Fumetti/Cartoni europei > Winx
Segui la storia  |       
Autore: Applepagly    13/08/2016    3 recensioni
Alla ricerca di se stessa, per qualcosa che ha perduto: per Bloom il fuoco, e per le altre?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brandon, Helia, Nuovo personaggio, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Terza parte – Cambiare

 

 

  Quella mattina, Flora si alzò molto presto.

Ridestandosi, la prima cosa di cui si accorse fu di aver dormito sopra le coperte. Gettando un'occhiata sul lato opposto della sua stanza, vide che anche Bloom aveva fatto lo stesso per il caldo.

S'alzò, sorridendo alla vista della tenera espressione della sua amica, che riposava da un bel po' di ore. Sembrava dovesse ritrovare tutte le forze che quell'anno difficile le avevano sottratto, e le dispiaceva sapere di essere costretta a mentirle.

Flora non avrebbe mai voluto trovarsi costretta a raccontarle una bugia ma, come era stato detto il giorno prima, era per il suo bene. Sapeva che lì sarebbe stata al sicuro e che i professori avrebbero fatto tutto ciò che era in loro potere per proteggerla e mascherare la sua presenza.

Dopo essersi lavata, decise di scendere a fare colazione. Lungo il tragitto diversi pensieri le solleticarono la mente, fastidiosi; a cominciare dal fatto di essere stata nuovamente relegata ad Alfea.

Non era mai stata una ragazza polemica e, anche quando aveva avuto l'impressione di sentirsi inferiore, cercava comunque di farsi da parte e di attenersi alle indicazioni di coloro che avevano più esperienza di lei. Ma ora provava le stesse emozioni che aveva provato Musa all'inizio, quando era stato affidato loro un compito meno pericoloso.

Perché poi non poteva andare con gli altri? Forse se si fosse impuntata come l'altra le avrebbero accordato il permesso?

No, Faragonda aveva espressamente nominato lei e Stella, per restare lì. Certo, loro due erano le più vicine a Bloom e avrebbero saputo distrarla, mentre la missione veniva portata a termine; ma Flora aveva sempre più la convinzione di essere inutile.

E tutta quella fiducia che le sembrava di aver ritrovato qualche ora prima, beh... stava svanendo.

Si sedette ad una delle tavolate, e subito manicaretti e teiere comparvero davanti a lei. La sala era quasi vuota, perché i vari presidi avevano mandato a casa la maggior parte degli studenti.

Insomma, le vacanze estive erano già iniziate e sarebbe stato inutile costringere anche gli allievi meno coinvolti a rimanere nel luogo che li aveva visti combattere e subire diverse perdite.

Impugnò un coltello per spalmare della marmellata su una fetta biscottata, quando Vera si sedette di fronte a lei. «Buongiorno!» esordì, energica.

Flora ricambiò. Dalla prima volta che l'aveva vista, la Specialista le sembrava una persona totalmente diversa. Le si poteva leggere in faccia la felicità per il fratello ritrovato, sebbene questi si ricordasse poco di lei.

Contrariamente a quel che poteva sembrare, Vera era logorroica. Durante la colazione parlò del più e del meno, dei suoi tristi giorni trascorsi come studentessa di Alfea e di quelli felici a Fonterossa.

Parlava del saggio dell'accademia e rideva di quel bizzarro alterco tra Bloom e l'antipatica fidanzatina del principe di Eraklyon... era come se volesse esercitare la propria memoria e ripercorrere quei momenti, per accertarsi che fossero stati reali.

L'altra si domandava come dovesse sentirsi dopo aver creduto di essere un'altra persona. La sua allegria non lasciava che trapelasse l'inquietudine che in realtà provava; e quell'inquietudine era dovuta anche ad Helia perché, quando questi fece il suo ingresso nella sala, Vera si rabbuiò, anche se tentò di non darlo a vedere.

«Hey, Helia» lo chiamò, attirando l'attenzione dei pochi studenti presenti. «Vieni a sederti con noi?»

Il ragazzo annuì, inizialmente un po' disorientato. Prese posto accanto a loro, a quelle due giovani che sembravano giocare un ruolo chiave per lui.

«Hai dormito bene?» gli chiese Flora, accortasi del pallore di lui e di quei segni scuri che si intravedevano sotto i suoi occhi. Helia era bello anche così, con le occhiaie e delle cicatrici fresche, doveva ammetterlo.

«Sì» mentì lui, distogliendo lo sguardo. Non aveva affatto dormito. «Anche se mi sono perso un paio di volte per arrivare qui»

La fata rise, con quella sua risata cristallina che aveva il potere di contagiare gli altri. Raccontò dei suoi primi giorni lì, delle sue amiche, delle cucine; mentre i due fratelli l'ascoltavano e Vera di tanto in tanto si lasciava andare ad una distorta forma di nostalgia per i suoi tempi peggiori.

