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Autore: Dicembre    27/04/2009    3 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie mille per le vostre parole di incoraggiamento, vi adoro *_* Sono proprio contenta che Esse e Ayel vi piacciano, io mi ci sono affezionata. Ho scritto anche una one shot su di loro, che posterò quissù, ma solo alla fine di liberaci dal male. Un'altra storia che ho scritto sui demoni è stata pubblicata su EFP diverso tempo fa (si chiama Ling) ed è una storia un po' visionaria, ma che - ad onor del vero - è in linea con il mio morbo di CIFG. Ma non persiamo altro tempo, vi lascio con in 25° capitolo. Le risposte ad ognuno, come sempre, sono in fondo alla pagina. Baci baci

Capitolo Venticinque - Nostalgia

 

 

 

“Perché le lacrime?” Alec interruppe la conversazione che s’era spostata su tutt’altro argomento.

“Cosa?”
”Perché piangevi stamattina, di fronte alla foto?”

Matthias sorrise, scuotendo la testa “Non stavo piangendo”

“No? Ma io ho vist…oh” si interruppe il biondo mettendosi due dita sulla labbra, quasi si fosse accorto di avere detto una stupidaggine “Certo, scusami, devono essere anche loro il frutto delle mie …visioni”
”Visioni?”
Alec esitò. Non aveva idea di chi fosse quell’uomo, perché dirgli, quindi della sua malattia?

Ma la domanda che sorse nella sua mente fu piuttosto quella contraria. Matthias Cole era uno sconosciuto, un uomo appena incontrato col quale Alec stava cenando, ma non era così che Alec lo vedeva. Sentiva di avere un legame così profondo con lui che il raccontargli della sua malattia sembrava la più naturale delle conseguenze a quella domanda.

Forse stava definitivamente impazzendo, forse le sue allucinazioni si stavano così perfettamente mischiando con la sua vita reale che ormai non era più in grado neanche di riconoscere se quello che provava fosse vero oppure illusorio…

Ma Matthias lo faceva sentire così protetto che decise che non era poi così importante sapere se quella sera era reale, se il sig. Cole si sarebbe alzato ridendo di quel ragazzo biondo dalla mente malata.

C’era qualcosa di troppo familiare in quei lineamenti e in quella voce per dubitare, qualcosa di lontano ma mai dimenticato. Così Alec affidò una parte di se stesso ad uno sconosciuto.

“Sono malato” disse tamburellandosi le dita sulla fronte. “Soffro di visioni, di allucinazioni… Faccio fatica a distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è…”
”Da sempre?”
”Da sempre” annuì Alec “anche se ultimamente le cose stanno peggiorando. A volte…ma no, non voglio annoiarti con un discorso inutile”.

Matthias si protese leggermente verso di lui, guardò gli occhi azzurri del ragazzo.

Erano chiari, turchese intenso, leggermente adombrati dai capelli che gli cadevano sopra e che non volevano stare dietro all’orecchio. Si accorse di essersi proteso per toccare quei capelli solo quando sentì i fili dorati fra le dita. Erano setosi e morbidi, Matthias lasciò che scorressero fra i suoi polpastrelli per un attimo, prima di sistemarli dietro l’orecchio di Alec.

Riluttante, allontanò la mano.

“Continua…” fu l’unica cosa che Matthias riuscì a dire

Alec si passò una mano esattamente dove il moro l’aveva toccato, nel tentativo di prolungare la sensazione di quel contatto.

“A volte…” cercò di ricominciare a parlare. Aveva la bocca secca e deglutì, a vuoto. “a volte, poi, queste crisi sfociano in altre crisi, in paure…a volte in assenze …Quindi probabilmente, ho visto qualcosa che non c’era e ho pensato che invece fosse lì” Alec si strinse nelle spalle, imbarazzato per aver pensato che davvero qualcun altro, oltre a lui, potesse aver pianto di fronte alla sua foto.

