Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Pinca    27/04/2009    2 recensioni
Gloria Anastasia Weston…. Al Azif. Il Necromonicon deve essere ritrovato il prima possibile.
Gloria alla resurrezione di Riddle.
L'erede di Colui-che-non-deve-essere-nominato deve servire il suo signore, e prendere così tra i dannati e le fiamme dell'inferno il suo posto .
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L’anima spezzata'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
25 hp
ciao raga'! come sempre sono stata lentissima e chiedo scusa ma sono incasinata, la testa chissà che cosa mi fa dire XD!
Grazie a coloro che mi seguono e a chi ha messo la storia tra i preferiti.
XErikappa:  spero che questo cap ti piaccia, e per harry e ginny ancora ci vuole prima che si mollino… ron sempre rompi bulas vero XD. Scusa per il ritardo, sono imperdonabile…. Cmq grazie millissime! Un bacioneeeee!  
XMaryrobin: we non disperare O_o! no no, ancora non si lasciano, su ^_^! Grazie per essere passata, un bacio e alla prossima!
XD che titolo! 



25°. Pesciolino rosso.
 
«Oggi anche se è domenica mi sono alzato presto, per allenarmi.
Sembravo un idiota, lanciavo incantesimi contro una parete vuota alle sette del mattino. Però ho trovato un modo carino per perfezionare la mira: cerco di centrare le ragnatele agli angoli del soffitto.
Poi però sono finite e ho fatto dei cerchi con il gesso sul muro…. Ho fatto 130 punti, non male, vero? È divertente, magari diventa uno sport, dovresti provar…
Venerdì la Devis ci ha insegnato un incantesimo veramente simpatico, e poi ci ha fatto duellare. Ho fatto coppia con Mcmillan, una noia! …. Te l’avevo detto già, vero! Comunque, alla fine è più interessante il gioco che mi sono inventato stamattina….
È un po’ come giocare a ping pong, anche se… Mi hai fatto venire un’idea geniale! Potrei rendere la parete riflettente…. Si dice riflettente?! Va beh, capito no? Così l’incantesimo torna indietro e lo schivo… magari potrei rendere tutte le pareti così….
Ok, forse è un po’ esagerato… e anche un po’ triste! Poi vedo cosa mi posso inventare.
Invece pozioni sono arrivato a fare il settimo capitolo. Non l’avevo capito molto bene, ci ho speso su tutto un pomeriggio, e mi sa che ancora non mi è del tutto chiaro quel fatto del doppio del singolo…. Cavolo, l’ho cercato ma gli altri libri sembrano ancora più difficili! Ma devo farcela! Voglio superare quell’esame di pozioni!
Dopo tutto sono a buon punto, tra qualche giorno inizieranno le vacanze di natale e potrò dedicarmi completamente anche la mattina.
Mi sa che resteremo solo io e te qui ad Hogwarts per queste vacanze!
La signora Weasley mi aveva invitato alla Tana….
Ieri pomeriggio sono sceso un po’ ad Hogsmead a fare due passi. Sai, dovevo andarci con Ginny, glielo avevo promesso….
Ti ho preso questo. È un peluche, non sapevo che colore scegliere e l’ho preso rosso.
Ti piace il rosso? A me si, è il mio colore preferito! Quello di Hermione è il turchese, mentre quello di Ron è l’arancio… ma sicuramente l’avrai capito da sola, ha tutta la stanza tappezzata d’arancione! Ricordi vero? Mentre Ginny adora il verde, il verde speranza….
Non so il tuo però! Non ne l’hai mai detto. Non ne abbiamo mai parlato, forse non abbiamo mai parlato. 
Ho pensato al verde smeraldo, ho notato che porti spesso la divisa, forse perché ti piace il colore. Però c’era solo un brutto verde acido, e poi per un pesciolino è sempre meglio il rosso, no?
