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Autore: SherlokidAddicted    14/08/2016    2 recensioni
[ Wholock | Johnlock ]
- Voglio sapere chi è lei e che ci fa qui. –
- Sono il Dottore! – Dice porgendomi la mano ed aspettandosi che io la stringa, cosa che però non succede. Assottiglio lo sguardo e lo scruto con attenzione mentre, deluso dalla mia mancata stretta, abbassa il braccio e lo riporta lungo il fianco.
– Il suo vero nome. –
- Beh, è questo il mio nom… -
- Non il nome con cui si fa chiamare, ma il suo vero nome, quello che nasconde a tutti da sempre, forse perché ha fatto qualcosa. Oh, allora è così! Ha fatto qualcosa di brutto, qualcosa di inaccettabile di cui si pente, talmente tanto che si vergogna ad utilizzare il suo vero nome e si nasconde dietro un titolo che la fa sentire meno in colpa di quanto vorrebbe, non è così… Dottore? – Gli occhi del mio nuovo conoscente si strabuzzano non appena mi sente pronunciare quelle parole con quel tono indagatore che mette la maggior parte delle persone che mi stanno attorno in soggezione, lui compreso.
- Oh, è proprio bravo come dicono… –
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The side of the Angels'
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“Vedere il Sistema Solare ne è valsa la pena alla fine, eh?”



Quello che è accaduto in seguito, potete benissimo immaginarvelo.

John si guardava intorno con aria sconvolta, inciampando quasi sui suoi stessi piedi mentre si girava su sé stesso e rideva nervosamente, incredulo per la faccenda. Tutto ciò che diceva era solo “è più grande all’interno”, affermando stupidamente l’ovvio.

La mia reazione è stata diversa. Da quando il Dottore mi aveva scaraventato all’interno della cabina, ero rimasto seduto sul pavimento e avevo fatto svettare gli occhi su ciò che mi si era ritrovato davanti. All’inizio credevo di stare sognando, ma poi, dopo aver verificato con dei pizzicotti, mi resi conto che era tutto vero. Non me lo spiegavo, ero terrorizzato, stupito, e per la prima volta mi sentivo così vulnerabile, così piccolo di fronte a qualcosa che non riuscivo a spiegarmi. Per un attimo avevo udito il mio palazzo mentale tremare come colpito da una forte scossa di terremoto. Provavo il dubbio, quella era la mia scossa. Una scossa che voleva distruggere tutte le conoscenze che avevo costruito, la stessa che provai vedendo il mastino a Baskerville...

Non volevo andasse tutto in fumo per una stupida cabina, quindi chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi e riprendermi da questa storia.

Adesso mi trovo seduto dietro al Dottore che si muove esperto fra tutti quei comandi sulla console. Sono ancora bianco come un lenzuolo dallo stupore, John ha dovuto farmi fare degli esercizi di respirazione per farmi riprende, ma sono comunque molto scosso. Quest’ultimo sta in piedi davanti alla porticina da cui siamo entrati, la fissa e la studia meticolosamente, poi fa qualche altro passo e ispeziona un altro angolo, poggia la mano sulla parete per accertarsi della sua esistenza, poi sorride incredulo e fa lo stesso con un altro dettaglio.

Inizio a pensare a quell’Angelo. Un’altra delle cose impossibili che non so spiegarmi. John si era proteso davanti a me come uno scudo, pronto a difendermi, pronto a sfoggiare tutto il suo coraggio soltanto per tenermi al sicuro. Lo fa molto più spesso da quando Mary mi ha sparato…

Il solo pensiero che quella statua avrebbe potuto afferrarlo e catapultarlo nel passato mi fa rabbrividire. Che strana sensazione di paura che ho provato, non solo per la vista di quella creatura, ma soprattutto per la possibile perdita di John.

- Non preoccuparti, è al sicuro qui dentro. Il Tardis è il luogo più sicuro che esista. – Il Dottore si rivolge a me in tono confidenziale, non utilizza più il “signor Holmes” e non mi dà più del lei… ma ormai non ha più importanza.

Forse sembro abbastanza preoccupato, vista la sua affermazione. Nego immediatamente, scuotendo la testa, ma appena cerco di parlare, lui mi interrompe, abbandonando i comandi sui quali stava armeggiando e prendendo posto accanto a me, le gambe distese lunghe come al solito.

