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Autore: nikita82roma    16/08/2016    14 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Kate da quando era uscita dalla caffetteria aveva camminato senza sosta per ore. Alla fine ritrovò nel suo parco senza volerci andare, era stata condotta lì dal caso o dal suo inconscio, come se sapesse, da quando era uscita di casa, che doveva andare lì. Era seduta sull’altalena, dondolandosi appena, pensando a tutti gli errori fatti in quei mesi e nel passato, quando cominciò a piovere e le gocce di pioggia si mescolavano con le sue lacrime silenziose che divennero presto singhiozzi rumorosi aumentando di intensità man mano che anche la pioggia diventava più insistente, ma lei non se ne curava. Non ricordava quelli che tutti gli avevano descritto come gli anni più belli della sua vita, si era innamorata di un uomo che amava un’altra donna e quell’altra donna era sempre lei, sarebbe stato perfino comico se non fosse stata così male. Non aveva più il suo passato, non vedeva un futuro, perché non aveva un futuro, glielo aveva detto lui, chiaramente. Aveva solo sua figlia. Solo lei, se poi lui non avesse voluto fare come con Alexis e tenerla solo per se. Il solo pensiero la atterriva, la sua bimba era tutto ciò che sapeva di avere del suo passato e del suo futuro. Era un filo dorato che cuciva la sua vita tenendola insieme, evitando che si trascinasse tutto via.
Si era convinta che aveva sbagliato a lasciarsi andare e ad innamorarsi, perché stava soffrendo, ancora una volta, le sue paure erano fondate, aveva aperto uno spiraglio nel suo muro ed era stata invasa da un fiume in piena che la stava trascinando via e allora si era affrettata a chiudersi di nuovo dentro. Ma la sua bimba meritava di più delle sue paure che la bloccavano, meritava quella famiglia che era sicura che lei, prima, sognava di darle ed anche sua figlia meritava di più: non era vero che voleva dimenticarsi di Castle, voleva amarlo e voleva che lui la amasse come amava quella Kate e non poteva essere gelosa di se stessa. La Kate che Castle amava era sempre lei, doveva solo volerlo e smettere di fare la guerra al suo passato, smettere di farsi condizionare dalle sue paure. Si accorse in quel momento che per la prima volta rivoleva la sua vita, tutto quello che aveva prima e che non le importava se rischiava di soffrire per questo. Stava soffrendo anche adesso e non aveva nulla. 
Voleva Castle, voleva solo lui. Voleva la loro vita, quella che lui gli aveva raccontato. Non gli importava se aveva paura di scoprire che era un’illusione frutto della sua fantasia di scrittore, che quello che provava era diverso, nemmeno delle ombre che avrebbe svelato. Perché ora lo amava ed era convinta che nulla avrebbe cambiato questo sentimento, non lo avrebbe scalfito, lo avrebbe solo completato con quel buco che si portava dietro da mesi.
Un lampo illuminò il parco rischiarando per una frazione di secondo l’aria densa di nuvole nere come il suo umore e qualche istante dopo un tuono vigoroso rimbombò fin dentro di lei. Si portò una mano al petto che sentiva come stretto in una morsa ed il cuore battere all’impazzata. Aveva paura. Non capiva cosa le stava succedendo. Era sola in un parco, sotto la pioggia. Non aveva il cellulare, non poteva chiamare nessuno e nessuno era lì con quel tempo. Vedeva le macchine al di là del giardino sfrecciare sulla strada e alzare nuvole d’acqua. Erano lontane, troppo lontane per arrivarci per come si sentiva paralizzata in quel momento, troppo lontane perché la vedessero. Faticava a respirare e non sapeva se era la paura o altro, la testa le scoppiava e sentiva pulsare le vene fino a farle male. Con una mano si tenne il ventre e con l’altra si resse più forte alla catena dell’altalena. Se fosse accaduto qualcosa alla sua bambina per un suo colpo di testa non se lo sarebbe mai perdonato. Va tutto bene bimba mia, mamma sta bene… Parlava alla sua bambina come sua madre parlava a lei. Si doveva fare coraggio da sola, non c’era nessuno ad aiutarla e doveva uscirne solo con le sue forze, non poteva lasciarsi risucchiare dalle sabbie mobili della sua mente, condannandosi all’oblio ed anche a qualcosa di peggio, temeva. 