Ecco… lo metto qua acconto a te sul comodino, così ti fa compagnia la notte o quando sono a lezione e non ti senti sola…»
«Signorina Wesley, ha bisogno di qualcosa?»
La voce improvvisa dell’infermiera lo fece trasalire. Cosa ci faceva Ginny lì?
Rimase immobile seduto sul letto ad ascoltare ogni suono che arrivava da oltre la bianca tenda tirata davanti a lui e che lo nascondeva dal resto dell’infermeria e del mondo.
«Ehm…. Ho un leggero mal di testa! Non è che può darmi qualcosa?»
Una bugia più palese di quella non poteva dirla. Ginny era brava a mentire, ma a quanto pareva l’infermiera doveva averla presa alla sprovvista.
«Va bene!» disse Madama Chips poco convinta. «Resti qui, io vado a vedere nel mio ufficio….»
Quando sentì i passi dell’infermiera allontanarsi, Harry trattenne il fiato certo che, da un momento all’altro Ginny, approfittando di quel momento, avrebbe ficcato il naso in giro per trovarlo.
Si girò istintivamente verso la figura immobile e placida nel letto e gli fece segno di tacere. Cosa stupida, ma da quando aveva preso l’abitudine di andare a trovarla e parlarle, per avere quel poco di compagnia da quando aveva deciso di restare solo, era diventato quasi normale rivolgersi a lei come se fosse cosciente. Forse, più che altro, era un suo bisogno di avvertire un feedback. 
Comunque ne era certo! Ginny lo stava cercando, era lì per lui!
Doverlo averlo seguito e visto entrare in infermeria per scoprire cosa stava combinando.
Ginny era testarda e anche un po’ troppo tenace. Non si voleva arrendere al fatto che lui avesse deciso di chiudere i ponti con loro, o meglio con lei. Con lei che era la sua ragazza!
I suoi passi si avvicinavano sempre più, li sentiva.
Pregava con tutto se stesso che Madama Chips si sbrigasse a prendere quello che doveva prendere nel suo ufficio, e che la fermasse prima che arrivasse da lui, o meglio da lei…
Un ombra iniziò a delinearsi sul tessuto candido della tenda.
Strinse tra le dita la coperta in un gesto nervoso.
La sua mano si allungò verso la tenda…
«Signorina!»
Ginny si fermò.
«Si!»
Harry tirò un sospiro di sollievo e si rilassò afflosciandosi su se stesso. Appena in tempo!
Ginny tornò sui suoi passi scocciata. Prese di malavoglia la pozione che le porse Madama Chips e se ne uscì dall’infermeria sbuffando, ma Harry ne era certo, non era finita.   
Si voltò vero la ragazza addormentata accanto a lui
«Mi sa che staremo un altro po’ di tempo insieme Gloria! Sai com’è Ginny, scommetto quello che vuoi che sta là fuori ad aspettare che io esca! Secondo te quanto resisterà prima di tornarsene al dormitorio? Io dico un’ora, quindi abbiamo un’ora tutta a disposizione!» disse Harry strofinandosi le mani sul tessuto ruvido dei jeans per riscaldarsi con aria disinvolta. «Comunque, stavo dicendo, che non mi hai mai detto qual è il tuo colore preferito, quindi ho fatto a modo mio; spero che il rosso vivo ti piaccia!»
Sorrise ma quella piccola curva flebile che si delineò sulle sue labbra si spense in una smorfia amara.
Ginny. Aveva detto addio alla sua Ginny per sempre o, perlomeno, fino a quando non sarebbe stato libero da quella maledizione che era la profezia.
Erano passate oramai settimane da quando aveva detto addio a lei ed a Ron e Hermione, e già sognava quel giorno in cui sarebbe finalmente potuto tornare da loro, sempre se l’avessero ancora voluto. Ron, come c’era da aspettarsi, non aveva preso bene la sua decisione, e Hermione aveva cercato di essere comprensiva per quanto le riusciva.
