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Autore: nikita82roma    16/08/2016    5 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Lanie insistette per portarla in ospedale e farsi controllare. Kate rifiutò, più volte con decisione. Voleva solo tornare a casa, ma non potè farlo, dovette andare prima al distretto a rilasciare la sua deposizione sui fatti. Avrebbe potuto tornare anche il giorno seguente ma voleva togliersi l’incombenza il prima possibile. Doveva tornare a casa, doveva parlare con Castle, dovevano chiarirsi, su tante, su troppe cose. Doveva dirgli quello che pensava, fregandosene dei suoi dubbi.
Ci mise più di quanto avesse immaginato ed aveva anche dovuto fronteggiare il fratello di Swift che la accusava di essere l’origine di tutti i problemi dell’ex agente e non seppe cosa dire, perché nonostante tutto provava realmente pietà per quella famiglia e per quell’uomo.

Quando arrivò a casa trovò solo una Martha estremamente preoccupata ad aspettarla. Le due donne si guardarono senza dirsi nulla, poi l’attrice andò ad abbracciare la nuora.
- Oh Katherine! Stai bene? Due spaventi così in pochi giorni, il mio cuore non so se li reggerà ancora!
- Scusami Martha… sì, sto bene. Voglio solo parlare con Rick. - Disse Kate guardando gli occhi azzurri dell’attrice, molto più chiari di quelli del figlio ma con la stessa sfumatura di preoccupazione che tante volte aveva colto in Castle. Non era ancora abituata ad avere così tante persone che si preoccupano per le sue azioni. Per quel che si ricordava aveva sempre solo dovuto dar conto a Jim che nemmeno ascoltava più i notiziari, e gli bastava una sua telefonata per sapere che stava bene, ma anche per capire che aveva appena fatto qualcosa di rischioso.
- Mi dispiace cara, ma Rick non c’è…
- Dov’è andato? - Le chiese preoccupata
- Non lo so. È uscito senza dire una parola, credo si sia spaventato, molto. Anzi era proprio terrorizzato. - Dal tono, Kate capì che non era una delle sue solite esagerazioni, ma il vero stato emotivo di Castle. 
- Lo posso capire, Martha. - Disse accusando se stessa
- E tu mia cara?
- Io non… non ho pensato a nulla. Altrimenti non ce l’avrei fatta. - Ammise alla donna e a se stessa.
- Katherine, adesso vai di là in camera, rilassati, sfogati, fai tutto quello che vuoi, io non mi scompongo, tanto io avrò sicuramente fatto di peggio nella mia vita, non sai quante volte. Ma non tenerti tutto dentro, non ti fa bene.  Intanto ordino qualche pizza, che ne dici?
Kate seguì il consiglio di Martha. Andò in camera e si mise direttamente sotto la doccia. Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto prendersi a schiaffi, avrebbe voluto insultarsi da sola. Rimase solo ferma con la fronte appoggiata sulle piastrelle, incapace di fare qualsiasi cosa. Più passavano i minuti più la consapevolezza di quanto era stata avventata quel giorno la schiacciava, sentiva di non aver mai rischiato così tanto in vita sua, anche se non era vero, ricordava almeno una decina di casi in cui era stata coinvolta sicuramente più pericolosi, più tutti quelli che non ricordava che erano decisamente peggio. Ma quel giorno era diverso, quel giorno non era sola, non era solo la sua vita ad essere in gioco e lei non ci aveva pensato, volontariamente o no, non riusciva ancora a dirselo con certezza. Così tutto quello che riuscì a fare era chiedere scusa a sua figlia, per tutto. Per non essere stata in grado di proteggerla come avrebbe dovuto, per essersi messa nei guai senza pensarci, per la situazione in cui erano loro, per come aveva fatto star male suo padre, soprattutto perché in fondo lei si sarebbe meritata sicuramente una madre migliore di quanto lei potesse mai essere.
Si lasciò convincere, più tardi, da Martha a mangiare un po’ di pizza con lei, e provò in tutti i modi a tirarla su d’umore, senza riuscirci. Nel tardo pomeriggio Rick non era ancora rientrato e Martha sarebbe dovuta partire per qualche giorno con delle sue amiche per una vacanza in un centro benessere. L’attrice provò a dirle che avrebbe rimandato il suo viaggio per farle compagnia, ma Kate fu irremovibile, non avrebbe dovuto cambiare i suoi programmi, Rick sarebbe tornato appena si fosse calmato, non ne era certa, anche se a Martha voleva sembrare così, ma ci sperava.
Così appena la donna andò via, assicurandosi più volte che Kate stesse bene, provò a chiamare Rick. Temeva che non gli avrebbe risposto ed invece con sua enorme sorpresa lo fece al secondo squillo. “Sto bene. Torno tardi, non mi aspettare sveglia”

