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Autore: vanderghous    16/08/2016    2 recensioni
Federico è uno studente di letteratura in viaggio di studio a Londra: è un ragazzo che ama la poesia e anche colui che si siede accanto a lui durante le lezioni, cioè Michael.
In questo contesto, Federico si ritroverà ad interpretare Cirano, aiutando così Andreas (nei panni di Cristiano) nel conquistare Mika, che sarebbe Rossana.
Genere: Poesia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andy Dermanis, Fedez
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
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Venite pure avanti, voi con il naso corto,

signori imbellettati, io più non vi sopporto.

Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio,

perché con questa spada vi uccido quando voglio.


Federico passeggiava a testa bassa, con le cuffie nelle orecchie e le mani in tasca. Stava raggiungendo la fermata dell'autobus dopo una pesante giornata a scuola, che se avesse potuto, sarebbe tornato al giorno della sua iscrizione al bando per andare a studiare all'estero. Solo qualche mese a Londra gli avrebbe fornito una nota in più sul suo curriculum scolastico e sua madre Tatiana non vedeva l'ora che facesse quell'esperienza,almeno avrebbe imparato una volta per tutte l'inglese, invece di borbottare le solite idiozie.

Tuttavia Federico si trovava in netta difficoltà, non tanto per la lingua o per le amicizie, per quello si era trovato subito bene. Il problema era la mole di studio, decisamente maggiore a quella a cui era abituato, però doveva ammettere anche che si divertiva molto ad andare in giro per musei e biblioteche. Avrebbe sicuramente scritto una tesi meravigliosa al suo rientro in Italia e aveva già molte idee. Gli aveva fatto bene cambiare aria.

Comunque quella rimaneva una giornata no, specialmente se dalle cuffie filtravano le note pizzicate di Guccini, accompagnate dalle sue parole sagaci e argute. Anche nella descrizione del Cirano, il cantautore era stato molto fedele alla sceneggiatura di Edmond Rostand, che aveva sfogliato proprio quella mattina, tentando di tradurre tutti quei termini incomprensibili. Per fortuna conosceva quasi a memoria quella commedia e perciò non era andato troppo alla cieca.

Quello era stato un momento piacevole della giornata, perché se pensava a quando era uscito in cortile per fumare una sigaretta di nascosto si era imbattuto con quel suo compagno di corso per cui aveva una cotta mostruosa, Federico avrebbe preferito sotterrarsi.

Michael non gli aveva mai rivolto tante attenzioni. A volte si era seduto accanto a lui perché entrambi prendevano posto nelle prime file, ma mai uno sguardo, se non quella volta in cui Michael aveva tentato di ficcare il naso tra i suoi quaderni.

Federico era molto geloso di ciò che scriveva, per questo faceva sparire tutto da sotto gli occhi di chiunque provasse a spiare i suoi componimenti. Per lo più erano poesie, poi c'erano storie incominciate e mai finite e anche qualche rima che nella sua testa si trasformavano in un pezzo rap. Per un amante della metrica greca come lui, non poteva proprio farne a meno di quei versi, un po' come Cirano non si tirava indietro dallo scrivere o dal decantare, aggiungendo chiaramente un pizzico di ironia e sarcasmo.

Però nessuno comunque doveva sapere che cosa gli frullava nella testa. Si teneva tutto per lui, anche perché la maggior parte delle cose scritte nel blocchetto che adesso aveva con sé nello zaino, le aveva scritte proprio per Michael, la sua musa.

Federico non credeva di essere un bel ragazzo e, infatti, tutti lo guardavano storto per quegli innumerevoli tatuaggi sulle braccia, sul collo e sulle mani. Certe volte sogghignava pensando al fatto che non li conoscessero tutti, altrimenti qualcuno sarebbe pure svenuto, perbenisti com'erano. Per non dimenticare i capelli rasati ai lati, i piercing in vista e gli abiti stravaganti – per lo più tute, scarpe dai colori non troppo convenzionali e maglie con disegni strani o dissacranti.

Michael, invece, era praticamente perfetto. Sempre elegante con la cravatta bene annodata, i ricci castani ordinati e puliti, dei pantaloni che sembravano cuciti sul suo fisico magrolino e slanciato. A differenza di un Federico alto nella media per un italiano e robusto, Michael era allampanato e svettava fino ad un metro e novanta. Per Federico era decisamente una meta irraggiungibile, perciò osservava sempre in silenzio il ragazzo dall'aspetto curato e dai modi gentili. Aveva anche una voce melodiosa, peculiare, e Federico diventava pazzo al solo pensiero.