- Non cercare di nasconderlo, almeno non a me. Ho capito tutto. – Continuo a tenere lo sguardo fisso davanti a me, evitando il suo che si aspetta che mi giri.

- Leggi anche nel pensiero? – Azzardo mentre tengo le dita delle mani intrecciate fra loro. Lui ridacchia e percepisco la sua testa che si scuote come risposta.

- Neanche tu leggi nel pensiero, eppure sai tutto. L’ho capito dal tuo sguardo. –

Sherlock, Sherlock! A quanto pare l’amore per John Watson è l’unica cosa che non riesci proprio a nascondere… aspetta, “amore”? Ho davvero usato quel termine.

- Perché non vuoi dirglielo? – A quel punto riesco finalmente a voltarmi per guardarlo. Ha le braccia incrociate al petto, in attesa. Corrugo la fronte per un attimo.

- Che cosa? – Lui solleva un sopracciglio e sbuffa un risolino divertito. Ormai è inutile nasconderlo. Ha capito e non posso negare, quindi sospiro e abbasso lo sguardo verso il pavimento della “navicella”. - Ha perso la moglie e la figlia in un incidente, non voglio turbarlo. –

- Non volevo dire questo. –

- E allora cosa? –

- Anche se dovesse superarlo, tu non glielo dirai comunque. – John sta ancora guardandosi intorno, con il sorriso di un bambino di fronte ad un nuovo giocattolo. – Perché, Sherlock? – Cerco di non fare caso a quanto il Dottore abbia ragione su questa cosa. John non deve sapere del mio interesse nei suoi confronti, ed in fin dei conti gliel’ho sempre tenuto nascosto, anche da prima che Mary entrasse nelle nostre vite.

Io, l’uomo di ghiaccio, innamorato di una persona così… ordinaria? Una persona che però ha tutt’altro interesse.

- Non è così semplice, il mio lavoro è pieno di rischi e lui potrebbe essere un’esca perfetta. Fin troppe volte è stato in pericolo per colpa mia. – Il Dottore rotea gli occhi, poi si alza e raggiunge la console. Inizia ad occuparsi di alcuni dei comandi, ma non perde la sua attenzione verso le mie parole, e continua ad ascoltarmi mentre inizio a capire certe cose sul suo conto che lo fanno somigliare spaventosamente a me. – Anche tu avevi qualcuno, vero? Amici, persone a cui tenevi? Gente che adesso non c’è più per colpa tua, vero?
Per questo sei solo. Per questo non ti vedo mai in compagnia di qualcuno, hai paura di perdere le persone di cui ti affezioni. – Alle mie parole, il Dottore abbandona i comandi e solleva lo sguardo verso John. Sta immaginando uno dei suoi amici mentre lo guarda, riesco a capirlo perfettamente dai suoi occhi tristi e ricchi di nostalgia e malinconia. – Per il mio stesso identico motivo! Quindi non venire a dirmi che è sbagliato quello che faccio per proteggerlo! – Mai mi sarei aspettato di poter dire tutto questo a qualcuno, di poter dire apertamente che ciò che faccio è solo ed esclusivamente per la sicurezza di John. Ma il fatto che lui mi somigliasse così tanto, mi fa sentire come un libro aperto ai suoi occhi.

Nonostante ciò, le mie parole ed il mio tono sono duri e severi, lo hanno segnato profondamente e riesco a capirlo dal suo atteggiamento e dal suo successivo colpo di tosse, forse per riprendersi.

- Non dico che sia sbagliato. Hai ragione. Sono solo, ho scelto di viaggiare da solo per proteggere la gente che amo perché la caccio continuamente nei guai. Ma ciò che faccio io è diverso da ciò che fai tu. E le persone con cui ho viaggiato sono diverse da John. Lui è coraggioso, un soldato, se ne hai passate tante con lui, come vedi è sempre lì accanto a te, è un uomo che resiste, che sa come difendersi. I miei amici non erano soldati, non erano forti abbastanza, ed io li mettevo in situazioni più grandi di loro. Ho fatto questa scelta, viaggiare da solo, e fa male. Tu hai la possibilità di avere chi ami accanto, non sprecarla. – Non dico nulla, non so cosa dire in realtà perché il suo discorso mi ha spiazzato. John ne ha passate tante e ha sempre saputo cavarsela, a parte alcune volte in cui ho rischiato di perderlo se non fossi intervenuto. In realtà… se ci penso bene, io e lui siamo in grado di proteggerci a vicenda e di sopravvivere per l’altro, perciò il discorso del Dottore non faceva una piega.