Non dormì tutta la notte, aspettando di sentire la porta di casa aprirsi e quando accade erano quasi le quattro di mattina.
Lo sentì chiaramente versarsi da bere e attese, inutilmente, che la raggiungesse in camera. Si addormentò e dormì un paio d’ore o poco più, almeno sapeva che lui era a casa.
Quando si risvegliò era sempre sola ed era l’alba. Si vestì approssimativamente con i primi vestiti che trovò, un paio di jeans ed una maglia. 
Appena aprì la porta di camera lo vide seduto sul grande divano nero. Aveva una foto del loro matrimonio in mano e appena si rese conto della presenza di lei, la appoggiò sul tavolo. 

Rick aveva aspettato di saperla salva, al sicuro. Quando aveva sentito via radio che il cecchino sul palazzo davanti aveva abbattuto Swift appena Kate si era tolta dalla linea di tiro spostandosi verso il muro, Castle era letteralmente scappato via. Aveva corso, e non sapeva nemmeno lui quanto tempo era che doveva farlo, fino a quando non gli faceva male l’aria nei polmoni: non era una gran distanza, ma era sufficiente per sentire i rumori delle sirene solo in lontananza. Era arrabbiato. Era furioso. Con lei e con se stesso. Sapeva esattamente di cosa Kate avrebbe avuto bisogno una volta finita quella situazione ed era quello di cui avrebbe avuto bisogno anche lui. Stringerla e farle sentire che era al sicuro ed assicurarsi lui stesso che lo fosse e che stesse bene. Ma non ce la faceva. Era scappato perché era certo che l’avrebbe sì abbracciata, perché quella sarebbe stata una cosa di pura sopravvivenza per entrambi e non avrebbe potuto essere altrimenti, ma poi le avrebbe riversato addosso tutto il suo rancore ed avrebbe detto cose di cui si sarebbe pentito. Quindi era corso via e si era dato tempo per respirare lontano da lì. Era tornato al loft, aveva visto sua madre e le aveva detto che era finito tutto e non sapeva se si riferiva al fatto che Swift era stato ucciso o a lui e Kate ed il solo pensiero gli faceva venire i brividi. Aveva preso la Ferrari ed era uscito dalla città, correndo più di quanto avrebbe dovuto fino ad arrivare negli Hamptons. Era andato in spiaggia e si era messo seduto su quel tronco che a lei piaceva tanto ed era rimasto lì tutto il giorno e gran parte della notte, a guardare le onde infrangersi e ritirarsi dalla spiaggia. La stagione estiva era praticamente già finita, non incontrò molta gente ma poteva anche brulicare di vita come nei mesi più caldi, probabilmente non se ne sarebbe accorto. Castle era circondato dalla sua solitudine. Si sentiva totalmente solo, come non lo era da anni.