“E non c’è niente che si possa fare?”
”Mi hanno visitato dottori e luminari di psichiatria, mi hanno prescritto mille farmaci, ho provato anche diverse cure omeopatiche …ma pare che non ci sia niente da fare. Sono, per così dire, una caso unico” sorrise un po’, allargando gli occhi “però forse, c’è qualcuno che può aiutarmi”.
Alec si riferiva a Jude Dorley.

“Un medico?”
”A dire il vero, non credo che questa persona sia un medico; il nostro incontro è stato, per così dire, piuttosto bizzarro. Nella mia mente ho preso a riferirmi a lui come lo ‘stregone’”.

Matthias corrugò le sopracciglia con aria scettica.

“Ha un nome?” Matthias si rese conto di non riuscire a controllare la necessità violenta di sapere di più, molto di più su quel ragazzo di fronte a lui. C’erano troppo cose che non capiva, la confusione di quei giorni non gli dava pace.

 

Furono interrotti dal cameriere.

 “Spero che la cena sia stata di vostro gradimento” disse “Desiderate altro?”

“Era tutto perfetto, grazie mille” gli disse Matthias, facendogli cenno di portargli il conto.

La voce del cameriere aveva riportato i due nel ristorante, dissipando quell’aura ovattata che s’era creata. Le chiacchiere delle altre persone ai tavoli, prima scomparse alle orecchie di Alec e Mathtias, riempirono la sala.

 

Il moro sorrise e scosse la testa.

“Quella fotografia ha fatto piangere anche me”.
”Che cosa?” le labbra di  Alec tremarono.

“Quella fotografia ha fatto piangere anche me. Non stavo piangendo, questa mattina quando ci siamo incontrati, ero troppo scioccato per poterlo fare. Ma la prima volta che ho visto quell’immagine su Freedom, non ho potuto fare a meno di piangere…”
”Anche…” la voce di Alec si udì appena.

“Sì” sospirò Mathtias “E hai ragione tu. E’ una bellissima foto, ma t’assicuro che ne hai scattate di migliori. Mentre t’aspettavo, oggi pomeriggio, ho attraversato le altre sale e ne ho viste di più belle, ma quella…” fece una pausa per spiegarsi meglio. “…è come se quella foto mi parlasse… Ho pianto quasi fossi ancora un bambino perché la solitudine che mi trasmetteva quell’immagine era così intensa che non sono riuscito a trattenere le lacrime. Ho pensato fossero i pochi colori, le sfumature del verde, e l’azzurro monocromo del cielo. Ho pensato fosse il falco, solo ed incapace di cambiare con la sua sola presenza, quell’immagine. Non so esattamente cos’ho pensato” disse scrollando le spalle “perché non riuscivo più neanche a pensare lucidamente”. Di nuovo si fermò, come a cercare di ricordare esattamente cos’era successo di fronte alla copia di Freedom. “ Ecco perché ho dovuto sapere chi aveva scattato quella fotografia”.

“Quasi la foto fosse accompagnata da un grido di dolore…” continuò la frase Alec

“Quasi la foto fosse accompagnata da un grido di dolore” annuì Matthias. Poi proseguì “Non è stato molto difficile scoprire chi eri e che cosa facevi, sono stato anche piuttosto fortunato perché Seth Nolan e Kenneth Locke avevano intenzione di occuparsi di una piccola mostra con le tue fotografie. Si trattava solo di venire a Londra, vedere la fotografia  e vedere chi l’avesse scattata. Speravo che così facendo avrei capito il perché della mia reazione eccessiva.”
”E è successo?”

“Per un istante ho pensato di sì, ma mi sbagliavo… come mi sbagliavo in realtà…” si passò una mano sugli occhi, aggrottando  la fronte per lo sforzo “Un senso di colpa incolmabile, causato da del rimorso e del rimpianto per qualcosa che non conosco…Sono stato schiacciato in quella stanza, stamattina - di fronte a quella fotografia - senza capire il motivo.”
Alec prese la mano di Matthias che stava leggermente tremando.