«Ho bruciato tante di quelle frittate che una volta per punizione mi furono assegnati doppi turni» ricordò. «E, naturalmente, era stata quella megera di Griselda a volerlo»

«Anche tu... studiavi qui?» domandò il ragazzo, sorpreso.

La sorella si curvò in un sorriso sghembo. «Già... non te lo ricordi, eh?»

Helia chinò il capo e, per un attimo, un'ombra attraverso il suo volto. Si alzò di scatto, allontanandosi senza dire una parola; e Vera si rese conto dell'errore.

Non avrebbe dovuto infierire così su di lui. Perché lo aveva fatto?

Sotto lo sguardo attento di Flora, la Specialista corse dietro al fratello, chiamandolo più volte e chiedendogli di fermarsi. «Helia... non volevo» si scusò, una volta che si decise a starla a sentire.

Lui, dal canto suo non se l'era presa, né avrebbe potuto farlo. Le parole di lei lo avevano ferito solo in virtù del proprio senso di colpa, della consapevolezza di vedere come un'estranea colei che più gli era stata vicina.

«Non sono arrabbiato» affermò in un sospiro.

Ma perché non riusciva a ricordarsene? Dopo la conversazione avuta con Levi, Helia aveva ricordato quasi tutto. I ricordi si erano trascinati tra di loro, come una catena invocata dalla voce di quello che era il suo migliore amico; e alla fine era arrivato a riconoscere perfino alcuni dei suoi compagni, sebbene sentisse che quelli che potevano essere stati i loro rapporti si erano ormai interrotti.

Conosceva di nuovo le proprie abitudini, i propri gusti; era stato semplice a colazione, no? Non aveva nemmeno dovuto pensarci, aveva bevuto il solito caffé, addentato i soliti dolcetti che si erano materializzati davanti a lui senza che nemmeno dovesse articolare la voce.

Era stato tutto così... “solito” che per un attimo non vi aveva nemmeno badato. Era riuscito a ricordare simili sciocchezze abitudinarie e non sua sorella.

«Perché non riesco a ricordarmi di te, Vera?» chiese allora, trovandosi a fissare il soffitto del corridoio. «Che cosa è successo, prima che io scomparissi?»

Lei non seppe rispondere. Cosa poteva essere accaduto?

Era come se avesse un blocco, una barriera che la sua mente aveva creato per impedirgli di lasciare che qualcosa di doloroso lo ferisse di nuovo.

«Non so dirti cosa sia successo prima, ma quel che è successo dopo sì» iniziò. «So che non riuscivo a crederci. Il nonno urlava contro i suoi uomini, contro Codatorta, ordinando di trovarti... di trovarvi» disse, non nascondendo quella punta di amarezza che le scottò il cuore. «Metteva a soqquadro l'intera accademia e intanto piangeva. Sembrava impazzito»

E come lui, anche lei. Non era riuscita a credere che qualcuno avesse potuto spifferare qualcosa in merito alla missione di Helia e Levi, perché ciò significava che il male era venuto da dentro le mura, e non da fuori.

Non avevano trovato il corpo di nessuno dei due, perciò tutti avevano serbato la speranza che fossero dispersi e che presto si sarebbero fatti vivi. Ma i mesi passavano e, più le giornate volavano, più le speranze si affievolivano.

Avevano individuato il traditore, però. Una sciocca matricola che in un losco sobborgo aveva avuto la brillante idea di spifferare tutti i dettagli sul compito dei due amici e che, ovviamente, non aveva badato alle orecchie indiscrete.

Soltanto il cielo sapeva come ne fosse venuto a conoscenza.

«Per lui era stato uno scherzo, anzi, non ricordava neppure di averlo fatto» raccontò. «Avrei voluto ucciderlo. Purtroppo però, la questione era controversa. Fu aperta una lunga inchiesta e... il fatto è che da allora molte famiglie sono scettiche, riguardo la nostra scuola»

«Poi un giorno una strega di Torrenuvola è corsa da noi, agitata. Diceva di averti visto nei pressi del suo istituto» riprese subito. «Io lo sapevo, sapevo che non potevi essere morto, Helia»

«Già...» constatò, con amarezza. «Non potevo essere morto, perché qualcuno si era sacrificato al posto mio»

Quelle parole fecero male a Vera ma lui non vi badò, perché aveva finalmente capito a chi rivolgersi per far luce su quella vicenda. Era certo che quella matricola dalla bocca larga avesse a che vedere con la difficoltà di lui nel ricordare la sorella.

«Devo parlare con la matricola» disse, senza perdere altro tempo.

«Sarà difficile. È stata espulsa e rimandata sul suo pianeta natale» spiegò. «È molto lontano da qui e... ma... non puoi andarci da solo»

Eccola di nuovo lì, a tentare di dissuaderlo da qualche follia che era intenzionato a compiere; proprio come una volta. Tra loro non vi erano che due anni di differenza; eppure, lei si era incaricata sin da piccola di badare a suo fratello più come una madre, che come una sorella.

