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Autore: Everian Every    13/08/2016    1 recensioni
(Per capire meglio gli eventi narrati in questa ff, è necessario aver letto Over Worlds - Total War) (Forte presenza di Autori)
L'Omino di mai, la Follia, ha cacciato con un subdolo stratagemma il Mastro dal suo Mondo, prendendone il controllo. Per poterlo dominare del tutto, ha scatenato l'esercito di Rovine affinché l'Universo fosse raso al suolo, così da poterlo ricreare a suo piacimento.
Per evitare che il Mastro tornasse e lo fermasse, ha rapito una ragazza da un altro Universo ed ora la tiene in ostaggio. Il Supremo non ha tuttavia fatto i conti con un certo gruppo di eroi che faranno di tutto per salvare la loro amica.
Enjoy this :D
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Over Worlds'
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Le luci in villa Gyber erano tutte spente. La maggior parte del team era in viaggio verso diversi angoli del Multiverso in cui erano apparse strane creature che stavano mettendo a ferro e fuoco mondi su mondi. La villa era praticamente vuota, ad eccezione di Okami, Giuly ancora in coma, Deadpool, che però sembrava più morto che vivo, visto che a stento si muoveva dal letto, come se avesse una malattia terribile che nemmeno i suoi poteri riuscivano a curare, Maty, che aiutava Okami ad accudire i due, ed infine l'ospite, Every.
Il ragazzo era inquieto, tuttavia. Da quando Francis era partito si aggirava per la villa, cupo. Quella sera in particolare, quando Maty andò nella sua stanza per portargli qualcosa da mangiare, visto che non c'era verso di farlo partecipare ai pasti come ogni persona normale e non mangiava quasi nulla, non era dove avrebbe dovuto essere.
La ragazza bussò timidamente alla porta, senza ottenere risposta. Provò con poca più forza, chiamando il ragazzo per nome, ma scoprì solo che l'uscio era appena accostato. Aprì la porta e vide la stanza vuota, immersa nella luce lunare.
"Dov'è andato?" mormorò preoccupata. Di solito a quell'ora, Every non usciva dalla camera nemmeno sotto minaccia. Se ne stava davanti allo specchio con cui scrutava nel suo mondo in cerca di Giuly e non parlava con nessuno.
La ragazza poggiò il vassoio sul tavolo e si avvicinò incuriosita allo specchio. L'immagine era ancora impressa sulla superficie liscia. Ma non era né il suo riflesso, né tantomeno la posizione di Giuly. Raffigurava un altro giovane, di circa vent'anni, simile in maniera impressionante ad Every, solo con un'espressione più triste e al tempo stesso più dura. I lineamenti erano più affilati di quelli di Every, e il suo fisico, appena visibile nel piccolo specchio, era ben più piazzato di quello del mingherlino ragazzo che aveva conosciuto lei. I suoi occhi in particolare la colpirono. Erano castani e le mettevano in cuore una sensazione di tristezza che non riusciva a spiegarsi. Stava guardando qualcosa davanti a sé, ma lei non poteva vedere cosa, però riusciva a distinguere il dolore che si nascondeva nel profondo di quelle iridi marroni.
"Chi è... questo..." mormorò, passando un dito lungo il volto della figura, quando un rumore la fece voltare di scatto. Si trovò di fronte Every. Il ragazzo aveva aperto del tutto la porta e la teneva con una mano. Era vestito con una giacca da viaggio e teneva in spalla uno zaino colmo.
"Che ci fai qui?" le chiese scontroso.
Lei indietreggiò andando a sbattere contro il tavolino. Deglutì, sotto quegli occhi arrabbiati che lampeggiavano riflessi nei suoi.
"T-ti avevo portato la cena, ma non ti ho trovato, e quindi..."
"Non fa nulla. Tanto sono in partenza." borbottò lui, voltandosi dopo qualche secondo e incamminandosi nel corridoio buio. La ragazza si rese conto solo dopo qualche istante del significato delle sue parole.