“Che cos’è quella foto? Che cosa sono quel rimorso e quel rimpianto?” chiese al biondo portandosi alle labbra prima e sulla guancia dopo quella mano, intrappolata nella sua: “E chi sei tu?”

Matthias non si aspettava una risposta, non era Alec che avrebbe potuto dargliela. La confusione che regnava nelle sue iridi turchesi era pari alla sua.

Non poté fare a meno di sorridere nel guardarle. Capiva ogni sfumatura. Ogni venatura pareva volergli raccontargli una storia che lui non riusciva a sentire. Non erano neanche passate ventiquattr’ore da quando aveva visto quel viso per la prima volta, eppure gli sembrava di guardarlo da sempre.

La mano dell’altro ancora nella sua imponeva al suo respiro di accelerare, ma la sua mente gli imponeva invece di formulare un pensiero razionale: non era forse assurdo il suo comportamento e il suo attaccamento a quella voce, a quei capelli e quegli stessi occhi?

In quella irragionevole e completa confusione, trapelò un sentimento netto e ben distinto fra gli altri: nostalgia.

 

Di nuovo il loro microcosmo fu interrotto dal cameriere che portò il conto.

Di nuovo, le voci del ristorante si riappropriarono della stanza intorno a loro.

“Andiamo” disse Matthias dopo aver pagato.

 

 

L’aria all’esterno era frizzante e Alec fu scosso da un brivido.

Londra era illuminata dai suoi lampioni sempre un po’ foschi e attraversata da automobili di persone che, di fretta, dovevano raggiungere qualcuno o qualcosa. Un vento leggero smuoveva gli alberi del vicino Regent's Park e ne portava il fruscio fino al marciapiede, dove i due camminavano in silenzio.

Chi era, gli aveva chiesto Matthias.

Nessuno, uno qualunque.

Una persona che amava la fotografia e che viveva di un sogno e della paga del pub in cui lavorava…

“Però una volta, ero un principe” disse fra sé e sé, prendendosi in giro.

“Che cosa?”

“Una volta, mio nonno m’ha raccontato che la mia famiglia era quella di un principe, ma sinceramente, non credo molto alle favole che mi raccontava…”

Matthias sorrise divertito: “Dev’essere stato bello ascoltarlo”.
”Molto e devo dire che mi manca, ormai ci vediamo molto poco”.

“Dove vive?”
”A St. Ives e non riesco a farlo venire a Londra neanche con le minacce. Dice che Londra ormai è troppo grande per un vecchietto come lui”
”E perchè non gli credi?”

“Un principe” Alec si strinse nelle spalle “sarebbe divertente, ma penso che mio nonno inventasse fiabe e storie per tranquillizzarmi, quand’ero bambino, e per evitarmi una crisi…” spiegò enfatizzando le sue parole con un gesto delle dita “se impazzivo, mia nonna dava sempre la colpa a lui” aggiunse con una smorfia preoccupata in viso.

“Doveva mettere molta paura”.
”Mio nonno era terrorizzato”.

Risero.

Possibile che potesse ridere così della sua malattia? Eppure Alec era sereno.

“E i tuoi nonni?”

“I miei nonni?”

“In fondo” si spiegò Alec alzando le sopracciglia “non so niente di te e siccome si sta parlando di nonni…”
”Io penso tu sappia molto me”
Alec aggrottò le sopracciglia.

“Non mi hai ancora mai chiamato per nome…”

Alec fece per rispondere, ma le parole gli morirono sulle labbra: era vero. Qualcosa dentro di lui sapeva che non doveva pronunciare il suo nome, che doveva essere dimenticato.

“Come posso fidarmi?”
Fu il turno di Matthias di non capire.