«Potresti venire con me» propose. Sperava che, in qualche modo, viaggiando con Vera si sarebbe ricordato e l'avrebbe sentita nuovamente parte di sé. «Dopotutto, tu conosci la rotta e tutto il resto, no?»

«Ma sarebbe pericoloso ugualmente, Helia! Quel posto... non è esattamente raccomandabile e noi...» sospirò. Era dura parlare dei sogni infranti. «...Noi non abbiamo alcun potere magico per tirarci fuori da situazioni spinose»

Helia sorrise, scuotendo la testa.

A quello aveva già pensato e credeva di sapere a chi rivolgersi. Cercò l'appartamento, scorrendo velocemente i nomi colorati affissi alle porte, alla ricerca della dimora di Bloom.

In un limbo tra il sonno e la veglia, diverse immagini sfilavano davanti a lei, confuse. L'unica cosa certa era quel piacevole torpore che aveva sempre accompagnato la sua stanza.

Quando aprì gli occhi realizzò che più che torpore si trattava di afa, perché l'estate a Magix non era così clemente come quella a Gardenia.

Mentre si sistemava, pensava.

Un po' la preoccupava l'idea che le Trix potessero venirla a cercare e mettessero a repentaglio la scuola, di nuovo. Una volta fattovi ritorno, Bloom aveva constatato da sé quanto la loro furia si fosse spinta oltre; e non avrebbe mai pensato di vedere la morte passare a pochi centimetri da lei, verso quei poveri ragazzi e ragazze che non ce l'avevano fatta.

Forse sarebbe stato meglio per tutti se lei non avesse mai trovato Solo, il Grande Dragone: senza la legittima erede della Fiamma del Drago, il talismano non avrebbe mai potuto funzionare.

Oppure la chiave di tutto era proprio quella e consisteva nell'adoperarlo prima che lo facessero loro?

Uscì dalla stanza con questi pensieri ben radicati nella mente, ma l'intero appartamento sembrava deserto. Bussò alla porta di Tecna e Musa, abbassando appena la maniglia quando non ricevette risposta; la loro camera era vuota e le lenzuola dei loro letti impeccabilmente sistemate.

Che siano già scese a fare colazione?

Ora che ci rifletteva, non si era mai soffermata troppo ad osservare i dettagli sulle sue amiche che quel posto nascondeva. Ad esempio, sapeva perfettamente della passione per la musica dell'una, degli strumenti che suonava, ma non aveva mai notato un poster dietro all'armadio che recava quella che poteva essere il suo gruppo preferito.

Studiò l'immagine, e tra i “Rocking Pixies” c'era una ragazza del tutto rassomigliante alla fata. Che fosse lei? Perché non aveva mai fatto caso a tutto ciò?

Perché non si era mai accorta di quello strano aggeggio che Tecna aveva lasciato sulla sinistra della sua scrivania?

Quante cose non mi sono premurata di scoprire, su di loro?

Afferrò quell'arnese tra le mani e, inavvertitamente, lo accese. Aveva la forma di un cubo, ma pareva avesse una sorta di aspirapolvere incorporata... sembrava una strana specie di fono per capelli.

Su un lato, un piccolo schermo si era illuminato, ma Bloom non riusciva a comprendere che cosa dicesse. Curiosa, passò un dito sulla superficie e delle sagome presero a roteare, come in un vortice.

Per lo spaventò premette tasti a casaccio, e una luce simile ad un flash la avvolse. Fu tutto molto rapido; e quando terminò, la ragazza sentì qualcosa di... insolito.

Una sensazione nuova e piacevole, come di freschezza. Che cosa era successo?

Oh, no...

Colta da un orribile presentimento, si passò una mano tra i capelli. Erano... più corti!

A metà tra lo sconvolto e l'incuriosito, Bloom si precipitò davanti allo specchio del bagno, quello stesso specchio che, non poteva saperlo, il giorno prima aveva visto la stessa Tecna protagonista di qualcosa di simile.

Sgranò gli occhi acquosi, non sapendo se ridere o arrabbiarsi. La sua folta chioma focosa brutalmente potata.

Beh, non proprio brutalmente.

Tutto sommato, si piaceva, sembrava più grintosa e, di qualsiasi incantesimo si fosse trattato, era stato preciso. Avrebbe dovuto farci l'abitudine, ma era come se quell'inconveniente fosse capitato di proposito.

Comprese che quelle sagome che aveva visto sullo schermo altro non erano che tagli di capelli; era quello, il modo in cui Tecna risparmiava sul parrucchiere?

Chissà se avessi selezionato qualcosa di simile a quelle creste con cui vanno in giro i ragazzi a Gardenia... Devo ammettere però che è una trovata geniale.