"Aspetta!" gli corse dietro e lo prese per un braccio, fermandolo. Lui si voltò e la guardò di scorcio da sopra la spalla "Aspetta. Io..." Maty ritrasse la mano. Restò ferma senza sapere di preciso cosa fare. Le parole le morirono in gola, soffocate dalla paura.
"Che c'è?" chiese lui, addolcendo il tono.
"Non andare. Sei ancora debole e poi... che cosa ne è dei miei amici? Li hai... trovati?" disse infine lei, facendosi coraggio. Lui la fissò per un istante con sguardo enigmatico. Sospirò e si voltò del tutto, fissandola dritta negli occhi così intensamente da farla arrossire.
"Giulyu e gli altri staranno bene. E anche io sto bene. Non devi preoccuparti, non voglio che ti preoccupi. Ok? Però devo fare un paio di cose nel Multiverso prima, eh, di tornare nel mio Mondo, capisci? Quindi devo andare e fare il più in fretta possibile."
Maty abbassò lo sguardo, presa dallo sconforto. Sentiva come se qualcosa non quadrasse.
"Ma come sai che stanno bene? Insomma, io nello specchio ho visto solo un ragazzo che ti assomiglia! Cosa... Cosa ne sai di Giuly? E di Lucas, Lelq, Gyber, Dz, tutti... Come sai che stanno bene... Io non... non ce la faccio più a... a..." si mise a singhiozzare. Every restò immobile, senza sapere cosa fare. Non si aspettava quella reazione.
"Maty, che ti succede? Per favore, non piangere. Mi guardi un attimo?" le prese delicatamente il volto tra le mani e le fece alzare con gentilezza lo sguardo verso di lui.
"Scusa è che... Io non... Odio la tensione e... e sapere che loro potrebbero... che loro potrebbero... Mo... Mor..." singhiozzò lei con gli occhi gonfi di lacrime. Lui la strinse in un abbraccio.
"Shh, non piangere. Fidati di me, ti prometto che te li riporterò tutti. Le cose si sono complicate e ho bisogno di un aiuto, capisci? Quel ragazzo è la chiave. Grazie a lui, un mio caro amico porrà fine a questa follia e porterà indietro tutti i tuoi amici. Ti fidi di me, Maty?"
Lei alzò lo sguardo e, singhiozzando un'ultima volta, abbozzò un sorriso. I due si staccarono e lei si asciugò le lacrime.
"C-certo che mi fido. Sciocco, mi fido. Però ho comunque paura. Insomma, ultimamente, là fuori è sempre più pericoloso. Ho sentito Wesker che ne parlava, prima che partisse. Diceva che il Multiverso si sta riempiendo di grossi ciclope con parti robotiche che sembrano davvero pericolosi. Non è sicuro, Every, non è sicuro per nessuno, ora come ora."
Lui sorrise scaltro. "Ragazza di poca fede. Io ho un asso nella manica che gli altri non hanno. Andrà tutto bene, vedrai."
"Quindi partirai?" insistette lei nella speranza di farlo desistere.
"Mi spiace, ma devo. La speranza più grande perché i tuoi amici tornino è là fuori, purtroppo." rispose lui, serio, per poi voltarsi e prendere la via del corridoio. Dopo i primi passi però si fermò, facendo sperare Maty. Aggiunse, senza voltarsi, con la voce incerta: "Maty, volevo dirti che..."
Si fermò. Lei lo guardò incuriosita. Poi lui emise un risolino ironico e riprese a camminare. "Non fa niente. Non fa niente." disse, sparendo oltre il corridoio.
La ragazza lo guardò andarsene, chiedendosi cosa volesse dirle.
 
Every si diresse a passo deciso verso la scogliera, gli occhi fissi sulla luna illuminata solo a metà.
"Bella, non è vero? Per voi umani, la luna è, come dire, un qualcosa di incommensurabilmente meraviglioso e sgargiante, non è così?" gli sibilò la voce del corvo all'orecchio.
"Vattene, Elphrin." ringhiò lui senza fermarsi nemmeno.