E mentre gli altri avevano deciso di fidarsi, Ginny invece ancora insisteva a parlargli e volva sapere per forza la ragione di quella presa di posizione.
Era arrivata addirittura al punto di tendergli delle trappole, degli agguati veri e propri. Spuntava all’improvviso quando meno se lo aspettava, insisteva a parlargli durante i suoi poco riusciti pranzi solitari (anche se lui cambiava continuamente orario per evitarla), e aveva pure giocato la carta della seduzione. Infatti, proprio il mercoledì della settimana precedente, mentre stava chino sul libro “Pozioni che spasso”, chiuso nella piccola aula pervada dall’odore acre della pozione levigante, lei era entrata e, con fare innocente, si era seduta sul banco dove stava studiando accavallando le gambe lasciate con accurata generosità scoperte da una gonna scura.
“Ciao Harry.” aveva iniziato a dire lei con la vocina di una bambina. “Come va? Hm…. Non hai voglia di parlare con me?”
Iniziò a giocherellare con il collo della sua camicia, nonostante lui si fosse scostato per farle capire che non attaccava e si fosse mostrato freddo e distaccato come al solito.
Ah, i dolci e piccanti agguati di Ginny!
«Credeva veramente che sedendosi sulle mie gambe e provando a baciarmi io avrei ceduto!» disse con un sorriso un po’ amaro a quel ricordo.
Voltò leggermente il capo verso la ragazza che placida accanto a lui continuava a dormire in un sonno profondo, e in quell’attimo lo travolse la sua indifferenza.
Era stato proprio quell’ultimo incontro con Ginny che l’aveva portato ad andare a farle visita ogni sera, e a confidarsi con lei, a parlarle come se potesse sentirlo.
Non era stato solo il semplice fatto che Ginny avesse provato a baciarlo con insistenza a portarlo a non fare più semplici visite. Vedere Ron e Hermione insieme nella sala comune o a lezione senza sapere come stavano, di che parlavano…. Era escluso, e doveva restare così per il loro bene.
E adesso, dopo sere passate a parlare con Gloria, a raccontarle le sue giornate, le lezioni, si rendeva conto che lei non lo poteva ascoltare.
Gli appariva quasi lampante ora la sua solitudine, aveva come l’impressione di parlare ad una fredda lastra di marmo bianco.
Chiunque sarebbe rimasto incantato dalla sua bellezza intrappolata  tra il quieto e l’inquieto, ma lui semplicemente non ci faceva caso, anche perché in certi momenti la sua vena di cinismo la semplificava ai suoi occhi soltanto come una morta; e per lui non sarebbe cambiato molto dal parlare con la lapide di Sirius o quella dei suoi genitori.
Forse era la sua pelle sempre più pallida a dargli quell’impressione, o la sua immobilità.
Solo il leggero e quasi impercettibile movimento del petto faceva intuire il respiro che la distingueva da una statua di marmo. Anche la sua mano era fredda sotto le sue dita che accarezzavano distrattamente per trasmetterle calore.
«Chissà se sogni, se mi senti….»
Prese il pesciolino rosso dal comodino e lo mise sotto la mano gelida di lei, come se volesse simulare una carezza.
I capelli scuri erano sparsi sul cuscino candido come a formare una corona.
Sembrava la principessa Aurora, la stessa bellezza, ma le labbra esangui tradivano l’illusione di una favola dove era contemplato il risveglio grazie ed un semplice bacio, e rivelavano la dura realtà di una non morte in uno stato di incoscienza.
Era così perfetta, curata come una preziosa bambola di porcellana chiusa in quella teca di vetro che dava sul grande parco tinto di bianco dalla neve di dicembre.
«Ultimamente faccio sogni strani» disse dopo un po’ tornando a guardare altrove. «Mi trovo in una scuola babbana ed è tutto grigio e sono piccolo…. Però la scuola è vuota, non c’è nessuno ed è sempre buio. Finiscono sempre come iniziano, percorro il corridoio fino ad una finestra alta e quando guardo fuori tutto scompare.» si sistemò gli occhiali sul naso con un gesto meccanico e la guardò.