Tutta quella confusione aveva attirato lì Flora, che era appena risalita dalla sala grande e di Stella, un po' preoccupata e un po' infastidita per essere stata bruscamente svegliata. Ferma sulla soglia, rimase a bocca aperta per ciò che vide.

Bloom si accorse di loro e, prima che potesse dare spiegazioni, la principessa sorrise a trentadue denti. «Oh, Bloom... stai benissimo!» cinguettò. «Non vorrei dirlo ma... te lo avevo detto!»

Lei annuì, non sapendo come spiegare l'incidente. «Ragazze» le venne in mente. «Dove sono Musa e Tecna?»

Le altre due si guardarono appena negli occhi, come a darsi reciprocamente il permesso di ricoprire la ragazza di quelle bugie che avrebbero fatto il suo bene. Fu la bionda a rispondere, perché sapeva bene quanto sarebbe pesato a Flora.

«Oh, beh... sono su Zenith, con Brandon e Riven. Stanno cercando altre informazioni sul talismano, per capire perché lo vogliano le Trix» fece, con ovvietà. «La preside ha voluto che non ti svegliassimo perché devi ancora riprenderti, e poi ci impiegheranno poco»

Cercò di apparire convincente, sentendosi un po' in colpa a far leva sulla fiducia incondizionata che Bloom riponeva in lei. Poi, cambiò immediatamente argomento; e, mentre sproloquiava riguardo ad alcune acconciature che aveva visto su Eraklyon, qualcuno bussò alla porta che dava accesso all'appartamento.

«Si può?» sembrava la voce di Helia. Fece il suo ingresso con un'aria allegra come mai prima; con lui c'era la sorella che, al contrario, sembrava esasperata.

Durante tutto il tragitto – un tragitto piuttosto lungo, dato che nessuno dei due sapeva dove alloggiasse Bloom – aveva cercato di farlo ragionare, senza alcun risultato. Sperava che Flora fosse lì e che le desse man forte, dal momento che pareva molto più giudiziosa del suo spasimante.

«Bloom, so che ti sembrerà un'idea folle, ma sei l'unica su cui possa fare affidamento, per questo» iniziò, dopo alcuni convenevoli. «Ho bisogno del tuo aiuto e... beh, anche del vostro, se vi va» fece alle altre due.

Ma cos'aveva?

Tutto d'un tratto sembrava impazzito di gioia. Soprattutto Flora era molto sorpresa di vederlo così, dopo la faccia con cui era sceso a fare colazione quella mattina.

«Non state a sentirlo» intervenne Vera, scuotendo la testa in segno di dissenso. «Cercherà di trascinarvi in qualcosa di estremamente pericoloso»

Le tre fate si scambiarono un'occhiata perplessa.

«Non lo sarà, invece. Ho bisogno di te, di voi, proprio per questo» affermò lui. Prese a raccontare ciò che, a quanto pareva, aveva causato la sua amnesia e la morte del suo migliore amico; dopodiché, animato da una felicità matta, spiegò le proprie intenzioni.

Helia fremeva all'idea di poter scoprire di più, di poter parlare con quel maledetto idiota che aveva rovinato tutto e di poter fare chiarezza; perché ne era certo: quel blocco che gli impediva di ricordare tutto di Vera aveva qualcosa a che fare con la matricola colpevole.

E forse era vero, forse tutto ciò che stava dicendo era assurdo e il suo piano pieno di falle; ma lui lo avrebbe messo in atto, a qualsiasi costo. «Non sarebbe difficile» ripeteva. «Si tratterebbe di rubare una navetta, stanotte. La scuola non ha più alcuna barriera protettiva, dovrebbero innalzarla domattina; perciò avremmo tutto il tempo per imbarcarci»

In un fiume di parole, descrisse tutta l'ipotetica dinamica da seguire, mentre Stella si domandava se la caduta da quel fantomatico dirupo non gli avesse inferto altre lesioni cerebrali.

Più che altro, le disposizioni di Faragonda le rimbombavano in testa e un forte allarme era scattato nel momento stesso in cui Bloom era parsa interessata. Seguire Helia in quella vicenda l'avrebbe trascinata lontano da Alfea, lontano dalla protezione che avrebbero dovuto garantirle.

Non era forse quello, il compito suo e di Flora? Si maledisse, perché non era mai stata troppo brava a tarpare le ali a chi voleva bene; e la sua amica sembrava pendere dalle labbra del ragazzo.

Quei due erano troppo impulsivi, e insieme si sarebbero cacciati in guai seri. Intercettò lo sguardo di Flora, preoccupata.

I due fratelli non ne sapevano niente della missione dei loro amici e, quand'anche qualcuno avesse domandato dove si trovassero, avrebbero dovuto rifilare una bugia. Non potevano metterli al corrente così e mandare a monte tutto quanto.