La voce emise il riso innaturale e stridente del demone. "Ma non posso, sciocco! Nero mi impedisce di ucciderti, ma non può fermarmi dal parlarti, non è vero? Volevo solo dirti che quanto provi per quella ragazza è davvero stupendo! Potremmo paragonarlo alla luna, non è così?"
"Taci." fu la risposta lapidaria del giovane, che scatenò nuova ilarità nella voce nella sua mente.
"Non vorrai darmi torto? Eppure quella luna rappresenta benissimo il tuo piccolo cuoricino, non è vero? In fondo entrambi sono belli e succosi, entrambi sono... a metà, non è così?! KIIIKIKIKI! Solo che quella luna si riempirà col tempo, non è vero? Mentre il tuo cuore sarà lasciato a metà da quella ragazzina, non è così?! KIKIKIKIIII!" la voce svanì lentamente, lasciando quella risata graffiante a lacerargli la mente, insieme alla consapevolezza che aveva ragione.
Ma non era il momento di farsi prendere dallo sconforto. Si fermò davanti alla scogliera e aprì il palmo della mano destra. Chiuse lentamente pollice, mignolo e anulare, toccandosi con medio e indice l'occhio sinistro. Trascinò le dita sul bulbo come per togliersi una lente a contatto. Una rivolo di sangue gli uscì dalle palpebre e accompagnò le sue dita fino al bordo del volto. Chiuse entrambi gli occhi e trattenne un grido di dolore. Odiava quella cosa. Aprì lentamente l'occhio sinistro, lasciando chiuso l'altro. La sclera era diventata di un fucsia molto tenue, mentre iride e pupilla si erano tramutati in dieci cerchi concentrici perforati da due croci greche. Una versione molto meno potente della runa degli Entes che Nero gli aveva fornito per poter avere temporaneamente alcune capacità solitamente non acquisibili. Per esempio la capacità di aprire un varco tra universi anche distantissimi perfino qualora questi fossero protetti da una barriera impenetrabile.
Avanzò un passo nel vuoto e si lasciò cadere nel precipizio. Mentre precipitava verso il mare spumeggiante e i massi aguzzi a quasi sessanta metri di distanza, sentì un calore sempre più intenso avvolgerlo. Tenne l'occhio sinistro aperto; se non lo avesse fatto, si sarebbe sfracellato. Non poteva vedere attraverso quella runa, era praticamente ceco finché usava quella tecnica, ma era un piccolo prezzo da pagare, visti i risultati. Il fischio della caduta si affievolì e una sensazione di gelo lo circondava. Alla fine sentì del terreno solido poggiarsi sotto i suoi piedi e si azzardò a chiudere l'occhio. Attese un istante che la realtà si costruisse intorno a lui e poi li riaprì. Quel tipo di trasporto inter universale, infatti, "sgretolava" l'universo di partenza e "ricostruiva" quello di arrivo intorno all'utilizzatore. Ovviamente questo avveniva solo dal punto di vista del soggetto, i due universi, in realtà non subivano mutamenti. Aprire gli occhi durante il processo significava vedere il nulla assoluto, qualcosa che niente di ciò che esisteva poteva comprendere, e che quindi, se visto, creava un paradosso che distruggeva il soggetto. Praticamente, fissare il nulla significava diventare nulla e quindi smettere di esistere. Una condanna a morte bella e buona, anzi, peggio, a ben guardare.
In ogni caso, quella tecnica portava sempre e infallibilmente a destinazione, ma funzionava solo se il soggetto si trovava in pericolo di vita. Un altro svantaggio da considerare.
Ad ogni modo, Every arrivò sano e salvo a destinazione. Si trovava in mezzo ad un sentiero circondato da una fitta pineta che conduceva verso delle colline verdeggiante. Il bosco circumnavigava le colline come un mantello verde scuro. I colli si aprivano sopra una spiaggia su cui la risacca si infrangeva placidamente. Il cielo stellato mancava del grande sorriso lunare, ma era così limpido e bello che rasserenava l'animo.
In mezzo ai dolci pendii, sul punto più elevato, si innalzavano le mura di un grigio castello dalle guglie aguzze che tendevano una muta sfida alla volta astrale. L'edificio tardo settecentesco stagliava un'ombra lunga e bluastra.