Quella voce, adesso, la detestava in un certo senso.

Tra tutte le cose che potesse dirgli, Federico non si aspettava di certo di sentire pronunciare proprio quelle.

"Quanto è carino" aveva esclamato Michael in un perfetto accento inglese. Federico aveva alzato gli occhi e aveva visto arrivare Andreas, un ragazzo alto come Michael e con i capelli biondi tagliati corti.

Oggettivamente, pensava Federico, Michael aveva ragione, ma quando il collega di corso disse quella frase, l'italiano sentì come se un mostro dentro al suo stomaco lo stesse divorando lentamente. Avrebbe voluto deformare il viso perfetto di Andreas, mettergli qualcosa tra i piedi mentre camminava in quella maniera odiosa per quanto elegante, a differenza sua che inciampava nei suoi stessi piedi nonostante annodasse sempre perfettamente i lacci delle scarpe. E poi Andreas vestiva anche con capi firmati: glieli avrebbe tagliuzzati tutti.

Federico non riusciva a capire se la cosa più sconvolgente era quella di avere scoperto se Michael fosse gay o che a lui piacesse Andreas. Una cosa comunque era certa: Andreas, ogni volta che Federico si voltava per caso verso di lui, lo trovava intento a fissare Michael mentre, praticamente, se lo mangiava con gli occhi.

Ovviamente la giornataccia non poteva finire lì, e quando Federico raggiunse la fermata dell'autobus vi trovò proprio il ragazzo biondo, intento a mandare un messaggio con il suo telefono. Federico, distrattamente, si sedette al suo fianco e fece cadere l'occhio sullo schermo del cellulare di Andreas.

Stava scrivendo un messaggio a Michael, ma ogni volta cancellava l'intero testo, completamente insoddisfatto di ciò che buttava giù di getto.

"Ma perché non ci riesco?" esclamò Andreas, sbuffando mentre eliminava un nuovo messaggio.

Federico, seduto sgraziatamente nell asua porzione di panchina, trattenne una risata e si dovette girare dalla parte opposta per non fargli vedere il suo ghigno soddisfatto.

"Ehi, ho visto che stai ridendo" fece presente Andreas a un Federico che divenne completamente rosso e gli si seccò la gola all'improvviso.

"Ehm, scusa?" provò a domandare Federico, togliendosi una cuffia dall'orecchio.

"Lo so che mi vuoi prendere in giro" rispose Andreas. "Sono una frana con le parole, non so che scrivere quando si parla di cose romantiche... Non è da me".

Federico gongolò, ma stavolta non lo diede a vedere, nonostante un sorrisino stava per spuntargli a fiordi labbra. Fu davvero difficile trattenerlo, eppure riuscì nell'ardua impresa.

"Tu che cosa scriveresti al mio posto?" domandò Andreas.

Quella domanda non se l'aspettava affatto, però Federico ci pensò lo stesso su, aggrottando la fronte e riducendo lo spazio tra le sopracciglia drasticamente. Curvò le labbra verso il basso e picchiettò l'indice della mano sinistra sulla bocca per cercare di trovare le giuste parole, prima in italiano e poi in inglese. Ma forse potevano cascare a pennello quelle frasi che aveva abbozzato sul suo taccuino quella mattina, mentre aspettava l'inizio della lezione, perciò le rivelò ad Andreas.

"Vedo i boschi nei tuoi occhi. Fremo se mi sfiori o tocchi. Se mi guardi, il mio cuore blocchi e nella mia testa trovano forma pensieri sciocchi" recitò Federico.

"Come diamine hai fatto?" chiese Andreas, stupito. "Comunque grazie, adesso glielo mando".

Piombarono in un imbarazzante silenzio e Federico pregò che l'autobus arrivasse al più presto, o almeno prima della risposta troppo celere di Michael, che a quanto pareva sembrava essere stato rapito da quelle parole sdolcinate, tanto da aver scritto ad Andreas di poter uscire quella sera stessa, senza troppi fronzoli.

Federico e Andreas salirono sullo stesso autobus, come ogni giorno, poiché abitavano nella stessa zona di Londra. Mentre il biondo continuava a digitare, Federico si perdeva tra le note di Guccini e aveva messo di nuovo in riproduzione proprio Cirano.

Osservare in cagnesco Andreas, poi, era diventato il suo nuovo sport e godette parecchio internamente quando lo vide perso, sicuramente per il messaggio appena ricevuto, perché i suoi occhi si erano ridotti a fessure per leggere sullo schermo e poi si erano sgranati improvvisamente, e spaventato ricercò Federico con lo sguardo tra tutti i sedili e i passeggeri.