- Me l’avevi promesso Kate. Mi avevi promesso che saresti stata attenta. - Rick le parlò senza guardarla negli occhi.
- Castle io…
- Zitta Kate, non dire nulla. Io mi fidavo delle tue promesse. Di quello che mi avevi detto. Ma non valgono niente. Nessuna delle tue promesse vale niente. Niente di quello che mi hai detto vale niente. - Castle era impassibile. Parlava guardando la tv spenta dritta davanti a lui. - Non valiamo niente noi. Non ci siamo più.
- Non dire così Rick. Non è vero.
- Ieri hai messo in pericolo la tua vita. La vita di nostra figlia. Per cosa Kate?
- Dovevo andare lì. Lo sai cosa è successo lì.
- Certo, lo so io, lo sanno tutti. Anche un agente lo sa quanto sei ossessionata, ancora, dal caso di tua madre. È chiuso Kate. È finito. E se tu avessi voluto ricordarti del tuo passato l’avresti saputo e non ci saresti andata. Invece no, perché tu non vuoi niente del tuo passato. Non vuoi ricordarti delle tue soddisfazioni sul lavoro, di aver dato giustizia a tua madre e ancora hai quel buco dentro che hai provato a riempire così, andando lì. Tu non vuoi più me, il nostro matrimonio e non so nemmeno se vuoi nostra figlia a questo punto.
- Non ti permetto di dire questo Castle. Non lo puoi dire.
- Oh sì, Kate. Posso dirlo. Posso dirlo perché quello che hai fatto ieri è talmente assurdo che non ci sono spiegazioni logiche per niente. Posso dirlo perché se tu non ti vuoi ricordare nulla di noi, vuol dire che non ti interessa nulla di quello che avevamo e di quello che abbiamo fatto, e tra quello che abbiamo fatto c’è anche nostra figlia. Ed ora ho capito quello che mi chiedeva Burke…
- Tu sei andato da Burke? E cosa facevate, parlavate alle mie spalle? Vi confrontavate su cosa dovevate dirmi e come dovevate comportarvi con me? Studiavate le strategie per indurmi a ricordare o a fare quello che volevate voi? - Ora era Kate ad essere su tutte le furie. Si sentiva tradita, da lui ed anche dal dottore con il quale di era confidata.
- Kate non è così.
- Com’è allora, Castle, spiegami.
- Non sei stata la sola ad aver la propria vita sconvolta Beckett! Anche la mia lo è stata, possibile che non te ne rendi conto? - Urlò Castle scattando in piedi e mettendosi davanti a lei, sovrastandola con la sua stazza, risultando quasi minaccioso.
- Non sei tu Castle ad aver perso otto anni della tua vita ed esserti trovata sposata ad un estraneo. - Kate gli tenne testa, per nulla intimorita
- Invece sì Kate! Sì! Anche io ho perso otto anni della mia vita. Otto anni che ho passato a rincorrere, innamorarmi e far innamorare mia moglie de me. Anni in cui abbiamo vissuto cose terribili e fantastiche. Anni in cui ho provato il terrore più grande e l’amore più importante della mia vita. Anni che non ci sono più. E sì Kate, anche io adesso sono sposato con un estranea. Quindi scusami se ho cercato di essere il miglior marito che potevo essere per te e se anche io ho avuto i miei momenti di difficoltà ed ho avuto bisogno di parlare con qualcuno. - Si allontanò da lei andando verso le vetrate che davano su una New York ancora insonnolita.
- Castle io…
- No, Kate… Ci siamo già detti abbastanza.
