stazione e sotto un cielo limpido e stellato, senza accorgersi nemmeno del brusco calo di temperatura che quella notte stava gelando l’aria.

Aveva pochissimo tempo, ma poteva farcela: una ventina di minuti e sarebbe arrivato in stazione, di lì avrebbe preso il primo treno per Tokyo, un’ora e qualche minuto, poi un’altra ventina di minuti di corsa...se tutto andava bene sarebbe riuscito ad arrivare prima della mezzanotte. Anzi, doveva assolutamente riuscirci!

Fortunatamente, raggiunta la stazione, non dovette aspettare molto prima che il treno arrivasse. Vi si fiondò con la massima velocità, temendo di perderlo, ma solo quando fu partito si rese conto che dalla fretta non aveva neppure fatto il biglietto! Passò quindi quell’ora sopra un sedile, guardandosi nervosamente intorno, ispezionando le porte opposte del vagone nel timore che il controllore arrivasse da un momento all’altro; allo stesso tempo, la sua gamba non riusciva a stare ferma, il piede martellava il pavimento un tap tap continuo e compulsivo che andava di pari passo con l’agitazione del suo cuore, rispecchiandone lo stato d’animo: doveva arrivare il prima possibile e continuava a sperare che il treno non subisse ritardi.

Quando finalmente arrivò alla stazione di Tokyo erano le 23 e 25.

“Accidenti!” Esclamò preoccupato Wakashimazu, mentre scendeva dal vagone: cominciava a farsi tardi. Ma il portiere non si perse d’animo, in quell’ora aveva recuperato le forze perse durante il tragitto da casa di Kojiro alla stazione, perciò ora doveva concentrarle tutte nell’ultima corsa che l’avrebbe portato a casa di Jun.

*Forza, Ken, ce la puoi fare!* Si diede coraggio, mentre usciva dalla stazione e cominciava a correre, nuovamente, con l’intento di non fermarsi neppure per un istante, gli fosse scoppiato il cuore. Corse per le vie della città, incurante delle auto che gli abbagliavano gli occhi, scansando abilmente chiunque intralciasse il suo percorso, cercando di ricordarsi la via più breve, le strade secondarie che, il prima possibile, lo avrebbero portato da lui.
***




Non ce la faceva più, era davvero sfinito, sudato e affannato, quasi faticava a respirare da quanto gli facevano male i polmoni e la milza. Le gambe gli tremavano, la testa pulsava, ma ce l’aveva fatta.

Era mezzanotte meno un quarto e davanti a sé, poco distante da uno dei parchi più grandi di Tokyo, sorgeva la maestosa villa dei Misugi. E, solo in quel momento, notando che tutte le luci della casa erano spente, Ken si rese conto di non aver fatto la cosa più importante: non aveva avvisato Jun che stava andando da lui.

*Cavolo...* pensò il portiere, temendo che il suo ragazzo fosse già andato a dormire, spegnendo così il telefono. Titubante prese il suo cellulare in mano, lentamente cercò il nome sulla rubrica e, dopo un profondo respiro, diede l’ok, portandosi il telefono all’orecchio.

Pochi secondi di insignificanti rumori per stabilire la connessione...Tuuuu, tuuu...

*Sta suonando!* Il cuore gli balzò in gola, rendendolo impaziente di ricevere risposta.

Un altro squillo...

*Eddai, Jun!*

Altri tre...

L’attesa era pungente, Wakashimazu sapeva che dall’altra parte il suo ragazzo stava sicuramente guardando il telefono, tormentandosi se rispondere o meno, ma sperava che riuscisse a mettere da parte il suo orgoglio cosicché lui...

“Pronto?” Eccola la voce di Jun, infastidita ed annoiata, del tipo ‘che cosa vuoi a quest’ora’, ma pur sempre bellissima.

“Scusami, scusami, scusami...” La voce bassa e umile del portiere, ancora affannata. “Scusami davvero, Jun...”

Il silenzio dall’altra parte, lungo infiniti secondi.

“Mi dispiace...” Continuava Wakashimazu, anche se Misugi non parlava, però sapeva che lui era lì e lo ascoltava e questo gli bastava a rincuorarlo. “Io...non sapevo che oggi fosse il quattordici febbraio, davvero, avevo perso la cognizione del tempo...”

Un respiro dall’altra parte del telefono, profondo ed amplificato. “L’avevo capito...”

“Sono un vero idiota, Jun, scusami!”

“Dai, non fa niente...”Un altro sospiro da parte del principe. “Peccato, era il nostro primo San Valentino...”

“No! Lo è ancora...non è mezzanotte...” Il sorriso sulle labbra di Ken. “affacciati alla finestra...”

I suoi occhi che cercano la giusta vetrata, lassù in alto, dove le persiane erano ancora aperte.

“Eh? Perchè dovrei affacciar...” Jun smise di parlare.
“Fallo e basta...” Gli disse Ken, continuando a tenere alto il suo sguardo, fremente di vedere il ragazzo affacciarsi.

“Scemo...” Il sussurro dolce di Jun.
“Eh?”
“...non sono in casa...”

Tu tu tu tu tu tu tu tu tu

La linea era caduta ancora prima che Wakashimazu potesse dire qualcosa. Non capiva cosa stava succedendo, guardò lo schermo del telefono ed ebbe il timore che Jun gli avesse chiuso la chiamata.

*Cosa significa non sono in cas...*

Non poté finire di formulare il pensiero che, da dietro, si sentì cingere in un abbraccio, mentre un pallone da calcio, evidentemente lasciato andare all’improvviso, rimbalzava a lungo sulla strada. Le riconosceva le braccia forti del principe, il petto appoggiato sulla sua schiena, il viso che respirava appoggiato alla sua spalla.