«Non credo che potremo correre un rischio del genere...» fece infatti Flora, non sapendo esattamente come proseguire. «Voglio dire... le Trix... beh, loro vogliono Bloom e allontanarci dalla scuola potrebbe esporla troppo, per ora»

«Che cosa significa?» replicò la diretta interessata. «Se volessero sarebbero già qui, non credete? Io sono dell'idea che si aspettino che siamo noi, a scovarle; ma i professori non hanno ancora deciso come muoversi, no? E poi sarà una cosa veloce, credo»

Stella sospirò impercettibilmente.

Si trattava di rendersi utili, di dare una mano a qualcuno. Nell'ottica di Stella, come in quella di chiunque altro, restare a terra mentre gli altri si davano da fare era frustrante.

Musa era riuscita a spuntarla solo perché nella missione precedente era rimasta a scuola; ma era chiaro che ormai non fosse l'unica ad essere stufa di sentirsi solo una pedina in mano ai professori. Era stato inutile cercare di dissuaderli, perché loro non potevano capire o fingevano di non esserne in grado.

Bloom avrebbe fatto di tutto per aiutare qualcuno; e se quel qualcuno era un suo amico, la cosa acquisiva una rilevanza maggiore. In particolare, da quando il peso della morte di Sky aveva preso a gravarle sulle spalle, lei era determinata a fare tutto il possibile per chi ne avesse bisogno.

Era questo, ciò che Faragonda e gli altri non avevano voluto ascoltare. Erano convinti che la ragazza se ne sarebbe stata buona e zitta in ogni caso, ma non era così.

Non le piaceva essere controllata e, per quanto sembrasse strano, perfino Flora iniziava a esserne stanca.

Quella che Helia proponeva era una spedizione rischiosa ma, pensandoci bene, Maria e gli altri avevano proprio il compito di spacciarsi per loro, perciò come avrebbero potuto ostacolarli?

Era una pazzia, tutti ne erano consapevoli; perfino quel povero sciagurato di Timmy, che trascinarono con loro. Eppure... eppure lo fecero.

Quella notte una navetta di Fonterossa prese il volo, insonorizzata e sostituita da una sorta di ologramma che certamente non sarebbe stato eterno, ma che avrebbe concesso loro abbastanza tempo perché Helia potesse parlare con colui che aveva distrutto una vita e l'aveva costretto a cambiare

 

*

 

  Vedere Stella pilotare un veicolo – vederla così concentrata e seria, più che altro – sembrava surreale.

Prima di partire, Brandon aveva speso una buona mezz'ora ad osservarsi su ogni superficie riflettente. Trovandosi in lei, doveva ammettere che il corpo della sua fidanzata era davvero mozzafiato.

Certo, si domandava come riuscisse a muoversi così bene su quei trampoli e vestita a quel modo, con i capelli che sembravano fatti apposta per rendere il tutto più difficile. Il cerchietto lilla gli stava facendo venire il mal di testa e ciò che aveva sul petto era più un impaccio.

Però avrebbe potuto andargli peggio. Con la coda dell'occhio guardò Riven, seduto accanto a lui.

«Riven, cos'è quel broncio?» lo stuzzicò, ridendo. «Non sta bene su una signoria bella e dolce come te»

Quella che era una grottesca espressione seccata deformò i lineamenti paciosi di Flora, già deturpati dal solito cipiglio di colui che la impersonava.

Aveva difficoltà ad incrociare le braccia e annaspava peggio dell'altro, per camminare. Quando era salito sulla navetta aveva cercato più volte di sistemarsi la gonna per renderla “decorosa”, come l'aveva definita lui.

Si lamentava in continuazione con un tono che probabilmente non sarebbe mai uscito dalle morbide labbra della fata della natura. «Va' al diavolo, Brandon»

Rise, non aspettandosi una reazione diversa. Se non fossero stati coinvolti in qualcosa di serio, probabilmente avrebbe trovato tutta quella situazione ancor più buffa.

Ma la fredda e controllata voce di Tecna lo riportava alla realtà. Lei discuteva al telefono con Timmy riguardo al monitoraggio dell'intera missione; loro avrebbero cercato di estorcere alle Trix la ragione del furto e quella conversazione sarebbe stata registrata ed inviata seduta stante ad Alfea, dove lo Specialista si sarebbe occupato di riceverla e passarla ai presidi.

Ciò che tutti si stavano domandando e che nessuno aveva il coraggio di chiedere agli altri era: sarebbero usciti vivi di lì?

Era altamente improbabile che le streghe svelassero i propri piani senza ingaggiare una lotta ed era altrettanto improbabile che le nuove Winx potessero vincerla. Sarebbe stato difficile già se ci fossero state le vere Stella e Flora... e, naturalmente, le tre sorelle non li avrebbero lasciati scappare; non tutti, forse.

Maria era quella che correva i rischi maggiori. Lei impersonava Bloom ed era una strega; cosa sarebbe accaduto, se fosse stata scoperta?