«Spero per te che tu faccia sogni migliori!» sbottò seccato giocherellando con i bottoni della camicia lasciata fuori dai pantaloni. «Perché questi sono decisamente deprimenti, ma a volte sono sempre meglio di altri devo ammettere. Non è piacevole sognare quasi ogni notte di parlare e stare con Ron e Hermione o abbracciare Ginny e svegliarsi la mattina con la consapevolezza che è solo un sogno… è frustrante! Cioè, a questo punto è meglio non sognare affatto, almeno non mi deprimo!»
Gli tornò in mente il ritornello di una canzone di uno dei tanti film animati che si era visto quando era piccolo a scuola. Doveva essere cenerentola o cosa?
«Gloria, ti ricordi come faceva quella canzone, quella di cenerentola?» disse corrucciandosi nello sforzo di ricordare. «I desideri sono…. Ecco: I sogni son desideri! Beh, in effetti aveva ragione, è vero!»
Si guardò intorno senza sapere più che dire e rimase in silenzio per un po’ di tempo riposandosi un po’. Almeno non c’era il rischio di incorrere in quei silenzi imbarazzanti che tanto odiava.
«Domani di nuovo a lezione, che palle!» sbuffò e guardò il soffitto portando in dietro le braccia. «Ho ancora un sacco di relazioni da fare, almeno prima me le copiavo un po’ da Hermione o le facevamo insieme subito subito!»
Dopo un po’ sentì ciabattare nella sua direzione. Madama Chips scostò leggermente le tende sbirciando dentro, come se temesse che qualcuno di indefinito riuscisse a vedere cosa nascondevano e, stringendosi nella vestaglia i un rosa pallido gli disse con tono spiccio: «Potter si sono fatte le undici, torna domani!»
«Va bene.» rispose annuendo prima di vedere sparire l’infermiera che torno sempre ciabattando in fondo alla sala.
«Io vado» Si alzò pigramente e diede un’ultima occhiata al letto. Un sorriso un po’ triste comparve sulle sue labbra. Il pupazzetto rosso sarebbe rimasto lì, sotto la carezza della sua mano, a farle compagnia per tutta la notte, fino l’indomani. Dopo tutto non era così solo come credeva di essere.  Gloria era più sola di lui in quella lunga notte.
«Buona notte! Aspettami che domani torno!»
Uscì dall’infermeria con la mente vuota. Nessun pensiero lo turbava se non un leggero peso nel petto che lo fece sospirare stancamente. Voltò l’angolo e per poco non saltò in aria quando si trovò davanti Ginny che trionfante lo guardava.
«Cosa ci facevi in infermeria?» chiese fulminea parandosi in mezzo al corridoio impedendogli di passare. Le mani sui fianchi, gli occhi che brillavano vittoriosi con quel ghigno di chi è riuscito finalmente a scovare la sua preda.
«Ginny!» fece lui con un tono di sorpresa piuttosto forzato. «Che ci fai ancora in giro a quest’ora?»
«Niente di che? Allora, come mai in infermeria?» insistette lei incrociando le braccia al petto e facendogli un sorrisino del tipo “questa volta non credere di fregarmi”.
Ed Harry indietreggiò cercando un modo per levarsela di torno al più presto.
«Niente, mi sono fatto controllare un attimo. Credevo di avere qualche linea di febbre ma, fortunatamente, è tutto a posto!» rispose prontamente con un convenevole sorrisetto distaccato. Cercò di sorpassarla a destra, ma lei fece un piccolo saltello di lato bloccandolo. Provò a sinistra ma, un altro saltello e hop, Ginny di nuovo davanti con un sorrisone tirato.