“Sono pazza di lui, è l’amore della mia vita” 
“Morirei se un giorno dovessi perderti”
“Sono molto fiera di averlo ispirato e sono molto orgogliosa di essere sua moglie”
“Ti amo, Richard Castle e voglio vivere la mia vita nel calore del tuo sorriso e nella forza del tuo abbraccio.”
“Averti come partner e come compagno è la cosa più bella che mi sia capitata nella vita.”

La testa le pulsava, si portò le mani alle tempie ma non trovava sollievo. Provò a prendere fiato piantando i piedi a terra, in quella terra che era già diventata fango. Un altro lampo seguito ancora da un tuono che le provocò lo stesso fastidio al petto con quelle vibrazioni che si scioglievano in lei. Chiuse gli occhi e urlò, stremata, tirando fuori tutta la sua frustrazione ed il suo dolore. Pianse singhiozzando, fino a quando le faceva male anche piangere e gli occhi erano così rossi da non riuscire a tenerlo aperti. Pianse per tutto quello che pensava di aver perso per sempre, pianse per se stessa facendosi pena e rabbia da sola. Pianse per la sua bimba costretta da sua madre ad una vita incompleta che non avrebbe mai voluto darle. Pianse perché per quell’amore che aveva appena sfiorato ma era stato così forte da ustionarsi. 
Poi all’improvviso smise. Sentì il suo cuore batterle nel petto così forte che poteva vedere i suoi movimenti attraverso la stoffa ed il petto bruciare riempito da un sentimento nuovo, un sentimento che non provava da tempo, forse non l'aveva mai provato così. Si sentì improvvisamente sfinita, consumata da quell’amore prepotente che stava impossessandosi di ogni sua fibra e prendendo forma e spazio nella sua mente. 