-No adesso mi ascolti! - Gli si fece sotto e lo girò tirandolo per un braccio - Sai qual è la verità Rick? Che tu hai fatto tutto, dall’inizio, per farmi innamorare di nuovo di te. E ci sei riuscito. Prima di quanto tu possa immaginare. Sei stato perfetto, dannatamente perfetto. Sapevi sempre cosa volevo, di cosa avevo bisogno, spesso prima di saperlo io stessa. Sapevi quando farmi ridere, quando avevo bisogno di un abbraccio, quando volevo giocare e quando essere seria. Sapevi tutto di me, tu hai sempre giocato conoscendo le mie carte. E naturalmente hai vinto. Mi sono innamorata di te Castle, ancora. Il problema è che tu non volevi che io mi innamorassi di te, tu rivuoi lei. Tu vuoi la tua Kate, quella che hai avuto negli ultimi otto anni, che non sono io. Ed ora io come una stupida sono innamorata di un uomo che è innamorato di un’altra me.
- Kate no… 
- No cosa, Rick? Non dire che non è vero. Sono un’estranea, l’hai detto tu. Tu vuoi la tua Kate, quella che era diventata dopo gli otto anni di cose che avevate condiviso insieme, quella che era cresciuta con te, era diventata una donna con te. Io non sono quella Kate, perchè tutto quello non lo ricordo e quel percorso non l’ho fatto. Sono un’altra persona che ti ama. Ti ama, lo capisci? Io ti amo.
Kate parlava urlando senza riuscire a trattenere le lacrime. Dirgli che lo amava le faceva male, si sentiva lacerare la pelle dalle sue stesse parole. Guardava Castle che era trasfigurato, messo a nudo dalle sue parole colpito dalla verità al punto che faceva male anche a lui sentirla dire che lo amava, eppure era quello che aveva sempre voluto ma non lo voleva più così. Lei aveva ragione e a lui faceva male ammetterlo.
- Io ti amo Rick, forse in modo diverso, forse non come tu vorresti, perchè tu vuoi solo che io ricordi, non è vero? Tu vuoi solo quello. Non vuoi che io ti ami, vuoi che ti ami lei.
- Perchè non vuoi ricordare Kate? - La voce di lui era una supplica di un uomo torturato dal suo stesso amore 
- Io non volevo ricordare perchè non volevo ritrovarmi così a soffrire e a litigare con te, per quel passato che mi fa solo male ad ogni ricordo che riaffiora, ed invece mi ci ritrovo ugualmente. Ed ora non solo non voglio ricordare gli ultimi anni Castle, vorrei dimenticare questi mesi, perchè mi sono solo illusa. Ancora. Io vorrei che mi amassi per quella che sono, non per quella che vorresti tu. Avrei solo voluto una possibilità reale di dimostrarti che ti avrei amato ancora, che ti avrei amato anche io, a modo mio. Lo avrei fatto credimi, ti avrei amato tantissimo, ma tu non lo vuoi.
- Non puoi essere gelosa di te stessa Kate!
- Non sono io ad essere gelosa di me stessa, ma posso diventarlo se l’uomo che amo ama un’altra donna e pensa che quella che ama non sia io. Non posso vivere così Rick, non posso. È stato tutto un errore. Pensare che potesse funzionare ugualmente, fare finta di nulla. Non ce la faccio io e non ce la fai nemmeno tu. È questa la verità. Ti amo Richard Castle, ti basta adesso quante volte lo hai sentito? Avrei voluto dimostrati che anche io avrei potuto renderti felice, ma tu hai sempre voluto altro, l’ho solo capito quando era troppo tardi, quando ormai eri già completamente, totalmente dentro di me. Ma non possiamo stare così, con te che aspetti che io torni ad essere quella che tu vuoi ed io che devo vivere con la possibilità che non accada mai e nel frattempo sentirmi non abbastanza per te, sapere che non sono quello che vuoi. Non possiamo. Non possiamo Rick.