«Scusa ma adesso devo proprio andar…»
«Non credo proprio!» disse lei improvvisamente seria avanzando di un passo verso di lui. «Voglio sapere perché da un giorno all’altro hai deciso di lasciarmi, senza dirmi niente, senza spiegazioni. Non sono come Ron, io voglio sapere il perché!»
«Te l’ho detto il perché, e sono stato già abbastanza chiaro!»
«Si, lo so che è per proteggermi! Ma perché hai deciso da un giorno all’altro? Ci sarà pur stata qualcosa che ti ha fatto improvvisamente…»
«Dovevo aspettare di perdere uno di voi per allontanarvi?»
Ginny si fece ulteriormente avanti costringendolo ad indietreggiare.
Il maglioncino verde leggermente largo le ricadeva morbidamente sui seni, lasciando intendere che sotto non portava niente. Non poté fare a meno di notare come fosse bella, anche con quell’aria minacciosa e imbronciata, con gli occhi color nocciola che spiccavano attraverso quei ribelli ciuffi rossi sfuggiti dalla treccia.
Per un attimo temette che avesse carpito quel suo momento di debolezza.
«Harry, io non ho paura di quello che mi potrebbe accadere perché so che si sei tu al mio fianco.»
Si fece più vicina. Lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi e il suo sguardo si addolcì.
Harry rimase gelido a guardarla, facendo ricorso a tutto il suo autocontrollo e alla sua fermezza.
Ginny doveva capire che doveva finirla lì, come gli aveva fatto promettere quando le aveva detto della profezia. Doveva capire che lui non aveva nessuna intenzione di cedere e non transigeva distrazioni.
«Non posso abbandonarti, non lo farò mai!»
Ginny si sporse sempre più verso le sue labbra. Fino ad allora Harry aveva prontamente evitato del contatto, per paura di rivelarsi ancora troppo debole, e su questo Ginny faceva affidamento. Ma adesso le avrebbe dimostrato, e soprattutto avrebbe dimostrato a sé stesso, che era forte ed avrebbe resistito al suo bacio.
Ed infatti lo baciò. Le sue morbide labbra toccarono le sue, ma lui non reagì, ne chiuse gli occhi come fece lei. Continuò a scrutare davanti a sé con freddezza.
Lei lo baciò ancora e questa volta accarezzò le sue labbra con la lingua, per poi baciare il labbro inferiore, ma aprì gli occhi e si ritirò sconfitta perché lui non rispose in alcun modo.
Dopo settimane che non si baciavano lui era rimasto impassibile.  
Si sporse nuovamente per baciarlo, ma questa volta Harry fece l’impaziente e ne approfittò per levarsela davanti. La superò ed avanzò nel corridoio senza voltarsi.
Non se lo sarebbe aspettato, ma era riuscito a restare freddo e distaccato. Aveva vinto. Ginny finalmente era via, lontana da lui definitivamente.
Ginny rimase immobile dove l’aveva lasciata mentre le lacrime iniziavano ad offuscarle la vista e, il sapore amaro della consapevolezza che Harry, il suo più grande amore, era rimasto indifferente, si dipanava nella sua bocca facendole increspare le labbra, che morse convulsamente per trattenere un singhiozzo.
Non si sarebbe arresa, questo era certo. Era troppo forte l’orgoglio che le ruggiva nel petto.
«È inutile che mi aspetti!» la voce fredda di Harry echeggiò nel corridoio pietrificandola. «Trova qualcuno che ti ami e che ti protegga; fatti una vita e dimenticami!»
Si voltò come una furia verso il ragazzo che continuava a ad avanzare dandole le spalle. Le lacrime scesero ad inumidire le guancie lentigginose.
«Non ti permetto di dirmi questo!» la rabbia le fece tremare la voce. «Non ti permetto di trattare i miei sentimenti come se fossero nullità insignificanti!» quasi urlò per la frustrazione e pestò il piede per terra stringendo i pugni.
Harry si fermò. Non riusciva più a camminare, non sentendola così amareggiata e sofferente.