In quel momento, Federico avrebbe voluto fiondarsi al piano superiore dell'autobus o gettarsi fuori dal finestrino mentre il veicolo procedeva nella sua corsa, ma quando si fece coraggio era troppo tardi. Andreas si era avvicinato nuovamente a lui e aveva preso posto al suo fianco.

"La bella del castello desidera altre rime?" scherzò Federico, togliendosi una cuffia.

Andreas scosse la testa. "No, peggio. Si chiede se anche dal vero io sappia creare simili parole su due piedi".

Sarebbe stato il momento perfetto per ridergli in faccia, ma Federico si trattenne ancora una volta e si sforzò per non coprirlo di ridicolo, cercando di aiutarlo a conquistare Michael.

Si chiese perché lo stesse facendo, ovviamente, e la risposta era anche piuttosto banale. Sapeva quanto a Michael piacesse Andreas e preferiva saperlo felice con la persona che aveva adocchiato, piuttosto che tentare, invano, di fargli cambiare idea nei suoi confronti. A Michael non sarebbe mai piaciuto uno come lui, si era rassegnato a questo fatto.

"Ho un'idea" disse ad un tratto Federico. "Ti scriverò quello che dovrai dire".

"E se mi farà una domanda che non avevamo previsto?"

Federico si diede dello sciocco per non averci pensato e si picchiò la fronte con il palmo aperto della mano. "Ci sono: verrò con te e ti suggerirò".

"Ma ci scoprirà!" puntualizzò Andreas.

"Tu non preoccuparti, ho un piano anche per questo" lo tranquillizzò Federico. "Ti mando un messaggio, ora devo scendere".

In realtà, quella non era la fermata di Federico, ma non aveva mentito più di tanto perché quella dove scendeva solitamente era la successiva. Approfittò di quel fatto per fare un po' di spesa e per scaricare la tensione, comprando più cose del necessario e facendo addirittura le scale fino al quarto piano quando tornò a casa. La sua ira era percepibile dal suo volto livido, la sua pelle olivastra, se possibile, era diventata ancora più scura.

Dopo aver sistemato la spesa, Federico decise di dare qualche pugno al suo cuscino, destando l'attenzione dei suoi due coinquilini, allibiti e anche leggermente preoccupati.

Per fortuna non durò molto, perché quando ebbe deciso in quale pub potessero compiere il piano malefico, mandò un messaggio ad Andreas e poi andò a fare una doccia, cercando di vestirsi anche in maniera più elegante rispetto al solito, con una t-shirt completamente nera e dei jeans scuri che gli fasciavano le gambe tornite. Anche le scarpe, per quella sera, potevano evitare di essere troppo vistose e perciò ne indossò un paio grige.


Ma quando sono solo con questo naso al piede,

che almeno di mezz'ora da sempre mi precede,

si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore

che a me è quasi proibito il sogno di un amore.


Attese l'ora prestabilita e poi uscì, raggiungendo Andreas davanti al pub per spiegargli come si sarebbe dovuto comportare.

"Tu ti siederai ad un tavolo, Michael a quello accanto" disse. "Io e te rimarremo in chiamata per tutto il tempo e mi auguro ti sia portato dietro gli auricolari, altrimenti ce li ho io".

Andreas, incerto, spiò all'interno del locale, forse cercando di capire la parte riguardante i tavoli, magari domandandosi se potesse essere la falla che avrebbe fatto perdere acqua in abbondanza al loro piano. Ma Federico conosceva bene quel pub e sapeva che i tavoli erano divisi da dei separé per avere una maggiore intimità, perciò quando entrarono dovette soffocare una risata alla vista di un Andreas stupito. Chissà quanti pochi ingranaggi aveva nella testa e quanti funzionavano correttamente, pensava Federico.

"Sai, non capisco perché mi aiuti" disse Andreas ad un tratto.

"Vorrei capirlo pure io" esclamò Federico.

"Comunque devo ringraziarti per quello che stai facendo" continuò il biondo.

"Sì, sì, va bene" disse Federico, come se stesse canticchiando una cantilena. Infine sbadigliò pure. "Vedi di non farti sfuggire il pollo, piuttosto".

"Perché lo hai chiamato pollo?" chiese Andreas.

"Fatti meno domande" rispose Federico. "Concentra tutte le tue forze su ciò che dovrai fare stasera, non fare mosse avventate. Io mi siedo là".