“Jun...” Lo chiamò Ken, voltandosi lentamente per poterlo guardare finalmente negli occhi ed infine baciare, a lungo, con passione, stringendogli forte le spalle con le sue mani grandi.
“Ciao...” Gli sorrise Misugi, con dolcezza, appena si staccò da lui per respirare. “Sei completamente matto... venire qui a quest’ora...” Aveva notato quel volto affannato e aveva sentito la sua schiena bagnata dal sudore.
“Beh, ecco...” Ken si grattò la testa, imbarazzato. “Dopo aver capito il danno non ci ho visto più, dovevo raggiungerti subito... accidenti a me!”
“Dai, meglio tardi che mai...” Ridacchiò Misugi, prendendolo in giro. In cuor suo, però, si sentiva davvero felice,  con quel gesto Wakashimazu era stato capace di cancellare tutta la rabbia che aveva accumulato. In fin dei conti, si disse il principe, era davvero un ragazzo fortunato.
“Ehi, ma tu che ci facevi in giro ?” Domandò Ken, notando che non era proprio un’ora adatta a fare le passeggiate nel parco.
“Mah, volevo distrarmi!” Scherzò Misugi e subito Wakashimazu si sentì in colpa poiché sapeva di essere lui la causa del suo malessere.

“Mh, però dalla fretta non ti ho portato neppure un regalo...scusami...” Sbuffò il portiere, ulteriormente dispiaciuto da quella presa di coscienza.
“Dai, non importa...” Gli disse Jun, assumendo uno sguardo un poco colpevole. “Io, invece, avevo ordinato i wafer al cioccolato che tanto desideravi...”
“Come?” Si stupì Ken.
“Ma dalla rabbia me li sono mangiati io!” Ammise Jun, facendogli una linguaccia.
“Cosa?!” Wakashimazu non poteva crederci “Oh, mio Dio!” Esclamò, portandosi una mano alla testa.
“Beh, se vuoi c’è quello delle mie ammiratrici...ho fatto scorta per tutto l’anno...” Fece spallucce il principe, come se la cosa non lo toccasse minimamente.
“Argh, quello no! Porta male!” S’imbronciò il portiere.

“Allora niente cioccolato...” Constatò Jun.
“Niente cioccolato!” Ribadì Ken.

“Uhm, allora...” Lo sguardo ammiccante del principe, all’improvviso, la sua mano che si intrecciava con quella del portiere. “...credo dovremo fare pace in altro modo...”
“Ma... i tuoi...” L’esitazione di Ken e il suo timore.
“Tornano domani... hanno deciso di fare i fidanzatini questo week end...”

Gli occhi di Misugi che cercavano conferma, desiderando attenzione; la mano di Wakashimazu che si stringeva sempre di più, intrecciandosi alle sue dita.


Correre verso la villa, aprire impazienti la porta, rischiando di sbagliare la chiave e tardare ancora qualche minuto. Varcare l’ingresso, salire su per le scale, rincorrere l’ombra dell’altro che s’ingrandiva lungo i muri, all’interno di quelle enormi stanze buie, dove l’unico bagliore era dato dal cielo limpido al di là di quelle finestre e dalle luci artificiali provenienti dai lampioni sulla strada. Sentire il desiderio consumare il proprio sangue, udire proposte sussurrate riecheggiare negli anditi. Entrare all’improvviso nella stanza di Jun, sentirsi trascinare con forza sul letto, con le labbra del principe che gli divoravano il collo già da diversi secondi. Venire assaliti da fugaci brividi di freddo, mentre i vestiti si sparpagliavano sul pavimento. Essere poi travolti dal calore dei propri corpi, quello di Jun sopra quello di Ken. Non dare spazio ai preliminari, seguire per una volta solo il proprio istinto, lasciandosi travolgere dalla passione. Aprire le gambe con impazienza, entrare con forza nel corpo del portiere, spingersi più a fondo, ancora e ancora, pregare che quel momento non abbia mai fine. Respiri, ansimi, gemiti liberati, vedere gli occhi del principe stringersi con forza, sentire le unghie dell’altro graffiare il suo petto, mentre il letto continuava ad oscillare. Venire dentro il corpo di Ken, liberandosi con un grido strozzato, vedere quello svuotarsi a sua volta, sopra il suo corpo.

Sentirlo alzare il bacino di scatto e baciarlo sul petto, lì, all’altezza del cuore di vetro.




I minuti passavano lenti, mentre i due ragazzi riprendevano a respirare normalmente, rimanendo abbracciati. Ken si voltò distrattamente verso il lato destro e il suo sguardo cadde sul comodino e su uno strano lampeggiare.

“La... sveglia...” Disse ad un tratto.
“Mh?” Misugi non lo ascoltava, preferendo stringersi ancora di più a lui, ma il portiere continuò.
“La tua sveglia è ferma alle ore 23.35....”

Solo allora Jun alzò lo sguardo, incuriosito. “Ah, è vero...”

Un sorrise si tinse sulle labbra del portiere. “Si vede che sono stato perdonato, sono ancora in tempo... buon San Valentino, Jun...” Gli sussurrò, accarezzandogli il viso.
“Buon San Valentino, Ken...” Gli rispose il principe, accennando un sorriso.

FINE


;p Lo so. è una bakata e pure sdolcinata...ma che ci posso fare, questi due sprizzano amore da tutti i pori^O^
 
(1) Questo è ciò che succede a fare incontrare due Kenniste face to faceXDDD La storia di Genzo è nato da un costruttivo scambio di battute fra me e la cara Berlinene...che dilemma, come chiamare il cane di Ken? XDDDDD



  
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