Non doveva voltarsi, non poteva! Doveva farlo per lei, doveva andare avanti! 
Le sarebbe passata prima o poi, sarebbe stata meglio e, soprattutto, al sicuro.
Fece un passo avanti imponendosi di non sentire i suoi singhiozzi.
Ginny corse verso di lui  e quando lo raggiunse iniziò a prenderlo a pugni sulla schiena senza badare se gli faceva male, spinta da una furia cieca.
«Adesso mi trovo un altro, certo! Perché l’amore è acqua per te, vero!?»
Gli urlò contro continuando a dare pugni alla rinfusa, dicendo a volte cose senza senso, sfogando tutta la frustrazione di giorni e giorni passati a rimuginare sul perché di quella scelta improvvisa. Lei sì, aveva promesso che alla sua richiesta si sarebbe allontanata da lui senza fare storie ne repliche, ma perché adesso che non ce ne era nessun motivo?!
Non si accorse che Harry si era girato verso di lei, che le parlava, che la teneva per il polsi per placare quella raffica di pugni. Sensazioni confuse e la voglia solo di urlargli contro tutto il suo rancore e di fargli male come faceva a lei, di fargli sentire lo stesso dolore.
«Perché Harry?! » continuava a ripetere tra le lacrime. «Perché mi dici questo?»
Harry la scosse con forza e questa volta sollevò gli occhi su di lui scrutando, attraverso la foschia acquosa delle lacrime, i suoi occhi verdi che sembravano risplendere.
«Perché ti amo!»
Quasi glielo urlò e lei rimase paralizzata a fissarlo; il cuore a mille e il fiato corto.
Harry distolse lo sguardo e lo puntò a terra per nascondere quell’attimo di debolezza.
Strinse la presa sui sottili polsi e la attirò al suo petto, come a volerla chiudere dentro di sé, cercando la forza che gli mancava per superare quel dolore che già solo l’idea gli dava.
Poggiò la sua fronte contro quella di lei e chiuse gli occhi. Il groppo alla gola gli si sciolse. Respirando profondamente continuò sussurrando con dolcezza.
«Solo per il semplice fatto che ti amo… che ti voglio vedere vivere felice, anche senza di me!» deglutì e si morse il labbro in un gesto nervoso. «Non voglio rischiare che per causa mia tu corra il rischio di morire, o peggio di vedere buttare la tua vita in un letto di infermeria con la vana speranza che un giorno tu ti possa risvegliare….»
La voce gli si incrinò e strinse la presa incrociando le sue mani.
«Vorrei morire! Preferirei morire io piuttosto, ma ogni volta sembra che il destino me lo faccia apposta e si prenda qualcun altro al mio posto!»
Ginny posò baci che sapevano di dolci carezze sulle sue labbra tremanti, sulle sue guancie asciugando le lacrime che scendevano pesanti con tutta la loro amarezza.
«Harry….»
Gli si avvicinò riducendo le distanze già minime.
Questa volta fu lui a baciarla. L’incandescente desiderio frustrante che lo aveva divorato per quelle settimane di distanza, finalmente stava per essere appagato.
Quel bacio divenne senza troppe esitazioni sempre più infuocato, ricambiato con lo stesso entusiasmo da lei.
Non c’è da stupirsi se i due, avvinghiati stretti, senza la premura di staccarsi anche solo un attimo l’uno dall’altra, avanzarono per il corridoio quasi a tentoni cercando quella porta di una qualunque aula che, una volta aperta, permettesse loro di poter continuare indisturbati e senza alcun pensiero.
Fu così che si ritrovarono in quell’aula impolverata, stretti un abbraccio confuso senza badare neanche più ai limiti che si erano dati quando erano ancora fidanzati. Ma oramai le regole era frivolezze senza senso.
Tra le sue braccia teneva stretto il corpo di lei sentendolo contro il proprio.