Dei colpi alla porta del loft destarono Castle dai suoi ricordi nei quali si era rifugiato da quando era rientrato a casa. 
Andò ad aprire e trovò davanti a se Kate completamente bagnata. Fu sollevato nel vederla lì, davanti a lui. Avrebbero parlato, si sarebbero chiariti da persone civili, in fondo lo erano. Doveva solo accertarsi che stava bene, fu questo il suo primo pensiero quando la vide, preoccuparsi per lei era naturale per lui, era un riflesso involontario davanti a qualsiasi cosa la mettesse in una situazione che lui giudicava di pericolo, fosse anche lui stesso. Ed era questo che lo dilaniava. Era lui, ora, quello che le aveva fatto del male, era lui il pericolo per lei e per la sua incolumità. Sorrise amaramente a vederla così, pensando che al destino piaceva veramente tanto giocare con lui e lui, però, avrebbe giocato fino alla fine, chiedendo a Beckett cosa volesse, lanciando gli ultimi dati a quel tavolo che era la sua vita, magari questo le avrebbe fatto ricordare di loro, era la sua ultima mano a quel tavolo.
Non ne ebbe nemmeno il tempo per fare tutto quello che aveva elaborato in pochi secondi, perché Kate si buttò tra le braccia di un allibito Rick, prendendolo per i lembi della sua camicia, stringendoli con una forza inspiegabile, schiacciando la testa sul suo petto aprendo le dighe emotive della sua anima. 
Kate non riusciva a dire nulla, non riusciva nemmeno a respirare tanto che sembrava quasi essere in apnea e quando riprendeva fiato dai singhiozzi le faceva quasi male l'aria che entrava nei polmoni.
Castle non sapeva cosa fare. Passava le mani sulla sua schiena per tranquillizzarla, le diceva qualcosa ma lei non capiva era chiusa nella bolla della sua mente e non si staccava da lui che nel frattempo aveva richiuso la porta e cercava di capire cosa avesse sua moglie, perché, nonostante tutto quello che aveva pensato, quella tra le sue braccia era sempre la sua Kate, sua moglie e si dava dello stupido da solo per aver pensato di mettere fine al loro matrimonio. Le bastava tenerla così tra le sue braccia per far crollare tutti i suoi propositi di lasciarla andare, sarebbe stato come strapparsi il cuore dal petto e pretendere di vivere ugualmente. Si poteva fare? Impossibile.
Beckett aggrappata al marito come se fosse la sua zattera in mezzo all’oceano della sua vita, pensava agli ultimi mesi e provava una sensazione di tristezza e smarrimento. Provava dolore e senso di colpa. Non si staccava, era vitale rimanere attaccata a lui, per non farsi potare via di nuovo da lì, da lui, dalla sua vita.
Castle si stava cominciando a preoccupare: Kate non si muoveva più, non piangeva nemmeno ma non si spostava da quella posizione, sentiva solo il suo respiro irregolare. Era bagnata ed infreddolita e non sapeva cosa le era accaduto nelle ore precedenti.
- Kate… stai male? Kate… la bambina? Rispondimi!
Nel sentire Castle preoccuparsi per lei e per la bambina, Kate si scosse e riacquistò quel minimo di lucidità necessaria. Alzò la testa dal petto di Rick, ormai bagnato dalle sue lacrime e da lei stessa, lasciò la sua camicia che non capì come aveva fatto a non rompersi e posò entrambe le mani sul suo volto, stringendolo. I suoi occhi si persero in quelli di lui e si sentiva a casa, persa nell’unico luogo in cui perdersi era trovarsi.
Castle si sentì destabilizzato da quello sguardo che non vedeva così da troppo tempo, dalle sue mani per come lo tenevano, come chi tiene a se la vita per paura che possa sfuggigli e per Kate era realmente così. Era vita, ossigeno, era il battito del suo stesso cuore.
- Perdonami Castle. Perdonami ti prego... Scusami Castle... Scusami! 
- Kate... - non riuscì a dire altro se non il suo nome
- Babe... - Gli disse con voce carezzevole cercando di trasmettergli una parte di tutto quello che aveva dentro e che non trovava una via di uscita. 
- Kate...  - Lei gli sorrise mentre lui era ancora imbambolato a guardarla.
- Ciao amore mio. - A Castle sembrava di non aver mai sentito la voce di sua moglie parlargli con tanta dolcezza e fu il suo turno di lasciarsi andare. Non voleva staccarsi da lei, ma non sarebbe resistito in piedi un minuto in più. Gli sembrò che la stanchezza di tutto quel tempo lo avesse appena raggiunto, investito come un treno in corsa, rendendo le sue stesse gambe incapaci di sorreggerlo. Si barcollò fino al bordo del divano e reggendosi girò intorno fino a caderci sopra stancamente. Riuscì solo a portarsi le mani sugli occhi a coprirsi il viso prima di lasciarsi andare ad un pianto liberatorio che insieme alle lacrime faceva uscire tutti quei pensieri che lo avevano oppresso fino a poco prima.
Kate si sedette vicino a lui, passandogli le braccia intorno al collo, ritrovando in quei gesti la familiarità che avevano sempre avuto, andando a accarezzargli la nuca e i capelli, proprio come sapeva che a lui piaceva e confortava.