Sto per esprimere qualcosa, ma John ci raggiunge a passo deciso e ci interrompe… ma forse è meglio così, non voglio rovinare tutto.

- Questa nave è spettacolare. – Dice con un sorriso che non gli vedevo in volto da fin troppo tempo.

- Oh, lo so bene. – Dice il nostro nuovo “amico” mentre batte due colpi amichevoli alla console, come a complimentarsi con la macchina stessa della sua bellezza.

- Cosa sa fare? –

- Può viaggiare nel tempo e nello spazio. – Io e John ci rivolgiamo uno sguardo che fa intuire che abbiamo avuto lo stesso identico pensiero.

- Nel tempo? – Chiedo stranito mentre mi alzo in piedi.

- Sì, nel tempo. Passato, futuro, qualsiasi epoca si possa immaginare. Inizio del tempo, fine del tempo… -

Non stai sognando, Sherlock, a quanto pare sta dicendo la verità, quindi fai di tutto per crederci.

- Non possiamo semplicemente tornare indietro e prendere Luke Jefferson? – Mentre i due continuano a parlare fra di loro, io inizio ad aggirarmi per la “cabina”. Cammino intorno a quella miriade di pulsanti e leve, li osservo per bene. Cerco di immaginarmi a cosa servano.

Quale di quelli fanno comparire la cabina? E quale la fa scomparire? Le leve servono forse a decollare o ad atterrare?

- Oh, non possiamo. Ciò che gli angeli piangenti fanno è un punto fisso nel tempo. Non posso cambiarlo, causerebbe un collasso temporale. -

- Un cosa? - Chiede John con voce stridula e confusa. Io ho le sopracciglia sollevate. Ecco un'altra delle cose che non riesco a capire. Non mi piace non sapere, e adesso nel mio palazzo mentale si sta per erigere una nuova stanza: sulla porta c'è inciso "Dottore".

Tutto ciò che riguarda lui e le sue teorie strampalate sono chiusi lì dentro, il suo pianeta, gli angeli, la sua nave, i viaggi nel tempo e nello spazio, e tutto quello che per me sembra inspiegabile.

Ma se ho deciso di tenere tutto nel mio palazzo mentale vuol dire che ormai ci credo, che ho visto con i miei occhi senza essere sotto l'effetto di una qualche droga nascosta nella nebbia. Non tutti ne hanno una tutta per loro nella mia mente.

John ne ha una. Ci entro tutti i giorni.

- Un collasso temporale. Il tempo smetterebbe di esistere. – Alle sue parole, John si zittisce e incrocia le braccia al petto, storcendo le labbra verso destra. Sta cercando di farsi venire in mente qualche idea, senza successo.

- Come facevi a sapere che l’Angelo sarebbe arrivato da noi? – Mi intrometto anche io nella discussione, e faccio scorrere lo sguardo indagatore sul viso del Dottore, che accenna un sorrisino prima di tirare fuori da sotto la console il famosissimo aggeggio che fa “ding”, a cui non so ancora dare un nome.

- Con il mio rilevatore di tempo transitorio. – Esordì, mostrandocelo. - Dopo che ho lasciato il vostro appartamento, i segnali mi hanno fatto tornare indietro. Si stava avvicinando pericolosamente, e ho deciso di recuperare il Tardis per evitare che anche voi diventaste delle vittime. Non penso che avreste voluto vedere le vostre tombe accanto a quella di Jefferson! –

- Non sarebbe stata una novità… - La frase di John mi fa sollevare improvvisamente la testa verso il suo viso. Si sta guardando le punte dei piedi, la sua espressione è triste e ha tirato su con il naso. Il Dottore ci guarda straniti. Non capisce la nostra reazione, è come se si sentisse in colpa per aver detto qualcosa di sbagliato.

“Non essere morto… basta, smetti questa farsa…”

Tutto sembra come se fosse successo ieri.

“Ti ho sentito.”

- Ehm… potrete tornare nel vostro appartamento più tardi. – Dice in imbarazzo, facendo rimbalzare lo sguardo da me a John, come a cambiare discorso per non farci pensare a ciò che le nostre menti stavano ricordando.