Il ragazzo rinsaldò la presa sullo zaino e si mise in cammino a passo spedito. Non aveva fretta di arrivare, tanto senza il segnale non poteva farsi vedere. Però prima arrivava meglio era, almeno... si sarebbe goduto lo spettacolo. Al solo pensiero gli veniva da sbattere i piedi per terra e digrignare i denti dall'impazienza.
 
Intanto, nel palazzo regnava il silenzio, rotto solo dai passi ritmici delle statue guardiane, imponenti sculture di pietra e marmo con lunghe alabarde in ottone che marciavano lungo i corridoi dell'edificio, sorvegliando la zona per proteggere i Nessuno addormentati.
A tentare quella impenetrabile difesa era una singolare, sinuosa silhouette di un serpente, un anaconda di dieci metri che si mescolava con le ombre, scivolava tra gli spazi più angusti, sibilava cercando un odore in particolare. Strusciò lungo la parete di un corridoio illuminato da una infinita serie di fiaccola scoppiettanti e si bloccò, vedendo due guardie che stavano venendo proprio verso di lui. Rapido come una saetta, si sciolse in una pozza di ombra e svanì tra le tenebre lanciate dalla luce delle torce. I due guardiani lo sorpassarono senza percepirlo nemmeno. La serpe sollevò la testa dall'ombra, sibilando verso i due ammassi di pietra che stavano svoltando in un altro corridoio in quel momento. Quando furono spariti del tutto, fissò ancora per un istante, immobile, il punto in cui aveva avuto l'ultimo scorcio del duo, e poi si lanciò alla volta della sala in fondo al cunicolo in cui si trovava. Era certo di trovare ciò che cercava proprio lì.
Fece capolino al termine dell'androne, sbirciando la grande sala riunioni dell'Organizzazione Tredici. Era un ambiente circolare, con pilastri in marmo bianco striato da un particolare metallo nero che annullava le magie più pericolose dentro al circolo. Tre grossi lampadari scendevano dal soffitto alto una ventina di metri, illuminando quasi a giorno ogni angolo. Non era possibile nascondersi, lì. Ma non ce n'era necessità. La sua preda era di fronte a lui, seduta al grande tavolo ottagonale che copriva gran parte della superficie. Gli dava le spalle ed era intento a studiare delle carte di magia Nessuno, la testa poggiata all'unica mano che gli rimaneva.
"Never..." sibilò compiaciuto il serpente. La sua figura si sollevò da terra, il suo fisico cambiò. La parte terminale della coda si irrobustì e venne rivestita da un'armatura di ferro dello Stige, rubato durante un'incursione negli inferi. Da circa metà del corpo longilineo, la sua figura mutò, assumendo tratti umani, muscolatura che quasi lacerò la pelle, la quale, prontamente, rispose inspessendosi e fondendosi con le ossa formando un primo strato protettivo tra il verde e il biancastro. Una seconda armatura blu scuro gli coprì le spalle che gli stavano crescendo e da cui si stavano diramando due braccia possenti, ornate da bracciali d'oro e di platino. Il collo si fece taurino e la testa si schiacciò e si fece più grande, acquisendo una seconda bocca sopra la prima. Tre occhi campeggiarono su un lato del capo, mentre l'altro era completamente coperto da creste ossee che uscivano dalla pelle come una specie di porcospino impiantato nel volto. Una corona di corna gli ornò il collo, diramandosi a raggiera per un metro buono, terminando con punte aguzze da cui pendevano catenelle a cui erano attaccati denti di un drago e le piume di una fenice sacra.
Il ragazzo sollevò la testa e fece per voltarsi, portando la mano allo spadone a guardia crociata che teneva legato alla cintola, ma il naga lo bloccò prima, dandogli un colpo con la lunga coda che gli fece fracassare il tavolo e sbattere contro la parete opposta.
"Neverian Every, Never per gli amici. Io posso chiamarti così, giusto? Never? In fondo siamo grandi amici, noi due." lo schernì il dio, avanzando producendo uno stridore ad ogni suo movimento per via della corazza che strusciava sul terreno.