Prendendola per i fianchi la sollevò su un banco. I baci si fecero più morbidi e delicati, di seta sulle labbra e poi sul collo candido come il latte, tra i capelli rossi. Le mani si insinuarono dolcemente sotto il maglioncino, sfiorando la pelle fresca e morbida con la punta delle dita, prima l’ombelico, poi il piccolo torace, infine il seno e tremò, come tremò lei, per quella sensazione preziosa.
Ginny gli sfilò il maglione con impazienza e iniziò a sbottonargli la camicia. Bottone dopo bottone posava baci sul suo torace e le sue mani andavano ad accarezzare la schiena procurandogli brividi di piacere.
Ma il caso nei confronti di Harry era stato sempre un po’ beffardo, infatti volle in un modo o in un altro che, quella particolare porta che aveva permesso loro di potersi appartare, restasse leggermente socchiusa, e che da quelle parti, proprio in quel momento, passasse la persona che peggio gli potesse capitare.
«Potter!»
Harry si sentì gelare al suono di quella voce trionfante. Si voltò di scatto coprendo Ginny dietro di sé.
Avrebbe potuto provare rabbia nei suoi confronti, come la provava Ginny, nel vedere quel suo maledetto ghigno tirato in un’espressione di pura felicità malefica. Avrebbe potuto provare anche una relativa gratitudine nei suoi confronti, perché, nonostante tutto, lo aveva fermato prima che si spingesse troppo oltre e facesse una scemenza fin troppo grande, e ne era certissimo, l’avrebbe fatta.
Ma in quel momento Harry provava solo un grande senso di vergogna che lo pervadeva dal profondo. Vergogna per quella situazione incresciosa, per lui che si era scoperto in tutta la sua debolezza e per Ginny, che poverina anche lei si trovava in mezzo.
«Weasley!»
Ginny fiera sostenne lo sguardo del professor Piton, quasi a volerlo sfidare a dire qualcosa contro di loro. Harry invece abbassò lo sguardo mortificato e crebbe ancora di più la vergogna: oltre ad avere la camicia sbottonata, che prontamente si chiuse in petto, era fastidiosamente chiaro il rigonfiamento dei suoi pantaloni che cercò in qualche modo si nascondere.
«Fuori dal dormitorio dopo l’orario, per di più a fare cose alquanto disdicevoli…. Non che mi aspettassi altro a uno come lei Potter, certi vizzi di famiglia sono ereditari!» disse Piton provocatorio. «Tanto per cominciare cinquanta punti in meno… a testa per la vostra casa. Seguitemi dal preside e Potter, cerchi di ricomporsi!»
Uscirono dall’aula seguendo il professore lungo il corridoio buio.
«In questo caso mi trovo costretto a scrivere ai suoi genitori signorina Weasley, per informarli del suo comportamento a dir poco indecente.» continuò lui senza risparmiarsi il piacere di poter provocare Harry. «Per quanto riguarda lei Potter, purtroppo non ho da avvisare nessuno, ma sono certo che suo padre e il suo padrino sarebbero stati orgogliosi di sapere che si è imboscato alle undici di sera in un’aula con una ragazza….»
Harry non reagì ne a queste ne alle provocazioni che seguirono. Adesso alla vergogna si era aggiunto anche il senso di colpa per aver messo seriamente nei guai Ginny.
Arrivati davanti al gargouille, che si spostò di lato appena detta la parola d’ordine, salirono la scala a chiocciola.
«Sono curioso di sapere domani come piegherà al resto della sua casa l’improvvisa mancanza di cento punti dalla clessidra di Grifondoro!» disse ghignando Piton appena prima di aprire la porta dello studio circolare del preside.
Non appena entrarono trovarono Silente, seduto dietro la scrivania, intento a studiare con particolare curiosità ed attenzione una vecchia pergamena dall’aspetto logoro e molto antico, e la professoressa Devis, in piedi dietro di lui ad analizzare lo stesso pezzo di carta.