Indicò il posto scelto e senza dire altro, prese posto ad un tavolo in gran parte coperto da una pianta. Fece finta di sfogliare il menù, poi lo abbassò di scatto quando vide Michael entrare e dirigersi proprio verso Andreas.

Era bellissimo. Aveva un paio di pantaloni blu elettrico e una camicia bianca. Entrambi gli indumenti gli segnavano il fisico magro e tonico, i pantaloni gli evidenziavano i glutei e i suoi ricci castani erano stati pettinati con cura. Federico nemmeno riusciva ad immaginare quanto potesse essere buono il suo profumo, cercando di ricordare quello che sentiva ogni volta che Michael si metteva al suo fianco a lezione.

Osservò la scena da lontano, ammirando il disappunto e la curiosità nella stessa espressione di Michael, che sembrava intrigato dalla proposta di prendere due tavoli differenti e parlare, senza guardarsi, sapere di essere vicini, percepire l'odore l'uno dell'altro e cercare di immaginarsi attraverso le parole che si sarebbero detti.

Andreas si sedette dopo Michael, erano divisi da un paramento di legno che si apriva in alcuni punti, creando dei motivi floreali. Potevano vedersi appena, ma si riuscivano a sentire con facilità. L'uno dava le spalle all'altro e Federico riuscì ad intravedere l'eccitazione negli occhi di Michael, tanto da distrarsi dalla chiamata in arrivo di Andreas, alla quale rispose con leggero ritardo. Il biondo lo stava trafiggendo con lo sguardo.

"Mi ami, quindi?" domandò Michael.

"Non parlerò d'amore, non so che forma abbia" disse Andreas dopo che Federico glielo ebbe suggerito. "Però se proprio deve averne una, credo sia nel modo in cui ti guardo".

"E che cosa vedi?"

Andreas sistemò meglio l'auricolare. "Vuoi che perda giorni a descriverti? A decantare quante sfumature tra il verde, il marrone e l'oro ci siano nelle tue iridi? Vuoi sentire come ogni vestito che indossi fasci perfettamente il tuo fisico slanciato o con quale eleganza cammini, mentre io ti fisso da lontano, sperando tu possa notare qualcuno di così ordinario come me?"

"Io ti trovo carino, e molto" disse Michael.

"Non c'è paragone" disse Federico, incantato. Andreas recitò quella frase.

"Tra tutte le domande banali che si possano fare ad un appuntamento, quale sceglieresti come prima?"

"Ti chiederei un bacio" disse Andreas, ma quello Federico non glielo aveva suggerito.

"Idiota" disse Federico al telefono. Andreas lo incendiò con lo sguardo.

"Mi sembra prematuro" disse Michael, accigliandosi e ignorando quello che stesse succedendo. "A me piacciono gli uomini che parlano sapendo che cosa vogliono, non quelli che agiscono senza pensare".

"Adesso come lo risolvo questo guaio?" esclamò Federico. "Vedi di non andare fuori dagli schemi o dovrai cavartela da solo".

Fortunatamente riuscì a salvare la situazione con ingegno e Michael sembrava sempre più rapito dai discorsi di quello che credeva fosse Andreas, dalla sua mente istruita e colta, tanto che poi, alla fine, quel bacio glielo concesse. Perciò Andreas riagganciò la chiamata e Federico cominciò a sentirsi di troppo quando lo vide raggiungere Michael al tavolo. Rimase solo per un secondo a spiarli, guardando come il biondo avvolgeva Michael tra le sue braccia e come le loro lingue, in breve, si intrecciarono tra loro.

Disgustato, fece per alzarsi, quando un'idea lo assalì e fu colto dall'improvviso desiderio di scrivere quelle parole che gli scorrevano veloci tra i pensieri. Per non perderle, le doveva imprimere al più presto su carta, così si fece passare un foglio e una penna dalla stessa cameriera che gli aveva servito la birra mai finita mezz'ora prima.

Scrisse una lettera a Michael, raccontandogli tutta la verità, di cosa era disposto a fare per lui e quanto ci tenesse al fatto che fosse felice. Descrisse come il suo cuore palpitava ogni volta che incrociava il suo sguardo, quale effetto aveva su di lui quando era sera e stava per addormentarsi, gli narrò i suoi sogni, per quanto sciocchi e fanciulleschi. Non tralasciò nulla, nemmeno quel bacio che guardava con tanto odio, di come Andreas non perdeva occasione di allungare le mani su di lui, famelico.