Era uscita di casa senza dirgli nulla di più, senza prendere nemmeno la sua borsa, sbattendo la porta. Kate camminò più velocemente che poteva, senza meta. Avrebbe voluto dimenticarsi anche di quegli ultimi mesi oltre che degli ultimi anni. Avrebbe voluto dimenticarsi di Castle, di nuovo. Di averlo incontrato, di nuovo. Di essersi innamorata di lui, di nuovo. Sapeva che non avrebbe dovuto, che non era abbastanza forte per sostenerlo e per sostenere quel sentimento che si era impossessato di lei. Ecco perchè non voleva ammettere di essersi innamorata di lui, perchè sapeva che non avrebbe sopportato tutto questo.

Castle rimasto al loft sedeva nel suo studio rassegnato. Aveva fatto tutto quello che poteva. Le era stato vicino, le aveva dato spazio, aveva cercato di consolarla e confortarla dopo ogni crisi, l’aveva fatta ridere, l’aveva amata. Non era servito niente e se ne era convinto. Lei non voleva ricordare, aveva messo dietro il suo muro non solo il suo futuro ma anche il loro passato e si sentiva sfinito per combattere ancora, non ne aveva più le forze. Aveva ragione lei, lui rivoleva solo la sua Kate. Perchè la sua Kate avrebbe combattuto e fatto di tutto per ricordarsi di loro. Gli aveva detto che l’amava. Glielo aveva anche ripetuto più volte. Quanto lo aveva aspettato? Quanto lo aveva sognato quel momento? Eppure era diverso, aveva ragione Kate. Non era quello che voleva. Pensava che sentirsi dire “Ti Amo” equivaleva a ritrovare la sua Kate, ma non era così.

Gliene avrebbe parlato quando avrebbe deciso di tornare a casa, era inutile continuare così, aveva ragione. 
Se avesse voluto avrebbero divorziato, per la gioia del suo avvocato. Lei non si sarebbe dovuta preoccupare di nulla, avrebbe pensato a tutto lui per il mantenimento suo e della loro bambina, non voleva farle mancare nulla nè venir meno alle sue responsabilità. Non voleva scappare, voleva solo smettere di illudersi e di combattere per due persone con lei che sembrava remargli contro.
Lui l’avrebbe amata. Sempre. Ma era inutile costringerla in un matrimonio che non sentiva più suo ed era terribile per lui da pensarlo, ma anche per lui era la stessa cosa. Lui non era sposato con lei, non con quella Kate. Aveva capito che non poteva incatenarla a quel passato che lei sembrava rifiutasse di ricordare. 
Pensò a tutte le cose che aveva sempre sognato di condividere con lei nel loro futuro, di come avrebbero cresciuto i loro figli perchè ne avrebbero avuto più di uno, sicuramente, di come avrebbero sempre riso insieme in quella complicità che solo loro sapevano avere, di come sarebbero invecchiati insieme senza smettere di amarsi nemmeno un istante. Ed invece il matrimonio con la donna che amava più di ogni altra avesse mai incontrato era destinato ad essere il più breve che aveva avuto. Avrebbe voluto uccidere con le sue mani chiunque fosse responsabile di quella sparatoria l’inizio della fine di tutto, avrebbe voluto far pagare a Mason Wood tutto il dolore che aveva provato in quei mesi, tutta la sua angoscia per quando Kate lottava tra la vita e la morte, tutta la solitudine che sentiva anche in quel momento, ma credeva non esistesse, per uno come Wood, la possibilità di provare sentimenti così devastanti. Sentiva come se gli avessero portato via tutto: il loro passato ed anche il loro futuro. Prese la foto di Kate che teneva sulla sua scrivania. Era bella, raggiante, rimase incantato a guardare i suoi occhi che sapeva stavano guardando lui in quel momento. Leggeva in quello sguardo tutto l’amore e l’orgoglio che sua moglie provava per lui. L’avevano scattata la sera della consegna del “Pennino di Poe” mentre lui era sul palco a fare il suo discorso e a dedicarle quel premio che ora era lì, in bella vista sulla sua libreria. Erano stati quelli gli ultimi tempi veramente felici per loro, prima di Loksat, della promozione a capitano, della separazione, della sparatoria al loft. Avrebbe voluto tornare a quei giorni, avvolgere il nastro e cambiare il corso degli eventi, dire a Kate di accettare di candidarsi come senatrice, in fondo Doyle glielo aveva predetto ed era così che sarebbe dovuto andare, così avrebbe avuto la sua famiglia felice, Kate ed i loro tre bambini. Invece era solo a guardare una foto, senza sua moglie, senza più niente.
Prese la cornice di cristallo e la scaraventò a terra lasciando sul pavimento del suo studio un mare di vetri e cristalli frantumati che riflettevano la luce creando piccoli arcobaleni sul volto di Kate che gli parve ancora più bello. Andò a recuperare la foto scansando con la mano nuda i frammenti tagliandosi le dita ma non riusciva nemmeno a sentire dolore, tutti i suoi nervi erano concentrati su un altro, più intenso, più intimo, più devastante. 
Più provava a distruggerla più l'amava e distruggeva solo se stesso. Forse Kate Beckett era diventata nel tempo un suo Horcrux contenente una parte della sua anima separata dal suo corpo. 