"Ti prego, non farlo. Mi insulteresti." mugghiò Never dolorante. Strinse la spada e scomparve in una nube di polvere celeste.
"Oh, no. Scusa, ma non è questo il momento in cui scapperai, piccolo essere inferiore." sancì Ouroboros, schioccando le dita e voltandosi verso il corridoio da cui era entrato. Una saetta viola partì dalla sua mano e colpì un punto preciso, facendo apparire Never che gridò per il dolore. Cercò di rimettersi in piedi, ma l'elettricità gli scorreva ancora dentro. Se non fosse stato un Nessuno, a quel punto sarebbe morto di certo.
"Che diavolo puoi volere da me, Ouroboros?" ringhiò Never, ridotto carponi. Rumori di passi fecero storcere la bocca al grande naga, che si chinò e gli si avvicinò rapidamente.
"Niente di personale, piccolo amico. Davvero. Però ora devo proprio ucciderti. Sai no, un tuo vecchio amico mi ha chiesto di organizzare un bel raduno, una rimpatriata, e io non potevo certo tirarmi indietro, no?" gli sussurrò all'orecchio, prendendolo infine in una mano e sollevandolo con sé, fracassando il corridoio e scagliandolo in quella al piano superiore. L'essere si chinò usando la coda come una molla e poi gli partì a razzo contro, infilzandolo con gli aghi del suo volto, facendogli devastare il tetto del castello. I due volarono in cielo mentre sotto di loro si radunavano le guardie e alcuni Nessuno.
Ouroboros sentì delle grida concitate, poi usò il suo potere di fluttuazione e portò entrambi al di sopra delle nubi, dove si staccò Never dalla testa e lo strinse in un pugno, facendolo gridare. Non lo voleva ancora finire, quindi lo stava tenendo in vita con i suoi poteri.
"Crepa, aspide! Scommetto che ti ha mandato quel... quel figlio di puttana di Nero, vero? Ti sei venduto perfino a lui, adesso? Patetico!" gli gridò Never con le ultime forze.
Ouroboros ringhiò infuriato, stringendo più forte, gustandosi il rumore delle ossa che si frantumavano e penetravano la carne tenera e perforavano gli organi interni.
"Gli doveva un favore! Del resto, è grazie a lui se sono riuscito ad arrivare a questo livello! Lui mi ha fatto il dono del Nucleo dell'Infinito, uno dei tre oggetti più potenti mai esistiti! In cambio mi ha chiesto di uccidere TE?! Non vedo altro che guadagni per me, in questo affare, tu che dici? Oh, aspetta, come come? Non capisco, cosa stai... cosa stai dicendo? Ah, giusto, non hai più i polmoni, non puoi parlare!" ruggì il dio, prendendo poi Never con una mano e scagliandolo a terra ad una velocità folle. Rise e poi si lanciò all'inseguimento. Il castello si palesò sotto di loro. Il naga allungò una mano artigliata verso l'ormai cadavere e strinse tra indice e pollice un lembo d'aria proprio sopra il petto di Never. Tirò verso di sé, estraendo l'anima morente, chiudendola in un globo di luce viola per poi sparire in un portale nero.
Il cadavere si schiantò sul pavimento del palazzo, facendo scattare tutti i presenti, ovvero gran parte del corpo di guardia e praticamente tutti e ventidue i Nessuno, compreso il loro capo. Un vocio concitato si diffuse nel gruppo quando il polverone si fu diradato. Una ragazza, anch'essa sulla ventina, dai corti capelli blu raccolti in un codino e gli occhi verde acqua, si fece strada tra i suoi compagni, tendendo una mano da sotto la pesante tunica nera dell'Organizzazione.
"Xyron, no, non guardare, non è..." fece per fermarla un'altra Nessuno, una donna sempre sulla dai capelli castani lasciati indomiti di fluttuare sulle spalle. In parte a lei stava, lievemente in disparte, un altro Nessuno che guardava la scena con occhi colmi di rabbia. Teneva il volto nascosto nel cappuccio e le mani stretta intorno ai manici delle lance retrattili che portava legate ai fianchi da due cinghie di cuoio.