- Rick… - ora era lei che cercava di distogliere Castle dal pianto. Gli abbassò le mani dal volto segnato dalle lacrime, lo accarezzò cancellando le gocce salate e poi si avvicinò a lui, cominciando a baciarlo sugli zigomi, le guance fino ad arrivare alle sue labbra. Tremava nell’avvicinarsi alla bocca di suo marito, lo accarezzava e lo guardava con gli occhi timorosi prima di abbandonarsi a quel contatto che le sembrava non aver mai desiderato tanto. Lo baciò, infine, lentamente, con dolcezza senza l’urgenza che poteva lei stessa immaginare quando aveva raggiunto le sue labbra. Voleva solo ritrovarlo, solo quello. Rick sembrò riprendere coscienza di se e le mani, fino a ora lasciate lungo il corpo, andarono a stringersi su di lei, avvicinandola ancora di più, accarezzandole la schiena e i capelli bagnati, ripetendo quel movimento all’infinito e non si sarebbe mai stancato. Sorridevano uno sulle labbra dell’altra continuando a baciarsi, mordersi le labbra maliziosamente, in quei gesti che per loro erano naturali.
- Rick… - la voce languida di Kate di mescolava con quella roca di Castle che pronunciava il suo nome sussurrandolo, per non farsi sentire dal fato avverso che per troppo tempo gliela aveva tenuta lontana. La sua Kate.
Rick non sembrava intenzionato in nessun modo a lasciarla andare, a farla spostare nemmeno di qualche centimetro da lui ed aveva protestato quando lei si era tirata su, allontanandosi dal suo corpo prendendogli le mani e tornando a guardarlo negli occhi intensamente. Nel suo volto, però, non c’era più il sorriso di prima, era diventata molto seria, tanto che Castle si preoccupò che ci fosse qualcosa che non andava, eppure per lui era tutto chiaro, non c’era stato bisogno che le le dicesse nulla. Lo aveva capito dai suoi occhi, da come lo guardava, da come lo aveva chiamato, da come lo accarezzava. Era la sua Kate, però ora era tesa, gli accarezzava nervosamente le mani.
- Cosa c’è Kate?
- Babe, c’è una cosa che ti devo dire… una cosa che in queste settimane mi ha torturato ogni giorno, una domanda alla quale non riuscivo a darmi una risposta… una risposta che devo anche a te e mi devi credere. - Le fece un cenno di assenso con la testa, invitandola a continuare, qualunque cosa fosse, per renderla così nervosa doveva essere importante - Rick… io non lo sapevo di lei, te lo giuro. 
Prese le mani di lui e le portò sul suo ventre, sotto le sue, tenendole ferme in quel contatto che ora aveva per lei tutto un altro significato e del quale non si voleva privare per nulla al mondo.
- Non avrei mai fatto nulla di quello che abbiamo fatto negli ultimi giorni prima che… - non riuscì a finire la frase - Non l’avrei mai messa in pericolo, credimi. Mi dispiace, avrei dovuto essere più attenta, accorgermene, mi sarei fermata prima, lo avrei fatto, veramente. Credimi. Avevi ragione tu, dovevamo andarcene, potevamo farlo. Se io avessi saputo… Ma non lo sapevo Rick, ti prego credimi… Per colpa mia potevo… - Castle liberò una sua mano da quelle di Kate e portò due dita sulle sue labbra per farla tacere. Stava parlando convulsamente, senza riprendere fiato, asfissiata da sensi di colpa che non avevano ragione di esistere.
- Kate, non ho mai pensato il contrario.
- Rick potevo averla…
- Shh Kate… - La fece appoggiare con la schiena al suo petto mentre la cingeva con la braccia, posandole di nuovo sul suo ventre facendosi strada sotto la sua maglia, accarezzandola con quella libertà nella sua testa prima che nelle sue mani, come mai era riuscito fare fino ad ora, finalmente si sentiva totalmente libero di amarla senza riserve e senza limitazioni - la nostra Mini Beckett è forte come la sua mamma, ha resistito a tutto quello che ci è successo e ci ha dato la forza di andare avanti nonostante tutto. Ci ha già sostenuto, lei è fortissima, la bambina più forte di tutte le galassie.
Kate rabbrividì al contatto con le mani calde di lui e Rick si rese conto di quanto sua moglie fosse bagnata e feddra. 
- Ti devi mettere qualcosa di asciutto.
Lei annuì, aveva freddo, più di quanto si era accorta di avere fino a quel momento.
- Mentre tu ti cambi chiamo i ragazzi al distretto e tuo padre. - Kate lo guardò accigliata - Ti stavamo cercando tutti, eravamo preoccupati. - Si giustificò Rick mentre lei abbassò lo sguardo e fece un cenno di assenso comprendendo la loro preoccupazione.
Furono tutti sollevati nel sapere che stava bene, tutti gli chiesero se avesse bisogno di qualcosa, e a tutti rispondeva nello stesso modo: avevano solo bisogno di stare insieme per ritrovarsi. Non volle dire ancora nulla a nessuno, la voleva tenere solo per se, almeno per un po’, pensava di averne diritto.
 Rick raggiunse Kate in camera mentre si stava tamponando i capelli con un asciugamano.
- Stai bene? - Le chiese ma lei non rispose, alzò solo lo sguardo verso di lui, aveva gli occhi pieni di lacrime. Le prese la mano, invitandola ad alzarsi. Lasciò cadere l’asciugamano a terra e i capelli si sparsero sulle spalle ancora umidi. Rick la avvicinò a se e Kate appoggiò la testa sulla sua spalla, accarezzandogli i capelli, respirando il profumo della sua pelle, baciandogli il collo, accarezzandolo con quella familiarità di gesti che gli erano tanto mancati. Le sue dita che scendevano dai capelli ai lati della testa e gli accarezzavano la guancia lasciandole scorre prendendo il lobo dell’orecchio tra di loro in una carezza prolungata che faceva fremere Rick per aver ritrovato quelle sensazioni che solo lei con questi gesti quotidiani sapeva donargli.
- Ti amo Rick. Non riuscirò mai a dirtelo abbastanza. Castle, io devo dirti talmente tante cose…
- Non mi devi dire niente ora. Ci sarà tempo Kate… Tutto il tempo che vuoi. Non adesso però.