Rick aspettò un tempo che gli era sembrato ragionevolmente lungo. Era passata l’ora di pranzo da un pezzo. La sua attenzione fu richiamata dal picchiettare della pioggia sui vetri del suo studio. Stava cominciando a piovere, Kate era fuori da ore. Senza soldi e senza telefono e non era certamente uscita in uno stato d’animo ottimale.
Basta, non poteva indugiare ancora. Prese il telefono e chiamò l’unica persona che pensava potesse aiutarlo in qualche modo.
- Javier, sono Rick
- Ehy Castle! Che succede? - Al detective non era sfuggita la voce tesa di Rick.
- Kate… Non so dove sia... da ore...
Rick spiegò velocemente e senza troppi dettagli quello che era successo: era uscita sconvolta dopo che avevano discusso senza alcun effetto personale.
Esposito e Ryan gli dissero che sarebbero andati subito a cercarla. Avvisarono anche Lanie per sapere se l’aveva vista, ma nulla. Castle chiamò anche Jim chiedendogli se aveva visto la figlia, ma nemmeno lui aveva sue notizie. Disse che li avrebbe raggiunti, per aiutare a cercarla, ma gli consigliarono di stare a casa, nel caso fosse andata da lui, in qualche modo. Castle lo sperava, era da lui che si era rifugiata durante una loro discussione precedente.
Rick fece il giro di tutte le caffetterie della zona, facendo vedere a tutti una foto di Kate che aveva sul cellulare. Una ragazza gli disse che l’aveva vista, qualche ora prima, appena aveva iniziato il suo turno seduta ad un tavolo, l’aveva colpita perchè particolarmente triste. Provò a farsi dare delle altre indicazioni se aveva visto dove fosse andata e quanto tempo dopo, ma la cameriera non seppe dirgli di più. Avvisò subito Esposito e Ryan che stavano battendo supermercati, centri commerciali e magazzini nel raggio di alcuni isolati, chiesero anche nei cinema se qualcuno l’avesse vista lì intorno. La pioggia stava diventando più insistente, provarono a cercarla anche all’interno delle fermate della metropolitana, ma di Kate non c’era traccia. Rick cominciava a preoccuparsi seriamente, con quel tempo fosse rimasta fuori si sarebbe sicuramente ammalata. Era fuori mano, ma fece un tentativo, andando fino al cimitero di Green Wood alla tomba di Johanna, ma non era nemmeno lì. Rientrò in macchina completamente bagnato e prese a pugni il volante pensando a quanto era stato stupido a pensare tutto quello che aveva pensato prima. Si maledì per quello che le aveva detto, per i suoi pensieri, si sentì in colpa per aver pensato di far finire tutto così.  Era colpa sua se Kate era uscita in quello stato, era colpa sua se non sapeva dove fosse, se stesse bene, se avesse bisogno di qualcosa: di un marito meno idiota sicuramente.
Quello era vivere senza Kate? Chiedersi ad ogni ora se stesse bene, preoccuparsi ogni giorno che sarebbe andata a lavoro e non poterci essere per lei, per difenderla, a modo suo. Era Kate quella che non sapeva dove fosse. Kate. Non quella di ora o quella di prima. Era Kate e basta. Il pensiero che fosse da qualche parte, che avesse bisogno di aiuto e lui non fosse lì lo faceva impazzire. Il pensiero di perderla, che stesse male lo faceva impazzire. Non era solo per la bambina, come aveva provato a dire per giustificarsi, perché nei suoi pensieri, c’era sempre Kate, al primo posto, su tutto e forse era un pensiero meschino, non degno di un genitore, però non poteva farne a meno. Riviveva nella sua mente tutte le situazione critiche che avevano vissuto e la immaginava in pericolo in ognuna di quelle, ma da sola. Pensava a quella volta che sola l’aveva lasciata realmente ed avrebbe potuto perderla prima di sapere cosa volesse dire averla tutta per se. Anche quella volta avevano urlato, si erano accusati a vicenda, ma era stato lui a lasciarla e ad andarsene, a non rispondergli al telefono e lei avrebbe potuto morire ed era da sola. Sola, come in quel momento, ancora una volta per colpa sua. Era stata lei, questa volta, tra loro due a dirgli che lo amava e lui quello che non l’aveva nemmeno voluta sentire e sapeva come ci si sentiva, quanto faceva male. 