Federico si sarebbe comportato diversamente con Michael, lo avrebbe sedotto con le sue parole e le sue poesie e avrebbe atteso il suo primo passo, non sarebbe passato direttamente al sodo per un puro istinto carnale. Michael si meritava molto di più, però Federico non poteva fargli cambiare idea.

Si alzò, strisciando la sedia sul pavimento, abbassando la testa per la vergogna. Solo in quel momento gli cadde l'occhio sul suo telefono: Andreas non aveva spento la chiamata, ma quella era continuata ad oltranza e l'auricolare nella sua tasca dei calzoni aveva riprodotto il rumore della sedia, destando curiosità in Michael.

Quello era il momento di scappare per Federico, che di tutta fretta lasciò la giusta quantità in moneta sul tavolo per pagare la birra e fuggì via, dimenticando la lettera per Michael proprio al suo posto.

Quando passò loro accanto senza farsi vedere, Michael stava chiedendo ad Andreas perché in quel momento stesse chiamando un loro compagno di corso, proprio durante il loro appuntamento. Andreas provò a trovare qualche giustificazione, ma Michael sembrava piuttosto adirato e spostò proprio lo sguardo sul tatuato che se ne stava andando e poi vide anche una cameriera che si era fermata ad un tavolo a leggere qualcosa scritto in blu su un foglio bianco poco più avanti.

Federico fece per andare alla fermata dell'autobus, tuttavia mentre camminava per la strada si sentì prendere per un polso e qualcuno lo fece rigirare su se stesso. Per un attimo perse l'equilibrio, ma Michael lo aiutò a rimettersi in una posa decente.

"Eri tu?" domandò Michael.

Il tatuato divenne completamente rosso e abbassò la testa per la vergogna.

"Tu scrivi rime e il primo messaggio che mi ha mandato Andreas era in rime" constatò Michael. "E poi Andreas non direbbe mai di essere brutto, nemmeno per adulare un altro uomo... Tu invece ti nascondi dietro il tuo stile stravagante, pensando di mascherare dei difetti. È così?"

Federico era appena stato messo spalle al muro e nonostante questo, preferì scappare, andarsene il più lontano possibile, lasciando Michael in attesa di una risposta. Lo aveva abbandonato come un cane sul ciglio della strada e per quanto si sentisse in colpa, non sarebbe tornato indietro sui suoi passi. Avrebbe preferito negare, piuttosto che confessare i suoi sentimenti.


Dev'esserci, lo sento, in Terra o in Cielo un posto

dove non soffriremo e tutto sarà giusto.

Non ridere, ti prego, di queste mie parole:

io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il Sole.


Quando il mattino dopo Federico si presentò a lezione, appena mise piede dentro l'aula, volle uscire immediatamente. Se non avesse incrociato il professore per i corridoi, lo avrebbe sicuramente fatto, però spinto dal suo essere sempre troppo ligio negli impegni che prendeva con sé stesso, Federico scelse il solito posto nella seconda fila.

Michael non si presentò a lezione, a differenza di Andreas che sembrava piuttosto infuriato, però più con sé stesso che con Federico. Il tatuato si sentiva leggermente fortunato e quando dovette cambiare aula e prendere nuovamente posto, si stupì di trovare qualcosa sul suo banco. Pensò che qualcuno durante la lezione precedente avesse dimenticato gli appunti, invece sul piano in legno c'era la lettera che lui stesso aveva scritto a Michael e aveva dimenticato nel pub.

Il cuore gli prese a battere velocemente. Michael aveva letto quella lettera e lui si voleva sotterrare, lì, in quell'aula. La sera stessa, lo decise così su due piedi, avrebbe fatto i bagagli e sarebbe tornato a casa, in Italia. Non voleva stare un giorno di più a Londra, aveva bisogno di salvarsi da quella catastrofica figura da idiota.

Girò la lettera per piegarla e allora notò qualcosa scritto con una calligrafia differente dalla sua e se possibile più incomprensibile ancora. Michael aveva aggiunto con un inchiostro nero una data e un indirizzo, con tanto di orario. Corrispondeva a quello stesso giorno, a quella sera, in un posto poco distante dalla sede dell'università.

Federico non sapeva se accettare o no l'appuntamento, però allo stesso tempo era entusiasta di sapere che Michael non lo aveva deriso e, anzi, gli aveva chiesto di uscire, probabilmente per parlare e chiarirsi. Forse Federico aveva una possibilità ed era certo di una cosa: non se la sarebbe lasciata sfuggire.


Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora

ed io non mi nascondo sotto la tua dimora,

perché oramai lo sento, non ho sofferto invano,

se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo...

Cirano

   
 
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