Era facile che le Trix punissero lei per quello che potevano considerare un tradimento; eppure la ragazza pareva impassibile. Parlava con Musa di qualcosa e non sembrava minimamente agitata, anzi, sorrideva.

Si trovava perfettamente a suo agio con le fattezze di Bloom e cercava di smorzare un po' l'ansia generale.

«Se volessi ripensarci, noi...» aveva detto Musa, prima.

«Perché dovrei? È stata una mia decisione» replicò, calma. «Anche perché, chi altro lo avrebbe fatto?»

La fata sospirò. Aveva ragione, nessuno di loro aveva avuto abbastanza fegato da offrirsi volontario; mentre lei, che conosceva molto poco la loro amica, non aveva esitato un istante.

«So che sarà rischioso, ma... guarda il lato positivo della situazione» rise, abbassando poi la voce. «Sei in missione con Riven»

«Già...» sì, era in missione con Riven, ma questo non avrebbe cambiato nulla.

Si era decisa a non pendere più dalle sue labbra, a dimostrare il carattere e la grinta che aveva per non sembrare quella ragazzina idiota e accondiscendente che aveva sicuramente dato l'impressione di essere.

Chissà, forse come amica sarebbe andata bene, però... però c'era sempre quel qualcosa che le impediva di convincersene pienamente; perché stava male al pensiero di quel che c'era stato tra lui e Darcy, e di quel che un giorno ci sarebbe stato tra lui ed un'altra.

La infastidiva ed addolorava saperlo con qualcuno che non fosse lei; lei, che era stata un'ingenua e non si era mai resa conto di nulla. E ora che avrebbe potuto sfruttare quel tempo per avvicinarsi a lui, beh... avrebbe sprecato anche quella occasione, perché lui se ne stava imbronciato sul suo sedile, ad osservare la mappa e scostarsi di tanto in tanto i capelli dai lati del viso.

Non poteva in alcun modo sapere che Riven stesse pensando all'incirca le stesse cose. Mentre tornava da Eraklyon aveva riflettuto molto ed era giunto alla conclusione di non potersene stare con le mani in mano.

Aveva escogitato un piano che era, in realtà, così indefinito perfino nella sua mente da cambiare ogni ora. Poi era arrivato ad Alfea e, tra una cosa e l'altra, aveva visto Musa parlare con quello Specialista con cui lui stesso scambiava qualche parola, ogni tanto.

Jared, sì. E si era sentito come pugnalato al cuore perché, a vederli ridere insieme, aveva avvertito come la consapevolezza che lui fosse giusto per lei, con quei suoi modi affabili e la sua indole serena.

Era uno che si lasciava avvicinare, che dimostrava solidarietà e lealtà verso chiunque; un bravo ragazzo, perfetto per una ragazza speciale come lei. Perché era stato proprio questo, a ferirlo, e non l'averli colti così, in un momento di ilarità che poteva benissimo essere scaturito da una semplice battuta.

Perciò, adesso, si domandava come dovesse agire. Probabilmente ci avrebbero lasciato le penne, laddove stavano andando; quindi era arrivato il momento di prendere in mano la situazione.

Mentre rimuginava, un segnale apparve sulla mappa galattica. «Ho individuato il pianeta» avvisò, con un tono talmente lugubre da sorprendere perfino egli stesso.

Tecna gli si avvicinò e Brandon diede uno sguardo al punto in cui la cartina segnalava la presenza di un corpo celeste. Eppure, non vi era nulla se non stelle su stelle. «Sei sicuro?» fece l'altro Specialista. «Non vedo niente»

«Nemmeno io, ma qui c'è scritto così» ringhiò in risposta.

«Io invece sento delle voci» intervenne Musa, concentrata. «Sono poche e molto flebili, ma ci sono. Deve trattarsi di un pianeta con un sistema che allontana gli intrusi o qualcosa del genere»

La fata della tecnologia soppesò bene quelle parole, dandosi poco dopo della stupida per non averci pensato prima. «È un sistema di difesa» iniziò, digitando qualcosa sui tasti accanto alla mappa. «Ma è insito nella composizione del pianeta stesso. Questo posto si chiama Chameleon ed è noto per avere un aspetto che si confonde con l'atmosfera»

I vetri si oscurarono e con essi l'intera navetta, per poi lasciare spazio ad una sorta di mirino che tracciava proprio la sagoma di un piccolo punto. Più che un pianeta, pareva un asteroide. «Ovviamente, il fatto che sia così ben camuffato lo precludono quasi da qualsiasi rapporto con altri» spiegò. «Ed è per questa ragione che è un posto sottosviluppato. Non esattamente l'ideale per trascorrervi l'infanzia»

Dunque era proprio lì, che le Tix avevano avuto i loro natali. Un pianetino che si escludeva da sé dagli altri e che condannava i suoi abitanti fin dalla nascita.