Quando Silente alzò gli occhi su di loro parve sorpreso, e alla fine sorrise come se fosse molto contento di riceve una visita dai suoi nipotini preferiti, mentre la Devis parve sorpresa.
«Buona sera!» disse il preside mettendo via la pergamena. «Prego, entrate!»
Piton si fece immediatamente avanti e assunse un’espressione grave, mascherando il sorrisino e la felicità che fino a due secondi prima gli brillavano in viso.
«Il signor Potter e la signorina Weasley sono stati sorpresi in situazioni a di poco indecenti ed inopportuni per di più fuori dal loro dormitorio oltre l’orario!»
Silente fece un’espressione sorpresa e scandalizza che per poco non fece scoppiare a ridere Ginny, che fino ad allora aveva tenuto il broncio e si era sempre più incupita al pensiero che la sua famiglia venisse a sapere di quello che era successo.
Piton ignorò il fatto che un po’ Silente lo stesse prendendo in giro, e continuò sempre più severo.
«Credo che sia opportuna una punizione esemplare per ricordare loro che questa è una scuola, non una casa d’appuntamenti!»
«Suvvia Severus, come sei bacchettone!» lo liquidò subito Diana con una scioltezza impressionante. «O dentro o fuori dal dormitorio le cose si fanno lo stesso!»
Harry rimase a bocca aperta e si scambiò un’occhiata incredula con Ginny, anche lei impressionata.
Silente rise divertito, mentre le narici del naso aquilino di Piton tremarono pericolosamente per la rabbia messa a freno.
«Magari non te sei mai accorta e non te ne è mai importato niente, ma certi comportamenti non sono mai stati accettati all’interno di queste mura!» rispose velenoso e intirizzito Piton.
Diana per tutta risposta roteò gli occhi scocciata sbuffando come una ragazzina in disaccordo che le idee retrograde dei genitori.
«Effettivamente Severus ha ragione….» disse il preside accarezzandosi la barba argentea e scrutando Harry attraverso gli occhialini a mezza luna. Il ragazzo si sentì a disagio e abbassò gli occhi a terra, e Piton gonfiò il petto e non poté nascondere un sorrisino alle parole e alla considerazione del preside che finalmente sembrava serio.
«Non posso fare finta di niente, non credete?» chiese Silente guardando i due ragazzi che annuirono senza fare storie. «La signorina Weasley è in punizione per tutto l’anno con la professoressa Devis….»
Ginny alzò lo sguardo e guardò incredula prima il preside che le sorrideva affabile e poi la professoressa che le strizzò l’occhio d’intesa.
Piton orami aveva capito che non c’era niente da fare. Certe volte erano proprio ridicoli, o forse quello ridicolo era lui che, dopo tanti anni, sperava ancora di far mettere Potter in punizione seriamente.
«Invece per lei signor Potter credo che sia più saggio incitarla a continuare quello che le avevo chiesto di fare qualche tempo fa….»
Harry corrucciò la fronte senza capire a cosa si riferisse l’anziano preside, che lo guardava con quegli occhi azzurrissimi mettendolo un po’ in soggezione.
«Soprattutto ora, in un momento così delicato, non deve restare sola….»
Harry allora capì. Annuì serio per fargli capire che poteva contare su di lui e un guizzo d’orgoglio brillò negli occhi azzurri di Silente.
«E che questo sia da lezione per entrambi!» disse alla fine il preside prendendo un finto tono grave e appoggiandosi allo schienale della poltrona. «La prossima volta in un posto più appartato, ce ne sono tanti ad Hogwarts!»
Le labbra di Piton si strinsero di delusione e guardò scandalizzato Silente con gli occhi granati.
Ginny sghignazzò sotto i baffi cercando lo sguardo complice di Harry, ma lui le riservò solo una rapida occhiata che rivelava un sorriso amaro. Non ci sarebbe stata una prossima volta.
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Pinca