“E’ tutto così strano” disse Alec “così irreale che non posso non pensare che sia solo un sogno. Ora mi sveglierò, per terra da qualche parte, con qualcuno intorno a me e la faccia preoccupata di chi ha appena visto un morto…” la voce gli tremo, leggermente “Come faccio a sapere che non scomparirai? Che non sei uno di quei tanti sogni che …”
Matthias lo interruppe prendendogli la mano e attirandolo a sé.

“Non ho modo per convincerti… Io stesso dubito che ci sia del vero fra me e te” sorrise “Se dovessi veramente comportarmi in maniera razionale, me ne andrei, non avendo questo bisogno impellente di rivederti…o di toccarti” aggiunse lasciando che le proprie dita scorressero sulle braccia di Alec.

“Non scomparirai? Non svanirai come ogni cosa quando mi sveglierò?” il biondo non osava guardare Matthias negli occhi, non si fidava del suo sguardo – piangere l’avrebbe fatto sentire solo più sciocco. Non si fidava neanche della sua voce – che sentiva scappargli via senza controllo.

Si avvicinò ulteriormente al moro e gli appoggiò la testa sulla spalla, lasciandosi accarezzare il viso dai capelli neri e inalando un odore dimenticato.

“Ho nostalgia di te” sussurrò “Ho così tanta nostalgia di te che mi viene voglia di gridare o di piangere. E non riuscendo a fare nessuna delle due cose, mi sento perso e ho paura… Ho paura…” cercò le parole “di scomparire senza di te.”

Matthias lo strinse a sé, nascondendolo nel suo abbraccio.

Nostalgia, aveva detto bene: gravava su di loro e ne amalgamava i respiri.

 

Il vento cambiò, per un istante, il suo soffio.

“Dobbiamo andare” disse con urgenza Alec “Dobbiamo fare in fretta”.
Il biondo cominciò a camminare in direzione opposta rispetto a dove si trovava l’auto di Matthias

“Aspetta” cercò di fermarlo l’altro, che non capiva l’improvvisa agitazione di Alec.

“No, dobbiamo andare…ma, ci vediamo domani?” chiese con speranza. Sapeva che qualcosa stava succedendo, lo sentiva nell’aria e in quel cambiamento del vento innaturale che era avvenuto poco prima. Anche Matthias ebbe la sensazione di udire una voce, nel vento.

“Ti accompagno a casa”

“No, è meglio di no. I Docks non sono un posto sicuro, soprattutto per una macchina come la tua…”
Alec esitò, sapeva che doveva andarsene, ma non voleva. La sua pelle era gelida, così bruscamente separata da quella di Matthias.  Poi l’istinto prevalse e circondò di nuovo l’altro con le proprie braccia

“Vediamoci domani” gli bisbigliò nell’orecchio “Vediamoci domani per favore. Non dirmi di no…”
”Domani” rispose Matthias, baciandolo a fior di labbra “Ci vediamo domani”.

Il sorriso di Alec gli illuminò il volto: doveva essere tutto reale, per forza.

Corse via, evitando il pericolo che stava arrivando.

***

Smolly_sev: Grazie mille *_* Mi fa piacere sapere di non essere sola con questo morbo contagioso XD Esse e Ayel saranno due personaggi chiave del racconto, spero che continueranno ad affascinarti ^_^

TheFrozenColor: Come vedi, sto cercando di riprendere il ritmo, anche perchè mi spiace sempre quando si perde il filo del racconto perchè ci metto troppo ad aggiornare ^_^' E la matassa è bella ingarbugliata, quindi mi devo dare da fare XD Un bacio

Tifa: felicissima che questo capitolo ti sia piaciuto, così come i due che fatico a tenere fermi e a non farli saltare addosso l'un l'altro (ah, la tentazione!!). XD ^*^

Ayay, compagna di sventura, il CIFG colpisce quando meno te lo aspetti...passsiensa, ci dovremo convivere XD Un bacione

BiGi: ehehe penso di capire cosa intendi. Spero che anche il prosieguo della storia ti piaccia così tanto. Un saluto ^_^/

  
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