Entrarono in orbita e poco più tardi atterrarono in quella che aveva tutta l'aria di essere una palude.

Le due fate ricordavano l'esperienza vissuta per aiutare Flora, e ricordavano anche la palude delle ninfe d'acqua; eppure, questa era completamente diversa. Sembrava un surrogato di Melmamora ma molto, molto più squallido.

Il fetore era troppo perfino per i ragazzi, che in genere sopportavano certe cose. Misero piede a fatica sul terreno umido e Riven quasi cadde nel fango, maledicendo la ragazza di cui aveva le sembianze.

Si resero subito conto che proprio in quella palude sorgeva un paese. Sembrava impossibile che degli umani potessero sopravvivere in un'aria simile, eppure i pochi abitanti parevano non badarvi.

Forse era la forza dell'abitudine... ma ciò non toglieva che quelle persone avessero un colorito verde e malato. Le tre sorelle non erano cresciute là in mezzo, quindi la malattia di cui si parlava nei ricordi di Darcy non doveva esservi ricollegabile.

Proseguirono, guardandosi attorno.

Sulla riva opposta, un uomo aveva allestito un bancarella dove vendeva quelle che avevano l'aspetto di rane, sgozzate e scuoiate alla meno peggio e inchiodate al legno spento: sosteneva che quegli anfibi potessero risorgere e scappare, o vendicarsi per essere state uccise.

Tra tutto quel trambusto e quel tanfo, l'unico edificio ad avere un'aria vagamente diversa – e sana – era una taverna tanto piccola da sembrare più una casetta. I cinque ragazzi vi entrarono, calamitando subito su di sé l'attenzione di un paio di ubriaconi seduti ad un tavolo e di un ragazzino dietro al bancone.

Dall'incarnato pallido e da uno occhio di un colore diverso dall'altro, guardò i nuovi arrivati sfoggiando il suo evidente strabismo. Fece molta pena vederlo relegato lì, in un posto che probabilmente lo avrebbe ucciso.

Il giovane boccheggiò un po', per poi correre sul retro. Al suo posto si presentò colui che doveva esserne il padre: un uomo massiccio e dallo sguardo indecifrabile, di un tono impastato del fango e del terriccio della palude, come se ne fosse stato un riflesso.

«Cosa ci fanno cinque giovani in un posto come questo?» domandò, sospettoso. Scrutò ciascuno di loro, soffermandosi un po' di più su Tecna. «Conosco i tuoi tratti. Sei di Zenith, non è così?»

Lei annuì, non capendo molto dove volesse andare a parare. Poi, l'uomo mosse un passo in avanti, uscendo dall'ombra e rivelando una rada zazzera dello stesso rosa di quella di lei, seppure molto più spenta.

«Senta...» iniziò Riven, senza perdere altro tempo. «Conosce tre ragazze di nome Icy, Darcy e Stormy?»

Senza dire una parola, fece loro cenno di seguirlo nello stesso ambiente in cui era sparito il ragazzino. Quest'ultimo intese e li lasciò soli, alle questioni importanti.

Parevano una famiglia affidabile e onesta, forse l'unica in quel paese in cui, senza dubbio, la criminalità regnava incontrastata.

Quell'uomo si chiamava Mirtan, ed era il proprietario della taverna. Combaciava perfettamente con il ricordo che Darcy aveva mostrato a Musa e Maria, e quindi egli doveva essere sicuramente a conoscenza di qualcosa che loro non sapevano, sulle Trix.

«Sarebbe stato poco prudente parlarne di là» disse, a mo' di scusa. «Sì, le conosco; ma voi chi siete?»

Cimentatisi nel racconto di tutte le loro peripezie, i ragazzi avevano la certezza di essere sulla pista giusta. Ma non poteva essere tutto così semplice, i problemi dovevano arrivare, prima o poi.

Mirtan ascoltava attentamente carezzandosi i folti baffi. «Capisco» disse, alla fine. «Sì, quelle tre sono sempre state eccentriche ma... non vedo perché dovrei parlarne proprio con voi»

«Signore... è di vitale importanza per il bene di tutti» replicò Brandon. «So che possa essere difficile, per lei, rivelarci quel che sa, ma... per quanto possa essere affezionato a loro, cerchi di capire»

L'uomo sospirò, abbassando lo sguardo. Era la cosa giusta.

«Quand'ero un ragazzo, più o meno della vostra età, lavoravo già con mio padre alla gestione di questo posto» iniziò. «Un giorno, mentre tornavamo al villaggio, ci capitò di sentire delle voci provenire da una radura. Voci giovani, fresche, accompagnate dal pianto di un neonato»

Si erano sporti da dietro un albero e ciò che avevano visto aveva lasciato Mirtan sconvolto. Una donna giaceva a terra inerme e, accasciata su di lei, una bimba piangeva sommessamente.