Il cellulare squillò: era Esposito.
- Javier! L’avete trovata? - Chiese speranzoso ed agitato.
- No, Castle. Tu però è meglio se vai a casa, se dovesse tornare almeno ti troverebbe. Abbiamo trasmesso la sua foto ai colleghi delle pattuglie. Adesso torniamo al distretto e proviamo a chiamare i vari ospedali per sapere se… - il silenzio totale di Caste allarmò Esposito, non lo sentiva più nemmeno respirare affannato - Ehy fratello, è solo per scrupolo, la troveremo, ok? È Beckett, starà bene.
- Ok. Fatemi sapere.
Mise in moto e partì, fece un ultimo tentativo, andando a vedere la sua vecchia casa, quella che nei ricordi di Kate era casa sua. Parcheggiò davanti al portone, con una scusa si fece aprire dalla vecchia vicina che si ricordava bene dello scrittore. Fece tutte le scale a piedi, arrivò fino alla porta dell’appartamento. Si era illuso, per un attimo, di trovarla lì fuori. 
Bussò alla porta, non sapeva nemmeno lui perchè.
- Richard Castle?
- Sì, ehm… Buonasera Sofia.
- Prego, accomodati.
Rick entrò titubante. Non aveva più messo piede in quella casa da quella mattina quando aveva aiutato Beckett a portare via le sue cose. Era molto diverso adesso quell’appartamento. Quel giorno le aveva detto che non gli era mai piaciuto, ma non era vero, non del tutto. Aveva vissuto momenti bellissimi con lei tra quelle mura e sperò che uscisse da quella che era la sua camera così glielo avrebbe potuto dire.
- Come mai qui Richard?
- Volevo chiederti solo se avevi visto Kate, recentemente. - Si mantenne sul vago.
- No, no… Perchè me lo chiedi? 
- Nulla, semplice curiosità.
- Va tutto bene? Kate sta bene?
- Sì, sì sta bene. - Rick si guardò intorno era tutto così uguale ma così diverso. In un attimo ripensò a quante volte quei muri avevano sentito le loro grida quando discutevano, i loro gemiti e sospiri quando si amavano di nascosto dal resto del mondo. Il suo sguardo su attirato da una delle travi dove vide inciso KB. Non lo aveva mai notato prima, pensò che Kate doveva averlo fatto quando era andata lì per l’ultima volta, per lasciare per sempre una sua traccia in quel posto. Ebbe la tentazione di toccare con mano quel segno, si trattenne per non sembrare ancora più patetico.
- Rick, mi sembri strano…
- No, tutto ok. Grazie Sofia, devo andare.
Si era perfettamente reso conto di aver fatto la figura dello stupido e che forse aveva anche spaventato la cugina di Kate, ma le avrebbe spiegato tutto poi, quando l’avrebbe ritrovata. La pioggia non accennava a diminuire di intensità. Rick si rimise alla guida cercando di arrivare a casa il prima possibile.

 



NOTA: Questa sera, probabilmente, l'ultimo capitolo.

   
 
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