Non riuscivano più a lasciarsi nemmeno per un istante. Avevano bisogno di sentirsi. Erano mesi che stavano sempre insieme ma era diverso. Ora erano di nuovo loro. Non avevano bisogno di dirsi nulla, non dovevano spiegarsi per capirsi. Per parlare ci sarebbe stato tempo dopo, come le aveva detto Castle. Avevano solo bisogno di loro, di essere loro.
Rick tolse la maglia di Kate, lasciando che i suoi occhi si riempissero di lei e più la guardava più non ne aveva abbastanza. Sua moglie era bellissima e perfetta con le sue cicatrici, i seni più floridi, la pancia che conteneva la cosa più preziosa del mondo. Le poggiò le mani sulle spalle scendendo poi ad accarezzarle le braccia e risalendo lungo i suoi fianchi fino ad incontrasi dietro la schiena dove c’era il gancio del reggiseno. Kate gli appoggiò una mano sul petto, chiedendogli di aspettare. Castle non capì e la guardò timoroso che potesse avere dei ripensamenti ma lei sorrise con quel suo splendido sorriso che illuminava anche i suoi occhi, che a Rick sembravano ancora più belli del solito, e lo baciò e le sembrava impossibile che le sue labbra potessero avere un sapore migliore del solito: erano una calamita ed ora faceva fatica a staccarsi perché come si separavano, immediatamente le raggiungeva di nuovo, non avendone mai abbastanza. Kate, infine, fece ricorso a tutta la sua, poca, forza di volontà e si voltò chinandosi verso il suo comodino prendendo qualcosa dal cassetto. Quando tornò a guardare Rick aveva gli occhi che le brillavano ed un sorriso che non riusciva a contenere. Aprì la mano e gli mostrò le loro fedi. Sorrise anche lui, emozionato. Prese la fede di Kate e poi la sua mano e fece scivolare l’anello al dito senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lei. Kate fece la stessa cosa con quella di Castle e dopo averla rimessa lì dove sarebbe sempre dovuta rimanere, prese la mano di lui e la baciò proprio dove aveva appena posto l’anello. Ora erano completi, erano loro. Ora potevano riprendere ad amarsi come bramavano. Adorava sentire la mano di Castle che la accarezzava con quel tocco metallico che testimoniava che lui era suo, solo suo. Per sempre. Non aveva bisogno che glielo dicesse, lei lo sapeva, così come Castle adesso sì, sapeva quanto Kate lo amasse ma non per quella fede tornata al suo posto, perché era Kate, la sua Kate. Intrecciarono le dita delle loro mani e le tennero strette quasi fino a farsi male. 
- Ti amo Kate. Io… posso amare solo te. - Rick sembrò quasi volersi giustificare, ma lei non aveva bisogno di sentire nulla, nemmeno per lei era tempo per le parole adesso. Voleva solo ritrovare suo marito, solo poter stare tra le sue braccia, farsi amare da lui ed amarlo, non voleva altro, e solo quello fecero, a lungo, con dolcezza, senza fretta, con passione e un desiderio di aversi tanto forte quanto la paura che avevano avuto di essersi persi, con tutto il loro amore fino a quando si abbandonarono esausti e vibranti distesi sul loro letto testimone di quella riunione dove i corpi erano solo l’elemento visibile e tangibile e nemmeno allora riuscirono a stare lontani, intrecciando di nuovo le loro mani, stringendole entrambi più forte del dovuto. Avrebbero dovuto dormire erano giorni che non riuscivano a farlo in modo soddisfacente e le emozioni devastanti li avevano stremati, ma nessuno dei due voleva chiudere gli occhi, per paura che l’altro potesse non esserci più, che tutto fosse solo un sogno.