Un'altra, la maggiore delle tre, aveva voltato le spalle alla scena e sorreggeva un piccolo fagottino nel tentativo di farlo tacere.

«Non avevamo idea di chi fossero né di cosa fosse successo loro, ma già in quel momento la più grande dimostrò subito di essere una bambina diversa» raccontò. «Non versò neppure una lacrima per la madre, anzi, i suoi occhi di ghiaccio ostentavano un'impassibilità ed un sangue freddo surreali. Mio padre non volle che ci trattenessimo oltre, disse che qui cose del genere sono all'ordine dal giorno e che si meravigliava del fatto che non ci avessi ancora fatto l'abitudine»

Ma Mirtan tornò spesso a far visita a quelle tre, osservandole di nascosto e lasciando loro del cibo facendo sì che lo trovassero. «Ero curioso e al tempo stesso non volevo sapere quale fosse l'orribile storia che si celava dietro a quelle bambine che vivevano in una casupola di legno. Avevo già intuito che fossero straniere perché, un po' come me ed i miei genitori, fisicamente non avevano niente a che vedere con la gente di qui, ma...» strabuzzò gli occhi, come a sorprendersi ancora una volta. «Quando vidi Icy lanciare un incantesimo rimasi ancor più basito. Quelle tre avevano qualcosa... qualcosa di misterioso, una magia pericolosamente invitante»

Si era ritrovato a vederle crescere e continuare con la sua opera di bontà; poi la taverna aveva preso a gravare solo sulle sue spalle e l'unica cosa che potesse fare per aiutare le streghe era dar loro un lavoro.

«Darcy si mostrò entusiasta, ma Icy fu da subito diffidente. Non credeva che qualcuno potesse davvero offrirsi di aiutarle senza chiedere in cambio nulla di compromettente» sorrise. «Ma accettò per il bene delle sue sorelle. Il suo spirito di sacrificio, la sua determinazione ed il suo carisma divennero ben presto noti in tutto il paese. Tutti la idolatravano, ma nessuno faceva nulla di concreto»

E, come anche i cinque ragazzi potevano immaginare, Icy disprezzava tutta quella gente. Le uniche in cui riponeva la propria fiducia erano proprio Darcy e Stormy.

«Aveva quasi iniziato a fidarsi anche di me, sebbene le sue indiscrezioni sul suo passato fossero poche. Ma poi arrivò nella mia taverna una donna, una strega, come loro»

Griffin era lì per una questione personale e si era subito accorta dell'elevato potenziale di quella giovane cameriera dallo sguardo tagliente e l'espressione seria. «La strega era preside di una scuola per ragazze come Icy, ragazze dal talento per gli incantesimi più oscuri e pronte a qualsiasi sotterfugio che realizzasse le loro ambizioni»

E da allora non aveva più visto le tre sorelle fino a qualche giorno prima della conversazione che ora stava intrattenendo con quelle giovani venute da lontano.

Quindi era così: le Trix si erano rifugiate sul pianeta in cui erano cresciute; ma per quale ragione?

«Sono venute qui, senza raccontarmi nulla di ciò che mi avete detto voi. Ma erano diverse, potevo intuirlo perfino io. Erano cambiate» concluse. «Non so cosa abbiano fatto loro in quella scuola, ma...»

Lasciò in sospeso la frase, non riuscendo più a continuare.

«Signor Mirtan» lo chiamò Tecna. «Signor Mirtan, dove si sono nascoste?»

Mirtan non rispose. Si alzò, indicando un punto oltre la finestra del cucinino.

Alte fronde scure si stagliavano in quella che sembrava la radura dei ricordi di Darcy; e tra le piante si intravedeva un casolare. Le Trix erano lì.


 


Noticine:

Dunque, ci siamo: inizia il “round finale”.

Da qui in poi sono altri tre capitoli e l'epilogo... un po' mi dispiace concludere la storia, ma le Winx dovranno pur godersi le vacanze estive!

Tra l'altro, mi sono resa conto che proprio un anno fa (giorno più, giorno meno) iniziavo a scrivere l'altra long proprio sull'estate delle nostre fate e mi è venuta una nostalgia... vabbe', tralasciando queste sciocchezze, mi sono divertita nella descrizione di Chameleon.

Sì, forse le Trix venivano da Whisperia o qualcosa del genere, ma qui le faccio crescere in un pianetuccolo melmoso. Bloom si taglia i capelli e ora sappiamo che Helia ci ha davvero rimesso qualche neurone.

Ce la faranno i nostri eroi a fuggire da Alfea? Ce la faranno i nostri altri eroi a spuntarla con le Trix? Ce la farà Tecna a spuntarla con Brandon?

Scopriamolo insieme mercoledì prossimo! Sembra una specie di televendita, ehm...

A presto!

TheSeventhHeaven

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Winx / Vai alla pagina dell'autore: Applepagly