"Non è... vero... Non è..." mormorava Xyron, inginocchiata al margine del profondo cratere rosso di sangue in cui era sparito il cadavere, tenendo gli occhi sbarrati sull'obbrobrio di interiora spiattellate miste a frammenti ossei e pelle esplosa. Alcuni Nessuno la presero di forza, portandola lontano da quella scena, al che lei prese ad agitarsi e ad urlare. Anche la donna che aveva provato a fermarla dall'avvicinarsi allo scempio le andò dietro, cercando di tranquillizzarla. Il Nessuno incappucciato sbatté un pugno sulla parete, allontanandosi a passi ampi. Voleva stare solo.
Raggiunse la sua stanza e si lasciò andare, prendendo a pugni tutti ciò che gli capitava a tiro. Le ombre intorno a lui iniziarono a prendere forma, ad acquisire solidità, sollevandosi dal pavimento, accompagnando le sue grida furiose. Il suo stesso corpo iniziò a mutare, la pelle si inspessì e la muscolatura aumentò gradualmente. Il processo si interruppe di scatto quando udì un rumore provenire da un angolo buio in fondo alla grande stanza da letto. Tramutato in mezza bestia, si accasciò a terra stremato, piangendo sommessamente con la bocca allungata e irta di denti aguzzi sollevata verso il soffitto.
"Sono arrivato tardi, allora." commentò una voce giovanile proveniente dalla finestra in fondo alla camera. Il Nessuno non si mosse. I suoi occhi divennero rossi e tondi come lune piene, quelle che mancavano in quella nottata infausta. Il suo respiro si fece meno affannoso mentre i suoi battiti calavano. L'istinto di uccidere gli si presentò, pressante in maniera orribile e irresistibile. Fece un balzò improvviso e si avventò sul ragazzino che era appena spuntato dal nulla senza nemmeno far presagire il suo arrivo con una qualche manifestazione magica o energetica. Lo placcò e lo prese per il collo con una mano semi tramutata in zampa da raptor, affondandogli i denti in un braccio. Quello lanciò un gridolino più di sorpresa che d'altro.
Il Nessuno iniziò sin dal primo contatto ad usare il suo potere per far marcire la carne dell'umano avventato, ma si fermò subito. Nella sua testa, la voce dell'entità che lo aiutava nella gestione dei suoi poteri, Nightmare, protestò sommessamente, ma lui la scacciò in malo modo.
"Chi... chi sei tu?" chiese stupito, lasciando andare il giovane che lo guardava terrorizzata, tenendosi la gola con una mano.
"E-every, perché?" chiese il ragazzo, guardandolo ad occhi sgranati. "E per sapere, chi sei tu che volevi uccidermi, a me che sono tanto carino?" chiese poi di rimando con voce infantile e impaurita.
"Darksaurus. Dark." rispose basito in modo atono il Nessuno.
Dark sbatté le palpebre. Non riusciva a capire. Never era morto pochi istanti prima sotto i suoi occhi. Uno dei suoi migliori amici era stato fatto a pezzi e si era spiaccicato sul pavimento di un corridoio del castello sotto i suoi occhi giusto due minuti prima. Perché allora aveva davanti agli occhi un Never più giovane di qualche anno che lo guardava terrorizzato?
 
Angolo di ME!

Ouroboros, Xyron e i Nessuno in generale (eccetto Dark e Never) sono oc di King Mortebianca (junior, big J, per intenderci).
Nightmare è un frammento di Eon (chiunque abbia letto E.A.P.H. by Tnecniv Victus Mors lo dovrebbe sapere) e appartiene pertanto a Tnecniv. Seguendo la storia di E.A.P.H., Nightmare è in simbiosi con Darksaurus.
Darksaurus appartiene all'omonimo autore.
Maty, beh... lei la cito già nei ringraziamenti, ma comunque, appartiene all'omonima autrice.
Queste le si chiama "informazioni di servizio", lo si fa tantissimo.
Ev.    
   
 
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