Rick sentì Kate piangere sopraffatta dalle emozioni e dai ricordi e la sollevò portandola sul suo corpo, perché averla vicino non era abbastanza vicino. Lo fece con movimenti dolci e delicati, come lo era stato per tutto il tempo in cui si erano amati. Sapeva che per sua moglie non c’era posto migliore per trovare conforto che essere tra le sue braccia e la teneva stretta, baciandole il volto e accarezzandole la schiena.
Kate si aggrappò alle sue spalle e lo strinse così forte che Rick sentì in quel momento tutti i pezzi del suo cuore tornare improvvisamente a posto e battere di nuovo a ritmo regolare. Quell’abbraccio era così rigenerante che aveva curato la sua anima lacerata da quei mesi difficili nei quali aveva sopportato facendo finta di nulla, per quanto gli fosse stato possibile. Adesso pelle contro pelle, cicatrici contro cicatrici, Rick sentiva tutta la vita scorrere di nuovo nelle sue vene, insieme a lei. Lui lo sapeva dall’inizio che per curarsi e per guarire loro avevano solo bisogno di stare insieme e sarebbero stati uno la miglior medicina dell’altra. Erano tutto ciò di cui necessitavano per stare bene. Fosse dipeso da loro, sarebbero potuti rimanere così per sempre.
- Castle… - Kate si girò, sdraiandosi sulla schiena allungando una mano verso di lui per non lasciare mai il contatto tra di loro e Rick appena percepita la sua mancanza si voltò, per guardarla e continuare ad accarezzarla. Non avrebbe più smesso, perché doveva limitarsi di poter toccare sua moglie come più gli piaceva? Prese il lenzuolo e coprì i loro corpi, per aumentare l’intimità tra loro e non raffreddarsi. - … Lily ti piace?
- Lily? Lei? - Disse accarezzandole la pancia. Kate annuì mordendosi il labbro inferiore.
- Come i fiori che mi portavi ogni giorno.
- Sì, mi piace… ma…
- Avevi pensato ad altro?
- No, no… ero solo convinto che dato che è femmina avresti voluto chiamarla come tua madre, per questo io non ti ho mai chiesto nulla.
- Ascoltami Castle. - Kate si sollevò, mettendosi seduta sul letto e tirandosi su anche il lenzuolo mentre Rick seguiva i suoi movimenti sedendosi vicino a lei - Mia madre è e rimarrà per sempre una parte fondamentale di me, per la ragazza che ero e per la donna che sono diventata. Avrà sempre un posto speciale nel mio cuore e non c’è giorno che non pensi a lei almeno per un istante. Ma nostra figlia non deve portare su di se il suo ricordo, non voglio che ogni volta che qualcuno pronuncia il suo nome deve farlo pensando che è il nome di mia madre. Non sarebbe giusto per lei e nemmeno per me o per mio padre. Per questo non voglio che abbia il nome di mia madre e non penso che lei si offenderebbe.
- Già, non lo penso nemmeno io. Anzi, sono sicuro che sarebbe orgogliosa di sua figlia, della ragazza che era, della donna che è diventata e della madre che sarà. Lily è perfetto. Lily Castle. Suona bene. Da quanto ci pensavi?
- Da un po’…
- Quale Kate lo ha scelto allora? - Chiese alla moglie ridendo e trascinandola di nuovo tra le sue braccia sdraiata vicino a lui.
- Lo abbiamo scelto insieme. - Disse lei baciandogli il petto. - Andrà tutto bene adesso, vero?
- Andrà tutto benissimo e prima che me lo chiedi, no, non lo dico per farti contenta e rassicurati. Lo dico perché adesso lo penso veramente.
Kate si abbandonò sul suo petto, lasciandoli continuamente piccoli baci che strappavano sorrisi beati a Rick, che si godeva tutto quello con il cuore finalmente leggero.
- Castle, sai che alla fine non ne avevo idea nemmeno io. - Gli disse Kate con la bocca ancora accostata al suo torace rendendo quasi difficile a Rick capirla.
- Di cosa Beckett?
- Di tutto. Di noi.
Un sorriso immenso si aprì sul viso di Castle, che strinse ancora di più Kate a se, accarezzandole il braccio, mentre lei rilassata dai suoi tocchi si addormentò e lui guardava il soffitto della loro camera e credeva che non poteva essere più felice di così.