- Se è una macchina del tempo, perché non ci porti adesso? – è vero, posso sembrare impaziente, ma il mio cervello rischia di esplodere con tutte queste novità aliene, ho bisogno di riordinare tutte queste nuove informazioni e il silenzio tombale del mio appartamento, rotto solo dallo sfogliare dei libri di John, sarebbe proprio l’ideale.

- Perché devo mostrarvi una cosa, soprattutto a te! – Il Dottore mi punta il dito contro e, non appena si avvicina ai comandi, indietreggio dalla console, lasciando che si diverta a schiacciare tutti quei pulsanti. Quando tira una leva, la nave emette una leggera turbolenza che ci fa traballare come degli ubriachi. Sono costretto a tenermi al corrimano, e lo stesso fa John mentre si trova accanto a me. Nel farlo ha poggiato la mano sulla mia e si tiene con tutte le sue forze… solo che non sembra farci caso.

Mantieni la calma, Sherlock!

Ci sono altri strani balzi della macchina, poi si ferma, facendoci ondeggiare pericolosamente, e il Dottore si strofina le mani mentre si avvia alla porticina d’ingresso.

- Che state aspettando? – Ci chiede, guardandoci mentre ancora ci reggiamo, inutilmente, al corrimano. Solo in quel momento John si rende conto della sua stretta sulla mia mano. Con lo sguardo mi comunica le sue più sincere scuse, e poi si rimette in posizione eretta per raggiungere l’uomo alla porta.

Non devi affatto scusarti…

Poco dopo, siamo tutti e tre davanti alla porta. Il Dottore ci guarda eccitati prima di aprirla e lasciarci vedere.

Davanti a noi, come non l’avevamo mai vista, la Terra si presenta in tutta la sua bellezza. Contornata dallo spazio più profondo, una parte ricoperta dall’oscurità, l’altra ancora illuminata dai raggi del sole. Le nuvole la circondavano e i mari azzurri la rivestivano di quel colore meraviglioso. Non molto lontano, la luna sembrava vegliare vigile la Terra, molto più grande e maestosa di quanto la immaginassi.

La visione di tutto ciò rende la mia giornata ancora più surreale, se prima ero stupito, adesso non trovavo un termine adatto per descrivere il mio stato d’animo.

- Mio Dio… - Mormora John tenendo lo sguardo fisso sul pianeta che abbiamo davanti. Un sorriso gli sbuca sul viso, e non posso fare a meno di lasciarmene sfuggire uno anche io.

Mio Dio… è così bello. E non parlo dello spazio.

Non credo di averlo mai visto così felice in tutta la vita. È la luce nei suoi occhi a comunicarmelo.

- Vedere il Sistema Solare ne è valsa la pena alla fine, eh? – Sussurra il Dottore al mio orecchio, in modo che John non possa sentirci. So che si riferisce a lui e al modo in cui ho reagito al suo sorriso sorpreso, ma non rispondo. Mi limito a guardare dinanzi a me, mentre il Dottore indietreggia verso la console per lasciarci da soli.

Rimaniamo quasi mezzora ad osservare quella meraviglia, seduti sul bordo del Tardis, con i piedi penzolanti nel vuoto, poi il nostro nuovo “amico” decide che è meglio tornare a Baker Street. John abbandona il suo posto a malincuore. Sembrava così rilassato mentre osservava l’infinito.

La nave atterra proprio davanti alla porta d’ingresso.

- Tornerò quando riuscirò a trovarli. – Mi comunica l’uomo, mentre il mio amico, dopo un’euforica stretta di mano al Dottore, ha già raggiunto il piano superiore.

Dopo aver detto ciò, allunga la testa per controllare se John è ancora presente, poi mi sussurra, tenendo amichevolmente la mano sulla mia spalla:

- Io inizierei con una bella cenetta. – Mi fa un occhiolino ammiccante, lasciandomi qualche pacca leggera, poi torna dentro, richiude la porta ed il Tardis svanisce davanti ai miei occhi, accompagnato da quell’assordante rumore meccanico.



Note autrice:
Bene, non credo di aver molto da aggiungere, a parte ringraziare tutti i seguiti, i preferiti e chi mi recensisce ogni volta, facendomi venire ogni volta la voglia di scrivere sempre più spesso.
Spero che questo aggiornamento sia di vostro gradimento, al prossimo capitolo!
  
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