 


Come tutte le storie anche questa è arrivata alla fine. Mi prendo qualche riga per scrivere due cose...

Quando ho cominciato a scriverla pensavo sarebbero stati una ventina di capitoli o poco più. Sono diventati 61, un numero strano, non voluto, dettato dal caso. Avevo finito di fare il percorso che avevo in mente, che si è srotolato man mano che scrivevo.
Di più di questo non potevo dire/dare e forse mi sono dilungata anche troppo.
Una notte, a maggio, poco dopo finito Castle, ho sognato l’inizio di questa storia: Kate che si risveglia senza memoria. Non avrei mai immaginato di scrivere una FF “seria” su Castle, soprattutto non una long. 
Mi sono avvicinata con estremo rispetto ai personaggi e alle loro storie, quello che mi preme di più, e che spero di aver fatto, è di aver reso Rick e Kate, in particolar modo, credibili, di non averli rovinati. La mia storia, nel far “ricordare” Kate, è voluta essere almeno in parte un omaggio a 8 anni di Castle, toccando alcune delle cose che mi hanno emozionato di più.
E’ stato un bel viaggio scrivere questa FF, è stato terapeutico in un momento difficile, mi ha anche costretto a rivedere tante puntate in un periodo in cui vedere Castle era diventato difficile e doloroso. Ora che ho messo un punto sono felice ma sento che un po’ mi manca. 

Non so se ci può essere una spiegazione di questa storia, forse nella mia visione dei Caskett, che loro sono comunque destinati a stare insieme e che si ritrovano sempre, ma anche che il loro rapporto non è solo qualcosa di innato ma è qualcosa che hanno costruito passo dopo passo e che tutto quello che hanno vissuto è indispensabile per quelli che sono diventati, con tutti i loro difetti e tutti i problemi irrisolti.
Spero di riuscire a scrivere ancora qualcosa, per non abbandonare questi Caskett ai quali mi sono affezionata. 

Ringrazio tutti quelli che hanno letto questa storia, siete stati in tanti e non me lo sarei mai immaginata.
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, chi lo ha fatto sempre, chi lo ha fatto solo una volta, chi mi ha scritto in privato e chi lo ha fatto altrove. Credo di aver sempre risposto a tutti, se a qualcuno non l’ho fatto mi dispiace.
Ringrazio soprattutto Chiara e Sofia che si sono beccate i miei frequenti “è credibile?” “è OOC?” che erano sempre le mie maggiori preoccupazioni.
Ringrazio Castle perché solo una cosa che ti emoziona riesce a farti descrivere altre emozioni e ringrazio, come lettrice, tutti quelli che continuano a scrivere e tradurre FF su Castle, perché ce n’è ancora tanto bisogno.

Alla prossima
Elena

   
 
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